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Autore: SusanTheGentle    12/01/2013    12 recensioni
Un amore improvviso, due cuori che si incontrano ma che non riescono mai a toccarsi davvero come vorrebbero...almeno fino all'ultimo giorno. Nessuno sa. Forse nessuno saprà mai. Solo Narnia, unica testimone di quell'unico attimo di felicità.
Caspian e Susan sono i protagonisti di questa nuova versione de "Il Viaggio del Veliero". Avventura, amore e amicizia si fondono nel meraviglioso mondo di Narnia...con un finale a sorpresa.
"Se vogliamo conoscere la verità, dobbiamo seguire la rotta senza esitazione, o non sapremo mai cos'è successo ai sette Lord e dove sono finite le Sette Spade"
Il compito affidatogli questa volta era diverso da qualsiasi altra avventura intrapresa prima. C'era un oceano davanti a loro, vasto, inesplorato; c'erano terre sconosciute alla Fine del Mondo; una maledizione di cui nessuno sapeva niente. Non era facile ammetterlo, ma era probabile che nessuno di loro sarebbe mai tornato. Stava a lui riportarli indietro.
Caspian si voltò a guardare Susan, la quale gli rimandò uno sguardo dolce e fiero, e all'improvviso capì che qualsiasi cosa fosse accaduta, finché c'era lei al suo fianco, avrebbe sempre trovato la forza per andare avanti"

STORIA IN REVISIONE
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Caspian, Susan Pevensie
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Chronicles of Queen'
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12.Nel palazzo del governatore
 
 
Guarda nel tuo cuore
E non scoprirai che non c’è niente da nascondere…

 
 
Lucy si svegliò di buon mattino, riposata e con una fame da lupi. Forse era merito dell’aria di mare, o più probabilmente era il fatto che non faceva un pasto degno di questo nome da più di un giorno.
Quando si fu lavata, pettinata e vestita, scese a far colazione nella bella sala da pranzo della casa di Bern, non troppo sfarzosa ma arredata come si deve per un uomo del suo titolo.
La tavola era in bandita di ogni leccornia possibile: brocche di succhi di frutta, latte, tè e caffè; c’erano uova, salsicce, prosciutto e focaccine; e ancora ciambelle, cialde, pane, burro e marmellate di ogni tipo, biscotti appena sfornati e panini dolci.
Lucy si sedette a tavola e mangiò un po’ di tutto, con un’espressione serena sul viso grazioso. La moglie e le figlie di Bern vennero a farle compagnia poco dopo.
Era stata la prima ad essersi alzata, ad eccezione di Ripicì, che stava già allenandosi con la spada nel giardino.
Sazia e felice, Lucy ringraziò dell’ottimo pasto. Poi chiese se fosse possibile prendere un vassoio e preparare qualcosa per la Regina Susan. Il permesso le fu subito accordato, ma la piccola insisté per essere lei stessa ad andare dalla sorella, senza scomodare servitori.
Così, con un vassoio colmo fino a straripare, Lucy si avviò di gran carriera verso la camera di Susan.
Aveva pensato anche a Caspian, che sapeva aveva dormito fuori dalla camera della ragazza per vegliarla.
Certo che era stato un gesto davvero carino da parte del Re. Dormire su una scomoda sedia dopo la terribile giornata passata in prigione e a combattere. Era davvero un gentiluomo, Susan era fortunata.
Come avrebbe voluto incontrare anche lei un uomo così, un giorno: bello, fiero, coraggioso e premuroso.
Ogni tanto si era soffermata a pensare a Caspian, ma nonostante Eustace avesse insinuato proprio il giorno prima che ne fosse invaghita, Lucy aveva affermato che non era così. Non aveva pensato mai neanche lontanamente a lui in quei termini, benché fosse molto bello e avesse mille qualità. Certo era che nessuna donna poteva guardarlo rimanendo indifferente, e questo per lei non faceva eccezione, ma Caspian era suo amico, niente di più. Una sorta di terzo fratello maggiore. Non c’era nulla tra loro se non un grande e reciproco affetto.
Svoltò finalmente l’angolo del corridoio in fondo al quale c’era la camera di Susan. Il vassoio era davvero pesante, meno male che non aveva dovuto fare le scale…
Lucy rimase un po’ perplessa quando vide che la sedia davanti alla porta era vuota. Si era preparata a dare il buongiorno a Caspian, ma evidentemente si era già alzato anche lui. Strano però che non l’avesse incrociato…
Lucy fece spallucce senza preoccuparsi troppo, e si piazzò davanti alla porta.
E adesso?Pensò, quando si rese conto di non poter nemmeno bussare.
Guardò la sedia ed ebbe un’idea. Posò il vassoio su di essa, attenta a non rovesciare nulla; abbassò la maniglia, riprese il vassoio e spinse l’uscio con la schiena, entrando nella stanza camminando all’indietro. Poi si voltò con un gran sorriso stampato in faccia.
“Susan, buongior…no”
I grandi occhi azzurri di Lucy si spalancarono per lo stupore e quasi il vassoio le cadde di mano.
Susan non era sola. Al suo fianco c’era Caspian, addormentato beatamente accanto a lei e tenendola stretta con un braccio attorno alla vita.
“Oh-oh” fece piano Lucy, diventando molto rossa.
Si guardò rapidamente attorno, entrando leggermente nel panico.
Se si fossero svegliati proprio in quel momento?
Cosa peggiore, se fosse entrato qualcuno e li avesse trovati così!
Lucy aveva la netta sensazione che a Peter non avrebbe fatto piacere.
Bè, in fondo non facevano nulla di male, si disse la ragazzina, dormivano e basta. Però, il fatto che fossero così vicini, stretti stretti, nello stesso letto, e al pensiero che probabilmente- molto probabilmente- vi fossero rimasti tutta la notte…
No, non avrebbe fatto piacere a suo fratello. Decisamente no.
“Oh, mammina bella! E adesso che faccio?”pensò Lucy mordicchiandosi il labbro inferiore. “Me ne vado? Certo che me ne vado, e faccio pure finta di niente. Io non ho visto niente!”
Lentamente, fece dietro front, cercando di non far tintinnare le stoviglie sul vassoio. La porta era rimasta aperta e Lucy la oltrepassò. Riappoggiò sulla sedia il portavivande e la richiuse lentamente, mordicchiandosi di nuovo un labbro quando cigolò sui cardini.
Sbirciò all’interno, sperando di non averli svegliati.
