Serie TV > The Vampire Diaries
Segui la storia  |       
Autore: Deademia    12/01/2013    3 recensioni
Quando Stefan si rivolge a Nina Lefevre, giovane vampira francese conosciuta decenni prima a La Rochelle, per chiederle aiuto nella lotta contro Klaus, non sa quanto la sua richiesta sconvolgerà il fragile equilibrio della ragazza. Perchè Nina fugge da un passato macchiato da una colpa fugace ed innocente, un passato dove l'amore è stato oscurato dall'odio, dove il paradiso è mutato sotto i suoi occhi in un eterno inferno. Così quando arriva a Mystic Fall, si trova persa: da una parte vecchi e nuovi amici che combattono per una giusta causa, dall'altra lui, l'amore della sua vita, l'uomo per il quale anni prima avrebbe fatto follie. Per chi lotterà? Per chi metterà a repentaglio la proprio vita? Per quegli amici appena trovati, solari e vivaci, che le faranno scordare la solitudine in cui è sempre vissuta, o per Elijah, bello e dannato, che un tempo l'aveva amata come nessuno mai aveva fatto ma che ora sembra odiarla dal profondo del cuore, quello stesso cuore che lei comincia a temere non possa più provare nulla nei suoi confronti?
Genere: Azione, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Elijah, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Image and video hosting by TinyPic 5

5. VISITE INASPETTATE

 

 “La medesima persuasione che ci incoraggiò a credere che nessun male è eterno o lungamente duraturo ci fa anche ritenere che la sicurezza più grande che si attui nelle cose finite è quella dell'amicizia.”

(Epicuro)

 

