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Autore: Kristye Weasley    08/01/2013    4 recensioni
Cosa succederebbe se, dopo tutto il tempo "sprecato" dietro a Joker, Harley decidesse di farla finita? Come reagirebbe il criminale più subdolo di tutta Gotham? Questa storia, di mia invenzione, parla di questa situazione ipotetica, e vedrà coinvolti Joker e Harley Quinn, Poison Ivy e, ovviamente, Il Cavaliere Oscuro. Hope you like it!
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Non appena Harleen chiuse la porta alle sue spalle, Batman concentrò tutte le sue attenzioni sul Joker, alzando immediatamente la propria guardia.
Le parole dell'ormai ex Arlecchina lo avevano toccato, ma in quel momento non poteva permettersi nessuna distrazione. Una volta spedito il Clown ad Arkham, si sarebbe concesso tutto il tempo necessario per riflettere, magari seduto nel chiaroscuro della batcaverna con l'ausilio dei saggi consigli di Alfred, ma ora aveva una missione da compiere.
Il Joker era un avversario temibile ed imprevedibile già di natura, ma dopo quello che era appena accaduto, Batman se lo aspettava furioso e, se possibile, ancora più folle. La sua mano scivolò sulla cintura, impugnando il bordo delle sue lame, mentre gli occhi fissavano attentamente il Clown, pronti ad individuarne ogni mossa. Nulla.
Era ancora immobile, come pietrificato dalle parole di Harleen.
Il suo sguardo era vuoto, fisso sul costume di lei, mentre il suo corpo sembrava un lenzuolo steso in balia del vento, senza nessun segno di tensione o di reazione.
< Arrenditi, Joker > provò a risvegliarlo Batman, anch'egli in soggezione davanti alla mancata reazione del pagliaccio. Non ricevette risposta.
< E' finita, arrenditi > riprovò il Cavaliere Oscuro. E il Joker finalmente si mosse, facendo due passi avanti.
< Non ti muovere! > gli intimò Batman, ma lui non lo ascoltò, limitandosi ad estrarre la sua pistola dalla cinta e gettandola via, prima di inginocchiarsi davanti al costume di Harley.
< Ti ho detto di non muoverti! > ripeté l'uomo pipistrello con tono meno convinto. Non capiva cosa il suo psicotico avversario stesse facendo, ma di certo non aveva intenzione di ascoltarlo. Rimase in posizione d'attacco ma, per il momento, decise di lasciarlo fare, cercando di comprendere le sue intenzioni. Il Joker prese il costume rosso-nero tra le mani, lo strinse a sé. Aveva ancora il suo profumo.
"Con i giusti cambiamenti, diventa Harley Quinn! Sì, come il nome della maschera!" ancora quella frase dal passato a perforargli la testa. E poi un'altra. E altre ancora. Nella sua mente malata passarono migliaia di parole ed immagini, testimoni di momenti felici e azioni orribili. Chiuse gli occhi, la testa sembrava stesse per scoppiargli. Avrebbe voluto piangere, ma non ne era più in grado, perciò sorrise. Un sorriso amaro, senza gioia né pazzia, di quelli che rappresentano chi un ghigno lo ha dipinto sul volto, ma ha la morte nel cuore. Cercò di provare rabbia, non ci riuscì. Cercò allora odio, rancore, risentimento, una qualsiasi forma di reazione. Niente. Nel panico più totale provò ad aggrapparsi alla sua ultima risorsa, il suo oscuro passeggero. E fu in quel momento che si rese conto che lui non c'era più, se n'era andato. E fu in quel preciso istante che il Joker capì. Era finita.
Si rialzò, con il vestito tra le mani, e lo appoggiò delicatamente sul tavolo davanti a sé, poi rivolse lo sguardo verso il suo nemico di sempre e sorrise.
< E così alla fine ce l'hai fatta Batsy. Dopo anni di lotta hai sconfitto la tua nemesi... E' finita, hai vinto... > disse allargando le braccia come segno di resa.
< E' un altro dei tuoi stupidi trucchetti? > chiese Batman non fidandosi.