Certo che però erano proprio carini...
Lucy l’aveva sempre saputo che Susan e Caspian avrebbero finito con lo stare insieme. Quanto insieme, non erano fatti suoi, purché fossero felici.
Sul volto della piccola Regina si dipinse un nuovo sorriso, che si trasformò in orrore quando si voltò e si trovò davanti Edmund.
“Oh, no!” le uscì detto.
Il fratello fece subito un’espressione sospettosa.
“Che combini? Perché te ne stai lì immobile?”
“Eh? N-niente”
“Non entri?”
“Ah…no”
Edmund la fissò ben bene. Lu nascondeva qualcosa, si vedeva lontano un miglio. Primo perché continuava a far vagare gli occhi per il corridoio e non lo guardava direttamente, secondo perché si stava mordicchiando il labbro inferiore, e Lucy lo faceva sempre sia quand’era emozionata, sia quando c’era qualcosa che la rendeva nervosa e la preoccupava.
“Lu, stai bene?”
“Si, perché?”
“Sei tutta rossa in faccia. E perché sorridevi prima?”
“Perché…sono felice che sia una bella giornata!”
Lucy rise. Edmund storse il naso e inarcò un sopracciglio. Sua sorella non era mai stata brava a dire le bugie.
Gli occhi castani del ragazzo si posarono poi sul vassoio che lei portava in mano.
“Quella è la colazione di Susan o i rifornimenti per un reggimento?” chiese, avvicinandosi un po’.
“Questa? Ah, sì, è di Susan. M-ma credo sia meglio metterla in caldo e portargliela più tardi”
“Come mai? Ancora non sta bene?” chiese il fratello preoccupato.
“Oh, no, sta benone, direi”
“Ah, meno male. Allora dai, entriamo!”
Edmund la sorpassò e fece per mettere mano alla maniglia.
Lucy gridò forte: “NO!”.
Il ragazzo trasalì e si voltò a guardarla sempre più confuso.
“Voglio dire… non adesso. Che fretta c’è, è così presto. Magari ha ancora bisogno di dormire un po’ ”
“Ma hai appena detto che sta bene!”
“Sì, ma sono io la guaritrice, e se dico che deve ancora riposare, deve ancora riposare!” fece Lucy con voce autoritaria.
Edmund non ci capiva un bel niente. Cosa diamine passava per la testolina matta di sua sorella?
“Lu, che diavolo stai blaterando? Cosa sono tutti questi misteri? Perché non posso vedere Susan? E dove diavolo si è cacciato Caspian, ora che ci penso?”
La ragazzina deglutì un paio di volte. E adesso cosa s’inventava?
“Caspian è…in giardino. E sai che ti dico? Che ci andiamo anche noi” tagliò corto la Regina, posando senza troppi complimenti il pesante vassoio nelle braccia del fratello. Così almeno non avrebbe potuto aprire la porta.
“Mi vuoi dire che ti salta in mente?” fece lui seccato.
“Ma niente! Uffa, quante domande!”.
Lucy gli mise le mani sulla schiena e cominciò a sospingerlo verso le cucine.
“Perché mi stai portando di là, io voglio andare a vedere come sta Susan!”
“Dopo. Prima devi assolutamente aiutarmi a fare una cosa”
“Cioè?”
“Ehm…” Lucy pensò in fretta. “A raccogliere un bel po’ di fiori da portare alla nostra cara sorellina assieme alla colazione!”
“E va bene” sospirò Edmund alla fine. “Potevi dirlo subito”
“Scampata!” sospirò Lucy.
Ma si sbagliava. Edmund era più sospettoso di prima.
 
 
L’aria fresca del mattino portava con sé i profumi dei fiori che crescevano vicino alla casa di Bern.
L’estate volgeva al termine a Narnia, ma su Doorn era ancora tutto verde e rigoglioso come in Giugno.
La prima cosa che Caspian vide quando aprì gli occhi fu il viso di Susan, a pochi centimetri dal suo.
Nessuna ferita era più presente sulle guance, tornate lisce e rosee, non più pallide per la stanchezza.
Il Re si mosse piano. Fece leva su un gomito e appoggiò la testa a una mano, contemplandola come un tesoro prezioso, avvolta dalle lenzuola e dalla camicia da notte candida.
Senza rendersene conto, un sorriso sereno si disegnò sul suo volto ancora un poco assonnato.
Se avesse potuto svegliarsi così tutte le mattine…
La rimirò, chiedendosi come aveva fatto a restare con lei senza toccarla. Ma la paura di farla star male e di rivangare in lei ricordi dolorosi ancora troppo freschi, era stata più forte del desiderio. Susan aveva vissuto un’esperienza terribile, e non voleva che per colpa sua potesse riviverla di nuovo.
Caspian sarebbe rimasto ad osservarla per ore. Non voleva alzarsi, non ancora. Voleva assaporare quel momento ancora un poco prima di tornare alla realtà e affrontare i doveri di quel giorno.
C’erano un sacco di cose da fare: prima recarsi dal governatore, poi occuparsi di liberare tutti gli innocenti nella prigione di Portostretto, chiarire la faccenda dei sacrifici alla nebbia verde e scoprire che cos’era in realtà; ed ultimo, ma non meno importante, lo smantellamento del Tempio di Tash.
La osservò ancora dormire, cominciando a giocherellare con i suoi capelli, accarezzandole il capo, poi giù fino alla spalla. Continuò a ripetere questo gesto finché Susan non si destò.
“Buongiorno”
“Ciao” lo salutò lei con voce ancora assonnata.
Si guardarono a lungo. Caspian, che aveva continuato ad accarezzarla, si ridistese accanto a lei, prendendole una mano e intrecciando le dita alle sue.
“Hai riposato bene?”
Susan annuì con un sorriso. “Grazie per essere rimasto con me”
“Starò sempre con te”
Lei si strinse al suo petto, poggiando il viso nell’incavo del suo collo, al caldo, sospirando.
“Cosa c’è?” chiese il giovane, accarezzandole la schiena con la mano libera.
“Niente. Sto bene” rispose Susan sussurrandogli sul collo.
In realtà, il lato più razionale di lei stava pian piano risalendo in superficie, cominciando a farle affiorare alla mente pensieri spiacevoli.
Per quanto tempo sarebbe durata? Quanto tempo avrebbero avuto per essere felici? Perché il destino le aveva fatto incontrare l’amore per poi strapparglielo ogni volta dalle mani? Se non poteva stargli vicino come avrebbe voluto, che senso aveva essere tornata?
