Titolo: Let me take you out of the darkness
Personaggi: Merlin, Arthur, Mordred
Pairing: ArthurxMerlin [Merthur]; MerlinxMordred [Merdred]
Rating: Arancione
Genere: Slice of life; Introspettivo; Triste;
Angst
Avviso: Slash; What if?; Spoiler; Missing
Moments
Let
me take you out of the darkness
I gemiti si susseguivano
incessantemente, uno dietro l’altro, senza dare l’opportunità di riprendere
fiato.
L’uno premeva sull’altro,
vezzeggiando la pelle scoperta e bruciandola; le bocche ad un soffio e quel
continuo sfiorarsi con malizia. Un sorriso sornione e dominante da una parte ed
un bisogno impellente e sovrastante dall’altra. Gli occhi acquatici
sommergevano il compagno, portandolo ad un piacere incomprensibile e
paradisiaco, mentre gli occhi del corvino si tingevano di oro puro, devastati
dalle sensazioni che gli venivano donate.
Lui si ritrovava lì senza un
perché, testimone di quell’unione tra i due corpi.
Ed era esattamente lì che si
creava la miscela tra i due, il respiro fuso in uno e la loro dipendenza.
Li vedeva affondare l’uno
nell’altro, cercare le labbra per congiungerle ed approfondire il contatto,
finché non ne fossero stati sazi, finché non ne avrebbero potuto più.
Ed era tutto lì, se qualcuno
avesse saputo dove guardare.
Ma il destino beffardo e crudele
si era scagliato contro di lui, conducendolo proprio in quel luogo così
appartato dove servitore e padrone fondevano le loro anime; proprio nel momento
in cui il re si appropriava delle membra del valletto, legandolo a lui indissolubilmente
e per Mordred fu come morire.
Da quando aveva messo piede a Camelot, perfino quando era solo un bambino, aveva
percepito ciò che legava i due, ma aveva sempre provato a non dargli la giusta
attenzione, il giusto valore.
Nella tenera età aveva incontrato
il grande e decantato Emrys ed era stato lui stesso a
svelare la sua identità all’interessato e Mordred
aveva perfino gongolato internamente ed era così orgoglioso di se stesso e
compiaciuto di tale opportunità; eppure tutto si era trasformato, tramutandosi
in tradimento, sfiducia, mancata aspettativa e delusione. Tutto aveva preso la
forma dell’odio, un odio che gli veniva gettato in faccia ed urlato in modo
silenzioso, un odio che non capiva e che Emrys stesso
gli dava, senza che lui riuscisse a comprenderlo, a spiegarselo.
Aveva vissuto tutti quegli anni
separato dalla figura del mago con quell’odio, un odio che era mutato in
ossessione e quella stessa era cambiata ancora.
Cosa accade nella mente di un
bambino popolata da un solo pensiero, una sola idea?
Nel momento in cui aveva
rincontrato la figura che aveva popolato la sua mente per anni interminabili,
le sue barriere erano crollate ed il suo desiderio – quello di cui non
conosceva nemmeno l’esistenza – era prevalso in lui e tutto aveva preso una
sfumatura diversa.
Perfino nel momento in cui
incrociò i suoi occhi astiosi, titubanti e spaventati, ebbe un’unica certezza.
Per quanto Merlin continuasse a
creare una distanza costante tra loro, Mordred era
sempre riuscito a colmarla, avvicinandosi sempre di più e riuscendo quasi a
sfiorarlo.
Poi, non seppe neppure come fosse
accaduto, tra loro vi era una sola parete invisibile ed ignorabile; Mordred poteva allungare la mano e toccarlo, toccarlo come
nessun’altro potesse fare; stringerlo, stringerlo talmente forte da percepire
sulla pelle ogni curva dell’altro, ogni suo respiro, ogni suo battito ed al
giovane druido non era più importato di quello che lo circondava né della
consapevolezza di dover condividere quel corpo, che aveva tanto amato, con
qualcun altro.
Perché se Merlin si concedeva a
lui ogni notte di ogni giorno, senza mai dargli una spiegazione, senza mai
proferire parole significative, senza mai metterlo a corrente di qualcosa,
sapeva perfettamente che il suo cuore apparteneva a qualcun altro, quello
stesso che si appropriava del proprio servitore ogni qualvolta lo ritenesse
opportuno, ben sapendo che quello non si sarebbe mai sottratto. Ed a Mordred non importava davvero, non gli importava se il
cuore della persona che più amava era fra le mani del re narrato dalle antiche
leggende; finché avrebbe avuto il mago al suo fianco tutto il resto non aveva
alcun valore.
Ma vedere Merlin in quel modo,
sopraffatto dal piacere che qualcun altro gli donava, le gote arrossate, il
respiro affannoso e dover osservare quelle gemme tingersi di ambra pura, aveva
delle strane ripercussioni sul suo essere.
