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Autore: Alkimia    11/01/2013    9 recensioni
[CONCLUSA]
***SEGUITO di "A series of unfurtunate events"***
Ognuna delle opzioni possibili è rischiosa e potrebbe danneggiare Nadia. Per non parlare dell'altra faccenda in ballo: qualcuno vuole distruggere la Terra... tanto per mantenersi nel solco della tradizione.
Nadia è in America per cercare, insieme allo S.H.I.E.L.D, un rimedio ai danni provocati dall'energia della pietra. Loki è prigioniero sul pianeta dei Chitauri ma ha ancora dei piani. Eppure, ancora una volta, troppe cose non vanno come lui sperava. Vecchi nemici tornano da un passato lontano che lui continua a rinnegare, costringendo gli Avengers a tornare in campo; episodi e sentimenti inaspettati lo porteranno a dover decidere da che parte stare. E non è detto che la decisione finale sarà quella giusta...
Genere: Azione, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Loki, Nuovo personaggio, Tony Stark/Iron Man
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'A waltz for shadows and stars'
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Capitolo sedicesimo
Just one step – part one


Per essere uno che viene da un'altra epoca, Steve Rogers non è propriamente un nostalgico, ogni tanto fa solo un po' fatica a prendere confidenza con quanto c'è di nuovo a quel mondo. Certo è che ai suoi tempi le cose erano un po' più semplici... ad esempio, negli anni Quaranta non si sarebbe mai assistito alla scena di una divinità malvagia che insegna a una ragazza a usare dell'energia magica finita per sbaglio nel suo sangue; ai suoi tempi, malgrado la guerra e tutti gli orrori che aveva portato con sé, il mondo era comunque al riparo da certe cose.
Ad ogni modo, nonostante la vaga inquietudine che serpeggia tra loro dopo la discussione avuta con Thor, quel pomeriggio nel bosco sembra procedere meglio della volta precedente. Nadia non sta urlando di dolore, non sta sanguinando e non ha ancora fatto saltare in aria niente. Sta solo facendo a gara con Loki a chi ha la risposta più acida.
«Parli in modo incomprensibile, te ne rendi conto?»
«L'unica cosa di cui mi rendo conto, ragazzina, è la tua ottusaggine»
«Beh, non sono io che vado in giro farneticando di essere un individuo superiore».
E avanti così, da più o meno mezz'ora.
Cioè, se lui non fosse lui, e se lei non fosse una specie di bomba a orologeria con il timer sballato, sarebbe quasi divertente.
«Credi sia il caso di fargli fare una pausa? Metto su l'acqua per il tè?» domanda Bruce Banner affiancandosi a lui.
Certo, più si cerca di dare a tutta quella follia una parvenza di normalità e più sembra folle. E dove diamine è finito Stark? Oh, sì, appollaiato sul tetto, come una cornacchia, pronto a fare fuoco su Loki appena ci sia una scusa buona per farlo.
Steve si massaggia distrattamente la fronte. È sempre stato un tipo misurato, uno di quelli che pensano che non ci sia nessuna verità assoluta da portarsi al collo come un gingillo, e forse per questo è sempre stato, tra tutti loro, quello meno turbato da tutta la questione sentimentale – se così si può dire – tra Nadia e Loki. Non odia il dio con la stessa rabbiosa convinzione di Stark o di Barton, non è intimamente terrorizzato quanto Banner e la Romanoff, e nemmeno legato a lui come Thor. Tutto quello che Steve ha sempre visto è un'idea vaga e imprecisa di un rapporto creatosi da sé, tanto assurdo da essere affidabile e profondo nella sua stranezza. Troppo profondo per poter essere soggetto alle manipolazioni e alle strategie altrui.
«Credo sia meglio non interrompere» dice semplicemente a Bruce.
In quello stesso momento, dall'interno della casa, squilla il telefono. Uno squillo acuto che fa quasi eco in mezzo al bosco, uno di quei bei suoni alla vecchia maniera: DRIIIN DRIIIN DRIIIN.
Panico. Chi può chiamare la casa isolata di Bruce Banner a quell'ora del pomeriggio?
Tutti si fermano, anche Nadia e Loki, e si scambiano uno sguardo perplesso o allarmato. Bruce rientra di corsa per rispondere e dopo nemmeno trenta secondi è di nuovo fuori.
«Era Fury» annuncia. «Ha detto – testuale – di portare i nostri culi alla base dello S.H.I.E.L.D. prima di subito».