Sono qui per restare. Non me ne andrò stavolta,  pensò risoluta.
Non avrebbe commesso lo stesso errore due volte. Avrebbe lottato con tutte le sue forze. Lottato per lui.
“Susan” la chiamò il Re, dopo quell’attimo di silenziosa tenerezza in cui erano rimasti.
“Si?”
“Ieri sera, prima di addormentarmi, ho riflettuto a lungo su una cosa”
La ragazza si tirò indietro per guardarlo, capendo dal tono di voce di Caspian che era qualcosa d’importante.
“Dimmi”
“Ecco, riguardo a noi…”
“Susan?” fece all’improvviso una voce fuori dalla porta.
Edmund!
“Ed! Ti ho detto che prima devi bussare!”
Lucy!
Susan e Caspian si fissarono negli occhi e pensarono la stessa cosa: se c’era anche Peter era la fine!
Eustace, in quel caso, era forse l’unico che si sarebbe fatto i fatti suoi, brontolando per qualcosa e dicendo che non gli interessava. Ma Peter…
I due ragazzi si alzarono di scatto a sedere sul letto, comprendendo di aver dormito più del dovuto e di aver commesso forse un grosso errore. Il fatto era che la sera prima erano stati così felici di ritrovarsi, di sapere che l’uno amava ancora l’altro come il primo giorno, che non avevano nemmeno pensato all’eventualità di poter scatenare una situazione alquanto imbarazzante facendosi trovare insieme nella stessa stanza.
Per loro due era stato fin troppo naturale dormire così. Per gli altri, invece…
Lucy era un conto, ma Edmund…come avrebbe reagito? Tra lui e Caspian c’era una profonda amicizia, e forse non avrebbe avuto nulla da ridire, dopotutto. Non era come con Peter, tuttavia…
 “Sue, mi apri?”
“Un istante Ed!”
“No…” fece Caspian in un sibilo appena udibile, ma troppo tardi. “Non avresti dovuto rispondere. Adesso devi farlo entrare per forza”
“Ma non posso!”
“Lo so”
La Regina fece lavorare in fretta la mente. Come risolvere quell’impiccio?
“Sue, posso entrare?” insisté la voce di Edmund fuori dalla porta.
“Ah, io…temo di no”
“Smettila di essere così insistente” udirono Lucy. “Te l’avevo detto che dovevamo aspettare che uscisse lei”
Edmund non era impiccione quanto Eustace, ma per certi versi gli somigliava davvero tanto.
Voleva venire a capo di quel mistero tra le due sorelle. Cosa nascondevano?
“Perché non puoi aprirmi, Sue?”
“Perché…” balbettò Susan incerta. “N-non sono vestita”
Caspian soffocò una risata, ributtandosi all' indietro sul letto e affondando il viso nel cuscino.
“Sssshhhttt!!!” fece Susan, dandogli una botta sul braccio.
“E che problema c’è, scusa?” riprese Edmund in tutta calma. “Sei mia sorella, mica mi scandalizzo”
Accidenti a te Ed!
“Aspetta, per favore”
“Ok…” fece il fratello con un tono annoiato.
Susan si accorse che Caspian la osservava divertito. Afferrò il cuscino e glielo gettò addosso.
“Non c’è niente da ridere!” sibilò.
“Scusa, ma perché ti preoccupi tanto?”
“Suuusaaaan?” cantilenò Edmund. “Ci sei?”
“Ho detto un secondo!”
La giovane girò rapida la testa verso la porta e poi ancora verso il Re di Narnia.
“Caspian, devi nasconderti” disse infine.
Caspian spalancò gli occhi incredulo. “Cosa? E dove?”
“Non so…”
“E’ ridicolo” protestò il Re, mezzo divertito e mezzo offeso. “Non sono il tuo amante, Susan, sono il tuo fidanzato”
Lei si fermò di colpo nell’atto di uscire dalle coperte e alzarsi, lui fece lo stesso.
Si scambiarono uno sguardo carico di emozione.
Mai prima d’ora, nonostante la reciproca confessione d’amore, avevano pronunciato parole così impegnative.
“Non c’è niente da nascondere” disse Caspian.
“Lo so, però non voglio che tu abbia problemi anche con Edmund. Peter basta e avanza” Susan lo guardò mortificata. “Ho paura della reazione che potrebbe avere. Insomma, non sei tu è…la situazione”.
Caspian sorrise e capì ciò che intendeva. Si preoccupava per lui, perché Susan era buona e non voleva creare la minima tensione o litigi tra le persone a cui voleva bene.
“Credi sia sconveniente dormire insieme perché non siamo…non abbiamo legami particolari?”
Lei annuì senza guardarlo.
“E’ per il giudizio degli altri?”
“Non più di tanto”
“E allora cosa?”
Lei arrossì un poco. “Bè, non ti sembra…insomma, che si possa pensare che io sia una donna di facili costumi?”
Caspian si rilassò, capendo cos’era che la impensieriva tanto. Rise, forse un po’ troppo forte.
Toccò a Susan offendersi e assestargli un altro bel colpo sul braccio.
“Ma chi c’è lì con te?” chiese la voce di Edmund. “Peter?”
“Sono io, Ed” disse il Re di Narnia segnalando la sua presenza.
Si avviò verso la porta e aprì con un sorriso.
Edmund e Lucy lo fissarono. Lui ammutolì, lei sembrava preoccupata. Entrambi reggevano in mano un enorme mazzo di fiori e per fortuna erano soli.
Edmund allungò il collo per guardare alle spalle dell’amico, scorgendo la sorella maggiore poco dietro quest’ultimo.
Susan salutò il fratello con un gesto timido della mano, per poi avvicinarsi all’ingresso e mettersi al fianco del giovane.
Perché erano nella stessa stanza? Caspian non doveva essere in giardino? Sì, doveva, ma lui e Lucy c’erano appena stati e del Re nessuna traccia…bè, per forza, era in camera di Susan!
Ma perché era lì? Forse per vedere come stava lei…Sì, più che logico, era preoccupato come tutti loro, e poi a Caspian sua sorella non era del tutto indifferente.
Un momento però: se le cose stavano così, perché Lucy aveva insistito tanto per allontanarsi dalla stanza? Perché raccontare una bugia su dove Caspian effettivamente si trovava? Cosa c’era di male se era passato a vedere come stava?
