“Ecco,
proprio non ci voleva. Non solo mi hai costretto, anzi tu e mio padre mi avete
costretto, ad un viaggio infinito perché avete paura di essere scoperti da una
bimba di tre anni, ma mi tocca anche ritrovarmi bloccata qui, da una tormenta
di neve, senza sapere quando potremo ritornare a casa da nostra figlia! E,
fammici pensare un attimo.. Sì è solo colpa tua, e pagherai di persona se non
arriveremo in tempo!”.
Kate
Beckett era decisamente irritata dal contrattempo avuto e fissava la neve
scendere copiosa dal cielo sbuffando e sospirando: “Avevo quasi dimenticato il
motivo per cui odiavo la neve, eri riuscito quasi a coinvolgermi con tutte le
tue storielle sulla magia di questa polvere bianca, ma sappi che ora ricordo
benissimo! La neve è solo una gran scocciatura!”.
Castle
invece, si sentiva esaltato come un bambino davanti a quello spettacolo e si
stava adoperando per accendere il caminetto della sala: “Avanti amore, vieni
qui a scaldarti. Cerchiamo di vedere il lato positivo della faccenda: siamo
soli, in una baita, col caminetto acceso, almeno lo sarà tra qualche minuto, e
potremo coccolarci e corteggiarci, come tu hai gentilmente richiesto qualche
ora fa. Non volevi una giornata solo per noi?”.
Conoscendola
bene sapeva quale turbamento dovesse provare la sua dolce compagna in quel
momento, così decise di alzarsi, la prese per un braccio e la attirò a sé:
“Oppure la mia tosta detective sta incominciando a sentire la nostalgia di una
saltellante piccola Katie col carattere Castle che si aggira da quasi tre anni
in casa nostra?”, cercò di sdrammatizzare.
Kate
non gradì molto il suo spirito e gli sferrò una gomitata leggera sul dorso:
“Non osare prendermi in giro Rick! Certo che mi manca Joy.. Se non dovessimo
riuscire a muoverci, sarebbe la prima notte che passa senza di noi. È ancora
piccola e io non voglio lasciarla da sola..”.
L’uomo
la girò per poterla guardare negli occhi e la baciò: “Stai serena tesoro, c’è
Alexis con lei..”.
“Lo
so, lo so, ma mi sentirei più tranquilla se Joy dormisse nelle mie braccia come
al solito..” mormorò la donna incrociando le sue dita con quelle dell’uomo che
amava.
Rick
la guardò negli occhi e riconobbe di essere innamorato di lei come il primo
giorno, anche se lei col passare degli anni si era trasformata davvero molto. O
forse, ancor più semplicemente, stava mostrando al mondo un’altra delle
molteplici sfumature della sua personalità.
Si
strinsero forti e l’uomo le sussurrò: “Sei
bellissima, quando schizzi in questa maniera sai? Prima mi picchi, poi mi
stringi. Se uno non ti conoscesse bene penserebbe che sei una pazza, ma è
proprio questo carattere impossibile a renderti così speciale ai miei occhi..
Kate riusciremo a tornare a casa e tu potrai addormentarti con nostra figlia
tra le braccia come desideri. Dobbiamo solo aspettare che questa nevicata cessi
un poco. Avanti vieni qui e appoggiati a me. Ci sediamo un pochino accanto al
fuoco da perfetti innamorati e la smettiamo di torturarci per qualche minuto..
Anzi, potremo cercare di scaldarci in maniera diversa, magari in un modo
speciale che sappiamo solo noi..” disse Castle tornando a baciarla.
“Stai
usando armi sleali per distrarmi Rick..” sussurrò Kate, mentre rispondeva al
bacio del suo uomo.
“Forse,
ma non sembri troppo dispiaciuta..” ed incominciò a scendere a baciarle il
collo, mentre Kate affondò le mani nei
suoi capelli.
“Rick
frena. Dobbiamo cercare di liberare la macchina dalla neve e..”, ma non riuscì
a terminare la frase perché Castle tornò a baciarla sulla bocca con passione.
