Not Fade Away
Finalmente varcherete la soglia delle vostre reali esistenze.
≈ ◦ ≈ ◦ ≈
Parte 25
Il tempo non si era fermato solo per Buffy.
Connor
imprecò quando tamponò l’auto che gli stava davanti. Il conducente si era
fermato di botto e non riuscì a frenare in tempo. Scese dall’auto per
controllare se c’erano feriti, e per verificare i danni, ma subito si rese conto
del silenzio innaturale che lo circondava. Guardò meglio e vide che tutto
intorno a lui, era avvolto in una immobilità non terrena. Il mondo si era
fermato. Aveva smesso di girare, come se il tempo fosse congelato, creando una
terrificante scena surreale. Si sentì gelare dentro. Poi realizzò che in quel
momento, solo lui esisteva ancora, solo lui poteva muoversi e respirare. Se stava accadendo quello che lui
pensava, significava che Angel aveva ricevuto il pacco e che aveva fatto la
scelta giusta. Questo mondo si era fermato, perché non esisteva. Angel aveva
trovato il modo di tornare a casa.
Era
felice di questo, ma voleva dire addio a questa realtà, con suo padre accanto.
Voleva abbracciarlo un ultima volta. Ne sentiva quasi il bisogno fisico.
Corse
a perdifiato verso l’Hyperion e quando ormai era quasi arrivato, ricordò che
doveva passare dal retro. Il cancello era chiuso con le catene e si diresse
spedito verso il seminterrato.
Qualcuno
però lo chiamò, interrompendo la sua corsa.
“Figliolo”
Per
un attimo, Connor pensò di avere le allucinazioni. Quella voce era l’ultima cosa
che voleva sentire in quel momento. Si chiese perché riuscisse a sentirla. Tutto
intorno a lui era avvolto nell’immobilità e nel silenzio, ma quella voce invece
era lì ed era dannatamente reale. Troppo
reale. Non era lì per caso. Si fermò di colpo. Il suo cuore ebbe un sussulto
e fu pervaso da un senso di incredulità. Si voltò lentamente, sperando che nel
frattempo, quella voce potesse scomparire per sempre dalla sua vita. Ma così non
fu. Si voltò completamente e lo vide.
“Padre”
Daniel
Holtz era proprio davanti a lui e gli sorrideva beffardo. “Vieni qua” ordinò
perentoriamente.
Connor
si avvicinò, come fosse ipnotizzato, ma strinse minacciosamente i pugni. Non
aveva tempo da perdere con lui, ma pensò che in fondo, avesse sempre desiderato
dargli un ultimo saluto. Questo momento non poteva essere più perfetto di così.
Era tutto così giusto. L’universo gli era ancora amico, dopo tutto. Pensò anche,
che fosse un ultimo dono di nonno Doyle.
“Dove
corri Steven? Ho detto vieni qua. Avvicinati. Non temere. Devi portare a termine
ciò che hai cominciato. La bestia deve morire, solo così noi saremo salvi” disse
ancora Holtz.
“Non
chiamarmi così. Il mio nome è Connor”
“Tu
sei Steven Franklin
Thomas.
È questo il tuo nome e sei ancora il figlio che ho cresciuto”
“Non
sono tuo figlio. È Angel mio padre.” disse, lanciandogli un pugno che fece
cadere Holtz, lasciandolo a terra con il labbro sanguinante. “Non abbiamo nulla
da dirci, alzati e vattene. Sei tu la bestia, non Angel. Ma guardati, hai di
nuovo l’aspetto giovane, hai cancellato i segni del tempo che Quorthot ha
lasciato su di te, ma dentro me, quei segni sono ancora ben visibili, per me è
ancora tutto vivido, e quelle ferite bruciano ancora. A me non sarà possibile
cancellare l’orrore in cui mi ha costretto a vivere. Io non ho dimenticato
niente. Non ho dimenticato il tuo odio. Vattene, io non sono più Steven e in
realtà, non lo sono mai stato. Vattene e lasciami in pace. Lascia in pace me e
mio padre. Questa volta andrà in modo diverso, Holtz.”
Holtz
si rialzò e si avvicinò di più a Connor. Era ancora convinto che lui l’avrebbe
ascoltato. Doveva solo ricordargli chi lui era. Il figlio bastardo di due
demoni.
“Ti
avevo avvertito Steven. Ti avevo messo in guardia circa gli inganni che la
bestia avrebbe messo in atto. Rammenta i miei insegnamenti. Il diavolo, la bestia che tu chiami padre, ti ha
mostrato cose luminose e multicolori, e ha offuscato la tua mente con l’inganno
di false promesse. Ma non temere, figliolo. Io sono tornato per ricondurti sulla
retta via. Ora sei confuso e disorientato, ma presto ricorderai il vero scopo
della tua vita, quello a cui io ti ho preparato. Tu devi uccidere Angelus. Per
questo sei nato, per uccidere il demone, il cui sangue scorre nelle tue
vene.”