E soprattutto, perché Susan non gli aveva aperto subito? Aveva detto che non poteva perché…non era vestita!!!
Oddio!
No, non poteva essere…
“Ciao” salutò Susan.
“Cia…” balbettò Ed, guardando da lei a Caspian a Lucy.
Quest’ultima allungò i suoi fiori verso la sorella e poi l’abbracciò.
 “Volevamo portarveli, cioè, portarteli con la colazione.” si corresse subito la piccola, vedendo lo sguardo di Edmund scattare verso di lei. “Vedo che siete- sei- già in piedi, quindi…”
La ragazzina, notando che il fratello se ne stava lì imbambolato, prese l'altro mazzo dalle sue mani e mise anche quello tra le braccia della sorella. “Sono un po’ tanti”
“Non importa, mi piacciono molto. Grazie”
Caspian si rivolse a Edmund, che sembrava una statua di sale.
“Senti, posso spiegarti…”
“No, no” Edmund scosse il capo.
Dopo lo stordimento iniziale aveva capito: ecco cosa c’era che non andava! Caspian e Susan! Li aveva beccati sul fatto!
Da lei non se lo sarebbe mai aspettato, però. Magari da Caspian sì, perché si sa come sono i maschi in certe situazioni.
Effettivamente, pensandoci e collegando le cose, ora capiva perché Lucy era così strana quella mattina. Lucy era complice. Lucy sapeva.
Ma certo, ecco perché aveva le guance rosse, e tutti i misteri sull’entrare o non entrare da Susan, la storia del mazzo di fiori… ecco a cosa era servita tutta quella messa in scena: a coprire il misfatto di quei due!
Caspian aveva compromesso sua sorella!
“Fa niente. Non voglio saperlo. Io…vado”
Edmund, tutto rigido, con un’espressione terrorizzata, voltò le spalle velocemente, e quasi correndo arrivò in fondo al corridoio. Una volta lì si rivoltò un momento, fece per dire qualcosa, alzò una mano, poi scosse il capo ripensandoci e sparì dietro l’angolo.
Caspian rise di nuovo, questa volta di gusto.  La reazione di Edmund era stata davvero comica, e Lucy e Susan si unirono alla risata.
“Bè, direi che l’ha presa piuttosto bene” commentò Lucy divertita. “Susan, vuoi che ti do una mano a vestirti o fai da sola?” chiese poi.
“No, grazie Lu, mi arrangio”
Lucy annuì e la abbracciò.
“Sono così contenta che tu sia qui!”
Poco dopo, lei e Caspian lasciarono la stanza di Susan.
“Quando lo saprà Peter…” sospirò Lucy, mentre si avviavano alla sala da pranzo “Gli verrà di sicuro una paralisi”
“O mi ucciderà direttamente” la corresse Caspian.
Si scambiarono un’occhiata, poi Lucy lo rimproverò.
“Però anche tu! Dormire con lei! Va bene tutto, ma un po’ di decenza!”
 
 
Quella mattina, Peter si era svegliato prima di tutti gli altri. Si era affacciato alla finestra e aveva ammirato per un poco il paesaggio e i campi ben curati in cui i primi contadini si mettevano al lavoro.
Era uscito subito dopo aver mangiato, diretto alla locanda in cui il vecchio Rolf, Kal e gli altri abitanti delle Sette Isole avevano preso stanza per la notte.
L’oste, neanche a dirlo, era rimasto basito quando si era visto entrare il Re Supremo di Narnia in carne e ossa. C’era voluto il fragore di tre o quattro bicchieri, che gli erano scivolati di mano infrangendosi a terra, per destarlo dall’immensa sorpresa.
Kal si era riunito finalmente alla moglie e alla figlia, che altre non erano se non la bambina e la donna che avevano riconosciuto Susan quale Regina di Narnia.
Seduti attorno a un tavolo nella sala comune della locanda, parlarono a lungo.
Spesso, Kal si dimenticava la forma adeguata, chiamando affettuosamente Peter ‘ragazzo’ invece di ‘signore’ o ‘maestà’, ma il giovane lasciò correre. In fondo, come ben sapeva, le Sette Isole non erano mai state legate a Narnia.
“Adesso che farete?”
“Torneremo al nostro villaggio. Ricostruiremo le nostre case che Rabadash ha fatto bruciare e riprenderemo la nostra vita. Ne abbiamo ancora una, grazie a voi”
“Quando partirete?”
“Le nostre donne sono ancora molto provate, passeremo ancora l’intera giornata qui su Doorn”
“Allora ti chiedo di venire con me, Re Edmund e Re Caspian al palazzo del governatore”
Kal aggrottò la fronte. “Perché volete anche me?”
“Perché ci serve un testimone per incriminare il governatore. Quello che ha fatto alla sua gente non può rimanere impunito”
Kal si alzò da tavola e si erse in tutta la sua enorme figura. “Sarà un onore servire la corona di Narnia”
“Ti ringrazio” sorrise Peter.
Si avviarono allora verso la casa di Bern, dove Peter trovò i compagni già tutti svegli, compresa Susan.
Il Re Supremo allargò le braccia e lei vi si gettò ridendo. Il fratello la scostò da sé per osservarla. Era completamente ristabilita, avvolta in un semplice abito verde bosco, con maniche lunghe leggermente a campana, aperte all’altezza dei gomiti.
“Sei raggiante, Susan” le disse Peter sorridendo.
“Lo sono. Sono felice.”
Il cuore del giovane si allargò nel vedere i suoi occhi chiari, luminosi e pieni di vita come non li vedeva da tanto tempo. Susan, la sua adorata sorella, era tornata ad essere la ragazza spensierata della loro infanzia, non più la giovane cinica e triste quale stava diventando.
Non poté provare una punta di gelosia fraterna nel pensare che il merito dell’umore di Susan era da attribuire in gran parte a Caspian.
“E’ fantastico” disse Edmund, guardandoli tutti uno alla volta. “Siamo di nuovo tutti insieme. Tutti e cinque...Bè, sei” si corresse subito.
“Grazie per avermi ammesso nella cerchia di matti, cugino” borbottò Eustace incrociando le braccia e mettendo su il broncio.
“Oh, Eustace, non vorrai ricominciare a fare il guastafeste!” esclamò Lucy.
“Vi ricordo che io non ci sono mai voluto venire qui! E vi avverto che appena tornati nella civiltà contatterò il console britannico e vi farò arrestare per rapimento!”.