La Rochelle, 1824

Erano giorni che vagavo senza meta, nascondendomi ai raggi del sole di giorno che sembravano volermi ustionare come braci ardenti o fiamme vive, e correndo più in fretta che potevo di notte, la mia unica amica, compagna silenziosa di quell’inaspettata avventura.
Tutta quella nuova condizione per me era così estranea e al tempo stesso familiare, che mi confondeva e inebriava simultaneamente. C’era qualcosa di nuovo in ciò che i miei occhi scorgevano: nel familiare scoprivo lo sconosciuto, lo sconosciuto lo percepivo in maniera più potente. I miei occhi finalmente vedevano, le mie orecchie udivano. Mi sembrava di possedere mille terminazioni nervose più di prima, mille percezioni nuove e sorprendenti.
Tutto in me era cambiato, migliorato.
Ma c’era una cosa, una sola cosa tanto singola quanto potente, che schiacciava la bellezza di quella nuova esistenza, la sbriciolava sotto la sua disgustosità senza eccezione alcuna.
La sete.
Bramavo il sangue come un drogato brama la sua eroina, o un alcolizzato la sua vodka. Pareva una malattia che dalla gola mi infiammava ed indolenziva ogni arto, ogni singola molecola del mio corpo.
Ma non mi ero più nutrita. Ogni qual volta sentivo il bisogno di quel liquido vermiglio, mi venivano alla mente gli occhi terrorizzati di quegli uomini che avevo ucciso, e le macchie scarlatte che macchiavano la mia veste erano moniti crudeli che ogni secondo mi ricordavano la mostruosità che ero diventata.
Ma dopo cinque giorni passati a rinnegare l’evidente bisogno di sangue, il mio corpo era stremato.
Fu in una notte qualunque, quando la fronte mi si era imperlata di sudore freddo e la vista offuscata si era persa su di un paesino di cui potevo scorgere lontani i bagliori, che la incontrai.
Era giovane, almeno apparentemente, e mentre mi si avvicinava con sguardo duro e consapevole capii che non avrei resistito. In un barlume di lucidità indietreggiai, sgranando gli occhi e appiattendomi alla superficie ruvida di un tronco alle mie spalle.
-Non ti avvicinare, se lo farai morirai! Scappa finché sei in tempo, fuggi!- la mia voce fu poco più che un rantolo rauco e strozzato, ma bastò per farle capire la gravità della situazione in cui si stava cacciando.
Ma lei non fuggì, non gridò né si mosse.
Dai miei occhi appannati sgorgarono lacrime di disperazione e frustrazione mentre le mie dita affondavano nella corteccia, sbriciolandola come crosta di pane.
Perché sentivo.
Lo sentivo quel rumore ritmico e calmo, il suono della vita, il battito del cuore che pulsava sangue in ogni più piccola vena.
Quasi mi chiamava, quel rimbombo infinito che come un rullo di tamburi lento e costante innalzava la mia sete, osannandola attraverso una litania inibitrice.
-Da quando ti sei trasformata?- chiese lei dura, tenendosi a debita distanza senza però apparire spaventata.
La fissai con sgomento, capendo che lei sapeva, e mentre cercavo la voce per risponderle mi imposi almeno di non respirare, così da non sentire il suo odore, un misto di arance e cannella.
-Da..da cinque giorni quasi-
Lei annuì impercettibilmente, continuando a rimanere immobile di fronte a me.
-E da quando non ti nutri?-
Grossi lacrimoni mi rigarono le guance al ricordo dei tre poveri uomini che avevo dissanguato senza neanche rendermene conto. Sapevo che il senso di colpa mi avrebbe tormentata sino alla fine dei miei giorni.
-Sempre da cinque giorni-
Lei aggrottò la fronte, socchiudendo gli occhi con sospetto.
-E dopo non ti sei più nutrita?-
Scossi la testa velocemente, tanto che il paesaggio e la sua figura ritta e impettita traballarono per un secondo davanti ai miei occhi stanchi.
-Come hai fatto ha resistere per tutto questo tempo?-
Ora nella sua voce si leggeva una lieve nota di genuina curiosità, mentre faceva un passo avanti, portandomi così ad appiattirmi maggiormente all’albero. Il terrore che avevo di non rispondere più delle mie azioni ed attaccarla era lancinante, distruttivo.
-Non…non voglio uccidere…non più-
-Morirai se non ti nutri, questo lo sai? O per lo meno ti indebolirai fino alla pazzia-
-Io sono già morta…- soffia tra le labbra screpolate, fissandola in quegli occhi chiari e diffidenti che si spalancarono appena, sorpresi da quella risposta cruda.
La vidi guardarsi un attimo attorno, quasi con circospezione come avesse paura che qualcuno ci vedesse o ci attaccasse, e quindi fare dei passi veloci verso la mia direzione, afferrandomi malamente un braccio e strattonandomi verso di lei. Poi, notando il terrore nel mio sguardo e intuendone il motivo, sorrise misteriosa e vagamente sadica.
-Tranquilla, se per caso mi attaccherai saprò difendermi senza problemi, l’unica che si farà male sarai tu, casomai, quindi vedi di pensarci due volte prima di attaccarmi alla gola, qual’ora te ne venisse il desiderio-
Arcuai le sopracciglia, guardano confusa quella strana ragazza dal carattere deciso e lo sguardo determinato.
-Ma cosa…?-
-Sono una strega- disse solo, voltandosi per incamminarsi verso il villaggio che avevo intravisto poco prima, non senza prima però avermi gettato una rapida occhiata attenta da capo a piedi –E a tal proposito, ti servirà una protezione dal sole dato che non ne possiedi. E magari anche delle vesti puliti, se non vogliamo che ti mettano al rogo prima ancora che  tu riesca ad attraversare le porte del villaggio…-
-Io…grazie. Ma perché fai questo per me?-
Lei si voltò un attimo, regalandomi un sorriso lieve –Perché a differenza di come molti credono, non tutto ciò che è definito mostro si rivela tale-
Rimasi spiazzata da quelle parole, così gentili per essere scaturite da una sconosciuta che mi aveva vista ricoperta di sangue, pallida come un lenzuolo e per giunta bramosa di sangue e null’altro, e la mia risposta la poté solamente leggere in quel sorriso che le regalai, il primo da che ero “rinata”.
-Non mi hai ancora detto come ti chiami-
-Nina Lefevre…e tu sei?-
-Selena. Selena Vasilyeva-