“Io so quale è lo scopo della mia vita, e tu non
hai alcun posto in esso.”
“Il sangue che scorre nelle tue vene, ti sta
avvelenando l’esistenza e ottenebra la tua mente. Dio ti ha dato a me, perché
potessi salvarti dal demonio.”
Connor
si sentì pervadere da un ondata di nausea. Provò pena per Holtz. Aveva sprecato
una vita intera, nutrendo solo il suo odio, ma tutta la sua esistenza non era
stata che un fallimento. Ora Connor era certissimo, che fosse lui il demone
senza anima. Holtz non era diverso da Angelus, ma a differenza di Holtz, Liam
non aveva scelto di diventare un mostro. Connor non aveva più tempo da perdere
con lui. Doveva correre da Angel, sentiva che suo padre aveva bisogno di
lui. “Vattene Holtz, non c’è più nulla che ci lega, non c’è mai stato alcun
legame fra noi. Hai sprecato la tua vita, e hai tentato di distruggere la mia,
ma non mi hai mai posseduto. Mai. Io sono Connor, il figlio di Angel. Un demone
da cui ho imparato il significato di amore, sacrificio e perdono. Potrei
ucciderti all’istante, tu sai che sono in grado di farlo, non è proprio ciò che
mi insegnasti? Ma non lo farò. Io ti perdono, ma non tentare di fare del male a
mio padre, perché non te lo permetterei. Lui è mille volte più umano di te. Sei
TU la bestia.”
Alle
spalle di Holtz, Connor vide arrivare un infinità di demoni e ricordò le parole
di Tommy. L’albergo
è circondato da demoni. Tu passa dal seminterrato, e non ti accadrà
niente.
“Sei
patetico, Holtz. Parli di giustizia, di bene contro il male e poi stringi
alleanze con i peggiori demoni che abbiano mai camminato sulla terra. Provo solo
pena per te, per questo ti risparmio la vita. Vattene, e dimentica me e mio
padre. Non sei degno di pronunciare neanche il suo nome, lui è un uomo buono e se non capisci la
differenza fra anima e bestia, il tuo Dio non ti ha insegnato proprio niente.
Avresti potuto vivere una vita giusta, ma hai sprecato tutto, solo per seguire
la tua sete di vendetta, trascinando anche me nel tuo inferno. Io mi sono
salvato, perché ho un padre che mi ha veramente amato. È Angel il suo nome. Lui
ha un anima, tu puoi dire altrettanto di te? Vai via. Ti auguro che tu riesca a
trovare pace, ma non ricomparirmi davanti, perché ti ucciderei senza alcuna
pietà.”
“Veni
qui, Steven. Vieni da me, è qui il tuo posto, accanto a me. Tu l’hai solo
dimenticato, per questo sono tornato. Per ricordarti chi sei
veramente.”
Connor
sorrise con ghigno terrificante e chiunque l’avesse visto in quel momento, non
avrebbe avuto dubbi circa i suoi natali. Perché ora somigliava moltissimo ad
Angelus. Colpì Holtz con violenza, lo colpì ripetutamente e si fermò solo quando
la sua rabbia si spense del tutto. Aveva sempre desiderato farlo, fin da quando
era bambino, ma allora non aveva avuto né il coraggio, né la forza di
ribellarsi. Ogni pugno che sferrò, gli ricordò cosa avesse dovuto subire da
Holtz quando era a Quorthot. Per lui fu una vera e propria liberazione.
Adesso
voleva correre da Angel per dirgli che era libero. Era finalmente libero
dentro.
“Desideri
davvero rivedere Steven? Quel figlio
che hai cresciuto, nutrendolo solo con il tuo odio? Eccolo qua. Chi semina
vento, raccoglie tempesta, padre. Hai
dimenticato che io sono il Distruttore?”
Infine,
semplicemente si voltò, lasciando Holtz sanguinante sull’asfalto e corse da
Angel. Entrò nella hall, ma lo accolse il silenzio. Sentì subito odore di
bruciato e di sangue fresco. La stufa era ancora calda e si chiese cosa fosse
accaduto. In cucina vide i resti del boccale ridotto in pezzi. Sangue di maiale, pensò.
Inspiegabilmente, sfiorò la teiera e il microonde, gli oggetti hanno sempre una storia da
raccontare, aveva detto Buffy. Era certo, che avrebbe rivisto ancora quegli
oggetti nella sua nuova vita. Intorno a lui tutto pareva irreale, tutto era
troppo ordinato e pulito, come se l’albergo fosse disabitato da tempo. Corse su
per le scale e si precipitò in camera dei suoi genitori. Si rese conto che era
la prima volta che rientrava lì dentro. Non vi aveva più messo piede, dalla sera
che ebbe la visione e ora aveva un po’ paura. “Papà?” lo chiamò e bussò piano,
non ricevendo risposta, si fece coraggio ed entrò. La prima cosa che vide, fu la carta da
imballaggio abbandonata disordinatamente sul letto. Come aveva sospettato, il
pacco era finalmente arrivato. Ricordò le parole di nonno Doyle. Quando lo rivedrai per la seconda volta, allora e solo
allora, saprai che finalmente potrai varcare la soglia della tua reale
esistenza.