“Wow
tesoro, questo sì che era un bacio..”.
“Beh
in qualche modo dovevo farti stare zitta.. Vuoi fidarti di me e goderti questi
minuti? Alla neve, con rispetto, pensiamo dopo” e la prese in braccio con
rapidità e Kate si strinse a lui con le mani dietro alla testa per non cadere.
Tornarono a baciarsi finchè Castle non la adagiò su un letto, e sedutosi
accanto a lei la ammirava estasiato: “Sei davvero bellissima signora Castle!”.
Kate
alzò il sopracciglio: “Non mi chiamare signora Castle, non lo sono ancora. Torna a baciarmi, potresti riuscire ad
attirare totalmente la mia attenzione” e lo attirò a sé tirandolo per il
colletto della camicia.
L’uomo
non se lo fece ripetere due volte e ritornò a posare le sue labbra su quelle
della donna che amava.
Nel
frattempo, il fuoco nel camino si era finalmente acceso e la stanza aveva
incomincaito ad essere avvolta dal lieve e confortante tepore della legna
bruciata, ma i due non se ne resero conto: il calore, che li stava bruciando,
era decisamente più coinvolgente.
Alexis
aprì la porta di casa con estrema fatica: tenere per mano la piccola Joy, non
lasciar cadere l’enorme quantità di borse sistemate accuratamente sulle sue
braccia e cercare d’inserire correttamente la chiave nella toppa nei medesimi
istanti si rivelò un’impresa non da poco!
Corse
verso il divano prima che il parquet di casa
Castle fosse inondato da pacchetti variopinti e si sedette appena in tempo
prima che le scivolassero tutti. Aveva le braccia doloranti e il respiro corto
dalla fatica.
Joy
si mise a ridere, mentre, a piccoli passi, si avvicinava alla sorella brandendo
in mano sia la bambola nuova sia il cofanetto di dvd dal quale non si era
separata nemmeno un attimo: “Eli tloppo buffa, semblava tessi sivolando sul
gaccio!”.
Alexis
non era esattamente della stessa opinione: “Sono felice che tu lo abbia trovato
divertente piccola, ma per me lo è stato un po’ meno.. Rischiavo di combinare
un disastro!”.
“Ci
ci un velo disastlo! Un disastlissimissimo!” mimando con le manine nell’aria
qualcosa di enorme.
“Senti,
che ne dici di posare per un attimo la tua nuova amica? La sediamo sul divano
accanto a noi, mentre ti togli la giacca e ti infili le ciabattine” disse
Alexis, mentre sfilava via i bottoni dalle asole del suo capottino.
La
bambina, però, scosse la testa in maniera vigorosa: “Non poccio. Lei è piccola.
Se la lacio li sopla ci sente ciola e poi pange folte!”. Aveva assunto un’aria
decisamente convinta della sua tesi ed in fin dei conti lo stava facendo per il
benessere della sua bambolina.
“Beh
se si mette a piangere non posarla. Non voglio di certo passare per la zia
cattiva. Sarà un po’ difficoltoso cambiarsi, ma troveremo una soluzione”.
“Potlesti
tenella in blaccio tu per poco pochissimissimo!” esclamò d’istinto la bambina.
Alexis
dovette trattenersi per non scoppiare a ridere davanti all’espressione facciale
della sorellina: sembrava avesse trovato una soluzione a tutti i problemi del
mondo, ma quel bel nasino che si muoveva su e giù senza la sua volontà, le
regalava un’aria decisamente buffa.
Decise
di assecondarla: “Sarà un grande onore per me abbracciare la mia nipotina” ed
allungò le braccia verso Joy.
La
piccola le posò il suo prezioso tesoro nelle braccia e, in men che non si dica,
il suo cappottino volò sui cuscini del divano, mentre le scarpe finirono una in
cucina, l’altra direttamente sotto l’albero di Natale. Sarebbe stata un’impresa
ritrovarla..