Mystic Falls, oggi

 Sullo sfondo, un tenue bagliore rossastro tingeva il cielo laddove il sole scompariva oltre dei cucuzzoli lontani ma apparentemente prossimi a dove mi trovavo, e l’aria iniziava a rinfrescarsi tingendosi di quelle note fresche tipiche della stagione.
Poco male, giacché io non potevo percepire nulla di questi cambiamenti termici.
Se fossi stata umana, dopo quella giornata mi sarei tranquillamente potuta definire esausta sia a livello emotivo che fisico, ma non lo ero, per cui le tre ore e mezza passate in giro con Caroline in quella che da gita turistica si era ben presto trasformata in un tour a chi svaligia per primo ogni singolo negozio di Mystic Falls non mi aveva sfiancata minimamente, tutt’altro, si era rivelata una splendida occasione per parlare, conoscerci meglio e stringere amicizia.
A fine pomeriggio, prima di salutarci, lei ridendo mi aveva definita la sua gemella mancata, e per quanto sciocca ed ingenua fosse un’affermazione simile mi aveva totalmente inebriata di una felicità che non provavo da anni, quella genuina e pura che scaturisce direttamente dal sentirsi amati.
Certo, se poi parliamo di quella mattina…beh sono un altro paio di maniche.
Al solo pensiero, sentivo il cuore schizzarmi in un non ben definito punto a metà strada tra la gola e lo stomaco, mentre quest’ultimo mi si contraeva spasmodicamente.
Ecco, forse un tantino spossata a livello emotivo lo ero….
Dopo averlo visto, averci scambiato poche parole, dopo aver sentito nuovamente quella voce profonda che bramavo da secoli, ancora non avevo ben chiaro cosa effettivamente provassi mentre camminavo oziosamente verso casa, le mani in tasca, lo sguardo perso nel vuoto ed infinite buste appese ai polsi che mi sbatacchiavano sulle cosce ad ogni passo, prova tangibile di quanto fosse dimagrito il mio portafogli nel giro di qualche ora.
Dire che era stato strano, quell’incontro, sarebbe stato l’eufemismo del secolo.
Insomma, sapevo che era Klaus il pazzo da atti sclerotici e potenzialmente distruttivi in pubblico, sapevo che era lui quello dalle emozioni lasciate a briglie terribilmente sciolte e non Elijah, il pacato, democratico, impassibile e illeggibile Elijah.
Ma, diamine, ero io. Io. Nina Lefevre, quella che secoli prima aveva detto di amare come mai aveva fatto prima, quella che poi si era ripromesso di odiare.
Eppure non avevo visto né l’uno né l’altro sentimento.
Per la verità di sentimenti io non ne avevo viste neanche le ombre.
Sospirai scuotendo la testa, sapendo bene, invece, cosa vi era nascosto dietro quel nulla.
C’era Elijah, l’Elijah uomo, che era stato tradito e ferito dalla donna che amava. C’era l’Elijah vendicativo e rancoroso, che detesta con tutto sé stesso mostrarsi debole. C’era l’Elijah al quale mille anni di esperienza avevano fatto ben intendere quale fosse la strategia migliore, la più subdola e atroce, per infierire su di una persona in casi simili, e che lui si era premurato senza remore di mettere in atto.
Indifferenza.
Brutta, bruttissima bestia da contrastare.
Perché insomma, delle urla le avrei sapute trattare, placare, o per lo meno sovrastare con le mie in quella tipica guerra primordiale e un po’ infantile dove vince chi riesce ad intontire meglio l’altro spaccandogli i timpani e azzittendolo con l’utilizzo di decibel ben più altisonanti. Ma la sostanziale e monocorde placidità dettata da un disinteressamento ben studiato e per nulla invalicabile, come si spezza?
Quella era la domanda che mi ponevo con sempre più crescente angoscia, perché anche se sapevo che sarebbe stato difficile, che le mie sarebbero state illusioni e speranze vane che avrebbero alimentato infiniti e devastanti sforzi, ero rimasta lì anche per rimediare.
Non mi aspettavo che mi avrebbe perdonata non appena mi avesse vista, né che delle scuse avrebbero sortito qualche effetto, ma come primo impatto, quello, era bastato a farmi capire che probabilmente niente sarebbe mai bastato.
Forse la mia morte. O forse neanche quella.
Un saluto formale alla mia destra mi fece sussultare, mentre il portiere del B&B, un uomo di mezza età piuttosto tarchiato e stretto in una divisa blu scuro di una taglia visibilmente inferiore alla sua, mi apriva gentilmente la porta.