< Nessuno trucco. Stavolta è finita sul serio > rispose lui convinto.
< Ti assicuro che se hai in mente uno dei tuoi scherzi io... > ma venne interrotto prontamente < E' finito il tempo degli scherzi, Batman. Ed è finito il tempo del Joker > e, con un gesto inaspettato, estrasse il suo fido coltello dalla giacca, piantandolo nel piano del tavolo davanti a sé.
Batman ebbe un sussulto involontario. Combatteva il Principe del Crimine da anni ormai, e mai prima di allora aveva visto il suo acerrimo nemico sbarazzarsi della sua fedele lama. Certo, molte volte l'aveva perso durante la lotta e molte altre lui stesso lo aveva tolto dalle sue mani con la forza, ma mai, prima d'ora, gettato volontariamente. Era vero dunque? Era davvero la fine?
< Ho solo un'ultima volontà prima di finire rinchiuso per sempre ad Arkham > disse il Joker ricacciando indietro i sogni di gloria del Cavaliere Oscuro.
< Lo sapevo... Come sempre c'era sotto qualcosa... > rispose ironico Batman quasi sollevato nel sentire quell'obbiezione.
< No Batsy, voglio solo un secchio di acqua calda... > lo smentì mister J conciliante, stupendo ancora una volta il rivale.
< Acqua calda? > chiese sorpreso.
< Acqua calda... Solo quello > confermò < E se non ti fidi puoi anche ammanettarmi, ma ti chiedo questo ultimo favore, in nome della nostra vecchia non amicizia >
Batman esitò. Un po’ d'acqua non poteva certo essere un pericolo, ma il Joker era famoso per la sua capacità di trasformare qualsiasi cosa in un'arma mortale. Eppure, guardandolo, qualcosa gli diceva che l'uomo davanti a sé non era più il suo rivale di sempre. Il coltello gettato, quel sorriso spezzato, la voce priva della sua consueta arrogante ironia.
< D'accordo > disse infine < Ma sarai ammanettato e, alla prima mossa avventata, ti spedisco direttamente nella zona ricoveri di Arkham, intesi? >
Il Joker annuì e protese le braccia in avanti. Batman estrasse le batmanette e gliele infilò, prima di guardarsi intorno in cerca di un recipiente per l'acqua. Non ci mise molto a trovarne uno, dato che buona parte della funhouse era dedicata agli esperimenti chimici, e perciò molto simile ad un laboratorio scientifico. Riempì velocemente il secchio con dell'acqua calda e lo portò al Principe del Crimine.
< Se ancora non credi alle mie parole, forse questo ti convincerà definitivamente > gli disse il Joker, prima di rovesciarsi sulla testa l'intero contenuto del secchio. Questa volta Batman non riuscì a nascondere il suo stupore. Vide il bianco trucco colare lentamente dal suo volto, i suoi capelli mutare dal verde verso un comune nero, le sue labbra impallidire. Non c'erano più dubbi. Questa volta era finita sul serio.
< Non è ironico Batsy? > chiese il Joker passandosi due dita sul volto, asportando il cerone ormai bagnato < L'eterna lotta tra il bene ed il male è finita solo quando le parti si sono invertite. Tu, il paladino della giustizia, costretto a ricorrere ad un subdolo trucco, costretto a giocare con i sentimenti di un'innocente per battermi. Io, il Principe del Crimine, colui che è resistito ad ogni tortura, veleno e che ha ucciso migliaia di persone come fossero insignificanti insetti, sconfitto dai sentimenti per una donna >
Bruce Wayne fece per obbiettare ma si fermò. Non era d'accordo, ovviamente, ma il traguardo tanto ambito era lì, a portata di mano, e far buon viso a cattivo gioco era, così come in precedenza con Harley, il male minore.
< Lo sai? Quando ero bambino anch'io volevo diventare un supereroe... Sognavo di volare sui cieli di Gotham e di proteggere i suoi cittadini dalle ingiustizie. E' incredibile come la vita a volte sia così ironicamente imprevedibile e beffarda, non trovi? > chiese il Joker non ottenendo risposta nemmeno stavolta.