“Rapimento?” fece Caspian con un sorriso divertito. “Credevo di averi salvato la vita”
“Mi avete trattenuto contro la mia volontà, altroché!”
“Bene, allora buttiamolo a mare!” esclamò Edmund sfregandosi le mani. “Rip, mi aiuti?”
“Con molto piacere!”
“Insomma!” li sgridò Lucy, dando una botta alla spalla di Edmund.
I ragazzi continuarono a ridere e scherzare ancora per un po’. Kal si unì volentieri a loro, trovando la compagnia di Eustace molto divertente, finché Caspian, Peter e Edmund non decisero che era ora di venire alle questioni importanti. Con Kal, Drinian, Ripicì, Bern e un altro paio di marinai del Veliero dell’Alba, lasciarono le ragazze e Eustace con la moglie e le figlie del Lord, diretti al palazzo del governatore.
 
Gumpas era un uomo puntiglioso, amante della tranquillità e abitudinario come pochi, ligio alle regole, molte delle quali lui stesso aveva fissato in qualità di capo delle Isole Solitarie.
Era governatore da quasi venticinque anni: un uomo di mezz’età, con capelli e barba neri leggermente brizzolati, nel cui viso era ben evidente il miscuglio delle razze del nord e del sud. Come la maggior parte degli abitanti delle Isole, d’altronde.
Non era un uomo malvagio, ma non si interessava del suo popolo.
Quella mattina, era intento a scrivere un’urgente lettera al grande Tisroc, riguardo un problema inerente ai lavori del Tempio di Tash: non si poteva continuare lo scavo del Tempio senza schiavi, i quali erano stati quasi tutti liberati proprio il giorno prima da alcuni strani individui che- si diceva- arrivassero da Narnia.
Parlò all’Imperatore del proclama inviatogli da Caspian X- o colui che si firmava con quel nome- che gli intimava di cessare immediatamente i lavori e lasciare l’incarico di governante il giorno stesso.
E se vostra grazia è così misericordiosa da inviarmi dei rinforzi per sopperire all’invasione di questi intrusi, vi sarò eternamente grato…Sì, così va bene”
Rilesse di nuovo il finale della lettera un paio di volte, soffiò sull’inchiostro ancora fresco e fece per metterla in una busta, quando un baccano infernale provenne dall’esterno del suo ufficio.
“Per tutti i vascelli! Guardie! Guardie!”
Due uomini entrarono nella camera tutti trafelati. “Perdonateci, Vostra Sufficienza”
“Cosa diavolo è tutto questo baccano? Sapete bene che ho bisogno di concentrazione e assoluto silenzio, quando lavoro!”
“Signore, il Tempio…stanno smantellando il Tempio”
“Cosa? Ma questo è inaudito!” tuonò Gumpas balzando in piedi.
“Non è tutto, veramente”
“Parlate, allora”
“Ecco, vedete, qua fuori ci sarebbero dei signori molto influenti che vorrebbero parlare a Vostra Sufficienza”.
Gumpas balbettò qualcosa, poi si lasciò cadere di nuovo sulla sedia, cominciando a tremare.
“Non sono pirati di Terebinthia, vero? Gli devo ancora un sacco di soldi…”
“No, no, sono di Narnia”
“Ancora con questa storia!” sbraitò Gumpas, convinto che tutta quella storia dei Re di Narnia fosse un brutto scherzo del popolo che si era rivoltato, e che ora voleva spaventarlo inventandosi che il sovrano di Narnia fosse giunto fin lì sulle Solitarie dopo più di mille anni.
Le povere guardie attesero un ordine del governatore, il quale ci pensò sopra un po’. Si alzò, si risedette, si alzò di nuovo.
“No, no, non si può proprio fare. Anche ammesso che siano davvero loro, non mi è possibile riceverli. Ditegli di tornare domani”.
“E per il Tempio?”
“Cento frustate a chiunque stia cercando di fermare il lavoro. Andate, svelti!”
Le guardie si scambiarono un’occhiata poco convinta e lasciarono la stanza.
Gumpas si rimise al lavoro con le scartoffie.
Ci mancava solo di ricevere così su due piedi quegli impostori travestiti da abitanti di Narnia!
Ma se fossero stati davvero loro?
Che cosa avrebbero detto Rabadash e Tisroc? Avrebbero pensato di sicuro a un complotto contro di loro se li avesse ricevuti. Persino i muri sapevano che i due popoli erano rivali da tempo immemorabile.
Non erano passati neanche due minuti, che il trambusto fuori dalla porta ricominciò.
Gumpas cercò di non farci troppo caso e continuò imperterrito a scribacchiare sui suoi registri.
Le porte si aprirono all’improvviso. Il governatore allora alzò la testa, e fissò con curiosità i nuovi venuti, non senza un’aggiunta di nervosismo.
Era un gruppo di gente assai strana e si capiva subito che non erano del posto.
In testa a tutti stavano tre ragazzi poco meno che ventenni; subito dietro di loro c’era un uomo calvo dalla pelle abbronzata, un altro con capelli e barba grigi che a Gumpas parve di conoscere; c’erano poi un omone enorme tutto muscoli e un altro paio in abiti da marinaio.
Ma ciò che convinse Gumpas della loro provenienza narniana, fu soprattutto il topo alto quasi mezzo metro, con una piuma scarlatta all’orecchio e la spada al fianco.
“Siete voi Gumpas, governatore delle Isole Solitarie?” chiese uno dei tre ragazzi, quello che stava nel mezzo, con i capelli scuri sulle spalle.
“Non si riceve senza appuntamento, tranne che dalle nove alle dieci la seconda domenica del mese”.
Il ragazzo fece un cenno con la testa e si tirò in disparte seguito dagli altri due più giovani. L’uomo calvo e quello muscoloso avanzarono verso Gumpas, afferrarono la scrivania, la capovolsero e la scaraventarono in fondo alla stanza, facendo volare in aria carte di ogni genere, calamai, penne e libri.
“Per tutti i vascelli!” tuonò il governatore, mentre veniva tratto in piedi sempre dagli stessi uomini, che con mano ferma ma senza esser troppo bruschi, lo deposero sul pavimento davanti al ragazzo che aveva parlato.
“C-cosa desiderano?” chiese l’uomo con una strana voce tremolante.
“Avreste dovuto accoglierci come si addice al nostro rango, signore”.