Iridi dorate che ad ogni spinta
brillavano come non mai, investendo ogni cosa.
Iridi dorate che Mordred non aveva mai avuto l’onore di scorgere, deliziandosi
del potere che aveva sul suo corpo, perché non era quello l’effetto che gli
infondeva.
L’ultimo gemito del valletto si
infranse sulla pelle del sovrano che lo scrutava con attenzione morbosa,
godendosi quel momento di immensa goduria del suo dominio.
Merlin socchiuse piano le
palpebre, diminuendo la velocità del respiro e lasciando aderire la schiena
contro la parete fredda.
Le mani callose del condottiero
percorrevano in tutta la loro pienezza le cosce scoperte del servitore reale,
provocando un piccolo mugolio dalla sua parte ed il druido poteva udire
distintamente quel vi amo sussurrato
nella mente del mago che non veniva pronunciato e Mordred
si chiese quale fosse il motivo.
Le labbra dei due amanti si
trovavano ad un battito di ciglia dall’unirsi, eppure non era ancora accaduto,
neppure durante tutto l’atto.
Arthur portò un pollice sul
labbro inferiore del valletto, carnoso, fremente ed umido, percorrendo tutta la
sua corposità, mentre gli occhi marini dell’altro – dov’erano ancora visibili
tracce dorate – si aprivano allarmati.
Le labbra autonomamente si
socchiusero sul polpastrello invasore, tingendosi di rosso.
La bocca del re si piegò in un
sorriso derisorio, soffiando su quella del fedele servitore. «Sei proprio una
tentazione, Merlin.»
Il druido tremò raggelato,
impreparato all’impatto e le sue iridi chiare corsero a cercare quelle del
mago; perle stranamente consapevoli del significato di quell’affermazione,
occhi che si colpevolizzavano e profondamente provati; il riflesso di un destino
beffardo.
Erano parole di un uomo sposato
quelle?
Arthur lo lasciò lì, con la pelle
scoperta ed i vestiti scomposti, al freddo e al gelo, con il cuore spezzato –
ancora una volta –, ignorandolo deliberatamente.
Merlin scivolò sul pavimento,
stringendosi su se stesso, chinando il volto verso le ginocchia e lasciando
ricadere ogni cosa al silenzio.
Quanto tempo era passato?
Mordred non poteva sopportare quella
visione, Mordred non poteva sopportare di vederlo
ridotto in quello stato ed i suoi arti agivano sempre da soli quando si
trattava di lui. E furono proprio quei movimenti meccanici ed autonomi che lo
portarono verso la sua figura con passo felpato ed ingenuamente si chiese cosa
avrebbe mai potuto dire o fare in quella situazione.
«Merlin.» Chiamò piano con quel
tono amorevole che solo lui possedeva nei suoi confronti.
Il valletto sbatté la palpebre
impietrito, alzando di scatto la testa e trattenendo un brivido. «Mo.»
Pronunciò di sbieco, eppure il druido poteva vedere nuova consapevolezza in
quegli occhi velati dal liquido trasparente.
Il silenzio prese a dominare
un’altra volta in quell’ala dimenticata e sembrava voler sottolineare, con
malvagia ironia, la condizione in cui si trovava il servitore, con le parti
intime scoperte ed il vestiario che ricopriva malamente quella pelle diafana.
Merlin si alzò con velocità
eccessiva per i gusti del druido, tanto che lo vide perdere l’equilibrio e
sbattere le palpebre più volte come se fosse confuso o come se qualcosa gli
martellasse dentro la testa.
Le sue mani corsero pronte,
com’erano abituate ad essere, a sorreggerlo, mentre i pantaloni consumati
dell’altro scendevano sempre di più per le gambe. Mordred
non osava guardare impunemente, mantenendo il contatto visivo sul quel viso che
gli negava i suoi occhi limpidi e pieni di dolore vivido. Le sue dita tirarono
su i calzoni, allacciandoli alla meno peggio, senza indugiare su quei
movimenti, senza toccarlo davvero.
«Hai un tempismo perfetto, Mordred.» Proferì
con ironia pungente il mago, incurvando le labbra in un sorriso forzato.
I polmoni del druido furono
attraversati da quella fitta creata dal tono derisorio del valletto e sentì
solo il suo dolore.
Cos’è che non gli diceva?
Perché aveva la sensazione che si
stesse auto lesionando e compatendo?
La mani si allontanarono dal
corpo dell’altro, tentando di dargli tutto lo spazio e l’ossigeno di cui avesse
bisogno, senza imporsi eccessivamente, eppure quei gesti continuavano e non
sembravano voler smettere di prendersi cura del corvino.
Merlin continuava a non
guardarlo, con quello sguardo fiero rivolto al lato e le continue immagini che
si proiettavano sulle iridi scure.
Mordred credeva che quello fosse l’unico
modo che possedesse per dimostrare la sua forza e il saper affrontare tutto
quello che la vita e il destino gli proponevano luna dopo luna e temeva di
vederlo cedere da un momento all’altro.