Sentì
un senso di pace assoluto e una gioia immensa. Solo dopo vide Angel seduto sulla
poltrona, pareva che dormisse. Si precipitò da lui e lo chiamò ancora “Papà?” Lo
scosse “Papà stai bene?”
Angel
aprì gli occhi e gli sorrise “Ehi, campione. Come mai sei qui? Che ore sono?
Deve essere notte fonda ormai” Connor scosse la testa. “Non è tardissimo, sono
appena le 20.00”
Angel
era felice che lui fosse lì. Era più che felice. Vederlo in quel momento, era
molto importante per lui. Doveva dirgli subito tutto. Del pacco, delle lettere,
della Shanshu, del sangue del demone Mohra. Doveva dirgli che stava per
diventare finalmente Uomo. Doveva dirgli che ora, anche lui sarebbe andato al
college a mezzogiorno per pranzare con lui. Finalmente potevano fare tutte le
cose che aveva sempre sognato di fare insieme. Doveva dirgli che Buffy era
andata via, ma che insieme l’avrebbero riportata a casa. Doveva dirgli che
sapeva che lei era sua madre e che lui aveva sempre avuto ragione.
Doveva
dirgli che ora sentiva dentro sé la speranza, come non gli capitava da molto,
molto tempo.
Ma
non riuscì a dire nulla di tutto questo. Mentre lo abbracciava, disse solo “Sono
contento che sei qui”
Poi
cominciò a parlare freneticamente, come se sapesse di non avere più tempo a
disposizione.
“Sai?
pensavo proprio a te in questo momento. Pensavo a Holtz e a quello che abbiamo
visto in quel locale alcune settimane fa. Non devi temere Connor, lui non ti
farà più del male. Tu sei forte adesso. Io.. io credo di averti.. credo di
averti dato il necessario per poter sopravvivere a tutto questo, almeno spero di
averlo fatto. Holtz non sa nulla di te, non ti conosce, non sa cosa c’è in fondo
al tuo cuore. Tu sei.. sei un ragazzo.. sei straordinario, Connor. Sei il figlio
che ogni padre desidererebbe avere.. Connor.. non riuscirò mai a dirti quanto..
quanto tu sei importante per me.. mi hai salvato così tante volte.. non hai idea
di quanto volte tu abbia salvato. Fin da quando sei nato, la mia vita è
diventata migliore, solo perché esistevi tu.. dopo la tua nascita per me è
cambiato tutto.. avevo un nuovo scopo e quello eri tu..”
“Lo
so papà, lo so. Io credo di averlo sempre saputo. Tu mi hai perdonato cose che..
so bene quanto sono importante per te.” Poi rise con fierezza. “Tranquillo..
Holtz ha avuto ciò che meritava”
Raccontò
tutto ad Angel, con una nota di compiacimento nella sua voce. Ripeté le parole
che aveva usato per ferire Holtz. Le ripeté due volte, per accontentare Angel
che rideva insieme a lui, e che ogni tanto interrompeva suo figlio, intercalando
con orgoglio le parole di Connor con vari “Davvero? - Gli hai detto così? - E
Lui? – Gli sarà chiaro adesso? – Nessuno può imbrogliare mio figlio due volte di
seguito..”
Poi
Connor chiese “Cosa sta accadendo papà? Là fuori sembra che il tempo si sia
fermato, credo che..”
Angel
raccontò tutto. Insieme, con voce rotta dall’emozione, rilessero le lettere e
Connor gli svelò di essere stato lui, guidato dal sogno di Doyle, a spedire il
pacco da New York. Gli raccontò tutto, anche di aver incontrato un Angel anziano, dilaniato dal senso di
fallimento. Credendo che lui avesse dimenticato, gli ricordò che Buffy era sua
madre. “Ora non serve più mantenere il segreto, credo sia giusto così. Credo che
tu debba sapere tutto, perché sarai l’unico a ricordare quanto è accaduto. Nonno
Doyle mi disse che dovevo assicurarmi, che tu facessi la scelta giusta e che se
fosse stato necessario, avrei dovuto.. insomma hai capito, no? Avrei dovuto convincerti, con le buone o con le
cattive..” Sorrisero entrambi. Angel non aveva alcun dubbio sul fatto che Connor
avesse molto potere su lui.
“Nonno Doyle mi
disse che avresti potuto fare delle resistenze e gettare via questa possibilità,
magari per paura, o per diffidenza, oppure per la tua ostinata testardaggine. Ti
conosce bene, eh? Beh, anche io ti conosco bene, papà e avrei capito le tue
paure. Anche io avrei avuto paura, per questo sono corso qui, per dirti di non
avere paura. Sono corso qui per.. per starti vicino e..”
“..e per
convincermi
..con
le buone o con le cattive” disse Angel
ridendo.
