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Autore: Cosmopolita    08/01/2013    12 recensioni
Quando sei un single che abita da solo, alcune cose ti sembrano talmente scontate da non accorgerti nemmeno che esistano.
(Dal prologo)
Arthur Kirkland è un poliziotto cinico e felice della sua vita in solitario.
Ma l'entrata di due bambini nella sua vita gli farà presto cambiare idea...
[...]–Eileen Jones ha due bambini. – cercava di misurare le parole, di dire e non dire –Si chiamano Alfred e Matthew, sono gemelli... – si sistemò una ciocca di capelli color del grano dietro l’orecchio, forse un altro stratagemma per perder tempo e fece un gran sospiro.
–Lei è il padre. – buttò giù la frase frettolosamente, quasi volesse togliersi subito quel fastidioso sassolino dalla scarpa.
Arthur si strozzò con la sua stessa saliva. Tossicchiò per alcuni minuti poi incredulo, ripeté –Il padre? Io? – [...]
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: America/Alfred F. Jones, Canada/Matthew Williams, Francia/Francis Bonnefoy, Inghilterra/Arthur Kirkland, Un po' tutti
Note: AU, Lime | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'This is your father'
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Lovino e suo fratello Feliciano abitavano nella stessa casa, una villetta a schiera molto carina e arredata con buon gusto. I colori erano caldi e accoglienti; cosa che si confaceva molto al carattere dei due italiani o, perlomeno, a Feliciano.
In realtà, non avevano mai sentito il bisogno di separarsi l’uno dall’altro, anche se ormai erano abbastanza grandi e autosufficienti per farlo; semplicemente, la compagnia dell’uno piaceva all’altro e andava bene così ad entrambi.
E così per forza di cose, la vicinanza con suo fratello permise a Feliciano di conoscere Antonio, quello che sembrava essere il candidato al posto di “suo cognato”. All’inizio non aveva immaginato affatto che Lovino e il suo amico spagnolo con cui stava uscendo spesso in quegli ultimi giorni fossero amici in quel senso, ma quando se li era ritrovati sotto il portico, mentre si scambiavano un bacio…beh lui era ingenuo, ma non fino a quel punto!
Era appena tornato a casa, dopo una lunga giornata di lavoro e appena varcata la soglia del cancello, loro due erano stati la prima cosa che aveva visto.
E a nulla erano valse le scuse di suo fratello a proposito di “non è assolutamente come pensi, hai capito?”, perché lui ci vedeva benissimo e sapeva altrettanto bene che quello che aveva visto era stato un bacio.
Non appena lo videro, la prima reazione che ebbe Lovino, fu quella di spintonare via lo spagnolo da sé e guardare il fratellino con stizza, come se fosse tutta colpa sua se adesso si trovava in quella situazione.
La reazione di Antonio fu, se possibile, ancora peggio.
-Em…ciao!- si rivolse a Feliciano, rosso un viso ma sempre con il suo tono allegro.
-Ve’, ciao!- ricambiò il saluto l’italiano alzando improvvisamente la mano, come se fino a cinque secondi prima non avesse visto assolutamente nulla –Tu dovresti essere l’amico del mio fratellone, giusto?-
Lo spagnolo annuì a scatti, sempre più rosso –Assomigli proprio a Lovinito, sai?-
Lovino, nel frattempo, guardava entrambi a mezza via tra l’irritato e il sorpreso. Cercò di fare mente locale; Feliciano li aveva visti, mentre si baciavano e invece di scandalizzarsi come le normali persone, cosa aveva fatto? Aveva cominciato a socializzare!
Quel ragazzo era incredibile.
-Oh, me lo dicono tutti!- stava continuando quello, sempre con un timbro molto socievole –Solo che lui ha i capelli più scuri. –
-Vedo. –Nessuno di quei due imbecilli la smetteva di ridacchiare senza controllo. L’unico che pareva a disagio era lui!
