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Autore: siemdrew    08/01/2013    2 recensioni
Sono quasi 587 anni che Nightly vaga per questa terra. Dopo secoli di vagabondaggio, decide di iscriversi all'Università di Salem, la città delle streghe, per trovare quella serenità e quella calma difficili da trovare in un vampiro antico. Ma a Salem, dove Nightly si immagina una vita normale come ogni essere umano, troverà molte difficoltà e situazioni difficili da gestire. Per fortuna, con lei ci sarà Justin, giovane e ignaro studente.
-Spero che l'introduzione vi attiri, è una storia originale e non vedo l'ora di sapere che ne pensate-
Genere: Azione, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 1    
i profumi delle emozioni  

Per la prima volta in seicento anni, sento una sveglia suonare per me. I suoi bip bip bip continui mi danno sui nervi già il primo giorno di università. Dei numeri sulla sveglia mi ricordano che è il 10 settembre e sono le 6:45 del mattino. Ho tutto il tempo di farmi una doccia e rendermi presentabile. 
Passo in salotto, dove Cameron dorme sul divano. Sono tentata di dargli un ceffone: la sua presenza ostinata mi ricorda in continuazione che ai suoi occhi sono una bambina. Odio questo sentimento d'inferiorità che mio fratello mi fa provare. In cucina apro il frigo.
Giusto, mi sono scordata che è vuoto, penso cominciando ad irritarmi sul serio. 
Sbatto con troppa forza l'anta del frigo, tanto da svegliare mio fratello.
«Mamma mia, devi fare tutto questo baccano?!», mi sgrida mettendosi seduto sul divano. 
Io lo ignoro completamente e vado in camera mia.
«Sto cercando di dormire, è da quando ci siamo messi in viaggio per questo maledetto posto che non dormo!»
La rabbia mi travolge. Come una furia irrompo in salotto e gli urlo contro.
«Cameron non rompere! Eravamo in Messico e ti ho proposto di prendere l'aereo ma tu hai cominciato a lamentarti delle altezze e dei voli! Ce la siamo fatta a piedi da Città del Messico fino a Salem e ora rompi che non hai dormito?! Ti ricordo che hai insistito tu sul venire qui a piedi, io avrei preferito il treno almeno!»
Lui sbuffa e si butta di nuovo sul divano, ben consapevole di essere nel torto. Ah, vada a farsi benedire: un po' d'acqua santa e di Cameron Hamish Mackintosh sarebbero rimasti solo i capelli. 
L'acqua gelida della doccia mi aiuta a ritrovare l'equilibrio, la calma. L'acqua fredda mi scivola come dita tra i capelli, mi fa rabbrividire la schiena e mi accarezza le gambe. Esco dal box che per il bagno aleggia il profumo del muschio fresco e cinnamomo. Indosso una felpa nera, un paio di jeans neri e delle scarpe nere. Ho tutto di marca, con la grande quantità di soldi che posseggo.
Arrivo in salotto e butto alla rinfusa due quaderni, un'agenda e un astuccio nella borsa beige. Sento mio fratello ridere.
«Sei la moglie dell'uomo nero?», sghignazza. «Vatti a cambiare, gli umani prediligono i colori accesi»
...Ah... Non lo sapevo. Quindi apparirei strana davanti a tutti solo perché vesto di nero? Corro alla finestra per verificare. Sono le 7:30 circa e già gli studenti escono dalle palazzine Nord. In effetti sono tutti più o meno colorati.
«Non ho vestiti di un colore che non sia nero», ammetto evitando di guardare Cameron.
Lui si fa un'altra grossa risata, quasi quasi cade dal divano. Si sta prendendo gioco di me quel cretino!
«Vedi che sei ancora una bambina?», dice asciugandosi una lacrima fuoriuscita per le risa. «Sei ingenua e ignorante nei confronti di questa società moderna. Non è più come un tempo»
«Smettila di farmi la predica», lo rimbecco. «e dimmi cosa devo fare»
«Vai a scuola così», dice tranquillo. «Poi oggi nel pomeriggio andiamo a fare compere»
«In effetti mi manca anche cibo»
«Chi se ne frega del cibo, noi non ne necessitiamo»
«Stupido, se devo sembrare umana il cibo in frigo devo tenerlo! Ma perché tu non capisci niente?», mormoro disperata aprendo la porta dell'appartamento.
