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Autore: Aegis    07/01/2013    0 recensioni
Iori Kurosawa è una ragazza misteriosa che porta con sé un violento e burrascoso passato. Ma è destinata ad incontrare una ragazza, Hatsune Miku, o Lyto come la soprannominano i fan, che cambierà per sempre il suo futuro. Con una buona dose di musica "un colpo sul cuore e un trucco meraviglioso".
Genere: Azione, Fluff, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yuri | Personaggi: Len Kagamine, Luka Megurine, Miku Hatsune, Nuovo personaggio, Rin Kagamine
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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Sensazione

La ragazza stringeva i denti.
Il suo corpo era pesante, la sensibilità di mani e piedi cominciava a mancarle. Ma non le importava.
Se fosse riuscita a salire quei demoniaci scalini d’acciaio trascinando il suo corpo pesante, che ormai non poteva più camminare, sarebbe riuscita a salvarsi. Non che le importasse realmente, si intende.
Ormai andava avanti così da parecchi mesi… Si faceva a botte nel quartiere, fin troppo spesso: la sua banda contro tutti quanti. E chi ci rimetteva la pelle, ad affrontare a mani nude dieci o più uomini armati di mazze e spranghe di ferro erano sempre lei e i suoi compagni. Però riuscivano a cacciarli, tutte le volte.
Si trattava di ragazzi disagiati, o semplici teppisti senza un soldo, gente che devasta le città con il loro stupido spirito guerrafondaio. Ma Iori non avrebbe mai lasciato che si prendessero anche Tokyo.
Tokyo era la sua città natale, il suo nido, il suo giardino e il suo parco divertimenti allo stesso tempo. Iori Kurosawa amava quella città. Era una ragazza forte, circondata da un bel gruppetto di amici che la proteggevano e la seguivano nelle sue baldorie in città. Non si può dire che questo fosse un rapporto genuino, anzi era piuttosto malsano. Lei e i suoi compagni, la sua banda, facevano a botte con tutte le altre nel distretto. Non lo trovavano divertente, affatto. Sistemavano ladruncoli e brutti ceffi che molestavano ragazzine indifese. Non era compito loro, nessuno gliel’aveva imposto, ma sentivano dentro che quello era il loro compito. Proteggere la città e con essa tutti coloro che ci vivevano dentro.
La ragazza era appena uscita dall’ennesima rissa: ci aveva rimesso le gambe, e la vista le andava annebbiandosi dopo tutte quelle percosse alla testa, per non parlare della coltellata che si era presa in pieno stomaco. Non era facile, ma loro vivevano cosi.
Con uno sforzo che le parve quasi sovrumano, Iori riuscì spingendosi con un braccio a scavalcare l’ultimo scalino. Era il centonovantesimo che faceva strisciando. La salita era un po’ lunga, ma continuare a contare le scale nella sua testa la aiutava a rimanere lucida. Lentamente continuò comunque a trascinarsi, verso l’officina che aveva davanti. Il portone di ferro vecchio era aperto, almeno lì dentro avrebbe trovato rifugio.
Ma il suo desiderio di restare da sola a riposare senza coprirsi della vergogna nel farsi vedere in quello stato da qualcuno, fu stroncato dall’arrivo del vecchio. Il vecchio capo dell’officina.
Appoggiandosi con una mano al vecchio portone di ferro arrugginito, con indosso i suoi soliti vestiti sporchi di olio e catrame, e la pipa ben salda fra le labbra, si apprestò a squadrare la ragazza strisciante ai suoi piedi con uno sguardo che oscillava tra il severo e il disgustato. Iori gli tirò un’occhiataccia per quanto potesse riuscire ad alzare lo sguardo da terra; il vecchio sospirò seccato.
“Qual buon vento.” la ammonì incrociando le braccia.
“Vecchiaccio” la ragazza tentò di digrignare qualcosa fra i denti “Che fai resti a guardare? Dammi una mano.”
“Non mi piace aiutare i cadaveri.”
“Bè, allora aspetta pure che io lo diventi.” Iori lo superò strisciando sempre più a fatica ed entrò nell’officina maledicendo il freddo pavimento di pietra. Si lasciò cadere a pancia in su, in un punto qualunque. Guardò con disgusto la scia di sangue che si era lasciata dietro mentre strisciava. Allargò di poco le braccia e le gambe e si mise a fissare il soffitto dell’edificio. Non riusciva a pensare a niente di particolare, era solo felice che la salita fosse finita.
Il vecchio le girò un po’ intorno poi si avvio versò la porta che portava verso qualche altra stanza dello stabile. “Aspetta qui.” disse alla sua ospite levandosi i guanti da lavoro e aprendo la porta per poi sparire richiudendosela dietro.
“E dove vuoi che vada…” mormorò lei scocciata. Poi tirò un sospiro di sollievo. Anche quel giorno ce l’aveva fatta, era viva. Per quanto non lo sopportasse si fidava del vecchio. Lei odiava gli ospedali e tutti quei posti “civili” dove non avrebbero fatto altro che sbatterla in galera solo perché aveva picchiato qualche “innocente” ragazzino fuori di testa. Preferiva di gran lunga la solitudine e la privacy. D’altra parte del suo corpo non le importava molto. Rimaneva sempre qualche cicatrice, ma il resto guariva dopo poco. Niente di grave.
La ragazza stava per chiudere gli occhi e assopirsi ma rimase ipnotizzata dal rumore sordo che proveniva dalla vecchia radio dell’officina. Il volume era basso, l’audio gracchiava, ma in mezzo al silenzio del locale, riuscì ad udirla bene. Una canzone.

Se alziamo lo sguardo e sorridiamo, otterremmo una magia per riguadagnare tutti gli altri sorrisi.
Con un colpo sul nostro cuore e un trucco meraviglioso, possiamo rinascere liberamente domani.”


Era una canzone allegra, aveva un buon ritmo. Era gradevole secondo Iori, le piaceva. La cantava una ragazza, anche la sua voce era bella. Sembrava una canzone felice, ma in realtà parlava di cose tristi. Era strana, come se volesse provare a trasformare i pianti in sorrisi. Senza rendersene conto Iori si mise a sorridere un poco. Chiuse gli occhi e ascoltò quella melodia. Il suo corpo si stava rilassando e lei si sentiva molto meglio. Non avrebbe mai voluto che quella canzone finisse, ma non poteva durare per sempre. Iori desiderava con tutta sé stessa che quella voce angelica non la abbandonasse, perché sapeva che con lei se ne sarebbe andata anche quella bella sensazione. E senza rendersene conto, finì per addormentarsi prima ancora che giungesse al termine.
   
 
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