“Si esatto”
rispose Connor serio “Ma sono contento che non sia stato necessario. Sono così
contento di questo. Ora dimmi come ti senti? Ti senti diverso? Sta funzionando?”
chiese con ansia.
“No,
ancora nulla, ed è strano, la prima volta l’effetto fu immediato. Mi sento
stanco, però. Ho sonno. Sento una strana spossatezza. Sono così stanco,
Connor..”
“Vieni”
Sorreggendolo, lo aiutò a raggiungere il letto. Lo fece sedere un attimo. “Devi
riposare”
Connor
spostò le coperte e notò lo zaino per terra. Era il suo, cosa ci faceva in
camera di suo padre? Lo allontanò col piede, qualunque cosa avesse avuto in
mente suo padre, ora non aveva più importanza. Vide che Angel tremava e
sfilandogli le scarpe, lo aiutò a sdraiarsi. Sembrava che scottasse per la
febbre e Connor si preoccupò un po’. Il suo pensiero andò a quel giorno di tanti
mesi prima, quando l’aveva trovato privo di sensi e con la febbre altissima, per
l’effetto del veleno Selmunth. Anche allora tremava e anche allora gli aveva
tolto le scarpe per farlo riposare meglio. Pensò anche, che tutto era cominciato
proprio da lì. Poche ore dopo si era immerso nella lettura delle sue lettere,
che gli avevano permesso di conoscere finalmente sua madre. La loro rinascita
era cominciata proprio col pericolo della morte imminente, che aleggiava su
Angel. Pensò che fosse più di una semplice coincidenza, ma non disse nulla.
Tenne per sé i suoi pensieri. Prese un altra coperta e lo coprì bene.
“Cerca
di dormire un po’. Io sono qua vicino, ok?” Mormorò
“Non
riesco a tenere gli occhi aperti, mi dispiace Connor..”
“Va
tutto bene. Sto qui, sulla tua poltrona. Leggerò qualcosa, non preoccuparti per
me.”
“Connor..
aspetta. Prima di andar via, Buffy mi ha dato una cosa per te. È sulla tua
scrivania. Mi ha pregato di fartela avere.. lei.. lei ti vuole molto bene, lo
sai questo, vero?” La voce di Angel era rotta dall’emozione, anche se tentava di
nasconderlo. Connor comprese quando fosse stato doloroso per lui pensare di aver
perso Buffy ancora una volta. Anche Connor, sentiva la sua assenza come una
dolorosa fitta al cuore, ma sapeva che tutto questo doveva accadere. Lei sarebbe
tornata. Sorrise a suo padre, ricordando a sé stesso cosa disse Buffy sulle
anime gemelle ..sua madre gli mancava moltissimo.
Le anime
gemelle trovano sempre il modo di ritrovarsi. Neanche la morte può
separali.
“Lo
so. Certo che lo so che mi vuole bene. Non è andata via per sempre, stai per
tornare da lei. Papà, tu ora sei stremato. Cerca di dormire, almeno un po’.. sto
qua finché non ti sei addormentato, va bene?”
Non
dovette attendere a lungo. Angel si addormentò di colpo. Per non disturbarlo,
Connor uscì dalla stanza in punta di piedi e andò in camera sua. Si guardò un
po’ attorno e sorrise con nostalgia, vedendo i cappellini della loro partita,
chissà se l’avrebbe mai più ricordata. Prese il biglietto di Buffy e tornò
subito da Angel. Sedendosi sulla poltrona, lo lesse con avidità e non poté fare
a meno di sorridere.
Non
pensare, che solo per il fatto di essere in un altro continente, io smetta di
prendermi cura di te. Londra non è poi cosi lontana, in un modo o nell’altro,
saprò se stai rigando dritto, ma so comunque, che posso fidarmi di te. Ora ti
chiedo di non essere triste e di continuare con la tua vita, noi possiamo
sentirci tutti i giorni e possiamo vederci di tanto in tanto. Per adesso, forse
è meglio accantonare quel nostro progetto per il seminario, chiederò a Giles di
spostare le date, perché non credo sia il momento giusto per lasciare Los
Angeles. Il tuo posto è accanto a tuo padre. Non lasciarlo solo, ora ha bisogno
di te, forse come mai prima d’ora. Prenditi cura di lui e se pensi di non
farcela, avvertimi subito. Non so come farò, ma sicuramente, in un modo o
nell’altro, accorrerò in tuo aiuto.
Io
ora devo andare Connor, non ho altra scelta. Ma questo non cambierà le cose fra
me e te. La felicità, la troppa felicità, non può appartenerci. Non a me e al
tuo papà. Non in questa vita.
Sai?
è come se fosse una questione di dosi. Capisci cosa voglio dire? I primi tempi
andava tutto a meraviglia, ma man mano che facevano scorta di cose belle da
condividere, la felicità diventava un intralcio. Si, è una questioni di dosi.