«Ah, io?! Ma se tu non sai nemmeno come vestirti!»
Mi chiudo alle spalle la porta e percorro i sessantaquattro gradini – sedici per ogni rampa, e lo so senza contarli – delle scale. Saluto la guardia al portone e vado in cerca di un cartello che possa indicarmi un luogo per rifocillarmi. Nei pressi della segreteria trovo un cartello che punta a Sud. Dice: “Witch Cafè”, il bar della Strega. Prendo ridacchiando quel sentiero.
Il Witch Cafè è un locale caldo e accogliente. Visto da fuori sembra davvero una casa delle streghe, ma dentro è molto moderno. Pullula di persone che si agitano, parlano e fanno troppo baccano per le mie orecchie. Sbuffando mi siedo al primo tavolino vuoto che trovo. Aspetto un poco, e nessuno viene a prendere la mia ordinazione. Forse c’è troppo caos... A meno che non debba andare io a chiedere ciò che voglio e tornare a sedermi.
Questo posto già non mi piace. Mi alzo lasciando sulla sedia la mia borsa e vado alla cassa più vicina. Chiedo un caffè amaro e quando me lo servono cerco di tornare a sedermi.
«No, scusa», mi dice la ragazza a cui ho pagato il caffè. «Non puoi portarlo al tavolo»
La guardo in cagnesco, senza dire nulla, e sorseggio in fretta il mio caffè, lì in piedi dinanzi al bancone. Che posto strano, davvero. Non ho neanche il piacere di gustarmi un caffè con calma come si deve. Torno al tavolo per prendere la borsa, ma al mio arrivo è già occupato e la borsa è a terra sul pavimento.
«Oh, era tua?», sghignazzano i cinque ragazzi che affollano il tavolo.
«Sì», rispondo secca.
Mi chino a prendere la borsa, ma guardandoli male. Loro non si lasciano intimorire. Pulisco velocemente lo sporco lasciato dalle loro piedate sulla borsa.
«Oh, ci dispiace!», esclama sarcastico uno di loro.
«Quanto siete stupidi...», mormoro voltando loro le spalle e andandomene.
Segue una serie di bestemmie, insulti e minacce nei miei confronti, ma io li ignoro completamente ed esco dal Cafè. Perfetto, ancora non sono iniziate le lezioni e già questo giorno si sta trasformando in tragedia. Se vengo di nuovo maltrattata da quel gruppetto, ognuno di loro rischierà la vita stanotte. E non scherzo. La rabbia mi ribolle nelle viscere.
Alla segreteria batto le nocche della mano sul vetro, per attirare l’attenzione della signora di ieri sera. Lei si gira sorridendo, ma nel vedermi sussulta e le cade addosso il caffè appeno preso alla macchinetta. Mentre lei si agita per la segreteria in cerca di qualcosa per pulirsi, io mi guardo attorno. Una folla ampia ci sorpassa e qualcuno, vedendo la segreteria, si fa un paio di risate. In effetti è piuttosto buffa.
«Ha finito?», chiedo spazientita.
No, non mi faccio scrupoli a trattare male la gente. In fondo è quello che facciamo noi vampiri per divertirci. Quelli davvero sadici fanno di peggio, però. Tipo mio fratello Cameron. Lui non si fa problemi a essere scorbutico con le persone o a ucciderle crudelmente. A volte fa venire il mal di stomaco anche a me, dallo schifo. Meno male che non sono come lui, potrei fingere che siamo fratelli. Purtroppo il nostro aspetto simile ci tradisce.
«Mi scusi», risponde stizzita la segretaria. «Sa, mi è caduto il caffè addosso e mi sono bruciata»
Nell’aria si sente un vago odore di peperoncino, segno che la signora si sta arrabbiando. Gli umani, in base alle emozioni che provano, emanano un certo tipo di odore. Quando ieri sera la signora era impaurita, sapeva di zolfo.
La segretaria mi guarda, aspettandosi una risposta, ma io cerco una confezione di chicle e me ne infilo un paio in bacco. Guardo la signora masticando le gomme, tranquilla. Lei sbuffa e prende dei fogli.
«Lei è qui per gli orari, giusto?», sospira passandomi due fogli con delle tabelle.
«Esattamente», rispondo facendo scoppiare una bolla.