Feliciano tossicchiò un po’, come se non avesse la più pallida idea di cosa dovesse dire a quel punto –Ehm…Vuoi entrare in casa?-
Per fortuna Antonio ebbe la decenza di dire “No no, ho da fare, ma grazie lo stesso!” altrimenti Lovino, come minimo, lo avrebbe morso a sangue.
-Ciao mi amor…- aveva avuto il coraggio di dirgli, prima di andare via.
-Vaffanculo!- mormorò a bassa voce, prima di rientrare a casa, molto silenziosamente, insieme al fratello. Non si dissero nulla per un po’ e fu Feliciano ad aprire la bocca per prima, dopo essersi schiarito la voce -E’ simpatico?- aveva la voce rauca, anche se si stava sforzando di apparire perfettamente a suo agio. In realtà, neppure lui sapeva da dove far partire il discorso
-No.- rispose voltandosi bruscamente verso di lui, ancora rosso per la vergogna.
Il minore ricambiò lo sguardo per nulla stupito; purtroppo, conosceva fin troppo bene il carattere scorbutico e soprattutto, chiuso del fratello -E allora perché lo hai baciato?-
-Non l’ho baciato-
-A me sembra una persona carina…- continuò con un tono perfettamente distaccato, cercando di fare tutto il possibile per far stare il fratello maggiore a suo agio; sembrava stesse discutendo del tempo, piuttosto che del fatto di averlo visto mentre si baciava con un ragazzo, talmente era disinvolto.
L’altro ruotò gli occhi al cielo –Per te, sono tutti simpatici. Mi chiedo proprio come fai a non perdere mai le staffe...E smettila di ghignare, che cavolo!-
Feliciano continuava a sorridere con dolcezza, ignorando che egli si stesse innervosendo seriamente, com’era naturale. Già era poco dignitoso per lui, andare in giro con Antonio che, va bene magari gli piaceva molto, ma rimaneva lo stesso un gran deficiente.
Essere però beccati da suo fratello, mentre per giunta si scambiavano effusioni, era addirittura stupido, a tal punto che in quel primo, breve momento avrebbe voluto di buon grado prendere a pugni quello scemo spagnolo…
La voce vivace di Feliciano e i suoi gesti bruschi e aperti, però, interruppero bruscamente i suoi pensieri rancorosi –Lo invitiamo a cena, un giorno di questi?- fece un sorriso, convinto che a suo fratello quella proposta avrebbe fatto gradimento.
Lovino lo incenerì con lo sguardo –Cosa cazzo stai blaterando?- assunse un tono talmente violento, che la sua rabbia sembrava quasi tangibile e perfino Feliciano sembrò accorgersene
-Beh, mi sembrava una bella idea…- cercò di giustificarsi, la sua voce si era improvvisamente affievolita e tradiva una nota quasi di timore –Ti prego, non arrabbiarti, fratellone. –
Il maggiore scosse la testa e fece un sospiro, La cosa più strana di tutta quella situazione, probabilmente quello che l'aveva maggiormente sconvolto, era che Feliciano non aveva fatto un solo commento riguardo alla sua relazione con Antonio, si era semplicemente limitato a dirgli che gli era apparsa una persona tutto sommato simpatica e se lo volevano invitare a cena.
Forse, era stato esagerato con lui.
Sospirò e alzò gli occhi al cielo –Magari…- cominciò a balbettare pieno di vergogna –Insomma…magari riusciamo a organizzare una cena…-
Venne risposto con un sorriso. Dopo anni e anni che lo conosceva, Lovino non capiva ancora come suo fratello riuscisse a sorridere per ogni minima cavolata. Di tanto in tanto lo invidiava seriamente…
-Sono contento che tu abbia trovato qualcuno a cui volere bene. –
Preferì cambiare discorso, perché quell’argomento lo infastidiva a dir poco. Odiava gli inutili sentimentalismi –Cosa vuoi per cena?-
La risposta giunse immediata -Cuciniamo un piatto di pasta? Ne ho una voglia matta!-
 