Non so perché ti dico questo, ma è l’unica analogia che mi viene in mente
adesso. Prendere tutta la dose, ci avrebbe condotto altrove. Credo che questo
valga un po’ per tutti. Usare la giusta dose, è l’unica strada verso la
salvezza. Ora, io non so neppure cosa significa questo, e non so neppure perché
lo sto scrivendo, ma so che quando leggerai, tu capirai. Non
dimenticarlo.
Ti
voglio bene Connor, di questo puoi esserne certo. Vorrei poterti stare vicino,
vorrei non doverti dare questo dolore, ma non posso stare lì con voi. Sento però
che questa non è la fine.
Prenditi
cura di te stesso e prenditi cura di Angel, non lasciarlo solo.
Buffy.
A
Connor parve di sentire la sua voce mentre leggeva. E per quanto avesse sentito
la sua malinconia, lui non era triste, sapeva che era solo una cosa temporanea.
Un fatto era certo, Buffy amava entrambi, non era certo andata via perché non li
amava. Anche nell’addio, traspariva la sua preoccupazione per Angel e Connor
sapeva cosa lei volesse dire. Aveva paura che lui si lasciasse andare e che si
richiudesse nella solitudine di una stanza, isolandosi dal mondo. Ma Connor non
l’avrebbe permesso. Questo era ciò che chiedeva Buffy, e lui non l’avrebbe
delusa. Non era certo una cosa difficile per Connor. Amava suo padre e stargli
lontano non era nei suoi pensieri. Non gli importava del seminario a Londra, gli
importava di che lui stesse bene. Sentì che ancora una volta, lui era il legame
che teneva uniti i due mondi. Angel e Buffy non era davvero divisi, e per Connor
era importante mantenere un legame con Buffy.
Guardò
l’orologio, erano le 20,15. Angel dormiva da almeno dieci minuti, ma in lui non
c’era ancora alcun cambiamento. Rilesse le parole di Buffy. Dosi? Cosa voleva dire? Ormai era
diventato esperto nel percepire messaggi, che casualmente, inconsapevolmente o
meno, arrivavano dall’ambiente circostante. È una questione di dosi, con quel
pensiero in mente, si avvicinò ad Angel, e sentì che era caldissimo. Poggiò la
mano sul cuore, ma nessun suono arrivava da esso. Si diede dello stupido. Se
quel cuore avesse iniziato a battere, lui l’avrebbe certamente sentito con il
suo super udito. Non sarebbe già dovuta avvenire la trasformazione? Quanto ci
voleva per evolvere da demone ad umano? Questa trasformazione era di natura
mistica, quindi le leggi di fisiologia a lui note, non avevano alcun valore. Non
ci stava forse mettendo troppo tempo? Come col Selmunth, pensò Connor. Anche
allora stava impiegando troppo tempo a cicatrizzare la ferita, che lui stesso
aveva ricucito, e come allora, anche adesso Buffy era accorsa in suo aiuto. È una questione di dosi. Controllò
l’ampolla e vide che era quasi piena. È
una questione di dosi. Ripeté a se stesso.
Angel
si svegliò in quel momento e lo guardò confuso. “Connor? Sei rimasto qua tutto il tempo? Quanto ho
dormito?”
“Non molto” Rispose lui, poi gli mostrò l’ampolla.
“Papà, sei sicuro di aver usato.. la dose giusta? Questa ampolla contiene ancora
molto sangue di quel.. demone Mohra. Forse devi usarne di
più”
Angel sorrise “No, Connor. Sono sufficienti poche
gocce. È sempre tutto sul sangue, come dice sempre Buffy. Quando il mio sangue
si mescola a quello del demone, il vampiro che anima il mio corpo muore, perché
le mie cellule vengono rigenerate, e riportate in vita esattamente al momento
precedente alla mia morte. È questo ciò che accade, bastano poche
gocce..”
“Perché Doyle ne ha inviato così tanto allora?
Papà, forse dovresti usarlo tutto. Come ti senti adesso? Percepisci qualche
cambiamento in te? Penso che tu abbia la febbre alta.. proprio come gli umani,
ma non hai ancora battito cardiaco, né respiro. Lo sentirei. È come se la
rigenerazione fosse iniziata, ma non avesse ricevuto abbastanza sangue..
possiamo usarne un altro po’ ..giusto per essere
tranquilli..”
Angel annuì, più per accontentare Connor che
altro, e praticò un altro taglio nella mano. Versò alcune gocce del sangue Mohra
e poi poggiò ancora la testa sul cuscino. Era
stanchissimo.
“Non riesco a tenere gli occhi aperti” Disse.
L’attimo dopo si addormentò di nuovo ..e
sognò.
Era consapevole di sognare, ma era anche
consapevole dell’ambiente reale
intorno a lui. Sentì Connor che li metteva un panno fresco sulla fronte e lo
sentì dire “Stai scottando, papà”
Si rese conto di avere una doppia percezione. Era
come sospeso fra due diverse realtà. Ma era il sogno che lo incuriosiva molto, e
su esso portò la sua attenzione. Mentre
entrava nel sogno, si sentì pervadere da un senso di nostalgia infinita. La
scena che si dipanava davanti ai suoi occhi, era così bella e struggente, che si
ritrovò a desiderare che non fosse un sogno. Lo desiderò con tutto sé stesso.