Poi
si arrampicò sul divano ed ordinò: “Ola poi lidalmela. Sono plonta..”.
“Tecnicamente
mancano le ciabatte..”.
“Pelò
io non ciono pel tella al fleddo. Poi celcalle tu?”.
“Va
bene Joy, credo che le troverò nella scarpiera sai? E tu forza, ritorna dalla
tua mamma” disse rivolgendosi al giocattolo di pezza che aveva ancora in mano.
Joy,
nell’udire quelle parola, si guardò intorno con aria improvvisamente seria e
sentenziò: “ Lexie… Mammina e papino non ci sono ancola. Ma dove sono andati?”.
Alexis
constatò che la sorellina aveva ragione, ma non seppe rispondere alla sua
domanda.
In
effetti avrebbero dovuto essere già rientrati, come mai quel ritardo
inaspettato? Sicuramente avevano un valido motivo, forse erano rimasti intasati
nel proverbiale traffico cittadino. Decise di non preoccuparsene molto e
rassicurò anche Joy: “Sono andati a consegnare quelle prove, ricordi?
Sicuramente saranno stati trattenuti da zia Lanie oppure dalla Gates.
Arriveranno presto, ok?”.
Joy,
però, non sembrava del tutto rassicurata e strinse forte la sua bambola di
pezza contro il suo petto: “Ma è casi buio.. lolo ciono semple a casa quando fa
buio.. io li vollio..”.
Si
era decisamente intristita.
Alexis
non seppe altro che fare se non attirarla a se e prenderla in braccio
accarezzandole la schiena, mentre Joy le abbracciò stretto il collo,
appoggiando la testa sulla sua spalla: “Su piccolina non fare così. Papà e Kate
arriveranno da un momento all’altro e noi saremo qui ad aspettarli ok? Che ne
dici se ci accendiamo la televisione e controlliamo che non ci abbiano venduto
dei cd fasulli sui chipmunks? Un po’ si sano Alvin non può che tirarci su il
morale. Sei d’accordo?”.
Sentì
la testolina della bambina muoversi in senso affermativo, ma non pronunciò
parola. Ahia, brutto segno.
Aveva
cercato d’alleviare la sua tristezza, ma a quanto pare non c’era riuscita benissimo.
Le accarezzò i capelli, la sedette sul divano e si accinse a preparare il
lettore dvd. Gli occhietti di Joy, però, incominciavano a diventare piccoli
piccoli. Quella nanerottola era decisamente stanca, la loro giornata di
shopping sfrenato doveva essere stata più intensa del previsto per lei,
probabilmente si era sovraeccitata e la lontananza dei genitori avevano
offuscato la sua tradizionale allegria.
Le
fece tenerezza e, dopo aver fatto partire il video, si sedette accanto a lei.
La
piccola Joy si arrampicò sulle sua gambe,
posizionò la testa contro il suo seno
lei la cinse per la vita in modo che non cadesse, mentre la sorellina
appoggiò le manine paffutelle sulle sue.
Per
la prima volta Alexis si ritrovò a sorridere, ad essere davvero contenta di un
gesto sincero da parte di quella bambina di cui tanto aveva avuto paura. Le
diede un bacio sulla testa: “Ascolta Joy, questa per me è la prima volta che
vedo Alvin. Non conosco bene la storia. Se non capisco qualcosa posso chiedere
a te?”.
La
piccola si staccò da lei per un istante e si voltò per la guardarla in faccia
con un ritrovato sorriso: “Ma ceeellto Lexie. Puoi chiedele tuuuutto chello che
vuoi. Io conocco Alvin benissimissimo!”.
Grazie
al cielo il cartone animato iniziò dopo qualche secondo e Joy, ipnotizzata
dalla storia dei tre scoiattolini, dimenticò per un po’ il preoccupante ritardo
dei genitori.
Alexis,
al contrario, si ritrovò a fissare prima la finestra dalla quale non proveniva
quasi più luce, poi la porta del loro loft che rimaneva inesorabilmente chiusa.