 
 
Per la cena di quella sera con i suoi fratelli, Arthur doveva ammetterlo: era molto agitato.
Non sapeva come comportarsi con quei due, dopo il modo in cui si erano salutati.
Fin da quando misero piede all’interno della sua casa, Hannah non mancò di fare un commento sgradevole a proposito di tutto ciò che la circondava e peggio ancora, metterli a paragone con il suo stile di vita brillante
–Brutte mattonelle…non mi piace il colore che hai usato per le pareti, il giallo è un colore così banale! Casa mia ha il parquet e ho deciso di dipingere i muri di (Tenetevi forte)…lilla! All’inizio la mamma mi ha detto “Il lilla non va bene per niente, vedrai che la casa si svalorizza in questo modo”, ma poi si è dovuta ricredere. E’ bellissima, dovresti vederla. E ha un salotto stupendo…-
Né Ian, né Arthur sembravano parecchio interessati a quello che stava dicendo, perfino i bambini avevano deciso di ignorarla, sebbene stesse parlando solo lei.
A parte Hannah, che era passata a parlare della sua “promettente carriera da giornalista”, tutti, Alfred compreso, mangiavano in silenzio, non rivolgendosi la parola come se fossero completamente soli.
Era veramente una situazione scomoda, soprattutto per Arthur, a cui tutta quella storia dei fratelli che arrivavano a New York si era mostrata da subito come insopportabile.
Guardava Ian, che a sua volta osservava lui con un’occhiata che non sapeva ben definire se fosse minacciosa o di sdegno.
 