Alla base dello S.H.I.E.L.D. li accoglie un Nick Fury particolarmente crucciato.
«Dei nostri agenti a Boston hanno trovato questo in un deposito fuori città» annuncia, spingendo verso di loro il monitor orientabile di un computer che mostra l'immagine di un oggetto sferico pieno di ammaccature. «Il metallo con cui è fatto è lo stesso del frammento ritrovato precedentemente. I nostri egregi ospiti stranieri hanno qualche idea?».
Thor e Loki non hanno nemmeno bisogno di scambiarsi uno sguardo, annuiscono all'unisono.
«Il Bifrost» dicono, e lo dicono contemporaneamente. Suona strano sentirli così sulla stessa lunghezza d'onda, anche se è per una mera questione pragmatica.
«Il meccanismo che azionava il Bifrost, il ponte che metteva in collegamento tra loro i Nove Regni» aggiunge Loki, sbrigativo.
«Metteva?» domanda Barton.
«Sì. Ora non esiste più, Thor mi ha fatto la cortesia di prenderlo a martellate, tempo fa».
I due dei si scambiano un'occhiata torva, ma non c'è tempo per approfondire le loro vicissitudini famigliari.
«A chi appartiene il magazzino?» chiede Natasha Romanoff.
«A un tale signor Christopher Donnet, sembra pulito ed è partito da mesi per un viaggio in Europa» risponde Fury. «È molto probabile che non ce l'abbia messo lui quell'affare lì dentro, ma per sicurezza l'ho fatto rintracciare, è a Praga, dei nostri uomini lo andranno a interrogare».
«Si va a Boston, quindi?» chiede Steve. Dentro di sé si sente persino sollevato, quasi contento, all'idea che ci sia qualcosa da fare, che si stia profilando all'orizzonte la speranza di fare un passo in avanti per vederci più chiaro in quella faccenda.
«Sì, ho disposto la vostra partenza immediata. Sul posto c'è già una squadra, c'è altra roba da visionare in quel magazzino. Banner resterà qui e lui e la dottoressa Foster analizzeranno i dati che ci verranno inviati» conclude il direttore dello S.H.I.E.L.D. nel suo consueto tono pratico.
«Quando dici la nostra partenza, Nick, intendi proprio tutti tutti?» aggiunge Stark, ancora imbottigliato nell'armatura – Dio, ma non gli diventa scomoda dopo un po'?
«Tutti quelli utili di certo» interviene Loki in tono spocchioso. «Immagino che se facessimo una gara di utilità, il vincitore non sarebbe nessuno di voi».
Steve guarda il dio dell'inganno con la coda dell'occhio. È curioso, profondamente curioso di sapere, nient'altro – almeno, nient'altro di evidente.
«Sarà meraviglioso avere occasione di buttarti giù dal finestrino del Quinjet, Bambi».