“Io non sono stato avvertito del vostro…cioè, mi hanno detto che c’erano dei signori fuori che volevano…eravate voi?”
“Esatto, butto ammasso di…”
“Ripicì…”
“Perdonate, Re Caspian” fece il topo schiarendosi la gola.
“Ah, s-sì, ora ricordo” fece Gumpas. “Ieri mi è arrivata una pergamena che parlava di voi. Ma non credevo che foste veramente…Devo averla qui da qualche parte…”
Fece per alzarsi, ma Kal e Drinian lo sospinsero per le spalle costringendolo a rimanere dov’era.
“Signore” enunciò Ripicì, “inchinatevi, perché avete davanti a voi non uno, ma tre Re di Narnia. Re Edmund, il Giusto; Re Peter, il Magnifico; e il nuovo sovrano, Re Caspian X, il Liberatore, Signore di Cair Paravel e Imperatore delle Isole Solitarie!”
Gumpas balbettò di nuovo e poi sorrise. “B-bè, m-ma le Isole non hanno più avuto Imperatori da mille anni o più”.
“Quindi siete voi che comandate?” domandò Caspian.
“S-sì”
“E siete voi che mandate avanti la barbara e irriprovevole tratta degli schiavi?”
“Una cosa inevitabile, sire”
“E sempre voi avete permesso di costruire tale scempio nelle Nostre terre?” Caspian indicò in direzione della finestra, dalla quale si vedevano le guglie del Tempio di Tash. “Queste terre appartengono ad Aslan, il Leone in persona le ha create, e non il malvagio essere che è Tash!”
“B-bè, non sono stato io a dare l’ordine, in realtà non me e importa nulla che il Tempio si faccia o no, anche se ci ho investito un bel po’. Ma non sono più tanto convinto che sia stato denaro speso bene”
“Il denaro di cui parlate proviene dalla povera gente che mandate in pasto alla nebbia verde ogni mese!” intervenne Edmund.
“Anche questo si è rivelato inevitabile, sire. La nebbia è arrivata da quando abbiamo cominciato a costruire il Tempio. Dicevano che Tash chiede sempre dei sacrifici per testare la fedeltà dei suoi sudditi. E poi, la tratta degli schiavi ci serve per incrementare le entrate. E’ parte integrante dello sviluppo economico”
“Cane!” scoppiò Kal. “Non hai risparmiato neanche le donne e i bambini!”
“Calma, amico mio” lo redarguì Peter, rivolgendosi poi a Gumpas.
“A che cosa vi servono gli schiavi?”
“Li esportiamo. La maggior parte a Calormen ma anche ad altri mercati. Servono per molti tipi di lavori diversi, come al Tempio, ad esempio”
“Lavori che potreste dare ai cittadini pagandoli con un salario mensile e onesto” continuò il Re Supremo. “Ragion per cui, non c’è alcun bisogno di schiavi”.
“Non abbiamo abbastanza denaro per pagare tutti i lavoratori. Non capite, abbiamo gravi problemi economici che…”
“Non vi angustierebbero se avreste continuato a seguire le leggi di Narnia, invece che vendervi al popolo del sud” concluse Caspian. “Signore, non accampate scuse: voi avete deliberatamente concesso a uomini di vendere e comprare altri uomini, e la cosa più terrificante è che avete continuato ad incoraggiare questa tratta per anni e anni, arrivando addirittura a sacrificarli in nome di un dio che non è colui che vi ha creato”
“Che altro potevo fare?”
“Prendervi cura della vostra gente, ascoltare i loro bisogni, innanzitutto”
Gumpas guardò Caspian, e si sentì pieno di vergogna davanti a un ragazzo così giovane eppure così saggio.
“Ma voi che avreste fatto al mio posto, Maestà? Il progresso è essenziale per ogni regno, siete d’accordo?”
“A Narnia quel tempo di evoluzione si ricorda come il regno tirannico di Miraz l’Usurpatore, e dei miei antenati prima di me. E’ stato a causa loro se le relazioni tra Narnia e le Isole sono cessate completamente, ma ora è tempo di ricominciare. Il commercio degli schiavi finisce qui”
“Non mi prendo alcuna responsabilità di questo, Sire, sappiatelo! Non avrete da me il minimo appoggio”
“Meglio così, perché in questo caso posso destituirvi dal vostro incarico”.
“Non potete!”
“L’ho appena fatto”
“Ma…ma…” sputacchiò Gumpas in preda al panico più totale. “Il principe non sarà contento” mormorò tra sé e sé, stropicciandosi le mani nervoso.
“Quale principe?” chiese Caspian.
Come con risposta, le porte dell’ufficio del governatore si spalancarono.
Preceduto e seguito da una decina di soldati in tuniche bianche e rosse con scimitarre al fianco, un giovane uomo dalla pelle olivastra, abito scuro e barba e capelli neri come l’inchiostro, fece il suo ingresso con passo sicuro e deciso.
“Gumpas, cosa diavolo state combinando?”
“Principe Rabadash!” esclamò il governatore sempre accucciato a terra, facendo un inchino impacciato al nuovo venuto.
“Rabadash di Calormen” mormorò Peter, fissando l’uomo che si era fermato davanti al gruppo di Narnia e che ora li fissava a sua volta con astio e sorpresa. Quanto aveva sentito parlare di lui…
“Siete voi il responsabile di ciò che è accaduto qui!” lo accusò subito Edmund.
Rabadash lo squadrò con disprezzo da capo a piedi.
“Abbassa i toni, ragazzino, stai parlando a un principe”.
“E tu stai parlando a un Re” intervenne Caspian, fissando Rabadash a sua volta.
“Narnia” disse quest’ultimo, con un accenno di risata. “Sì, avevo sentito che eravate qui. Siete venuti per fare gli eroi, come al solito?” sghignazzò il principe.
“Siamo venuti a riprenderci ciò che era nostro”.
Caspian e Rabadash si trovarono per la prima volta faccia a faccia.
Avevano solo qualche anno di differenza, ma Rabadash sembrava molto più adulto. Alto e robusto, i lineamenti forti e duri, gli occhi penetranti costantemente attenti a scrutare intorno a sé.
Negli occhi di Caspian invece c’era una luce di bontà e onore che non sfiorava neppure quelli dell’altro. Il suo buon cuore, il viso dolce dal bel sorriso smagliante, il fisico asciutto, erano tracce evidenti del differente stile di vita a cui era abituato nelle terre del nord.