Dove
diavolo si erano cacciati quei due?
Kate
si risvegliò avvolta dal calore dalle braccia del suo scrittore. Si sarebbe
persa per sempre in quel dolce tepore, cullata dal battito del suo cuore che
poteva distintamente ascoltare appoggiata com’era sul suo petto. Era davvero
bello il suo uomo. Lo accarezzò lievemente per non svegliarlo, ma Rick si mosse
al suo tocco e la strinse ancor di più per non lasciarla scappare. Da quando
vivevano insieme dormivano sempre in quella posizione, fusi l’uno nell’altro,
tranne quando la loro piccola Joy decideva di raggiungerli nel lettone ed
occuparne tre quarti. Allora erano
costretti a litigarsi la parte restante del materasso, con immensa delusione di
Castle che, perdendo ogni volta il duello con la donna, era costretto ad andare
a dormire sul divano o nel letto di Alexis.
Kate,
ancora un po’ addormentata, cercò di mettere a fuoco il luogo in cui si trovava.
Quando scorse sopra i suoi occhi alcune travi di legno, tipiche di una baita,
invece del meraviglioso soffitto di cemento della loro casa di New York un
brivido freddo l’attraversò da capo a piede. Erano ancora in montagna!
Si alzò a sedere di scatto, lasciando che il
lenzuolo cadesse accanto a lei, liberando al vento la sua pelle nuda.
Rabbrividì
e si infilò velocemente i vestiti trovati sul pavimento. In quella stanza c’era
un gelo infinito, il fuoco del camino si era spento, restavano visibili solo le
ceneri.
Ma
quanto avevano dormito? Molto… Troppo….
Maledizione,
era tardi, tardissimo.
Percorse
di corsa la stanza e si catapultò ad osservare fuori dalla finestra: il buio della
notte ricopriva ormai ogni cosa. Il paesaggio si distingueva a fatica, ma
l’unica certezza che la giovane donna ebbe in quell’istante era che la nevicata
non era cessata.
Il
manto bianco era notevolmente salito dall’ultima volta che lo aveva scrutato. Fu
costretta ad appoggiarsi con entrambe le mani contro la finestra per
sorreggersi, quando realizzò che la macchina era sepolta sotto la neve: quella
sera non sarebbero più andati da nessuna
parte, erano bloccati.
Non
sarebbe tornata a casa da sua figlia. Una fitta di dolore si instaurò nel suo
cuore.
Due
mani le strinsero la vita e una voce conosciuta le sussurrò all’orecchio: “Mi
dispiace. Davvero.. Speravo che smettesse di nevicare e potessimo tornare
indietro. Mi sono addormentato e non avrei dovuto.. Ti avevo giurato che
avresti dormito con lei, ma non posso mantenere quella promessa. Perdonami..”.
Kate
si girò verso il suo uomo: “Avanti Rick, non è solo colpa tua. Ci siamo
addormentati in due.. Non ti nego di essere molto dispiaciuta, c’è Alexis ad occuparsi
di lei. Se la caverà benissimo, anche se non so come possa reagire Joy senza la
tua favola della sera e le mie coccole prima d’andare a nanna.. Ascolta
cerchiamo di trovare un punto in cui il telefono prende e cerchiamo di chiamare
tua figlia. Dobbiamo metterla al
corrente della situazione..”.
Gli
occhi della giovane rampolla Castle facevano fatica a rimanere aperti, la
stanchezza stava per avere il sopravvento. Alvin era decisamente un cartone
divertente, ma tutte quelle canzoncine conciliavano il sonno in maniera divina.
Come facesse quella piccola nanerottola a non crollare era un mistero. Una
piccola hightlander davvero. E pensare che era stanca, fosse stata nel pieno
delle sue energie chissà cosa sarebbe accaduto. Quel cartone le piaceva davvero
un sacco, infatti non aveva smesso un attimo di raccontarle ogni dettaglio! Sapeva
tutto, ripeteva perfino alcune battute a memoria! Quante volte lo aveva visto?