*

«Ehi, ehi! Tu dove credi di andare?» Clint le si para davanti e la guarda sollevando le sopracciglia. Un sole caldo picchia sull'ampia pista di decollo sul tetto dell'edificio. In un angolo, Thor ha richiamato il martello e sta tornando a indossare le sue vesti divine, in uno sfavillio di luce bianca e azzurra.
«Vengo con voi. Vi portate dietro il nemico pubblico numero uno, non vorrete lasciare a terra me!» protesta Nadia. È perfettamente consapevole di quanto suoni infantile e petulante il suo tono in quel momento, ma ha visto di peggio che un magazzino pieno di ferraglia aliena e se davvero ha una qualche possibilità di essere utile in quella faccenda, meglio cominciare da subito e meglio far capire ai suoi amici che ora di smetterla con questa faccenda della campana di vetro.
«E poi, se non tornate in tempo per il party, mi troverei a doverci andare da sola e sarebbe noiosissimo» aggiunge con una smorfia.
«No, senti...» Clint sta per dare inizio a uno dei suoi panegirici sulla prudenza che non è mai troppa, ma Steve arriva dietro di lui e gli posa una mano sulla spalla.
«La portiamo con noi» dichiara. Probabilmente approfittando del fatto che Tony è già in aria e non sta assistendo alla scena, quindi non può ammanettarla alla grondaia per tenerla a terra.
«Possiamo almeno deciderlo per alzata di mano?» conclude Clint con il bieco sarcasmo che tira fuori quando è interdetto.
Nadia lancia uno sguardo di gratitudine all'indirizzo di Steve. Pensa che a Tony verrà un colpo apoplettico, ma non importa, da qualche parte si deve pur cominciare, e lei è dentro a questa cosa a prescindere, che loro lo vogliano o no.
Non è mai stata su un jet, anzi prima di tutta quella storia non aveva mai nemmeno preso un aereo e quell'affare non sembra nemmeno un jet come gli altri.
Clint e Natasha si mettono ai comandi, Steve si siede dietro di loro e guarda il radar sul quale lampeggia un puntino che dovrebbe indicare Tony. Thor e Loki si siedono sui sedili laterali, l'uno di fronte all'altro, ma nemmeno si guardano in faccia.
Nadia si va a sedere accanto al dio del tuono e gli batte una mano sulla sua – che è un po' come far cozzare una pallina da ping-pong contro un pallone da basket. Thor è turbato, si sente responsabile per tutto quello che sta succedendo, perché crede davvero che sia colpa sua se la Terra è in pericolo. E perché probabilmente sta facendo la conta delle colpe dal presente andando indietro fino al brodo primordiale, quando magari aveva tirato i capelli a Loki quando erano bambini e lui si è risentito e da allora ha cominciato a covare rancore e tutto il resto.
Nadia sente quasi muovere gli ingranaggi nel cervello di Thor e riesce perfettamente a immaginare i suoi pensieri: se solo fossi riuscito a non far fuggire Loki da Asgard la prima volta... se solo lo avessi trovato prima dei Chitauri... se solo...
C'è dell'altro, la ragazza ne è sicura, ha la sensazione che il macigno che Thor si porta dentro sia appesantito da qualcosa che non ha a che fare solo con la conta delle colpe e dei ''se solo'', ma non ha il coraggio di fare domande e preferisce pensare che, se lui non le ha detto niente, ha certamente i suoi buoni motivi.
«Gliela faremo vedere» dice lei. Thor stringe un po' di più le dita attorno alle sue.
«Ma sentitela!» borbotta Clint.
«Lei cosa ci fa qui?!». La voce di Tony arriva attraverso la ricetrasmittente, come se stesse parlando dalle casse di uno stereo. Lui sente tutti loro e loro sentono lui.   
«Non distrarti, Tony, continua a volare» scherza Nadia. «Comunque... gliela farete vedere. Va meglio adesso?»
«Sì, perché tu tutto quello che vedrai da oggi in poi sarà il muro imbottito di una cella di sicurezza!».
Se non altro, si alza una risatina generale. Nadia guarda verso Loki – che ovviamente non sta partecipando al momento di ilarità collettiva – e si accorge che lui la sta fissando, forse fin da quando sono saliti a bordo.
Nella sua peculiare abitudine di assorbire informazioni e conoscenze in maniera così automatica e famelica, non ha mai smesso di studiarla.