I calormeniani erano una popolazione irruenta e bellicosa; i narniani erano pacifici e amichevoli.
I due continuarono a fissarsi con insistenza, e giunsero a un comune pensiero dopo aver studiato attentamente l’avversario: non si piacevano. Per niente.
Il principe del sud non conosceva i sentimenti di Caspian per la Regina Dolce, ma in quanto al giovane Re, provò un forte desiderio di colpirlo quando rammentò che Susan sarebbe dovuta finire tra le grinfie di quell’individuo. O almeno, questo era quello che aveva detto Pug giù nelle prigioni.
“Governatore Gumpas” enunciò Peter poco dopo, ponendo fine al silenzio. “Siete consapevole che avendo fatto un giuramento al regno di Calormen e a Tash, siete accusato di alto tradimento verso la corona di Narnia e verso il Grande Leone Aslan?”
Gumpas guardò dal giovane biondo al principe del sud, senza proferir parola.
Rabadash prese in mano la situazione.
“Voi siete il naufrago che ho soccorso l’altro giorno”
Peter annuì appena.
“A quanto pare mi ero sbagliato su Pug. Diceva la verità riguardo ai vecchi re e regine della leggenda. Vostra sorella dov’è? Mi piaceva molto”
Caspian scattò in avanti, ma Edmund e Bern riuscirono a bloccarlo in tempo prima che potesse commettere qualche sciocchezza.
Rabadash non vi badò e continuò a parlare con Peter.
“Non credo che abbiate il diritto di informarvi sulla salute della Regina Susan” ribatté quest’ultimo.
“Altezza, vi prego in nome mio, dei miei fratelli e di Re Caspian, di lasciare immediatamente le Isole Solitarie e di ordinare che i lavori al Tempio di Tash cessino seduta stante”
Rabadash fece un’espressione incredula e poi scoppiò in una risata divertita.
“Non credo di poterlo fare, Maestà, dal momento che sono io, ora, a occuparmi delle Isole”
“Le Isole Solitarie appartengono a noi” si interpose Edmund.
Rabadash storse le labbra. “Ho sempre trovato strana questa usanza di avere più di un sovrano nelle vostre terre. Non c’è un po’ troppa confusione su chi dovrebbe dare gli ordini? Perdonatemi, altezze, ma non riesco più a capire a chi devo rivolgermi. A voi, Edmund, a vostro fratello che è Re Supremo o al nuovo Re, Caspian X?”
I tre ragazzi si scambiarono uno sguardo, improvvisamente sentendosi un poco a disagio, il che fece non poco felice il principe del sud.
“E’ con Caspian che dovete parlare” dichiarò infine Edmund. “Lui è il legittimo sovrano”.
“No, Ed. Tu e Peter avete gli stessi diritti che ho io”
Si volse poi verso Rabadash con sguardo e voce calmi e tranquilli.
“Altezza, potete rivolgere le vostre domande a tutti e tre. Ciò che uno dirà sarà pienamente appoggiato dagli altri due, come fossimo un’unica autorità, poiché siamo al servizio della stessa terra e della stessa Grande Creatura che l’ha creata”
I due Pevensie rimasero colpiti dall’affermazione di Caspian, il quale- sapevano con certezza- non aveva parlato di loro in quei termini per mettere a tacere le insinuazioni di Rabadash, ma perché li considerava come fratelli e nessuno di loro era inferiore all’altro.
“Tre re alla pari prima o poi finiranno col litigare” insinuò Rabadash avvicinandosi di un passo. “Quante volte si sono visti famigliari e amici carissimi litigare per il trono?”.
Rise piano, poi scosse il capo. “Ma va bene, rispetto le vostre usanze…Dunque, che stavamo dicendo? Ah sì, le Isole Solitarie…Ebbene, perdonatemi Vostre Maestà, ma venire a rivendicare queste terre dopo più di mille anni è alquanto ridicolo”
“Sono accadute cose al di fuori del nostro controllo”
“Sì, conosco la storia. Purtroppo però, devo informarvi che quando i Re dell’Età d’Oro lasciarono il regno- qualunque fosse il motivo- è come se avessero abdicato al trono. Di conseguenza, tutti i domini sono passati a Telmar, e le Isole a noi di Calormen”
“E’ vero?” chiese Edmund voltandosi rapido verso Caspian.
“Purtroppo sì”
Il giovane sovrano fece un sospiro dolente. Lasciava l’amaro in bocca dover dar ragione a quell’uomo.
Rabadash batté le mani soddisfatto.
“Bene! Direi che la questione è risolta allora. Gumpas, voi riprenderete il vostro posto come…”
“Tuttavia” fece Caspian alzando il tono di voce. “Il vostro insediamento qui non è né più né meno di un’invasione, altezza. Ditemi, da quando in qua un regnante viene fatto salire al potere senza il riconoscimento della sua gente e l’approvazione piena di Aslan?”
A quel nome, Rabadash, i suoi soldati e Gumpas, si ritrassero come fossero stati schiaffeggiati.
Sul viso del principe apparve un’espressione di paura mista a rabbia.
“Io stesso venni incornato dal Grande Leone in persona, con la piena approvazione del regno intero”
“A Calormen non…”
“A Calormen vige la dittatura dell’Imperatore vostro padre, ma Narnia e tutte le terre che ne fanno parte sono mondi liberi. Siamo come acqua e fuoco, su due lunghezze d’onda differenti. Non potete paragonarvi a noi. ”
Gli occhi di Rabadash mandarono scintille.
“E con ciò che cosa vorreste dire? Che ci cacciate dalle Solitarie?”
“E dalle Sette Isole” intervenne Peter, “dove hanno da sempre- come Galma e Terebinthia- un loro feudo indipendente. Avete saccheggiato e bruciato villaggi, rapito gente innocente. Siete il peggiore dei criminali, signore, e meritereste di finire in prigione”
“E come pensiamo di risolvere la questione, dunque?” chiese Rabadash, rosso in faccia.
“Un bel duello, magari?” mormorò Gumpas.
Peter e Caspian si guardarono alquanto dubbiosi: che fare?
“No, niente duelli” disse Edmund, parandosi di fronte al principe del sud con un’espressione sorridente. “Interpelleremo il popolo. Vedremo cosa dirà la gente in proposito al modo di governare da voi imposto. Se non saranno soddisfatti, ve ne andrete; se vi appoggeranno, saremo noi a ritirarci”
“Mi sembra un’ottima idea, Sire” commentò Ripicì.
