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Autore: _MoonShine_    09/01/2013    3 recensioni
Due ragazze, due amiche, due mani che si intrecciano.
Quando la paura prevarrà sul coraggio, quando le nuvole oscureranno la luce, quando il destino chiederà la tua parte, sarà in quel momento che avrai il bisogno di stringere la sua mano.
Ma se una principessa senza un regno ti domanda aiuto, se dentro di te nasce un potere straordinario, se non puoi più fidarti di nessuno, se l’amore della tua vita ti volta le spalle e se ti ritrovi ad amare il tuo peggior nemico, allora basterà stringere quella mano?
Questo Fine e Rein lo dovranno scoprire superando gli ostacoli delle tenebre e del loro cuore, sconfiggendo l’oscurità per tornare a casa insieme. Con una chiave, una spada, sette pietre e due sole parole che le porteranno all’inizio di una grande e magica avventura.
-Carnil, Luinil-
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Fine, Rein
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Voice ~ Voce
 

I giorni passavano, l’aria era sempre più calda, ma spesso, la mattina e al pomeriggio dalle cinque in poi, potevamo ancora godere di una lieve brezza fresca che arrivava dall’oceano a est. Falastur, così si chiamava la costa vicino alla valle di Narwain dove sorgeva Elbereth. Era strano, a scuola avevo studiato, per quel che posso dire di studiare io, che tutti i nomi dei luoghi di quella valle avevano un significato particolare, mi piacevano. Il nome del nostro villaggio voleva significare Regina di stelle, ma non saprei dire che lingua sia, è già tanto che mi ricordi questo. Mentre il luogo che comprendeva la spiaggia, la costa, e il promontorio a sud che correva per diversi chilometri prendeva il significato di Signore delle Coste. Si diceva che molti anni prima un uomo molto devoto all’oceano era il guardiano della costa, era come un faro vivente. Quando morì gli abitanti diedero il suo nome a quel luogo magnifico da cui si poteva vedere l’infinito.
Spesso andavo con Rein a fare un giro sul promontorio, a volte evitavo di dirlo alla mamma, non le piaceva che mi allontanassi così tanto dal villaggio, ma alla fine, quelle volte che lo scopriva, accettava il fatto che non poteva capitarmi niente, eravamo completamente isolati dal resto del mondo. Il villaggio più vicino era a sei ore di viaggio a cavallo, figuriamo a piedi. Chi mai sarebbe venuto fino a Elbereth usando sei o più ore del suo tempo per rapire due fanciulle che si erano allontanate dal villaggio?
Quel giorno decidemmo di andare a fare un giro proprio lì, era da un po’ di tempo che non ci andavamo, in quel periodo ci avevano bombardato di verifiche e compiti visto che la fine della scuola si avvicinava sempre di più.
L’idea di andarci quel giorno che misteriosamente non avevamo compiti era stata mia. Tutto era collegato alla faccenda del comprare la spada che volevo tanto. Avevo detto a mia madre che mi sarei guadagnata i soldi da sola mettendo su una bancarella alla festa d’estate. Avevo cercato diverse idee su cosa vendere, alla fine mi arresi all’opzione di ghirlande e composizioni di fiori, era una delle poche cose che riuscivo a fare e poi la gente ne andava matta, tutte le case erano colorate con piante fiorite e profumate. Avevo pensato a vendere dei dolci ma io non ero capace a cucinare e non volevo nemmeno approfittarmi di Rein, si sarebbe anche rifiutata dato che era contraria al fine di quella vendita. E poi se anche avessi venduto dolci non sarei mai stata all’altezza di mia mamma che ero convita avesse l’intenzione di allestire uno stand di dolciumi. Così mi dedicai ai fiori e ne raccolsi molti, avevo già iniziato alcune composizioni facendoli seccare e poi unendoli tra loro. Ma tutti sapevamo che sul promontorio c’erano dei fiori molto particolari, erano gialli e azzurri, a Rein erano sempre piaciuti. Quindi perché non aggiungere anche quelli?
-Qui si sta proprio bene- erano ormai diversi minuti che Sophie lo ripeteva. Era una nostra amica, avevamo legato subito grazie a Rein che ci aveva presentate, ma sfortunatamente eravamo in classi diverse, lei era un anno più grande, ma si divertiva a venire in giro con noi. Mi dispiaceva dirlo, ma a volte dovevo ammettere che era un po’ tra le nuvole. Era una ragazza simpatica sì, ma molte volte si perdeva nei suoi pensieri dicendo cose senza senso o il peggio delle volte diceva apertamente quello che pensava, ingenua che le persone potessero prendersela. Ma eravamo molto affezionate a lei, ci piaceva la sua sincerità involontaria, e poi era una buona confidente. Così, mentre poco prima aveva sentito la mia proposta a Rein di andare sulla costa, ci chiese se era un disturbo se fossero venute anche lei e Mirlo, la figlia della sarta Yamhul, nonché sua compagna di classe e amica inseparabile. Ovviamente acconsentimmo, ci divertivamo in loro compagnia.
