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Autore: Antys    10/01/2013    8 recensioni
Merlin trattenne uno sbuffo di risa amaro, voltando il capo verso di lui e specchiandosi nelle sue perle ghiacciate. «Mo.» Lo chiamò con quello strano tono che si utilizzava per rivelare ad un bambino l’amara e cruda verità. «Non potrò mai darti ciò che vorresti.»
Genere: Introspettivo, Slice of life, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Merlino, Mordred, Principe Artù | Coppie: Merlino/Artù
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Nel futuro
- Questa storia fa parte della serie 'Feed me Poison'
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Titolo:  Let me take you out of the darkness

Personaggi: Merlin, Arthur, Mordred

Pairing: ArthurxMerlin [Merthur]; MerlinxMordred [Merdred]

Rating: Arancione

Genere: Slice of  life; Introspettivo; Triste; Angst

Avviso: Slash; What if?; Spoiler; Missing Moments

 

Let me take you out of the darkness

 

I gemiti si susseguivano incessantemente, uno dietro l’altro, senza dare l’opportunità di riprendere fiato.

L’uno premeva sull’altro, vezzeggiando la pelle scoperta e bruciandola; le bocche ad un soffio e quel continuo sfiorarsi con malizia. Un sorriso sornione e dominante da una parte ed un bisogno impellente e sovrastante dall’altra. Gli occhi acquatici sommergevano il compagno, portandolo ad un piacere incomprensibile e paradisiaco, mentre gli occhi del corvino si tingevano di oro puro, devastati dalle sensazioni che gli venivano donate.

Lui si ritrovava lì senza un perché, testimone di quell’unione tra i due corpi.

Ed era esattamente lì che si creava la miscela tra i due, il respiro fuso in uno e la loro dipendenza.

Li vedeva affondare l’uno nell’altro, cercare le labbra per congiungerle ed approfondire il contatto, finché non ne fossero stati sazi, finché non ne avrebbero potuto più.

Ed era tutto lì, se qualcuno avesse saputo dove guardare.

Ma il destino beffardo e crudele si era scagliato contro di lui, conducendolo proprio in quel luogo così appartato dove servitore e padrone fondevano le loro anime; proprio nel momento in cui il re si appropriava delle membra del valletto, legandolo a lui indissolubilmente e per Mordred fu come morire.

Da quando aveva messo piede a Camelot, perfino quando era solo un bambino, aveva percepito ciò che legava i due, ma aveva sempre provato a non dargli la giusta attenzione, il giusto valore.

Nella tenera età aveva incontrato il grande e decantato Emrys ed era stato lui stesso a svelare la sua identità all’interessato e Mordred aveva perfino gongolato internamente ed era così orgoglioso di se stesso e compiaciuto di tale opportunità; eppure tutto si era trasformato, tramutandosi in tradimento, sfiducia, mancata aspettativa e delusione. Tutto aveva preso la forma dell’odio, un odio che gli veniva gettato in faccia ed urlato in modo silenzioso, un odio che non capiva e che Emrys stesso gli dava, senza che lui riuscisse a comprenderlo, a spiegarselo.

Aveva vissuto tutti quegli anni separato dalla figura del mago con quell’odio, un odio che era mutato in ossessione e quella stessa era cambiata ancora.

Cosa accade nella mente di un bambino popolata da un solo pensiero, una sola idea?

Nel momento in cui aveva rincontrato la figura che aveva popolato la sua mente per anni interminabili, le sue barriere erano crollate ed il suo desiderio – quello di cui non conosceva nemmeno l’esistenza – era prevalso in lui e tutto aveva preso una sfumatura diversa.

Perfino nel momento in cui incrociò i suoi occhi astiosi, titubanti e spaventati, ebbe un’unica certezza.

Per quanto Merlin continuasse a creare una distanza costante tra loro, Mordred era sempre riuscito a colmarla, avvicinandosi sempre di più e riuscendo quasi a sfiorarlo.

Poi, non seppe neppure come fosse accaduto, tra loro vi era una sola parete invisibile ed ignorabile; Mordred poteva allungare la mano e toccarlo, toccarlo come nessun’altro potesse fare; stringerlo, stringerlo talmente forte da percepire sulla pelle ogni curva dell’altro, ogni suo respiro, ogni suo battito ed al giovane druido non era più importato di quello che lo circondava né della consapevolezza di dover condividere quel corpo, che aveva tanto amato, con qualcun altro.

Perché se Merlin si concedeva a lui ogni notte di ogni giorno, senza mai dargli una spiegazione, senza mai proferire parole significative, senza mai metterlo a corrente di qualcosa, sapeva perfettamente che il suo cuore apparteneva a qualcun altro, quello stesso che si appropriava del proprio servitore ogni qualvolta lo ritenesse opportuno, ben sapendo che quello non si sarebbe mai sottratto. Ed a Mordred non importava davvero, non gli importava se il cuore della persona che più amava era fra le mani del re narrato dalle antiche leggende; finché avrebbe avuto il mago al suo fianco tutto il resto non aveva alcun valore.