Caspian e Peter si scambiarono un’occhiata d’intesa con Edmund.
Aveva avuto davvero un’idea geniale. Bisognava solo sperare che gli abitanti dell’Isola non avessero troppa paura di Rabadash o di Gumpas. Bisognava rassicurarli che nessuno avrebbe più fatto loro del male, che non ci sarebbero più stati schiavi, né tantomeno quegli inutili sacrifici alla nebbia verde.
“Ho la vostra parola?” Edmund porse la mano a Rabadash, il quale però non sembrava dell’idea.
“Tutto ciò è ridicolo! Dovrei abbassarmi ad esser giudicato idoneo dalla plebaglia? Mai poi mai accetterò un così assurdo accordo, signori!”
Fece volteggiare il mantello che portava sulle spalle, anch’esso nero, muovendosi come per andarsene.
“E allora cosa proponete?” domandò ancora Edmund.
Rabadash si morse un labbro.
Non poteva presentarsi davanti ai cittadini, lo avrebbe coperto di vergogna l’essere respinto da quegli insulsi plebei.
Quella piccola rivolta istigata dai narniani era servita agli abitanti per capire che non erano più deboli dei soldati se agivano tutti insieme, e Re Edmund era stato davvero furbo a giocare la carta della fiducia, ben sapendo che non gliel’avrebbero mai accordata.
Però non poteva neppure tirarsi indietro o si sarebbe coperto di ridicolo.
Maledizione!
Gli occhi del principe mandarono lampi d’ira. Quei ragazzini l’avevano messo con le spalle al muro.
Soltanto quella mattina stava pensando agli ultimi preparativi per partire alla volta di Cair Paravel e approfittare dell’assenza di Re Caspian, per piegare una volta per tutte i narniani al volere di Tisroc. Se già in passato ci erano riusciti i telmarini, dopo la partenza del Re Supremo e dei suoi fratelli, perché non lui? Rabadash aveva ideato il suo piano basandosi appunto su quel fatto storico. Senza il re, il popolo era vulnerabile. Facendo credere il Re morto o disperso nei mari orientali, i narniani sarebbero entrati nella disperazione e avrebbero abbassato le difese.
Ma il suo piano era miseramente fallito: il Re di Narnia era davanti ai suoi occhi, e in pochi giorni la sua grandiosa impresa sulle Isole Solitarie sarebbe arrivata al continente.
Aveva persino perso la possibilità di avere per sé quella bellissima donna che si era rivelata essere la Regina Susan, alla quale non aveva fatto altro che pensare da quando credeva ancora che si trattasse di una schiava.
Non vedeva altra soluzione che ritirarsi per un po’ e attendere tempi migliori.
Rabadash fece una risatina sprezzante, voltando definitivamente le spalle al gruppo di narniani.
“Altezza, non potete lasciarmi qui!” piagnucolò Gumpas, capendo le intenzioni del giovane.
“Sono spiacente, governatore, o dovrei dire ex governatore. Non ho intenzione di abbassarmi a scendere a patti con gente simile” disse guardando direttamente Caspian. “Volete le Isole Solitarie? Tenetevele pure! Non val la pena di sprecare il mio tempo con voi. Costruiremo altrove il Tempio di Tash, egli capirà”
“E la maledizione?” esclamò Gumpas balzando in piedi. “Avevate promesso di occuparvene!”
“Non è più un mio problema, ma attenti: l’ira di Tash si abbatterà su di voi. E’ una promessa”
Detto ciò, Rabadash fece cenno ai suoi soldati di seguirlo e uscì dalla stanza di gran passo.
In apparenza, il suo atteggiamento sembrava impassibile, come sempre, ma dentro la rabbia ribolliva come un vulcano attivo, e presto sarebbe esplosa.
Gumpas tremò come una foglia alle ultime parole del principe.
Caspian diede ordine di farlo portare in cella almeno per quel girono, così che non potesse creare problemi mentre loro si occupavano della sorte delle Isole Solitarie.
“Non diceva sul serio, vero?” fece Edmund pensieroso. “Rabadash, dico. Quando ha detto quella cosa della maledizione”
Peter e Caspian si scambiarono un’occhiata.
“Devo ancora vederci chiaro sulla presunta malattia o maledizione di cui tutti parlano” disse Caspian, poi posò una mano sulla spalla di Edmund. “Comunque, non preoccuparti. Non credo che centri Tash” concluse il Re per rassicurare l’amico, ma ancor di più sé stesso.

 
 
 
 
Ehilà! Come state gente?
Capitolo molto burocratico, difficile da scrivere. Quasi tredici pagine!!! Spero non vi abbia annoiato, è un po’ diverso dai precedenti ma indispensabile, perché come avrete notato, i due rivali -Caspian e Rabadash- si sono finalmente incontrati. Già si stanno antipatici, chissà in futuro cosa accadrà…
Ho voluto comunque ritagliare un momento per i due innamorati, e poi anche un po’ di divertimento, così si allenta un poco la tensione.
Da questa volta, c’è un nuovo angolino: “Anticipazioni del prossimo capitolo”:
Vi anticipo che nel 13 si riparte finalmente verso est, e comincia il vero e proprio viaggio verso le Terre di Aslan! Inoltre, nuovi personaggi in arrivo: la piccola Gael e suo padre Rhynce, che non sono proprio importanti, ma mi piacciono molto. Infine, se riesco a inserirlo, conosceremo meglio il misterioso ragazzo che ha aiutato Eustace. Chi sarà mai? Eh eh…

 
Ringraziamenti:
 
Per le seguite: ArianneT , FedeMalik97, FrancyNike93, GossipGirl88, IwillN3v3rbEam3moRy, JLullaby, piumetta, Poska, Red_Dragonfly, SerenaVdW, Smurff_LT e SweetSmile
 Per le preferite: ArianneT, Babylady, Charlotte Atherton, FrancyNike93, LittleWitch_, Lules, Mary_BubblyGirls, piumetta, SerenaVdW e tinny
Per le ricordate: Angie_V
Per le recensioni dello scorso capitolo: Babylady, Charlotte Atherton, FrancyNike93, GossipGirl88_,  LittleWitch_, piumetta, SerenaVdW e tinny
 

Grazie ancora una volta e all’infinito! Ormai divento ripetitiva, ma voi siete la mia forza! :D
Un abbraccio e un bacio, buon week-end!
Sempre vostra,
Susan<3
   
 
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