La sto innervosendo. «Come immaginavo. Allora, la mattina avrai lezioni orali, perché all’Università di Arti di Salem noi...»
Mi guardo intorno divertita, senza ascoltare la signora. Insomma, non mi importa delle sue spiegazioni. Mancano dieci minuti alla prima ora dell’anno, e vorrei trovare in fretta l’aula esatta. Di solito nei libri i protagonisti la sbagliano – ma sospetto lo facciano apposta.
«Tutto chiaro?», chiede la segretaria.
«Certo»
«Bene, vada»
Le prendo i fogli dalle mani e mi avvio per i corridoio, leggendo le tabelle degli orari. Oggi è lunedì, e le lezioni finiscono alle dodici. Poi ho due ore di laboratorio linguistico nel pomeriggio. Come se già non ne parlassi venti e passa...
Okay, vediamo. Prima ora del lunedì. Teatro. Teatro? Cosa si fa a teatro? Aiuto. Rifletti, Nightly. Nel teatro si recita, per mettere insieme uno spettacolo. Come faceva Shakespeare. O Goldsmith. O Dumas. Li conobbi tutti di persona, ovviamente. Quindi probabilmente nell’ora di teatro reciteremo. Non mi pare di aver mai recitato... Non ne ho bisogno. Perfetto, controlliamo l’aula. Teatro 2. Non ho ben capito. Faccio teatro nell’aula Teatro 2?
«Ehi», dico fermando la prima persona che mi passa davanti.
«Ah, la tizia del Cafè. Ben trovata»
Oh che fortuna, ho incontrato uno del gruppetto che mi ha cacciata dal tavolo e che ha pestato la mia amatissima borsa beige. Emana un delicato odore di limone. Oh, non ci posso credere! Di già? Chi emana limone prova desiderio.
«Sì, la tizia del Cafè», rispondo sospirando. «Potresti dirmi gentilmente dov’è l’aula di Teatro 2, evitando di fissarmi le tette?»
Sembra sconcertato dalla mia schiettezza e boccheggia un attimo, subito dopo distoglie lo sguardo dal mio petto. Poi fa un sorriso splendete. Diciamo che lui è splendente. Voglio dire, è un bel ragazzo. Ha gli occhi verdi, simili ai miei, e i capelli biondi. Sotto quella maglietta grigia immagino ci sia un bel corpo da sportivo.
«Io non ci sto andando, dovresti trovare qualcuno che ti accompagni»
Sospiro di nuovo e mi passo una mano fra i capelli – apposta. L’odore di limone aumenta notevolmente e quasi mi metto a ridere. Adoro provocare le persone.
«Va bene, grazie»
Faccio un sorriso raggiante e lo saluto con la mano. Dai che ci casca...
«Ehm, scusa!», esclama afferrandomi un polso.
Ci è cascato.
«Com’hai detto che ti chiami?»
Lo guardo brusca. «Non l’ho detto»
Il ragazzo rimane spiazzato. Si sfrega le mani sui lati dei jeans e poi si gratta la testa confuso. Santo cielo, è davvero stupido. Non ho detto niente di così difficile da elaborare.
«Oh. Ah... Io mi chiamo Dylan Katlies. E tu?»
«Sono nuova, mi chiamo Non Importunarmi», rispondo seccata.
Gli stringo la mano, lo saluto e gli volto le spalle per cercare qualcuno affinché mi accompagni nell’aula teatro 2. Decido il da farsi. Salgo le scale e a metà mi blocco.
«Scusate!», esclamo.
Tutte le persone nel corridoio si voltano a guardarmi, e si fermano.
«Chi sta andando all’aula di Teatro 2?»
Qualcuno, con un cipiglio interrogativo, alza la mano. C’è un misto di odori. Melograno, per la felicità; limone, per il desiderio; mele, per il timore. Una specie di macedonia, diciamocelo.
«Tu», dico scendendo le scale.
Vado dritta verso un ragazzo che sta sistemando dei libri nello zaino. Ha alzato la mano un attimo, ma intimorito l’ha tirata giù. Infatti sa di mele.
«Mi accompagneresti?»
«C-certo...», mormora.
Fa palesemente finta di rovistare nello zaino. Intanto attorno a noi le persone sono tornate alle loro solite attività e non badano più a me. Non mi dispiace essere al centro dell’attenzione. Credo che una persona normale – un umano, ad esempio – non urlerebbe così davanti a mezza scuola, ma dopo seicento anni di vita non c’è più nulla di cui puoi vergognarti. Farlo sarebbe stupido.