Lui stava al piano superiore dell’Hyperion Hotel,
proprio nel bel mezzo del corridoio che portava alle camere. Dalla sua
posizione, poteva vedere le porte numerate delle varie stanze, e poteva anche
vedere l’ampia scalinata che portava verso la hall. Vide Buffy che usciva dalla loro camera e si dirigeva spedita
verso la scala. Indossava un vestito molto carino, che lui non aveva mai visto
prima. La chiamò, ma lei non rispose e continuò per la sua strada. Non può vedermi e non può sentirmi,
pensò Angel. Si rese conto di essere solo uno spettatore passivo. Poteva
guardare, ma non poteva interagire con le persone del sogno. Mentre Buffy
scendeva, nelle scale incrociò Cordelia. Teneva in mano un vassoio con del cibo
ed era diretta verso le camere. Si fermarono a parlare fra loro, ma Angel non
riuscì a sentire il suono della loro voce. Riuscì comunque a capire cosa
stessero dicendo, seguendo il movimento delle labbra. Le voci però, vibravano
dentro lui e pensò che fosse una bella sensazione. Le sentiva dentro.
Oggi
è molto agitato, non riuscivo quasi a vestirlo. Sono già le 8,15 e come sempre,
sono in ritardo. Fallo mangiare, Cordy. Ci metto un attimo, massimo mezz’ora e
sono di ritorno.
Disse Buffy.
Annuendo,
Cordelia continuò a salire e fermandosi davanti alla porta di Angel e Buffy,
tenne il vassoio con una mano, e con l’altra bussò “Angel? Sono io” Angel la
vide chinare il capo, e poggiare la fronte sulla porta. Per un attimo pensò che
piangesse. La sentì sospirare, mentre diceva a sé stessa. “Stupida.. sono una
stupida..” Cordelia si voltò verso Buffy e lei risalì velocemente le scale,
prendendo il vassoio dalle sue mani. Prese Cordelia per un braccio ed entrambe
si sedettero nella panca lì accanto. “Cordy? Va tutto bene? Non anche tu per
favore.. non oggi.. abbiamo tutti bisogno di mantenere la
calma..”
“Sono
una stupida, perché mi ostino a bussare, quando so che Angel non può
rispondere? Tutte le volte è sempre la stessa storia. Se poi penso che anni fa,
io non bussavo affatto, eh si che lui urlava, e si arrabbiava, ma io non bussavo
lo stesso. Farlo ora è semplicemente ridicolo. Sono una.. cretina.. ecco cosa
sono. Doyle a volte ha ragione ..sono preoccupata, Buffy ..e se non
funzionasse?”
Cordelia
aveva gli occhi lucidi e Angel sentì una profonda amarezza, nel vedere la
tristezza dell’amica. Quando spostò lo sguardo verso Buffy, l’amarezza divenne
dolore acuto. Lei teneva le mani in grembo e stava a capo chino a guardare le
sue stesse mani, poi guardava Cordelia e di nuovo le sue mani. I suoi occhi,
come quelli di Cordelia, erano pieni di lacrime. Cosa stava accadendo, perché erano così
tristi?
Buffy
tentò di sorridere “È difficile per tutti, Cordelia e non sei affatto stupida.
Anche io mi comporto come se lui potesse rispondere, come se fosse qui. Devo
farlo per Angel e devo farlo per Connor, che tanto per cambiare, oggi non vuole
andare a scuola. Meno male che Doyle è riuscito a convincerlo, gli ha promesso
che quando tornerà, troverà una bella sorpresa e tu sai a cosa si riferiva. Come
sai, lui pende dalla labbra del
nonno..” Cordelia sorrise “Questa cosa dei nonni non vuole proprio
dimenticarla” Poi più seria disse “Come fai Buffy? Come fai a reggere tutto
questo? Ormai sono passati sei anni da quel giorno, io.. non so più se
riusciremo mai a.. sto cominciando a temere per il peggio. Non posso credere che
Connor abbia già cinque anni, e non abbia ancora potuto sentire la voce di suo
padre”
Buffy
indurì il viso, e Angel seppe che tentava di nascondere il dolore. La conosceva
troppo bene. Quella era la maschera che Buffy indossava, quando dentro lei
risuonava la ribellione dei suoi ‘No’
“NO.
Non dire così. Lui non resterà lì. Vuoi sapere come faccio ad andare avanti?