Atterrano sul tetto dell'edificio che ospita il magazzino che devono visionare. Il portellone del jet si apre, e nel rettangolo di cielo e asfalto, Nadia vede Tony atterrare con un leggero tonfo metallico.
La guarda, cioè, gli occhi luminosi di Iron Man si puntano nella sua direzione e lei immagina perfettamente la faccia esasperata e sconvolta sotto l'elmo dell'armatura. Sorride sarcastica e spera che là sotto il viso di Tony si sia rilassato in un'espressione di complicità.
Ci siamo dentro insieme, è sempre stato così, signor Stark.
Sul tetto c'è una porta di ferro che immette direttamente sulla tromba di scale. Due uomini in giacca e cravatta compaiono oltre la soglia e fanno un rapido cenno di saluto, il loro sguardo indugia appena un attimo su Loki, ma mantengono tutti un'aria di pacato distacco.
«Sono l'agente Moore» si presenta uno dei tre, un tizio calvo sulla quarantina. «Venite di sotto a vedere cosa abbiamo trovato».
Mentre scendono le scale, l'agente Moore spiega che il fabbricato è vuoto, una volta i piani ospitavano gli uffici amministrativi di una società che è fallita un paio di anni prima. Il pian terreno appartiene a Donnet, l'uomo menzionato da Fury, che a quanto sembra è estraneo a tutta la vicenda e non sapeva che il suo magazzino, rimasto sfitto da qualche mese, era stato occupato dalla roba di qualcuno. Nadia ha un fremito di nervosismo mentre si chiede come abbiano ottenuto quelle informazioni e come facciano a ritenerle così certe. Lo S.H.I.E.L.D. non deve andare tanto per il sottile in certi frangenti e il povero Mr. Donnet si sarà rovinato la vacanza.
Il magazzino è sul retro dell'edificio, è una sorta di grande garage oltre una saracinesca di alluminio che scricchiola terribilmente quando Moore la solleva per permettere loro di entrare.
Dentro è abbastanza spazioso e odora di muffa e ruggine. Al centro c'è la sfera di metallo che sembra una specie di scultura futuristica non del tutto ultimata. Il metallo di cui è fatta è di un grigio opaco, come quello delle vecchie monete, e in alcuni punti è ammaccata e porta segni di ossidazione e bruciature.
«È quello che avete detto? Il pezzo del Bifrost?» chiede Steve a Thor e Loki.
«Ne è un'imitazione, e anche piuttosto scarsa. Non credo possa funzionare e in ogni caso, non vedo con che energia possano averlo attivato» commenta il dio del tuono, allungando una mano verso la superficie di metallo. Quando si avvicina, la sfera emette delle scintille, come se all'improvviso fosse stata percorsa da una carica elettrica. Thor fa un balzo all'indietro.
«Che accidenti era?» scatta Clint.
«Lo hai visto, Dottore?» chiede Tony, che deve essere in collegamento audiovisivo con Bruce, grazie a qualche microtelecamera impiantata da qualche parte nell'armatura.
«L'ho visto. Non promette bene» risponde la voce di Bruce, che sembra arrivare da sotto la calotta dell'elmo, come quando parla Jarvis. «Cos'è che l'ha fatta agitare?».
Loki si fa avanti, sorpassa Thor e si china sulla sfera. Con la coda dell'occhio, Nadia si accorge che gli agenti presenti sul posto hanno poggiato la mano sul calcio delle pistole che tengono sotto le giacche.
Il dio dell'inganno fa cenno al fratello di avvicinarsi di nuovo e di nuovo la sfera comincia sfrigolare.
«Sono io?» borbotta Thor.
Loki scuote la testa,
«Non tu, il Mjolnir» dichiara, incupendosi e aggrottando le sopracciglia come se stesse inseguendo un pensiero molto spiacevole.
Thor alza il martello e lo avvicina alla sfera. Dalla superficie di metallo si spandono lampi bianchi e scintille, con un ronzio che suona quasi come unghie sulla lavagna.      
«D'accordo. Tieni il tuo attrezzo da falegname lontano da quella diavoleria, Boccoli d'oro!» borbotta Stark. «Io sono vestito di metallo e non voglio finire fritto come un gambero».
Sul fondo del magazzino c'è un telo di plastica bianca infilato su un tubo sporgente a mo' di tenda. L'agente Moore lo solleva e fa loro cenno di guardare.
«Anche questo è interessante» commenta.
Moore non è il tipo d'uomo che trasmette voglia di vivere, con quelle labbra sottili perennemente crucciate e quel tono di voce monocorde e freddamente professionale.
