Fanfic su artisti musicali > Conor Maynard
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Autore: Gba    11/01/2013    1 recensioni
"Sfioravo i suoi polsi e avevo paura si potesse spezzare in mille piccole schegge taglienti."
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Improvvisamente la tasca di Cielo vibrò e lo schermo del suo telefono si illuminò. Aveva ricevuto un messaggio, ma la luce brillante del sole rifletteva sullo schermo del cellulare impendendole di leggere. Dunque si mise di spalle al sole e riuscì a leggere quelle due frasi, buttate lì, nella nuvoletta azzurra del messaggio, come fossero realmente scese dal cielo: inaspettate, paradisiache.
Conor le aveva scritto, dopo circa un mese di assenza totale, “Ho bisogno di te come non mi era mai successo in vita mia, ho bisogno di vederti con urgenza. Mi manchi. Tornerò in Italia per vederti”. Nel leggere quelle parole, gli occhi color universo di Cielo si spalancarono come due grandi diamanti incastonati nella sua pelle chiara di porcellana. Non poteva crederci. Conor, che mai era stato così diretto nei messaggi, la stava pregando di vedersi. Lui aveva bisogno di Lei!
Era impossibile.
Cielo con foga digitò queste parole sul cellulare “Anche io ho bisogno di te, ma non capisco a cosa io possa servirti. Vorrei che tu fossi qui, ma sari impegnato come sempre”. INVIO
Si guardò intorno; era marzo ed era su una spiaggia deserta, era completamente sola, avrebbe potuto sfogarsi come voleva. Poteva finalmente piangere senza vergogna.
Le lacrime cominciarono a scorrere sul suo volto con violenza e velocemente, come se fossero fatte di metallo pesante. Una ad una le rigavano il viso, scolpendone i lineamenti delicati, mentre con la voce spezzata lascia sfuggire dei gemiti di rabbia, dolore, nostalgia, incredulità…
Lei non capiva perché stesse piangendo, non aveva in mente un’idea precisa. Forse quello di Conor era solo un pretesto per sfogare tutto ciò che aveva represso per mesi e mesi.
Ma continuava a non capire… perché piangeva? Lui era davvero così importante? Era davvero così infinitamente lontano da lei?
Eppure erano in contatto.
*Driiin*
Il cellulare squilla, un altro messaggio appare sullo schermo.
Cielo prende in mano l’apparecchio con le mani tremanti e legge “Lo giuro, prendo il primo aereo e vengo da te. Aspettami, dammi una settimana. Ti prego Cielo, ho bisogno delle tue labbra”.
Non capiva, non capiva perché proprio adesso. Non capiva cosa stesse succedendo.
Ma la cosa più preoccupante era che non capiva perché non si stesse fidando di Con.
“D’accordo. Mi fido, ma non fare come sempre, che mi dai buca. Ti aspetto, dammi notizie”. INVIO
Cielo scrutò l’orizzionte con gli occhi ridotti a due sfere rosso sangue, per quanto avesse pianto.
Era tardi ormai, il sole cominciava a ritirarsi e il venticello fresco di prima, ora più impetuoso, le bruciava sulla faccia. Dunque, prese le sue cose con calma, si chiuse nella sua felpa Abercrombie e tornò a casa, pronta per un’ennesima discussione con la madre… sempre se l’avrebbe trovata in casa.
Come non detto, la mamma era fuori casa. Sul frigo, attaccato con una calamita, il solito post-it giallo sbiadito lasciato dal genitore che diceva “Non so quando torno, non aspettarmi sveglia. Mangia qualcosa e vai a dormire”.
Cielo, con grande frustrazione staccò quel bigliettino aspro e lo accartocciò nella mano con quanta più rabbia avesse dentro di se, fino a tagliarsi i palmi delle mani con le unghie.
Ogni volta che succedeva qualcosa del genere, tutto ciò che le rimaneva era la rabbia. Peggio, rabbia repressa e custodita avidamente nei meandri della sua anima fragile. Le rimaneva il sapore amaro in bocca, di quelle cose che vorresti smettessero di accadere una volta per tutte, ma si ripropongono continuamente. Rimaneva solo quell’odio attaccato ai vestiti, alla pelle, alle ossa, al cuore, che poi puzza di fallimenti, di insuccessi, di urla, di bestemmie lanciate al vuoto.
Le rimaneva solo il vuoto. E Cielo del vuoto non sapeva cosa farsene.
Prese dalla credenza un panino, si riempì lo stomaco e passò la serata intera a piangere nella sua camera, come chiusa in gabbia. Pianse e pianse per ore, che quasi le sembrava stesse durando all’infinito. Ma Cielo non sapeva aspettarlo l’infinito e preferì chiudere gli occhi.
Dormì.





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Hey :) Ecco il secondo capitolo, spero vi piaccia. Fatemelo sapere con una recensione ovviamente!
With Love
Gba♥

  
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