Grazie a mio figlio e grazie ad Angel. Dopo tutto questo tempo, sarei impazzita
senza loro, ma non è accaduto. Connor mi dà la forza di andare avanti, devo
essere forte per lui. Angel.. anche Angel mi aiuta. Lo fa quando riesco a
strappargli un sorriso, perché io so che quello è un sorriso. La neurologa dice
che sono solo movimenti involontari, ma non è così. Angel mi sente e poi lui mi
sorride. È così che vado avanti ..e poi ci siete voi. Non credo che sarei
riuscita a farcela da sola. Grazie a tutti voi, soprattutto a te e Doyle, sono
riuscita a sopravvivere.. quindi ora, ti chiedo di non crollare, Cordy.. non ora
che siamo vicine alla meta.. lo sento.. sto facendo dei sogni strani e sento che
questa cosa di Doyle funzionerà..”
Cordelia
si morse le labbra pentendosi di aver parlato in quel modo. “Spero che
quest’ultima cosa che ha tentato Doyle, funzioni davvero. Per anni, abbiamo
cercato ovunque e finalmente abbiamo scovato una colonia di quei demoni.. come vattelappesca si
chiamano. Siamo riusciti a catturarne uno. L’unico superstite rimasto, visto
che gli altri sono riusciti a scappare nella loro dimensione. Questa è la nostra
ultima speranza.. ma avrebbe già dovuto funzionare. Queste cose non dovrebbero
essere istantanee? Insomma, tipo abracadabra e BAM.. voglio dire, sono già
passate ventiquattro ore..”
“Sono
passate 23 ore e quindici minuti. Doyle ha dato ad Angel, tutta la dose intera, ieri alle nove in
punto. Mancano ancora 45 minuti” Controllò l’orologio “Quaranta. Adesso mancano
quaranta minuti”
“Buffy?
È arrivato lo scuolabus e Connor non vuole saperne di venire con me. Che fai?
Scendi tu?” Buffy scattò subito in piedi.
“Arrivo
Fred” rispose, poi guardò Cordelia “Cerca di farlo mangiare, oggi è.. è molto
agitato” Mormorò “Per questo penso che stia per accadere qualcosa. Vado, torno
il prima possibile..”
Buffy
aspetta, non andartene.. Buffy mi senti? Sono qua, per favore
guardami..
Urlò Angel. Tentò di raggiungerla, ma non riuscì a muoversi.
L’ultima
cosa che vide, fu Cordelia che riprendeva il vassoio, ed entrava nella sua
camera. La sentì dire “Eccoci qua, Angel. Buffy torna subito. Oggi colazione con
Cordy.. sei contento?”
Angel
si agitava nel sonno, e Connor era sempre più preoccupato. Continuò a
tamponargli la fronte col panno fresco, e ancora una volta, non poté non pensare
a quando fece lo stesso gesto, tanti mesi prima. Istintivamente spostò la
camicia di Angel e quasi non si stupì
di ciò che vide. La vecchia ferita era ancora fresca, ed era ben visibile la
cicatrice lasciata dagli artigli del Selmunth. C’era un alone arrossato intorno
ai graffi, e al centro era ancora ben visibile il foro in cui era stato
iniettato il veleno. Quella ferita era tutt’altro che guarita. Dal foro ancora
trasudava del sangue, sebbene fossero solo poche gocce. Improvvisamente, guidato
solo dal puro istinto, prese l’ampolla e versò tutta la dose nella vecchia
ferita. Si assicurò che tutto il liquido verde fosse assorbito e si rese conto,
che non dovette fare nulla per facilitare l’assorbimento. Il sangue pareva
dotato di volontà propria e penetrò dentro i tessuti, in modo del tutto innaturale. Connor pensò che fosse
strano. Mistico, disse a se
stesso.
Guardò
l’orologio, mancava un minuto alle 21.00. Angel aveva dormito più o meno
mezz’ora e forse era meglio svegliarlo. Vide però che lui continuava ad
agitarsi. Annaspava come se gli mancasse l’aria. “Papà?” Lo scosse e lo chiamò
ancora “Papà, svegliati..”
Sentì
poi un suono. Un suono ritmico e cadenzato. Il cuore di Connor sussultò. Quello
che sentiva era il suo cuore che batteva debolmente, in sintonia con il cuore di
suo padre che invece batteva sempre più forte. Il cuore di Angel era vivo e
pulsante. Connor pianse di gioia. Percepì distintamente l’alternanza dei due
battiti, e più quello di Angel diventava nitido, più si affievoliva il suo.
Connor però era felice come mai lo era stato prima d’ora.
Angel
si svegliò di soprassalto mettendosi a sedere sul letto. Portò una mano sul
cuore, mentre respirava affannosamente, cercando di incamerare quanta più aria
poteva. “Sono vivo” disse, abbracciando Connor, che si aggrappò al padre in
quello che sarebbe stato l’ultimo abbraccio.
“Sono
vivo.. Sono vivo.. Dio, io sono vivo” ripeté Angel più
volte.
Con
le lacrime agli occhi, Connor poggiò la mano sul cuore di Angel “Non avrei mai
creduto di poterlo sentire.. ha funzionato, papà.. ha funzionato.. sei umano”
Continuò ad abbracciarlo, mentre singhiozzava convulsamente “Mio padre è umano..