Fu in quel momento che Ian parlò per la prima volta, rivolgendosi direttamente a lui –Certo che per te non è stato un vantaggio andare a vivere qui, dico bene?-
Aggrottò le sopracciglia –Dove vuoi arrivare?-
-Beh, - il suo sorriso prese una piega quasi sinistra, che all’inglese non piacque per nulla. Era uno di quei risolini che di solito accompagnavano il fratello quando diceva, o faceva, qualcosa ai suoi danni –Non è facile vivere in questa…”casa”…- pronunciò quell’ultima parola con un certo astio –E con due ragazzini a cui badare. Insomma, non ti manca la vecchia vita? –
In risposta, si limitò semplicemente a guardarlo in cagnesco: in fondo non era la cosa peggiore che gli aveva detto in tutta la vita, ma doveva pronunciarla per forza davanti ai bambini?
-Se il caterpillar ora vive qui e non è fuggito di corsa, vuol dire che qualcosa di positivo in questo posto l’ha trovato. – intervenne Hannah con un timbro di voce stranamente inoffensivo. Arthur notò che stava guardando, quasi insistentemente, i suoi bambini e capì perché lo stesse facendo; davvero, non se lo aspettava tutto quel tatto e tutto quello spirito di osservazione da lei
-Per una volta, Hannah, hai detto qualcosa di sensato!-
Ridacchiò –Io dico sempre cose sensate, solo che tu sei troppo stupido per arrivarci…E comunque, - aggiunse malevola –Vedo che non hai seguito il mio consiglio e che al contrario, il cespuglietto lì sopra sia aumentato in maniera spropositata. –
Perfino Alfred rise a quella battuta rivolta alle sopracciglia di suo padre, che si offese terribilmente. Mai toccargli le sopracciglia, erano un tasto altamente sensibile per lui –Maledetta, sei una grandissima…- non doveva dire parolacce davanti ai bambini, si ricordò in un lampo –Sei una grandissima…Beh, una grandissima oca!-
-E sei anche peggiorato con gli insulti…non che prima fossi un fenomeno!-
-Zia Hannah, com’era papà da piccolo?- cercò di intervenire Alfred con voce terribilmente curiosa.
La zia fece un sorrisetto e prese fiato, suo fratello intanto la guardava di sbieco, come a dire “Guai a te se provi a mettermi in cattiva luce davanti ai miei figli” –Caterpillar era un orrendo bambinetto. Ci portiamo poco, due anni quasi, ma ha voluto sempre comandare tutti a bacchetta, perfino i fratelli maggiori…-
-…Direi che con me non ci sei riuscito, eh, piccolino?- continuò Ian con voce piena di scherno nei suoi confronti.
-Smettila!- esclamò l’altro, parecchio infastidito da quella chiacchierata.
-Piuttosto, oserei dire che avevi paura di me…-
-Ho detto che la devi smettere. – ripeté l’inglese con tono imperante, sempre più furibondo.
I bambini non si rendevano conto dell’aria tesa che c’era da parte di tutti e tre i fratelli Kirkland, al contrario, erano vivamente incuriositi da quella singolare chiacchierata. D’altronde, era interessante per loro mettere insieme i tasselli della vita del loro padre, una persona che in fondo conoscevano da pochissimo tempo.
Il loro papà era come se si stesse trattenendo dal cacciare fuori quei due ospiti; aveva la faccia rossa, gli occhi lucidi di rabbia e li guardava, specialmente Ian, con irritazione e rabbia –Tu e David…è vero, mi prendevate sempre di mira, – sperava, con tutto se stesso, che Alfred e Matthew non afferrassero il reale senso delle sue parole: non voleva, ai loro occhi, apparire come un debole.
Non gli era mai piaciuto essere considerato come tale, perché lui non si credeva affatto così. Era un essere superiore a tutte quelle emozioni, tutte quelle debolezze, a tutto quanto quello che la gente poteva usare contro di lui. O almeno, lui pensava di essere così.
-Ma siete sempre stati due grandissimo scemi!- concluse soddisfatto.
Ian fece una faccia schifata –Ti ricordi di David?-
-David Smith, ma certo.- rispose Arthur, sorpreso. Era surreale, parlare con suo fratello in totale serenità di un passato molto imbarazzante per lui, non l’avevano mai fatto prima.
-Già, Smith…- pronunciò annuendo, con una punta di disprezzo non troppo nascosto –Quel bastardo!-
Inarcò un sopracciglio, perché qualcosa non gli tornava affatto –Era il tuo migliore amico, da quello che mi ricordavo. –
-Era, appunto-
No, c’era decisamente qualcosa che non andava, perché Ian e quello Smith andavano davvero d’accordo. Erano quegli amici che si spalleggiavano a vicenda, quelli che si scambiavano le ragazze al liceo, quelli che alle elementari facevano tutto il possibile per capitare nella stessa classe. Amici veri, del tipo di cui si vede poco in giro.
Cosa cavolo era successo che li aveva fatti improvvisamente separare? Di solito non si incuriosiva mai delle faccende di Ian, anzi, lo annoiavano, ma questa…