Grazie a Sophie avevo conosciuto Auleer, suo fratello. Con lui spesso simulavo combattimenti con spade, era bravo, poche volte riuscivo a batterlo, ma in quei momenti che vincevo mi sentivo il Dio in Terra. Lui aveva una spada vera, il signor Mich gliela aveva forgiata due anni prima. I suoi non avevano obbiettato, in fondo ora aveva diciassette anni, era più grande di me ed era anche un maschio e ai maschi non è negato il piacere di usare le armi, in fondo sono gli uomini che solitamente combattono.
Arrivammo presto sulla cima del promontorio, da lì c’era sempre stato un panorama mozzafiato. Non mi fermai molto a guardarlo, ormai sapevo che era impagabile una visione simile. Mi misi in ginocchio a raccogliere qualche fiore, quelli che stavo cercando. Mirlo si avvicinò aiutandomi a raccogliere quelli più belli, le avevo raccontato strada facendo il perché mi servivano. L’aveva definito un fine affascinante quello di comprarmi una spada. Mi piaceva quella ragazza, era gentile, cercava sempre di dire la cosa migliore e aiutare la gente. Non ero sorpresa che fosse fidanzata con il ragazzo più carino della scuola, Pastel. Almeno era quello che dicevano, io non ci avevo mai fatto caso, non guardavo i ragazzi in quel modo, li vedevo solo come leali avversari di combattimenti con la spada e compagni di scherzi da fare alla vecchia Hildegard, la megera di Elbereth, ma ora che ci pensavo non era poi così male quel ragazzo.
-Rein, vuoi darmi una mano o intendi stare tutto il tempo a guardare l’oceano?- le chiesi dopo diversi minuti vedendo che era ancora seduta a pochi metri da noi a guadare in basso. Come previsto sbuffò, sapevo che non voleva aiutarmi visto il fatto che alla fine ne avrei ricavato una spada, ma come sempre non sapeva dirmi di no.
Si alzò spolverandosi la gonna che la copriva quasi fino alle ginocchia, lei adorava le gonne. Sembrava che fossi io una delle poche ragazze che indossavano spesso dei pantaloni. Ok, ammetto che ero io quella diversa, non mi piacevano gli abiti lunghi, non riuscivo a muovermi e finivo per cadere ogni volta o ingarbugliarmici dentro. E poi con le gonne era difficile fare combattimenti con le spade.
La vidi di sfuggita fare un passo e bloccarsi. Poi vedendo che non accennava a muoversi alzai la testa. La vidi con gli occhi leggermente sgranati in un’espressione sorpresa, sembrava quasi un dipinto di una ragazza dai capelli turchini in movimento ritratta mentre cammina. I suoi occhi erano puntati verso di me come quando si stava alzando, ma sapevo bene che non mi vedeva, che le sue iridi turchesi in verità fissavano il vuoto. Scorsi nel suo sguardo una scintilla di incredulità e spavento, ma qui quella che si stava spaventando ero io, che aveva? Stava male? -Tutto bene?- le chiesi calma e non muovendomi.
Lei sembrò riprendesi, sbatté diverse volte le palpebre probabilmente pensando a quello che era successo -Sì, sì- disse distrattamente mentre voltava la testa indietro. Poi dopo essersi guardata intorno ci raggiunse chinandosi come se nulla fosse a raccogliere i fiori.
-C’è qualcosa che non va?- le sussurrai una volta che Mirlo si mise accanto a Sophie a raccogliere i fiori in un punto a poca distanza da noi due. Sapevo che Rein certe cose non voleva dirmele davanti ad altra gente, ogni volta faceva finta di nulla ma poi, quando sole, mi raccontava tutto.
-No, tranquilla. Mi era solo sembrato di sentire qualcosa, ma era il vento- sorrise e io mi tranquillizzai. La conoscevo bene e sapevo distinguere i momenti in cui mentiva, e ora non lo stava facendo. Probabilmente non era successo nulla davvero, avrà associato il fruscio del vento a chissà cosa.
Una volta raccolti abbastanza fiori da non riuscire a tenerne più in mano, tornammo verso Elbereth. Arrivate alle prime case sentii Rein fermarsi di colpo dietro di me. Mi voltai per vedere se le era caduto qualche fiore e se avesse bisogno di una mano. La vidi di nuovo guardarsi intorno un po’ incerta, come se avesse sentito un rumore strano. Quando si rivoltò verso di me c’era una nota di preoccupazione sul suo viso. Lei capì che la stavo osservando preoccupata e mi raggiunse con un sorriso poco convinto per poi superarmi e dirigersi verso il centro del villaggio e raggiungere casa mia dove depositare i fiori insieme a Mirlo e Sophie.
 