Nadia si aspettava molto più entusiasmo e sussiego nei riguardi degli Avengers, ma forse è vero che non tutti li considerano un bene per l'umanità, o quanto meno è quello che ha appreso quando le capitava per sbaglio di ascoltare dei discorsi di corridoio durante le settimane in cui andava alla base di New York per allenarsi con Clint e Natasha, per non parlare dei dibattiti televisivi che ancora si trascinano nei talk show di seconda serata. Il mondo non è sempre pronto ad accettare lo straordinario.
A proposito di straordinario, cosa dovrebbe essere quell'affare dietro il telo?
«No, questo non posso averlo fatto» dice Thor. La nota allarmata nella sua voce squilla come una tromba e quando il suo sguardo si posa su Loki è panico puro quello che gli si legge negli occhi.
«Cos'è? Una lampada?» borbotta Clint – Clint, Occhio di Falco, che ha passato settimane chiuso in uno stanzone con un cubo di energia potente come la collera di Dio, tipo.
Dietro il telo c'è un alto piedistallo di alluminio, sopra c'è un oggetto rettangolare che sembra un contenitore di vetro dentro al quale si agita un fumo luminescente denso e bluastro.
Come se ne fosse calamitato, Loki si avvicina al piedistallo e tende una mano sopra l'oggetto. È come se la luce azzurrognola del fumo si proiettasse sulla sua pelle chiara, ma guardandolo meglio Nadia si accorge che non è la luce, che la sua mano sta diventando blu, un blu cobalto innaturale che sta risalendo anche oltre il colletto della camicia, lungo la gola e la linea della mascella.
C'è qualcosa di terribile in quella scena, negli occhi sbarrati di Loki che osservano la reazione della sua pelle alla vicinanza con l'oggetto. Nadia non riesce a sopportare quella vista, gli si avvicina e gli spinge via la mano. Nel punto in cui le sue dita hanno sfiorato il dorso della mano di Loki, la pelle di lui torna ad essere rosa e pallida, poi la macchia di rosa si allarga fino a far sparire tutto il blu.
Tutti sono ammutoliti. Gli agenti dello S.H.I.E.L.D hanno impugnato le pistole. Thor sta borbottando qualcosa riguardo al fatto che non può essere possibile – cosa? Che quell'affare si trovi lì o che Loki si tinga di blu? Nadia ha paura che si tratti della prima opzione e che invece sia normale che Loki si trasformi in una versione gigante di Grande Puffo.
Da dentro l'armatura di Iron Man arriva la voce di Bruce.
«Che sta succedendo? Non riusciamo a vedere niente se Nadia e Loki non si spostano da lì».
«Ecco, spostatevi da lì e qualcuno ci spieghi qualcosa» aggiunge Tony.
«La copia dell'ingranaggio del Bifrost è rotta, ma questo sembra funzionare» osserva Loki, con la voce ancora increspata da un'emozione indecifrabile.
«E cosa fa?» chiede Natasha.
Loki solleva l'affare dal piedistallo e lo punta verso il muro, incurante del blu che sta di nuovo coprendo la sua pelle. Un lampo di luce fumosa urta contro la parete facendo formare all'istante un'enorme crosta di ghiaccio che perfora il cartongesso e apre un buco grande come una macchina .
«Oh, è questo che fa? Granite di mattoni? Molto utile per distruggere la Terra» osserva Tony.
«Non prenderti gioco di cose che non conosci» lo ammonisce Thor. «Questa è una copia dell'arma più potente dei Giganti di Ghiaccio, loro avrebbero spazzato via questo mondo secoli fa se non fosse intervenuto mio padre».
Giganti di Ghiaccio? Quelli dal cui pianeta proviene Loki? Sì, Thor glielo aveva spiegato quella volta a Venezia, ma non le aveva mai detto che Loki si trasforma in un puffo alto un metro e ottanta. Con gli occhi rossi, perché adesso gli occhi gli sono diventati rossi come il sangue.
Nadia scuote la testa e guarda lo scrigno. Oh porca puttana!
«Si sta rompendo» dice, rendendosi conto delle crepe che hanno cominciato ad attraversare il vetro e che si spandono sulla superficie trasparente come minuscoli serpenti.
«Non è nemmeno il nostro unico problema!» esclama Clint indicando una spia rossa che lampeggia in un angolo. «Fuori di qui!».
«Stark, cosa sta...» la voce di Bruce sembra arrivare lontanissima, ed è come se stesse sfumando in dissolvenza verso il silenzio. Perché il silenzio arriva, anche se dura appena un istante e viene seguito a ruota dal boato dell'esplosione.       
Il buio odora di fumo e ha mani enormi che l'afferrano e la scaraventano in aria per poi lasciarla precipitare verso qualcosa che, lo sa, le farà molto male una volta che ci andrà a sbattere. Ma il fondo di quella caduta sembra non arrivare mai, e Nadia sente solo tutto tornare a farsi silenzioso e ancora più buio attorno a lei. Poi semplicemente, smette di sentire.