Dio, vorrei solo che Buffy fosse qui adesso..” Angel ricadde sul letto e lo
portò con sé nell’abbraccio. Lui si aggrappò strettamente al collo del padre, e
fra le lacrime continuò a parlare. “Sento il tuo respiro, lo sento papà.. e il
tuo cuore.. Dio.. è un suono bellissimo. Hai visto? Ha funzionato.. alla fine
era solo una questione di dosi. Ora mi sento un po’ stanco.. sono così stanco,
papà..”
Angel
non riusciva a parlare. Abbracciava suo figlio e lo cullava fra le sue braccia,
incapace di dire qualcosa, qualunque cosa. La gioia lo sommerse, ora poteva
abbandonarsi alla felicità. Completamente. Era impossibile pensare in modo
coerente, ma riuscì a registrare nella sua mente le ultime parole d Connor.
Anche lui sentiva di essere stanco, ma non voleva dormire. Fra le lacrime riuscì
solo a dire “Si Connor, ha funzionato.. ha funzionato.. ha
funzionato..”
Si
rese conto di avere il corpo intorpidito e ad ogni movimento sentiva delle fitte
dolore. Poi ridacchiò quando si accorse che la sua vista pareva sfuocata. Vedeva
le cose intorno a sé come se stessero sbiadendo. “Immagino sia una delle
limitazioni di essere un umano..” Disse ridendo “Sai una cosa, figliolo? Credo
di aver bisogno degli occhiali.. vedo tutto sfuocato..” Poi guardò Connor, il
suo sorriso luminoso lo commosse di nuovo. Suo figlio sembrava quasi un bambino.
“No
papà..” rispose lui “Non è la tua vista.. noi stiamo proprio svanendo.. questo
mondo si sta dissolvendo..” Angel non riusciva a tenere gli occhi aperti. Gli
chiuse. Baciando il figlio sulla fronte, prima di addormentarsi, ridendo disse
“Credo che siamo stanchi tutti e due.. dormirei per giorni ..e anche tu hai
bisogno di riposare..”
Connor
si strinse ancora intorno al suo abbraccio e guardò l’ambiente circostanze. La
stanza era in dissolvenza, il grigio diventava sempre più scuro e sfumava nel
nero. Sentì ancora suo padre che lo stringeva, il suo abbraccio era
rassicurante. Lo sentì dire ancora qualcosa, ed era tutto ciò che voleva
sentire. Quelle furono le ultime parole che sentì da lui.
“Ti
voglio bene, Connor. Non hai idea quanto importante sia ciò che tu hai fatto per
me. Io non dimenticherò. Non dimenticherò.. Mai.”
Connor
sentì ancora Angel che lo teneva stretto a sé, e gli sfiorava la fronte
delicatamente. Il corpo di suo padre era caldo, il suo respiro lo cullava
ritmicamente, e il battito del suo cuore lo accompagnava dolcemente nel sonno.
Prima di abbandonarsi al buio, pensò che lui avrebbe dimenticato questo momento,
ma era bello sapere, che almeno uno dei due avrebbe ricordato. Quel mondo che li
aveva tenuti prigionieri così a lungo, sottoponendoli a prove di forza inaudite,
si dissolveva per sempre. Era tempo di
tornare a casa. Prima che la stanza svanisse per sempre, e loro con essa,
Connor sorrise e poggiando una mano sul cuore del padre, disse. “Lo so, papà. Tu
ricorderai tutto e so che un giorno lo racconterai anche a me.. quando sarò
grande mi parlerai del giorno che diventasti un uomo..”
Poi
la luce lentamente svanì, solo un attimo ancora e i loro corpi divennero un
unico punto luminoso ..poi più nulla ..il nero inghiottì per sempre quelle loro
false esistenze.
Connor
chiuse gli occhi, lasciò che il buio lo portasse con sé. A suo padre diede un
ultimo saluto. Disse solamente.
Noi non svaniremo
Anticipazioni
del successivo capitolo.
Angel si svegliò che era orami pieno giorno. La
stanza era illuminata dai raggi del sole. Pensò di aver dormito a lungo, visto
che era già mattina. L’orologio davanti a lui, indicava le 8,15. Sollevò lo
sguardo e vide che qualcuno usciva dalla sua stanza. Per un attimo le parve di
vedere Buffy, ma lei non poteva essere lì. Cercò Connor, ma non c’era. È andato a lezione, pensò Angel. Sicuramente è stato lui ad aprire le
finestre, ora sa che il sole non è più mio nemico. Poi sentì bussare alla
sua porta.
Angel? Sono io
Quella
voce gli era familiare, ma non poteva essere la sua voce. Cordelia era morta da
anni. Ascoltò meglio e sentì qualcuno parlare nel corridoio. Sembravano le voci
di Buffy e Cordelia ma pensò che
fosse impossibile. Dopo qualche minuto, sentì ancora quella voce.
Eccoci qua, Angel. Buffy torna subito. Oggi colazione con Cordy.. sei contento?