-Fine- mi chiamò. Io e Rein eravamo sedute sul divano di casa mia. Eravamo a gambe incrociate, io tenevo in mano una ciotola di patatine, mentre Rein era presa nel togliere qualche foglia secca dai fiori raccolti poco prima. Mirlo e Sophie mi avevano lasciato i fiori sul tavolo ma non erano volute rimanere, avevano da fare. Così eravamo rimaste io e Rein da sole come sempre, mentre i nostri folletti di peluche ci guardavano dalla poltrona accanto al divano. Mamma non c’era, era ancora nella pasticceria. Ora che la festa d’estate si stava avvinando passava qualche ora in più lì preparando qualche pasticcino per portarsi avanti.
-Sì?- la guardai interrompendo lo sgranocchiare delle patatine e vedendo che lei si era fermata dal suo lavoro di pulizia dei fiori. Mi guardò un po’ curiosa e un po’.. non lo so, era un’emozione che non le avevo mai letto sul viso.
-Che vuol dire Luinil?-
Le mie sopracciglia si alzarono da sole, probabilmente perché non avevo capito ciò che aveva detto. Cos’era? Un tipo di pasticcino? -Lu-che?- chiesi riprendendo il mio ingurgitare di quelle deliziose patatine.
-Luinil, non hai mai sentito questa parola?- mi chiese ormai scoraggiata dato che aveva capito che non avessi idea di che cosa stesse parlando. Infatti scossi la testa e lei la abbassò titubante sul fiore che teneva ancora in mano.
-Sarà una specie particolare di fiore o il nome di un dolce- ipotizzai lanciando in aria una patatina che atterrò perfettamente nella mia bocca. Mi accorsi che anche se non obbiettava non la pensava assolutamente come me. Sembrava quasi che quella parola la turbasse.
-Dove l’hai sentita quella Lui-cosa?- le chiesi non riuscendo a ripetere la parola che aveva usato lei.
-Beh..- bastò quella parolina, quell’incertezza nella sua voce che mi fece appoggiare la ciotola sul divano e farmi avvinare a lei. Era la prima volta che Rein titubava nel dirmi qualcosa.
-Ehi- la richiamai sussurrando mettendole una mano sopra la sua e facendola sobbalzare, probabilmente era persa nei suoi pensieri.
-Ho sentito una voce.. sul promontorio- disse riferendosi probabilmente al momento in cui si era bloccata a fissarmi -Ho creduto di aver sentito male, c’era vento così l’ho associato a quello..-
-Ma?-
-Ma poi l’ho sentita di nuovo, quando stavamo tornando qua- disse guardandomi sicura ma spaventata -Fine, sono sicura che era una voce, non era il vento, e ha detto la stessa parola, Luinil!- nel suo tono sentivo chiaramente la preoccupazione, capivo cosa stava pensando sicuramente credeva di essere pazza. Io invece come mio solito pensai ai fantasmi ricordandomi della mia avventura terrificante, ma non azzardai l’ipotesi di presenze e spiriti, sapevo che non credeva in quelle cose, era inutile.
-Non puoi essertelo immaginato? Magari hai solo ripensato a quello che ti era parso di sentire prima e ti sembra di averlo sentito di nuovo-
Sembrò pensarci, ma poi tornò a guardarmi seria stringendo a sua volta la mia mano contro la sua -No Fine, sono sicura era una voce umana, sembrava di una donna. Era.. era come se mi stesse chiamando usando quella parola-
Le credevo, sapevo che stava dicendo la verità, ormai la conoscevo meglio di me stessa, ma.. com’era possibile sentire una voce così dal nulla? Però in effetti era strano, quella “voce” aveva detto la stessa cosa due volte, quindi non era un suono a caso confuso con qualcos’altro, era proprio quella parola, stando a quello che diceva Rein.