*

Lo schermo del computer si accende e loro vedono il tetto di un edificio avvicinarsi, poi sentono la voce di Stark.
«Siamo appena arrivati, mi sentite?»
«Forte e chiaro» risponde il dottor Banner.
Stanno guardando attraverso gli occhi di Iron Man. Jane pensa che sia proprio una bella sensazione quella di volare sorretto da piccoli propulsori sotto le piante delle mani e dei piedi, ma non si metterebbe a testare una delle armature volanti del signor Stark nemmeno se fosse costretta.
Il portellone del jet si apre e gli altri – quelli che per volare necessitano di altri mezzi – scendono uno ad uno.
L'inquadratura indugia qualche secondo su Nadia, la ragazza guarda Iron Man con un sorrisetto che potrebbe suscitare ilarità oppure uno scoppio di violenza, a seconda dei casi. Ma Jane dubita che Stark si infuri con lei, le vogliono tutti troppo bene, persino per infuriarsi, era chiaro dalla discussione di qualche giorno prima in cui tutti hanno dato addosso a Thor. Thor che ha tenuto nascosto qualcosa a tutti loro – lei compresa – e che si sarebbe meritato come minimo una settimana di broncio e di astinenza, ma poi lei non ce l'ha fatta... per il broncio, non per l'astinenza. Non ce l'ha fatta perché ha capito che lui si sta portando dentro un gran peso, e il fatto che abbia deciso di portarlo da solo non è un capriccio o una mancanza di fiducia, ma un sacrificio che deve costargli anche piuttosto caro, visto come ogni tanto si adombra e il suo sguardo si fa cupo e lontano.
Thor attraversa lo schermo, per una frazione di secondo lo riempie tutto con il rosso del suo mantello, poi sparisce dall'inquadratura. Arriva un tizio che si presenta come l'agente Moore e la squadra scende le scale fino al pian terreno.
«Lo avete perdonato? Thor, intendo» domanda Jane. Le piace il dottor Banner, sembra una brava persona, anzi di più, sembra una persona buona, le ricorda un po' Erik, solo decisamente più timido e potenzialmente più pericoloso.
«Nessuno ce l'ha mai avuta con lui... come si fa ad avercela con Thor? È un tenero ragazzone che parla come un principe delle fiabe!».
La scienziata ridacchia. È anche un dio che quando si arrabbia fa un po' paura, vorrebbe aggiungere, ma non crede che sia rilevante rispetto a quel discorso. Loro non temono Thor, gli vogliono bene, sicuramente.
«Anche se» aggiunge Banner, «credo che l'invito al party di Stark suoni più come un castigo che come un gesto amichevole».
Oh, giusto, il party del signor Stark. Jane ne è esaltata e intimorita allo stesso tempo, non è mai stata a quel genere di feste... il suo genere di feste è tipo quella per il conseguimento del suo dottorando in astrofisica, di tre anni prima: lei, il suo ragazzo – ex ragazzo, i suoi amici, un appartamento libero  e un numero considerevole di superalcolici.
Ok, non deve per forza pensarci in quell'esatto momento.
Nei minuti successivi, riescono a guardare dentro il magazzino. C'è quella specie di sfera di metallo, Stark fa una scansione ottica dei materiali e sembra che non ci sia granché da cavarne. Si tratta dello stesso metallo del frammento già ritrovato, ma questo si sapeva.
