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Autore: Nightshines    08/01/2013    0 recensioni
"Sperando sia per sempre" Ecco, questa frase dice più o meno tutto sulla nostra amicizia. Due ragazze, due normalissime ragazze, che riusciranno ad avverare i loro sogni incontrando i loro idoli..
No, non è la classica FF è diversa, particolare, bellissima.
Genere: Fluff | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Parte Ester
"Nothing's fine, I'm torn"


 

Torino, 14/12/2012
 

“Non mi funziona whatsapp D:” le scrivo su Viber.
“Nemmeno a me” faccio un sospiro di sol lievo: ha il cellulare vicino.
“Sai, devo parlarti.”
“Dimmi tutto.” rispondo felice d’esserle d’aiuto.
“Allora… Ho appena litigato con mia mamma e ho chiesto a papà di cercarmi un liceo linguistico a Roma.”
Un colpo. Un colpo al cuore. un colpo troppo forte. Un colpo che, come un paletto, mi trafigge. Un colpo a cui le mie lacrime scendono. Un colpo a cui non so come rispondere io. Io, che ho sempre la risposta pronta, sono senza parole. “…”
“Perché avete litigato? …se posso sapere…” Si, invece di dire qualcosa per confortarla, quella è l’unica frase che riesco a scrivere.
“Per il suo fidanzato e per papà, ma ultimamente litighiamo per cazzate.” “Sicura?” “Di cosa?” “Di voler andare.” “No, si… Credo di si.” “L’importante è che tu sia sicura.” “Credo di esserlo.” “Ma avete provato almeno a chiarire?” “Si, piangevamo tutte e due è stato brutto. Le avevo detto che se non si fosse risolto sarei andata e non si è risolto.” “Mi dispiace.” “Anche a me.”
“Ti voglio bene.” si, gliel’ho scritto, ma questo strafottutissimo cellulare ha avuto la grandiosa idea di non mandarlo. Non riesco a continuare la conversazione, così cerco di spegnere il cellulare, ma sbaglio tasto e lo blocco. Lo sblocco, ma sbaglio la password per cinque volte consecutive e rinuncio. Lancio il cellulare conto il muro di fronte a me e tremo. Ho paura e piango.
È raro che io pianga, cioè in tutta la mia vita l’ho fatto per Sic e dopo aver letto il prologo di questa storia, la nostra storia (scritto da lei).
Come d’abitudine, invece di accasciarmi a terra e piangere, spengo la luce e salgo di sopra sul letto a castello. Mi metto sotto le coperte e cerco di soffocare i singhiozzi nel cuscino, ma con nessun risultato. Non smetto di piangere. Ormai sono passati dieci minuti, continuo a piangere e mille domande mi frullano per la testa. Perché sempre a me? Perché ogni volta che lego davvero con qualcuno tutto finisce? Io non voglio, non voglio che tutto quello che c’è tra noi finisca così. Non può finire così, no. Quante illusioni. Mi sono illusa da sola che la nostra amicizia sarebbe durata anche con la distanza.
Le cose belle finiscono sempre.
Non c’è mai il lieto fine, infatti non c’ho mai creduto. Solo una volta l’ho fatto. Quando ho detto “Sperando sia per sempre” a questa fantastica ragazza. Non ho mai dedicato tutta me stessa a qualcuno o a qualcosa se non ci credevo veramente.
Sperando sia per sempre.
Esatto: io credevo in me e Lucrezia, ma ecco cosa succede quando ci metti il cuore e l’anima nel farlo.
Sperando sia per sempre.
Quelle quattro parole risuonano nella mia testa… Come se volessero farmi pentire della mia scelta, ma non lo farò mai. Come se volessero punirmi, farmi stare male.
Sperando sia per sempre.
Un’amicizia buttata al vento, ma non credo perché rifarei altre mille volte tutto questo senza nessun pentimento. Un’amicizia che sicuramente non durerà. Non durerà perchè la nostra amicizia è un germoglio e un germoglio è facile da strappare. Per quanta volontà ci metteremo, sarà inutile.
Sperando sia per sempre.
Il destino, una cosa a cui non ho mai creduto e a cui non credo tuttora. Ma, ora come ora, credo che il nostro sia già scritto. Non so chi sia la persona che l’ha scritto, ma credo che il giorno che l’ha fatto si è alzato con il piede sbagliato. Sì, ma perché prendersela proprio con noi?
Sperando sia per sempre.
Credo che ormai sia mezzanotte, infatti le grandi braccia di Morfeo mi accolgono.
Sperando sia per sempre.