Il ragazzo alza lo sguardo su di me per la prima volta e cominciamo a camminare vicini. Nonostante abbia lo zaino in spalla, tiene dei libri in mano. Evita chiaramente il mio sguardo. È carino, decisamente sarà più simpatico di quel Dylan Katlies. Ha i capelli a spazzola, biondo scuro, e degli occhi favolosi. Sembrano miele, e io adoro il miele. Cammina timoroso, come se avesse paura che qualcosa possa colpirlo alle spalle.
«Sei del primo anno, immagino», riflette guardandomi.
Non avrei mai pensato che il primo a parlare sarebbe stato lui, insomma, sembra così perso nella sua mente. Subito dopo il suo sguardo si sposta dai miei occhi alla guancia squarciata. Arrossisce visibilmente e abbassa il capo. Sento il suo cuore battere forte, ed emana un cattivo odore di zolfo. Povero, gli faccio paura.
«Sì», rispondo. «Anche tu?»
«S-sì», balbetta. L’odore di zolfo aumenta. «Ma alcuni corsi li frequento da luglio, quindi mi so orientare per l’istituto»
«Non sembri di Salem», osservo sorridendogli. «Posso sapere da dove vieni?»
«No», risponde deciso alzando lo sguardo e incrociando il mio.
«Io vengo dalla Scozia, invece», dico incurante della sua risposta. «Ho affrontato un lungo viaggio, per arrivare fino a qui»
Praticamente sono arrivata a Salem a piedi dal Messico, ma credo sia meglio evitare questo dettaglio: potrebbe prendermi per pazza, e già alcuni studenti mi guardano storto per come sono vestita.
«Fammi pensare...», mormoro flebilmente, ma facendo in modo che il ragazzo mi senta. «Vieni dal Nord America, vero?»
Impallidisce e guarda altrove. Non ci vuole un genio per sapere da dove proviene. È uno dei sensi dei vampiri, è come se gli umani avessero scritto tutto sulla loro fronte. Solo alla vista di una persona so come si chiama, dove è nata, dove vive, quanti anni ha e quando morirà. Con “quando morirà” intendo senza l’intrusione di un vampiro nella sua vita.
«Canada, mi pare», lo stuzzico.
Ora il ragazzo sa di rose: imbarazzo.
Arriviamo davanti a una porta e il ragazzo la spalanca. Ci si presenta davanti un teatro, con tanto di sedili, palcoscenico e tende rosse ai lati. Attraversiamo il corridoio centrale per andare a sederci su dei sedili, in attesa di un insegnante.
«E posso sapere quanti anni hai?»
«No, lasciami in pace»
«Diciotto, vero?»
Gli sorrido incoraggiante e mi accomodo accanto a lui con un altro gruppo di persone della nostra età, circa. Sento il rumore delle porte che si aprono e poi si chiudono, a da lontano vedo un adulto che ci raggiunge. È un professore.
«Posso sapere almeno come ti chiami?»
«No», risponde il ragazzo, quasi ringhiandomi contro. Poi fa del sarcasmo: «Tanto lo sai già, no?»
Justin, il ragazzo, mi lancia un’ultima occhiata fulminante prima di volgere lo sguardo al docente.

Buon pomeriggio c: visto che ieri ho postato il prologo, oggi ho messo il primo capitolo. certo, mi aspettavo più visualizzazioni/recensioni, ma capisco che siamo solo al prologo ;) anche con "Pekaftet" successe così, e guardate ora com'è messa o:
ringrazio @lorenadrewsupra e @biebsrescuedme per le due recensioni, davvero, grazie mille <3
spero vi piaccia questo primo capitolo! abbiamo capito che Nightly è una persona speciale (?) e adora stuzzicar la gente. facesse così con me una persona, mi salterebbero i nervi così tanto che non sarei più padrona di me stessa ahah
:'D e a quanto pare è già spuntato Justin, che non è il solito figaccione della scuola, ma una persona praticamente invisibile agli altri e insicura.
ringrazio ancora per le recensioni (stasera se riesco risponderò ahah!) e per le visualizzazioni :3 i vostri commenti e la vostra presenza sono tutto! senza, non ci sarei.

siemdrew

   
 
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