È frustrante. Quello non è un rompicapo in cui bisogna mettere insieme i pezzi, è un codice, scritto in una lingua che non conoscono, per il quale non hanno alcuna chiave di lettura.
L'uomo che si chiama Moore scosta una specie di tenda di plastica e mostra loro qualche altra cosa. Ma Jane e il dottor Banner non capiscono cosa sta succedendo, sentono fuori campo la voce di Thor che suona molto preoccupata, ma non riescono a vedere niente perché Loki si è piazzato tra la telecamera e l'oggetto, e dopo ci si mette anche la ragazza.
«Che sta succedendo? Non riusciamo a vedere niente se Nadia e Loki non si spostano da lì» dice Banner.
Loro non riescono a vedere, ma a quanto pare nessuno riesce comunque a capirci niente. Stark chiede spiegazioni, l'agente Romanoff domanda a cosa serva l'oggetto; per tutta risposta, Loki lo solleva e disintegra il muro. Il muro che va in frantumi a causa del ghiaccio, questo lo vedono, e si scambiano un'occhiata esterrefatta.
Poi tutto succede in meno di un minuto. Stark fa una battuta, Thor lo redarguisce e spiega che quella è un'arma dei Giganti di Ghiaccio, Nadia esclama che si sta rompendo, Barton dice che non è l'unica cosa di cui debbano preoccuparsi.
Bruce Banner deglutisce e si china sullo schermo, come se avvicinandosi all'immagine potesse essere più vicino a tutti loro, aiutarli o fare qualcosa,
«Stark, cosa sta succedendo? Non riusciamo a vedere niente» dice.
Un'esplosione. Il suono è così forte che fruscia nelle casse del computer come un'interferenza in una radio. L'immagine diventa indistinta e poi scompare.
«Dobbiamo far uscire la dottoressa dalla stanza ed evacuare l'edificio?!». È Fury, è piombato nel laboratorio di colpo. In un primo momento Jane non capisce perché lo stia chiedendo, poi si ricorda... Bruce Banner: Hulk.
Ma il dottore si lascia cadere su una sedia con lo sguardo vitreo e attonito. Non è arrabbiato, è troppo sconvolto per esserlo.
In quel magazzino c'erano i suoi unici amici e la cosa più vicina che avesse a una famiglia.
E il magazzino è appena saltato in aria.   



 


 

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Note:

Spero che la reazione di Bruce non appaia troppo fuori luogo, forse io mi sono lasciata trasportare troppo dalla mia idea degli Avengers tipo “famiglia felice” (a proposito di questo, c'è un discorsetto da parte di un certo personaggio nel prossimo capitolo). E spero che l'idea di lui che non si trasforma in un mostro verde rabbioso ma semplicemente si abbatte non sembri troppo delirevole.

Una vocina sadica nella mia testa (e certamente è Loki che parla) mi dice che era ora che qualcuno si facesse male e che non fosse solo Nadia a far esplodere le cose XD


Sto recuperando le risposte alle recensioni. Ce la posso fare. Intanto grazie a tutti voi che continuate a seguire questa storia anche ora che il fandom è meno "mainstream" di com'era quando è cominciata, grazie di cuore *W*

Per curiosità o domande sulla fanfiction, la vita, l'universo e tutto quanto: HERE

 Ci leggiamo venerdì con il prossimo capitolo ^^

   
 
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