< Sai come mi sono fatto queste cicatrici? > riprovò allora, cercando di attirare la sua attenzione.
< L'hai già raccontato centinaia di volte, e sempre in maniera differente > rispose il cavaliere oscuro, cercando di sembrare disinteressato.
< No... Io intendo come realmente mi sono fatto queste cicatrici > e le indicò. Batman ora le vedeva chiaramente, senza il trucco a coprirle. Erano spaventose. Persino lui rabbrividì al pensiero del dolore che doveva aver provato nel farsele.
< Come ti dicevo ero molto fantasioso da bambino. Sfortunatamente, però, ero anche molto timido e goffo, cosa che mi rese ben presto il bersaglio preferito di professori e compagni di classe. A casa le cose non andavano certo meglio. Mio padre mi odiava. Diceva che ero una femminuccia, uno smidollato, un buono a nulla. Ogni sera tornava dal lavoro ubriaco e mi picchiava. Picchiava me e mia madre > si fermò un istante a guardare le gocce di tinta verde cadere dai suoi capelli.
< Mia madre. Fortuna che c'era lei. Ogni sera veniva da me, a rimboccarmi le coperte. Io la vedevo... Vedevo i segni... Vedevo i lividi... Ma lei mi sorrideva dolce, sempre... "Continua sempre a sorridere tortina mia" mi diceva... "Vedrai che un giorno il mondo sorriderà a te" >
Batman era confuso. Gli stava davvero raccontando la sua vita? E perché? Non capiva, ma non disse nulla, lasciandolo proseguire.
< Crescendo le cose non migliorarono. Liceo e college furono forse ancora peggiori. Venivo puntualmente scherzato e picchiato da chiunque, e le ragazze facevano a gara tra loro per umiliarmi pubblicamente. Non avevo un solo amico al mondo, l'unica cosa che avevo erano i miei libri. Così occupavo il tempo studiando, da solo, divorando libri su libri, specialmente di fisica, chimica e scienze tecnologiche. Questo mi permise prima una borsa di studio, poi una laurea con il massimo dei voti ed infine un lavoro redditizio presso un centro ricerche di fama mondiale. La favola è finita bene starai pensando, vero? Ed invece no Batsy... E' vero, avevo un lavoro che mi piaceva e con uno stipendio gratificante, ma ben presto i miei limiti caratteriali mi resero ancora la marionetta degli altri. I colleghi mi usavano, il mio capo promuoveva chiunque al mio posto e mi derideva davanti a loro. "Dai segni di vita! Renditi utile ogni tanto!" mi diceva sempre... Ogni giorno un inferno... Poi la sera tornavo a casa e le cose peggioravano, se possibile. Mia madre morì di malattia durante il mio ultimo anno di college. "Continua a sorridere" fu ultima frase che mi disse, prima di chiudere gli occhi per sempre. Mio padre continuò ad odiarmi. Il funerale di mia madre fu l'ultima volta che lo vidi in vita mia. Dopo circa due anni di lavoro mi sposai con una ragazza di nome Jeannie. Lei non mi amava, anzi, probabilmente nemmeno mi sopportava, ma i suoi famigliari l'aveva buttata fuori di casa, stufi della sua inclinazione a spendere i soldi altrui senza la minima voglia di guadagnarne di propri, così quando trovò un pollo facile come me da spennare non perse l'occasione. Solo al mondo com'ero non fu difficile per lei sedurmi e convincermi a sposarla. E da quel giorno non si fece neppure più sfiorare da me. Spendeva i mie soldi, frequentava i suoi amanti, rientrava a casa di tanto in tanto solo per dormire o chiedere altro denaro. Sai, a pensarci adesso mi chiedo come facessi a sopportare tutto ciò... Eppure ho vissuto così per anni... Fino... > s'interruppe guardando Batman < Fino a che ebbi la mia brutta giornata... >
Il cavaliere oscuro annuì. Tante volte il Joker aveva nominato quel giorno, il giorno in cui tutto ebbe inizio.