-Avete tagliato i ponti?-
Di rimando lo sentì sbuffare, sembrava non avere molta voglia di parlarne –Lo faresti anche tu, credimi, dopo quello che mi ha detto…-
-Cioè?-
Hannah per una volta, non rideva né deliziava la compagnia con le sue battutine, ma guardava Arthur con una faccia grave; indubbiamente lei sapeva cos’era successo tra Ian e David Smith e ne era rimasta fortemente indignata
-Me lo ha detto…- scandì piano e quasi disgustato –Una mattina, al lavoro. Mi ha detto che la mia… vicinanza gli causava, come dire “agitazione”. Hai capito, no?-
L’inglese continuava a guardarlo, impietrito. L’aveva capito benissimo, eccome, ma non ebbe la forza per rispondergli, in quel momento aveva in testa solo una parola: “Merda”.
Annuì, con gli occhi dilatati e facendosi improvvisamente pallido. Avrebbe voluto che suo fratello la smettesse ed invece egli continuò.
-Sai che gli ho risposto? “Ti sembro una checca?” Sì, gli ho risposto così. “Ti sembro il tipo da prenderlo nel culo, eh?”. Gli ho dato una bella lezione ed ora, credo che la mia vicinanza non gli provochi più “agitazione”- ridacchiò quasi divertito ma, d’altro canto, Arthur non trovava davvero nulla di divertente: sentiva la testa quasi girare, non sapeva cosa dirgli in quel frangente. Ma, obbiettivamente, cosa poteva dirgli?
“Eih, stronzo, io sono esattamente come il tuo amico David!”
Maledizione... anche detto tra sé e sé, sembrava una condanna a morte. Una sentenza inequivocabile, in fondo, che doveva già aspettarsi.
-Sei contro gli omosessuali?- ebbe il coraggio di domandargli, con un filo di voce.
Gli occhi di suo fratello si fecero improvvisamente violenti –Se Dio ha creato un uomo e una donna, c’è un motivo, no? È una cosa contro natura e la trovo insensata… Non ho forse ragione?- sembrava particolarmente offeso dalla domanda che gli aveva posto il fratello minore, chissà perché.
L’inglese deglutì e si affrettò a rispondere sommessamente –Giusto, giusto…Come no! – era a disagio, profondamente a disagio;  lo desiderava dal loro arrivo ma ora ancora di più, che i suoi fratelli sparissero dalla sua vista una volta per tutte e che gli facessero il favore di lasciarlo in pace. Era già depresso per conto suo perché la sua virilità (Perché di questo si trattava, secondo lui) veniva messa a durissima prova per tutta quella storia di Francis, ma ora, anche quello…era veramente troppo, non ne poteva più!
Il bello era che in fondo, avrebbe potuto anche dare ragione a suo fratello, per la prima volta nella sua vita ma, come poteva?
Come poteva?
C’era anche lui compreso, in mezzo a tutti quelli che Ian definiva “persone contro natura”.
E lui, che aveva cercato con tutto sé stesso all’inizio di negare il suo interesse per Francis e poi piano piano accettarlo come parte di sé, adesso gli sembrava di sprofondare lentamente.
Aveva in testa una sola frase: Non posso assolutamente dire loro come stanno le cose.
-Arthur, stai bene?- per una volta, Hannah appariva davvero in pensiero nei suoi confronti.
No, non stava bene per niente.
Impallidiva ogni minuto che passava e sul suo viso era rimasto un sorrisetto paralizzato e poco rassicurante. In ogni caso, cercò di darsi un contegno –Sto bene, mai stato meglio. – scoppiò in una risata nervosa e si alzò in piedi
-Papà, ma cosa vuol dire...?- iniziò a dire Alfred, ma lui lo interruppe bruscamente: intuiva perfettamente a cosa volesse alludere il figlio e non lo fece continuare. Avrebbero chiarito una volta che si fossero liberati di quei due "problemi"
–Immagino siate stanchi e non vediate l’ora di ritornare in albergo.-
Suo fratello gli rivolse un’occhiata scettica e si sentì quasi gelare: che avesse capito?
Era sicuramente una sua brutta impressione, però doveva ammettere che l’idea che loro sapessero e lo andassero a dire a tutti che lui era… no, no non aveva neanche la forza e il coraggio di formulare il pensiero.
In quel momento, si sentì suonare alla porta.
 
 
 
 
 
 
 
Salve! Scusate il mio proverbiale ritardo, che ormai è quasi di casa. Spero che il capitolo vi sia piaciuto lo stesso, perché ci ho messo tanto impegno ;)
Questa volta è ufficiale: la fic sta per finire, ma non dico quanti capitoli mi mancano perché non voglio un altro flop xD Manca poco, comunque…Quindi ne approfitto per ringraziare tutti, come sempre.
Questo capitolo lo vorrei dedicare ad una mia cara amica, che mi segue in silenzio e critica i miei capitoli a voce. A volte quello che dice mi irrita, ma lo fa sempre a fin di bene <3
E poi, lo dedico a tutte le fan Fruk; questa coppia ha bisogno di più ammore *_*
A presto
Cosmopolita

   
 
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