Ma vedere Merlin in quel modo, sopraffatto dal piacere che qualcun altro gli donava, le gote arrossate, il respiro affannoso e dover osservare quelle gemme tingersi di ambra pura, aveva delle strane ripercussioni sul suo essere.

Iridi dorate che ad ogni spinta brillavano come non mai, investendo ogni cosa.

Iridi dorate che Mordred non aveva mai avuto l’onore di scorgere, deliziandosi del potere che aveva sul suo corpo, perché non era quello l’effetto che gli infondeva.

L’ultimo gemito del valletto si infranse sulla pelle del sovrano che lo scrutava con attenzione morbosa, godendosi quel momento di immensa goduria del suo dominio.

Merlin socchiuse piano le palpebre, diminuendo la velocità del respiro e lasciando aderire la schiena contro la parete fredda.

Le mani callose del condottiero percorrevano in tutta la loro pienezza le cosce scoperte del servitore reale, provocando un piccolo mugolio dalla sua parte ed il druido poteva udire distintamente quel vi amo sussurrato nella mente del mago che non veniva pronunciato e Mordred si chiese quale fosse il motivo.

Le labbra dei due amanti si trovavano ad un battito di ciglia dall’unirsi, eppure non era ancora accaduto, neppure durante tutto l’atto.

Arthur portò un pollice sul labbro inferiore del valletto, carnoso, fremente ed umido, percorrendo tutta la sua corposità, mentre gli occhi marini dell’altro – dov’erano ancora visibili tracce dorate – si aprivano allarmati.

Le labbra autonomamente si socchiusero sul polpastrello invasore, tingendosi di rosso.

La bocca del re si piegò in un sorriso derisorio, soffiando su quella del fedele servitore. «Sei proprio una tentazione, Merlin.»

Il druido tremò raggelato, impreparato all’impatto e le sue iridi chiare corsero a cercare quelle del mago; perle stranamente consapevoli del significato di quell’affermazione, occhi che si colpevolizzavano e profondamente provati; il riflesso di un destino beffardo.

Erano parole di un uomo sposato quelle?

Arthur lo lasciò lì, con la pelle scoperta ed i vestiti scomposti, al freddo e al gelo, con il cuore spezzato – ancora una volta –, ignorandolo deliberatamente.

Merlin scivolò sul pavimento, stringendosi su se stesso, chinando il volto verso le ginocchia e lasciando ricadere ogni cosa al silenzio.

Quanto tempo era passato?

Mordred non poteva sopportare quella visione, Mordred non poteva sopportare di vederlo ridotto in quello stato ed i suoi arti agivano sempre da soli quando si trattava di lui. E furono proprio quei movimenti meccanici ed autonomi che lo portarono verso la sua figura con passo felpato ed ingenuamente si chiese cosa avrebbe mai potuto dire o fare in quella situazione.

«Merlin.» Chiamò piano con quel tono amorevole che solo lui possedeva nei suoi confronti.

Il valletto sbatté la palpebre impietrito, alzando di scatto la testa e trattenendo un brivido. «Mo.» Pronunciò di sbieco, eppure il druido poteva vedere nuova consapevolezza in quegli occhi velati dal liquido trasparente.

Il silenzio prese a dominare un’altra volta in quell’ala dimenticata e sembrava voler sottolineare, con malvagia ironia, la condizione in cui si trovava il servitore, con le parti intime scoperte ed il vestiario che ricopriva malamente quella pelle diafana.

Merlin si alzò con velocità eccessiva per i gusti del druido, tanto che lo vide perdere l’equilibrio e sbattere le palpebre più volte come se fosse confuso o come se qualcosa gli martellasse dentro la testa.

Le sue mani corsero pronte, com’erano abituate ad essere, a sorreggerlo, mentre i pantaloni consumati dell’altro scendevano sempre di più per le gambe. Mordred non osava guardare impunemente, mantenendo il contatto visivo sul quel viso che gli negava i suoi occhi limpidi e pieni di dolore vivido. Le sue dita tirarono su i calzoni, allacciandoli alla meno peggio, senza indugiare su quei movimenti, senza toccarlo davvero.

«Hai un tempismo perfetto, Mordred.» Proferì con ironia pungente il mago, incurvando le labbra in un sorriso forzato.

I polmoni del druido furono attraversati da quella fitta creata dal tono derisorio del valletto e sentì solo il suo dolore.

Cos’è che non gli diceva?

Perché aveva la sensazione che si stesse auto lesionando e compatendo?

La mani si allontanarono dal corpo dell’altro, tentando di dargli tutto lo spazio e l’ossigeno di cui avesse bisogno, senza imporsi eccessivamente, eppure quei gesti continuavano e non sembravano voler smettere di prendersi cura del corvino.

Merlin continuava a non guardarlo, con quello sguardo fiero rivolto al lato e le continue immagini che si proiettavano sulle iridi scure.