-Fantasmi?- chiesi non riuscendo a trattenere la mia orribile ipotesi, anche perché iniziavo a tremare. Come previsto e come speravo, Rein liquidò la mia idea. Era confortante sentirle dire che non esistevano, mi tranquillizzavo sempre.
-Sembrava che fosse disperata-
-La voce?-
-Sì.. ho paura- disse lasciando la mia mano e stringendosi nelle braccia. Per la prima volta non sapevo cosa fare, come potevo aiutarla?  E poi stava mettendo paura anche a me. Chiunque altro avrebbe lasciato perdere dicendo che era la sua immaginazione, ma io no, io sapevo che era vero, me lo sentivo.
-Resti a dormire da me?- le chiesi dopo poco cercando di farle il mio solito sorriso. Lei sorrise a sua volta annuendo e accennando un “grazie”. Ci mettemmo pochi minuti ad arrivare a casa di Rein, dove suo padre era tornato da poco dal turno in biblioteca, e avvisarlo che Rein sarebbe rimasta da me. Come sempre non obbiettò, raccomandandoci come ogni volta di salutare mia madre e di non farla disperare.
La sera, dopo che mamma tornò, cenammo tutte insieme. Non le dicemmo nulla della voce di Rein, lei aveva preferito non parlarne ancora.
Aiutammo mia madre a sparecchiare e a lavare i piatti, dopodiché andammo in camera mia. Le prestai uno dei miei pigiami, dato che si era dimenticata di prendere il suo prima. Rimanemmo per un po’ a parlare, toccammo poche volte l’argomento della “voce”.
Dopo poco il mio stomaco affamato si fece sentire riecheggiando nella camera e provocando la risata di Rein.
-Vado a prendere dei pasticcini- sussurrai per non farmi sentire da mia madre, anche se stava già dormendo. Lei annuì trattenendo una risata e io uscii piano dalla stanza.
Scesi le scale in punta di piedi e raggiunsi la cucina dove presi un piatto e qualche dolcetto e dei biscotti dalla dispensa. Tornai su sempre cercando di non far scricchiolare le assi e svegliare la mamma, non osavo immaginare cosa mi avesse fatto se fosse venuta a sapere che mangiavo a quell’ora! Già mi faceva le paranoie sul fatto che le razioni di cibo che pretendevo era troppo abbondanti, figuriamoci se sgarravo anche.
Raggiunsi in silenzio la porta della mia camera e appoggiai la mano sulla maniglia. Non feci nemmeno in tempo ad abbassarla che un brivido mi percosse la schiena arrivando alla mia mano sinistra che reggeva il piatto di ceramica bianco. Il mio cuore iniziò a battere forte e sentii le mie dita farsi molli di colpo, e in meno di un istante il piatto era sul pavimento, ridotto in mille pezzi accompagnato dal suo atterraggio acuto. Ma credo che il rumore dei cocci sul legno non arrivò nemmeno alle mie orecchie per permettermi di capire che i biscotti erano a terra, in quel momento avevo sentito solo un suono.
-Carnil-



Prossimo capitolo: 
Words ~ Parole

 




Dedicato ad Alice, Laura e Desy a cui ho promesso di aggiornare stasera
Da quanto eh? Lo so, lo so, colpa mia e dei miei impegni.
Innanzitutto Buon Natale in ritardo (ehehe non sono mai puntuale in niente -.-)
e già che ci sono Buon Anno (preveniamo visto che magari non riuscirò ad aggiornare prima del 31.
Come sempre mi dispiace per i miei ritardi e bla bla bla.
Spero vi sia piaciuto, il mistero si infittisce ^^
A presto, aspetto con ansia i vostri pareri, e se avete consigli da darmi fate pure, anche critiche eh! 
Bacioni
Ross.

(Mi dispiace avervi fatto credere che fosse il nuovo capitolo, ma ho dovuto rimettere questo perchè, non so, è come se fosse stato cancellato, è la seconda volta, che "sparisce" -.- EFP è posseduto. Scusatemi ancora, mi spiace un casino.)
  
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