< Sembrava una brutta giornata come tutte le altre > riprese < ed invece mi aspettava molto di peggio. Il mio capo si presentò da me sorridente quella mattina. Mi disse che gli era stato dato il compito di ridurre i costi e tagliare il personale non necessario. Hai qualche idea su chi fosse, Batsy? Esatto... Proprio io... Licenziato su due piedi, nonostante fossi uno dei più qualificati ed esperti. Ed in più mi obbligò a lasciare tutti i miei progetti nelle sue mani. "Questi appartengono all'azienda" mi disse. Arrivai a casa angosciato quella sera. Non sapevo come dire a Jeannie che ero senza lavoro. Non fu un problema. Qualcuno mi aveva preceduto, perché quando entrai la casa era mezza vuota. Jeannie se n'era andata per sempre, insieme a tutta la sua roba. Lasciò solo un misero biglietto dove diceva di aver finalmente trovato un uomo forte ed autoritario, che sapeva proteggerla e che la faceva sentire al sicuro. E poi lui sorrideva, la faceva ridere... > e il Joker si fermò un istante, per togliere un po’ di trucco che gli stava colando sulle labbra.
< Ridere... Sorridere... Tutto il mondo voleva solo quello da me! Era troppo. Era troppo persino per me. Sfogai la mia rabbia, distrussi tutto quello che mi capitò a tiro. Non era abbastanza. Il mondo mi aveva escluso dai giochi, non avevo più nessun motivo di esistere. Rovistai tra i vecchi scatoloni del ripostiglio finché non trovai quello che cercavo... Un vecchio coltello che mio nonno lasciò a mia madre > e il suo sguardo finì proprio sull'arma, ancora conficcata nel tavolo < Ero pronto a farla finita quando, per la prima volta, lei apparve... >
< Lei? > chiese Batman quasi senza volerlo, ormai coinvolto nel racconto.
< Lei... Lui... Dipende dal nome che vuoi dargli, o se semplicemente vuoi basarti sulla forma che assume > spiegò il Joker.
< Tu stai parlando di... > azzardò Bruce Wayne iniziando a capire
< Sto parlando della mia musa ispiratrice, la Dea di cui ero la voce e il braccio armato, il mio oscuro passeggero... Sto parlando di quella che tutti chiamano follia... >
Batman annuì. Le tessere del puzzle si stavano pian piano incastrando nel mosaico finale.
< Mi apparve come un fantasma, una figura sfuggevole ma allo stesso tempo percepibile, reale. Ero una preda facile in quel momento e lei ne approfittò subito, prendendo le sembianze di mia madre. "Non farlo tortina mia" mi disse "Tu hai una missione da compiere. Tu devi portare in questo mondo la giustizia che solo il caos può dare." Io non capivo, credevo semplicemente di essere impazzito, ma rivedere mia madre e sentire la sua soave voce mi spinse ad ascoltarla, a chiederle cosa dovessi fare. "Segui le mie parole" mi rispose "E continua a sorridere." Non obbiettai. Quella visione era l'unica cosa che mi restava, così decisi di seguirla. Il vecchio me morì in quel momento, un nuovo io stava per prendere il suo posto. Avevo bisogno di una nuova identità, qualcosa di grande impatto, che rimanesse scolpita nelle menti delle persone, così da permettermi di svolgere al meglio la mia missione. Fu ancora lei ad aiutarmi, indicandomi un mazzo di carte sparpagliato sul pavimento. E lì lo vidi, in risalto rispetto alle altre del mazzo. Il Joker. Mi tornarono in mente le parole della mia vera madre quand'ero bambino, e lei non perse occasione di ricordarmele. "Ti piacciono i clown tortina mia?" "Si mamma, mi fanno ridere." "Stima e prendi sempre esempio da clown e giullari figlio mio. Loro sono l'esempio vivente di chi sorride e porta felicità anche quando è triste dentro." Aveva ragione. Il mio destino era essere uno di loro. Il mio destino era il Joker. Mi procurai abiti sgargianti, trucco per il viso e tinta per capelli. Mi mancava solo una cosa. Il sorriso. Lo volevo eterno, volevo sorridere per sempre proprio come mi chiedeva