Parte Mia
"My heart started to separated"

Ero li davanti a lei, le mani tremavano e le ginocchia non reggevano il peso del mio corpo.
Litigavamo, litigavamo per l’ennesima volta e mentre ascoltavo le sue parole così taglienti il dolore reprimeva la voglia di rispondere, di gridare. L’unica cosa che ero in grado di fare era piangere, le lacrime percorrevano ininterrotte il perimetro del mio viso bagnando le guancie calde e rosse, non sopportavo più quella situazione così straziante e mi diressi in cameretta.
La testa poggiata tra le braccia, la schiena china sulla scrivania e la luce spenta, i singhiozzi risuonavano nell’aria accompagnati dal vibrare del cellulare che mi riportò alla realtà.
Alzai il viso, passai il dorso della mano sotto gli occhi raccogliendo le lacrime e presi un respiro mente visualizzavo il messaggio di Ester, avevo bisogno di lei in quel momento più di ogni altra cosa e l’unico modo in cui riuscii a dirglielo fu con un semplice messaggio “Allora, ho litigato con mia mamma e sto malissimo.. Ho chiamato papà e gli ho chiesto di trovarmi un liceo linguistico a Roma” Si, tutto li. Era in quelle poche righe la ragione del mio male.
Aspettai per dei secondi interminabili una risposta, un suo aiuto, un suo incoraggiamento ma la sua risposta furono dei puntini, degli stupidi puntini che non riuscii a decodificare e che mandarono il mio cervello ancora più in confusione. “…”Quella fu la mia risposta, insulsa, debole, priva di senso “Perché avete litigato?” le risposi spiegandole in breve il motivo di quell’ultimo straziane litigio con mia mamma. “Sicura, di voler andare?” “No, si, non lo so. Credo di si” Non sono per niente sicura di questa scelta, devasta Ester tanto quanto me, lasciare tutta la mia vita, i miei amici, la mia famiglia e il mio paesino per buttarmi in un mare d’incertezze a Roma lontana da tutto e da tutti.
“Non potrei nemmeno dire che voglio venire con te perché non sei obbligata, è una tua scelta.” Eccola la sua risposta, ecco le parole che mi devastarono completamente. I sensi di colpa mi sopraffarono seguiti dal dolore che tutta questa situazione mi provocava. Stavo male, perché stavo per abbandonare tutto, perché per decidere di lasciare la propria vita la situazione dev’essere grave, perché ho raggiunto un livello di dolore insopportabile al quale l’unica soluzione possibile sembra essere quella di andarsene. L’ultima cosa di cui avevo bisogno in quel momento erano i sensi di colpa, che iniziarono ad invadere il mio corpo, che mi pugnalavano al cuore più di quanto stessi già facendo, che mi facevano morire dentro in un secondo e al quale le mie lacrime ricominciarono a scendere lente sul mio viso ormai sfigurato. Non capivo la sua reazione, ero arrabbiata, triste, delusa e altre mille emozioni tutte insieme che non riuscivo padroneggiare e che mi facevano dire cose che probabilmente non avrei detto, l’unica persona che sembra capirmi è Martina.
Una nostra amica che mi sta accanto senza giudicarmi, che mi capisce, che cerca di alleviarmi il dolore invece di sopraffarmi di sensi di colpa, che se anche l’ha presa male non l’ha dimostrato e che mi ha incoraggiata dicendomi di fare il meglio per me. Non ho idea di quale sia il mio meglio, non so che cosa devo fare ma adesso la cosa più importante è recuperare il rapporto che ho con la mia “migliore amica” se così ci possiamo definire, oggi abbiamo parlato o –almeno io- l’ho fatto spiegandole tutto ciò che sento e che ho dentro, mentre lei non so..
Non ho capito cosa vuole fare, non ha parlato, non credo voglia continuare nel “sperando sia per sempre” o magari non ci crede neanche. Fatto sta che tutto ha un limite, la mia pazienza anche e si sta avvicinando sempre di più, non voglio essere cattiva ma sono stanca di stare male con lei, per lei, senza lei.

  
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