«Sono una tentazione.» Soffiò il
servitore improvvisamente con un tono che il cavaliere non riuscì a decifrare.
Gli occhi del giovane druido
corsero verso quelli dell’altro, quegli stessi che gli venivano negati,
trovandoli cupi, pieni di strana consapevolezza e colpevoli.
Mordred riusciva a sentire tutta la
sofferenza del mago come se fosse sua, urlargli nella mente, premere per uscire
e scoppiare.
Agli occhi del druido tutto
divenne improvvisamente chiaro.
Quante volte il re gli aveva
ripetuto quelle parole? Quante volte quel luogo era stato testimone di
quell’umiliazione continua? Quante volte si era ridotto in quello stato? Da
quanto tempo pativa in quel modo?
«Sei molto di più.» Proferì con
certezza e con quella sfumatura ricca di un amore incondizionato.
Merlin trattenne uno sbuffo di
risa amaro, voltando il capo verso di lui e specchiandosi nelle sue perle
ghiacciate. «Mo.» Lo chiamò con quello strano tono che si utilizzava per
rivelare ad un bambino l’amara e cruda verità. «Non potrò mai darti ciò che
vorresti.»
Le mani si fermarono sui suoi
fianchi, ancorandoli con leggerezza ed adesso la loro distanza era diminuita.
«Non mi è mai importato.»
Le labbra erano ad un soffio
dalle altre, i loro respiri, ancora una volta, si miscelavano tra loro e Merlin
le accarezzò lievemente con le proprie, schioccando un bacio invisibile e privo
di suono. «Sono un provocatore, una tentazione.» Sussurrò sulla bocca, mentre
quelle iridi sicure e ferme si riempivano di nuovo liquido e le parole del
sovrano riecheggiavano nella sua mente.
Quelle parole avevano davvero il
potere di ferire in quel modo il suo cuore? Potevano privarlo così tanto delle
sue forze e portarlo a dubitare di se stesso?
Era quello il potere che Arthur
aveva sul proprio valletto?
«Ti amo.» Dichiarò con supremazia
il giovane druido, mettendo fine al fiume di pensieri dell’altro.
La labbra del valletto si
curvarono leggermente, come arrese, e Mordred
riusciva perfettamente ad avvertire la leggerezza che si era creata nel cuore
del mago.
«Mo, andiamo via.» Pronunciò il
valletto reale in una silenziosa preghiera, ricca di desiderio nell’abbandonare
quel luogo infelice.
Mordred annuì lievemente, scansandosi
debolmente e lasciandogli il passaggio libero.
Merlin gli regalò un nuovo
sorriso, uno solo ed esclusivamente suo, prendendolo per un polso e portandolo
via con sé.
Il cuore del druido fece una
capriola, urlando di gioia sconfinata, chiudendosi in quella lieve illusione;
quel gesto valeva più di ogni bacio rubato.
Ma per quanto Merlin sarebbe
riuscito a resistere al peso di quel dolore?
L’ennesima
Merdred; come sono giunta a questo?
Non
so nemmeno da quanto tempo era lì, ferma nella mia mente; saranno stati mesi ed
insieme a lei esiste una catena infinita ed io davvero, mi chiedo quando finirò
di dedicarmi a loro. Ne ho altre due pronte. Due. E io che pensavo che tutto
sarebbe finito a quel lontano luglio, quando scrissi la prima e, teoricamente,
ultima.
A-ah.
Forse ho qualche problema con i numeri o la mia mente se ne innamorata talmente
tanto che poco gli importa della razionalità.
Forse
si è intestardita ancor di più nel momento in cui è arrivata la fatidica tredicesima puntata; ah! che
agonia.
Ma,
magari, spenderò qualche parola su questo in un secondo o terzo – non ne ho
idea – momento.
Prima
o poi questi benedetti missing moments giungeranno ad una conclusione;
lo spero vivamente.
Io ringrazio ancora una volta tutti voi, e credo che
non smetterò mai di farlo, per imbarcarvi insieme a me in queste avventure
infinite, in questi sentimenti nascosti – quanti comportamenti ambigui – e in
quelle parole dette e non dette.
Ringrazio sempre la cara e dolce beta (EarthquakeMG) che mi ritrovo e che si ritrova ad ascoltare
ogni mio delirio, ogni mio dubbio e ad assistere ad ogni mia crisi isterica e
tanto, tanto altro.
Poi non dovrei, c’è quella lì (xloveJhutch),
che mi tortura su Twitter, su Facebook,
attraverso le email e che mi sta sul fiato sul collo
perché devo scrivere o pubblicare qualcosa. Te l’ho sempre detto: sei ingorda. è.é Ed in anteprima non vedrai più nulla. ù.ù Però ti ringrazio ugualmente, perché in qualche modo,
ho fatto un buon lavoro con te.
Alla prossima.
Antys