E,
cosa ancora più importante, non possedeva un tasto off? Come poteva fare per
spegnerla?
Le
sue orecchie incominciavano a chiedere pietà e la testa a farle male. dopo cena
si sarebbe buttata a letto e si sarebbe concessa il suo meritato riposo, ma
nonostante fosse già sera inoltrata non si vedeva neanche l’ombra né di suo
padre né di Kate.
Aveva
l’impressione che stessero esagerando: aveva capito la lezione, non era
necessario quel tipo di comportamento. Non avrebbe mai più mostrato la sua
gelosia, avrebbe cercato di accettare la situazione, dopotutto aveva capito che
sorellina non era male.
Joy,
nel frattempo, appoggiata contro di lei, continuava a parlare.
Si
erano nascoste sotto un plaid variopinto, che Alexis aveva trovato piegato
accuratamente sul divano, e si stavano godendo il suo tepore. La bambina si era
infilata in mezzo alle sue gambe e si era accomodata contro il suo petto,
abbracciandole un braccio, senza permetterle di muoversi molto.
Insomma
era in trappola! Non che si lamentasse perciò, appoggiata la testa sul poggiatesta
del divano, aveva tentato di rilassarsi. In quel momento, però, doveva
assolutamente andare al bagno, non resisteva più.
Doveva
scindere il loro abbraccio: “Joy, scusa devo scendere un momento. Torno
subito”.
La
piccola si girò e i suoi occhietti blu intercettarono i suoi: “Ove vai?”. La
sua voce era quasi un sussurro.
Alexis
constatò quanto quella nanerottola fosse distrutta in realtà. Quel suo parlare
a martelletto di poco prima doveva essere una tecnica per non addormentarsi e
non cedere alla fatica.
“Sei
stanca Joy?”.
La
bimba annuì con la testa senza rispondere. Ok era ufficialmente quasi al
traguardo.
Alexis,
d’istinto, le accarezzò la testolina: “Un po’ anch’io sai? Ascolta adesso devo
andare un momento al bagno, poi ci ordiniamo una pizza, perché qualcosa
dobbiamo pur mangiare e se cucino io c’è il rischio che ti avveleni, quindi.. Ti piace la pizza no?”.
Joy
strinse la bambolina contro di sé e annuì affermativamente: “Ci ci Lexie. Mi
pace. La vollio coi vullstel. Non vollio che tu mi avveleni”.
Alexis
rise: “Ok piccola, come vuoi. Un momento e chiamiamo”.
Lasciata
la piccola sul divano a vedere il finale del cartone, la giovane ragazza si
diresse verso il corridoio e aveva appena chiuso la porta del bagno, quando
sentì la suoneria del suo cellulare fuoriuscire dalla tasca dei suoi pantaloni.
Certo
che le persone brillano sempre per tempismo! Non ti cerca mai nessuno, ma
quando qualcuno lo fa, sempre nel momento meno opportuno.
Rovistò
velocemente nelle tasche e ne estrasse il cellulare.
Lesse
sul display chi la stava cercando.
Papà.
Era
ora, almeno constatò che quei due non erano morti.
Ora
l’avrebbe sentita, aveva esaurito di colpo la sua pazienza: “ Dove vi siete
cacciati? Ti sembra adesso il momento per chiamare? Sai che ora è?”.
La
risposta dell’uomo restò incomprensibile, la linea telefonica era decisamente
disturbata. Ma quella sera c’era qualche charma strano che ce l’aveva con lei?
“Papà,
non ti sento. Aspetta che provo a spostarmi, prova a parlare di nuovo..”.
Finalmente
la voce dell’uomo si fece un poco più chiara e lo sentì pronunciare: “Il mondo
chiama Alexis, Alexis.. Alexis rispondi br br br”.
Oddio,
quell’uomo non sarebbe mai cresciuto! Doveva necessariamente far finta di
essere un alieno?