lei, perciò presi il mio coltello e lo infilai nella mia bocca, facendomi queste. Passai giorni in preda alla febbre da infezione, cicatrizzando le ferite in modo che rimanessero perenni. Rischiai l'infarto per il dolore che provai, ma sapevo che era necessario, ero convinto che per far regnare il caos, la sofferenza era la base da cui partire. Diventare il pagliaccio principe del crimine fu più semplice di quanto pensassi. La gente crede che uccidere sia difficile... Finché non ci prova... Il primo fu il mio ex capo. Lo sgozzai in pochi istanti, senza che lui nemmeno si rendesse conto di chi fossi, o forse sì, visto che mentre moriva io mi riprendevo tutti i miei progetti... Poi fu il turno di Jeannie. Prima uccisi la sua nuova fiamma, con un semplice colpo di pistola alla testa, perché di lui non m'interessava. Lei invece si vendette come al solito, e per la prima volta si concesse a me con tutto il suo corpo. Io ne approfittai prontamente, sfogando tutti i miei istinti su di lei e, una volta terminato di usarla come se fosse una comune prostituta di strada, le aprii il ventre in due, rimanendo ad osservarla mentre moriva. Fu lì che scoprii un innato talento nell'uccidere ed un immenso piacere nel farlo, così continuai, e ben presto diventai il criminale Principe di Gotham, con un'intera banda di spietati criminali come gang e con addirittura un supereroe come Batman alle sue calcagna > concluse ormai quasi completamente struccato.
< Ma come dico sempre il bello del caos è che è sempre equo, persino con i suoi più fedeli servitori. Tutto quello che mi ha dato in questi anni me lo ha tolto oggi, e nel modo più ironico possibile, attraverso il sentimento per una donna > e lanciò un'ultima occhiata verso il costume di Harley.
< Ma forse non è così ironico pensandoci. Forse è solo così che poteva andare a finire... Perché in fondo anche l'amore fa parte del caos... > e rialzò lo sguardo, mostrandosi per la prima volta come se stesso. Batman quasi stentava a credere che l'uomo davanti a lui fosse il suo storico rivale. La pelle pallida e rovinata dal trucco, i capelli scuri e spenti, grosse occhiaie simbolo di una vita disagiata e labbra di un rosa anonimo, prive del fuoco che il rossetto dava loro. Un uomo come tanti, una persona comune, di quelle che ti passa accanto per la strada e nemmeno la noti... Questo sarebbe se non fosse per quelle due vistose ed orribili cicatrici.
< Mi dispiace Joker. Tante persone soffrono nella vita, ma non arrivano a compiere quello che tu hai fatto. Hai commesso troppi crimini e ucciso troppi innocenti per essere perdonato. Finirai il resto dei tuoi giorni ad Arkham, com'è giusto che sia > disse Batman cercando di nascondere quel poco di pietà che provava per lui.
< Io non voglio essere salvato. So benissimo quello che ho fatto e sono pronto a pagarne le conseguenze > rispose raggiungendolo e allungando le due braccia ammanettate verso di lui < Fa il tuo dovere, supereroe >
Il Cavaliere Oscuro annuì ed accompagnò il suo prigioniero fuori dall'edificio. Passarono diversi minuti al freddo di Gotham, in attesa dell'arrivo di Gordon ed i suoi uomini.
< E' strano. Dovrebbero essere già qui ormai > disse Batman cercando di nuovo il contatto radio. Ma non ci riuscì. Qualcosa dall'ombra lo colpì, stordendolo. L'ultima cosa che vide, prima di perdere i sensi, fu la sua radio scivolare lontano da lui.
 
 

« Tutto ciò che serve è una brutta giornata per ridurre l'uomo più sano di mente alla follia. Ecco tutto ciò che mi separa dal resto del mondo. Solo una brutta giornata. Tu hai avuto una brutta giornata, una volta. Ho ragione? So che è così. Voglio dire. Hai avuto una brutta giornata e tutto è cambiato. Perché altrimenti ti vesti come un topo volante? »

  
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