Mordred credeva che quello fosse l’unico modo che possedesse per dimostrare la sua forza e il saper affrontare tutto quello che la vita e il destino gli proponevano luna dopo luna e temeva di vederlo cedere da un momento all’altro.

«Sono una tentazione.» Soffiò il servitore improvvisamente con un tono che il cavaliere non riuscì a decifrare.

Gli occhi del giovane druido corsero verso quelli dell’altro, quegli stessi che gli venivano negati, trovandoli cupi, pieni di strana consapevolezza e colpevoli.

Mordred riusciva a sentire tutta la sofferenza del mago come se fosse sua, urlargli nella mente, premere per uscire e scoppiare.

Agli occhi del druido tutto divenne improvvisamente chiaro.

Quante volte il re gli aveva ripetuto quelle parole? Quante volte quel luogo era stato testimone di quell’umiliazione continua? Quante volte si era ridotto in quello stato? Da quanto tempo pativa in quel modo?

«Sei molto di più.» Proferì con certezza e con quella sfumatura ricca di un amore incondizionato.

Merlin trattenne uno sbuffo di risa amaro, voltando il capo verso di lui e specchiandosi nelle sue perle ghiacciate. «Mo.» Lo chiamò con quello strano tono che si utilizzava per rivelare ad un bambino l’amara e cruda verità. «Non potrò mai darti ciò che vorresti.»

Le mani si fermarono sui suoi fianchi, ancorandoli con leggerezza ed adesso la loro distanza era diminuita. «Non mi è mai importato.»

Le labbra erano ad un soffio dalle altre, i loro respiri, ancora una volta, si miscelavano tra loro e Merlin le accarezzò lievemente con le proprie, schioccando un bacio invisibile e privo di suono. «Sono un provocatore, una tentazione.» Sussurrò sulla bocca, mentre quelle iridi sicure e ferme si riempivano di nuovo liquido e le parole del sovrano riecheggiavano nella sua mente.

Quelle parole avevano davvero il potere di ferire in quel modo il suo cuore? Potevano privarlo così tanto delle sue forze e portarlo a dubitare di se stesso?

Era quello il potere che Arthur aveva sul proprio valletto?

«Ti amo.» Dichiarò con supremazia il giovane druido, mettendo fine al fiume di pensieri dell’altro.

La labbra del valletto si curvarono leggermente, come arrese, e Mordred riusciva perfettamente ad avvertire la leggerezza che si era creata nel cuore del mago.

«Mo, andiamo via.» Pronunciò il valletto reale in una silenziosa preghiera, ricca di desiderio nell’abbandonare quel luogo infelice.

Mordred annuì lievemente, scansandosi debolmente e lasciandogli il passaggio libero.

Merlin gli regalò un nuovo sorriso, uno solo ed esclusivamente suo, prendendolo per un polso e portandolo via con sé.

Il cuore del druido fece una capriola, urlando di gioia sconfinata, chiudendosi in quella lieve illusione; quel gesto valeva più di ogni bacio rubato.

Ma per quanto Merlin sarebbe riuscito a resistere al peso di quel dolore?

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

L’ennesima Merdred; come sono giunta a questo?

Non so nemmeno da quanto tempo era lì, ferma nella mia mente; saranno stati mesi ed insieme a lei esiste una catena infinita ed io davvero, mi chiedo quando finirò di dedicarmi a loro. Ne ho altre due pronte. Due. E io che pensavo che tutto sarebbe finito a quel lontano luglio, quando scrissi la prima e, teoricamente, ultima.

A-ah. Forse ho qualche problema con i numeri o la mia mente se ne innamorata talmente tanto che poco gli importa della razionalità.

Forse si è intestardita ancor di più nel momento in cui è arrivata la fatidica tredicesima puntata; ah! che agonia.

Ma, magari, spenderò qualche parola su questo in un secondo o terzo – non ne ho idea – momento.

Prima o poi questi benedetti missing moments giungeranno ad una conclusione; lo spero vivamente.

Io ringrazio ancora una volta tutti voi, e credo che non smetterò mai di farlo, per imbarcarvi insieme a me in queste avventure infinite, in questi sentimenti nascosti – quanti comportamenti ambigui – e in quelle parole dette e non dette.

Ringrazio sempre la cara e dolce beta (EarthquakeMG) che mi ritrovo e che si ritrova ad ascoltare ogni mio delirio, ogni mio dubbio e ad assistere ad ogni mia crisi isterica e tanto, tanto altro.

Poi non dovrei, c’è quella lì (xloveJhutch), che mi tortura su Twitter, su Facebook, attraverso le email e che mi sta sul fiato sul collo perché devo scrivere o pubblicare qualcosa. Te l’ho sempre detto: sei ingorda. è.é Ed in anteprima non vedrai più nulla. ù.ù Però ti ringrazio ugualmente, perché in qualche modo, ho fatto un buon lavoro con te.

Alla prossima.

Antys

   
 
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