“Papà,
finalmente riesco a capirti, quindi smettila. È un ordine! Ma dove siete
finiti? È quasi notte, dovevate essere qui molto tempo fa!”.
Castle
si fece improvvisamente serio e cambiò il suo tono di voce per rendersi
credibile: “Hai ragione tesoro, ma c’è stato un piccolo inconveniente..”
“Cosa?”
“Un
piccolo, insignificante, non cercato, ti giuro
non cercato, contrattempo..”.
“Papà,
cosa?!”. Alexis incominciava davvero ad irritarsi.
“Diciamo
che siamo momentaneamente lontani da casa…”.
“Papà!
Lo vedo da sola che non siete a casa, ma per l’amor di Dio, dimmi cosa sta
succedendo. O devo indovinare?”.
Se
non fosse arrivato subito al punto nel giro di un minuto, Alexis avrebbe avuto
una crisi di panico: era preoccupata, quella telefonata non prometteva nulla di
buono: “Almeno Kate è lì con te?”.
Rick
cercò di tranquillizzarla: “Sì è qui e stiamo bene. Lei non è dell’umore
migliore, ma sorvoliamo.. Siamo solo
bloccati, diciamo così..”.
“Bloccati
dove?”.
“Tesoro,
per favore non mi interrompere ogni tre per due o non riuscirò mai a spiegarti
il perché del nostro ritardo. Come tu ben sai, siamo andati a recuperare i
regali, ma io e Jim li avevamo nascosti nella casa di montagna dei Beckett. Non
dire niente, ci ha già pensato Kate a farmi la ramanzina. Fatto sta che siamo
stati sorpresi da una tormenta di neve…”.
“Sì,
effettivamente sta nevicando anche qui in città..”.
“Bene,
di male in peggio. Il nostro problema si duplica così, sono l’uomo più
fortunato del mondo. Ok, non divago più. Insomma, qui è tutto bloccato. La
strada è impercorribile e noi non possiamo tornare a casa stasera. Dovremo
aspettare che il tempo migliori e che i mezzi di pulizia liberino le strade per
poterci muovere…”.
Per
la seconda volta nella giornata ad Alexis mancò il fiato. Quei due volevano
mandarla all’ospedale o al manicomio entro la fine dell’anno.
Sarebbe
rimasta da sola per l’intera notte con Joy? E lei come faceva a farla dormire?
“Papà
se questo è uno dei tuoi soliti scherzi, sappi che non è per niente divertente!
NON TORNATE A CASA STASERA? Ma non provate neppure a pensarlo! Io come
faccio?”.
L’uomo
le rispose tranquillo: “Se hai dei programmi per la serata ti converrà
disdirli, oppure puoi portarti dietro Joy..”.
Ad
Alexis andò il sangue al cervello: “Ma quali programmi d’Egitto papà! Io non ho
nessun impegno, ma di là in salotto c’è una bimba di all’incirca tre anni che
mi domanda da almeno un’ora dove siano sua mamma e suo papà! È stanca morta, ha
voglia di dormire e vi vorrebbe accanto a lei. Non credo sia una richiesta
irragionevole! E io cosa dovrei fare adesso? Ma per quale motivo hai avuto la
brillante idea di nascondere sti benedetti regali in montagna? Un armadio
qualunque non poteva bastare?”.
Si
passò la mano libera sul viso, mentre cercava di tranquillizzarsi, ma le
restava davvero difficile. Lei non ci sapeva fare con i bambini ed è risaputo
che la nanna è il momento più delicato dell’intera giornata, dove i nanerottoli
hanno bisogno di un po’ di calore speciale, quello della loro mamma o, come
capitava a lei da bambina, del loro papà. Anche i nonni a volte non sono
sufficienti, figuriamoci una sorella totalmente assente fino a qualche ora
prima.
“Tesoro
ascolta andrà tutto benissimo…”.
La
voce dell’uomo, però, sparì di colpo, per essere sostituita da un’altra
femminile che Alexis conosceva molto bene: “Alexis, sono Kate. Hai ragione,
questa è una situazione assurda ed incresciosa, lo ammetto. E so per certo che dirti che andrà tutto benissimo non
è per niente rassicurante. In questo momento neanch’io sono felice, ho un cuore
piccolo così e vorrei esserci io accanto a mia figlia, ma purtroppo il destino
ha voluto diversamente. Tu devi solo cercare di calmarti e tutto verrà da sé..
So che sei in grado di stare accanto a Joy nel migliore dei modi. Sei una
ragazza dolce e buona. I bambini lo sentono..”.
Ascoltando
il silenzio della ragazza, Kate richiamò la sua attenzione: “Alexis ci sei?”.
“Kate…”.
Non riusciva a continuare, la frase le era morta in gola. Aveva difficoltà ad
aprirsi con lei, ma la compagna del padre le stava tendendo una mano e lei non se
la sentiva di non accoglierla.
Finalmente
le parole le uscirono senza che lei riuscisse a trattenerle, spinte dalle sue
emozioni: “Ho paura.. E se non mi volesse? Se piangesse? Io non so come
comportarmi con lei..”.
La
voce di Kate si fece improvvisamente molto dolce: “Sai Alexis, neanch’io sapevo
cosa fare, quando me l’hanno messa nelle braccia per la prima volta. Avevo
timore di non essere all’altezza delle sue aspettative, di non essere ciò di
cui aveva bisogno, ma, in una frazione di secondo, ho capito che ciò che quella
piccola creatura voleva era solo amore. Joy non vuole altro. A volte lei non
comunica con le parole, ma sa farsi capire perfettamente. Usa l’istinto Al e
non avere paura. Dentro di te saprai che cosa fare. Joy non ti respingerà, lei
ti vuole bene. Per stasera sei tutto il suo mondo, lasciala aggrapparsi a
te..”.
La
giovane ragazza non parve del tutto convinta: “Se non ci riuscissi Kate?”.
Le
sembrò di vederla sorridere per telefono: “Ce la farai benissimo Alexis, io non
ho nessun dubbio. Ascolta, lasceremo un solo cellulare acceso tutta la notte in
modo che all’occorrenza tu possa chiamarci. Così ti sentirai più tranquilla.
D’accordo?”.
“D’accordo.
Vuoi parlare con lei?”.
Ci
fu un breve attimo di silenzio nel quale Alexis udì il nitido suono di un lungo
respiro, ma poi Kate si sbrigò a risponderle: “Lo vorrei, ma se lo facessi, tu
saresti nei guai. Dopo probabilmente ti farebbe i capricci, le verrebbe la
malinconia. Se chiede di noi, dille semplicemente che siamo molto in ritardo e
che le brave bambine vanno a letto presto. Mamma e papà saranno a casa quando
lei si sveglierà.”.
La
ragazza annuì: “Va bene Kate, come preferisci.”
“Ora
ti saluto, altrimenti resteremo senza batteria. Buonanotte Alexis”.
“Buonanotte
Kate”.
Stava
per riagganciare, quando la voce della giovane donna la bloccò: “Al, un ultima
cosa. Grazie. Grazie, davvero” ed interruppe la telefonata.
L’aveva
ringraziata. Perché? Non aveva ancora fatto niente, il bello doveva ancora
arrivare.
Sapeva
che Kate era una bravissima mamma e quel distacco non voluto doveva essere un
mattone anche per il suo cuore, ma aveva cercato di rincuorarla lo stesso.
Beh,
lei avrebbe cercato di non deluderla. Avrebbe fatto tutto ciò che poteva per
far star bene la sorellina, anche se non aveva idea da dove iniziare.
Prima, però, decise di recuperare la scorta segreta del wisky di sua nonna. Stava incominciando a capire perché Martha lo ritenesse un ottimo amico. In certe situazioni può essere davvero un toccasano..
Angolo mio!
In questa serata alquanto deprimente, pubblico. Con un ritardo abissale, ma lo faccio. chiedo venia!
Spero di estorcervi un sorriso e grazie per la lettura!