Persa com’ero nelle mie riflessioni, neanche avevo fatto caso di essermi trovata di fronte a “casa”.
Lo ringrazia con un sorriso, entrando a passo svelto in direzione della reception per ritirare le chiavi della camera.
Chiavi che, notai appena mi avvicinai, non c’erano.
Uno strano senso di disagio mi si diffuse in tutto il corpo, mentre frenetica controllavo tutte le altre per vedere se quella mattina avevo erroneamente sbagliato collocazione, ma pareva proprio che fossero scomparse.
-Mi scusi, ha bisogno di aiuto?-
La ragazza dietro al banco, vedendo probabilmente la mia espressione smarrita e vagamente terrorizzata, si avvicinò curiosa.
-Si io…non trovo la chiave della mia camera, eppure sono sicura di averla lasciata qui questa mattina-
-Che numero?-
-La 102-
-Mmmm…la 102 dice? Se non sbaglio è passata poco fa una ragazza, ha detto di essere sua sorella e che le avrebbe fatto una sorpresa salendo in camera. Credo sia ancora su-
Alzai le sopracciglia scettica.
-Mia sorella? Le ha per caso detto come si chiama?-
-No, mi spiace. Però posso dirle com’era: giovane, alta, mora con qualche ciocca rossa, capelli lunghi e occhi chiari. Parlava molto bene l’inglese, ma avrei giurato…non so, aveva un accento straniero, russo direi, o comunque di quei paesi là. Questo infatti mi pareva un po’ strano, perché lei dal nome è francese…ma ci sono problemi?-
Ciocche rosse…sbiancai, poi cercai di darmi un certo contegno.
-Nessuno, non si preoccupi. Grazie- tirai un sorriso asettico, mentre la salutavo e salivo le scale, ignorando lo sguardo dubbioso che mi rivolse fin quando non mi vide sparire. D’altronde la mia testa era da tutt’altra parte.
Accento russo, ciocche rosse.
Dio, non poteva essere…
Quando raggiunsi la camera, notai la porta accostata ma non chiusa, segno che chi vi era dentro mi stava senza ombra di dubbio aspettando.
Ci misi davvero poco a riconoscere quell’odore, un misto di arance e cannella che pervase l’aria in maniera familiare.
-Selena, qual buon vento-
Quando entrai con un sorriso sarcastico sulle labbra, la trovai comodamente allungata sul letto, gli occhi verde acqua fissi sulla porta ed un espressione dura a distorcere i suoi lineamenti fini ma decisi.
-Che diavolo stai combinando Nina?-
-Scusa?-
-Oh non fare quell’espressione da santarellina ingenua con me, che non attacca. Dove è?-
-Dove è cosa?-
-Sai benissimo cosa, stupida vampira traditrice! Cosa credi, che non me ne sarei accorta che era sparito? Che non sarei stata in grado di rintracciarti poi?-
-Selena sei ridicola…io non-
-Piantala! Dammi il libro e torniamocene in Francia, questo giochetto è durato anche troppo per i miei gusti-
Smisi all’istante di sorridere, indurendo lo sguardo e stirando le labbra in un espressione determinata.
-Non posso-
-Come sarebbe a dire che non puoi? Certo che puoi, e lo farai anche subito- si alzò col busto, rimanendo seduta a gambe incrociate, mentre gli occhi le si sgranarono dallo stupore e dall’orrore al tempo stesso –Non dirmi che l’hai perso o cose simili, perché ti giuro che non risponderò delle mie azioni in tal caso-
Sospirai, buttandomi sulla poltrona accanto alla mia, esasperata da quella giornata che sembrava non voler finire di spacchettare nuove sorprese.
-No, certo che no. Solo che in questo momento non ce l’ho io-
Chiuse un attimo gli occhi, forse per evitare di assalirmi e staccarmi la testa, prima di riaprirli ed espirare rumorosamente.
-Non ce l’hai tu- ripeté annuendo con calma, troppa calma –E sentiamo, se non è qui con te, dov’è?-
-Stefan Salvatore. O meglio, da una strega sua amica che sta cercando di decifrare tutti quegli incantesimi che i tuoi antenati hanno lanciato affinché fosse protetto-
-E c’è una ragione se ci sono, sciocca! Quel libro è pericoloso, perché non lo capisci? Non racchiude solo un albero genealogico lungo un millennio con ogni singolo nome di ogni vampiro esistito o ancora esistente su questa terra, ma racchiude segreti, storie e vite che non andrebbero mai svelate, e che se finissero nelle mani sbagliate causerebbero disastri inimmaginabili!-
-Mio Dio Selena, credi forse che non lo sappia? Che sia così sprovveduta? In primo luogo mi fido ciecamente di Stefan, e dovresti farlo anche tu, e in secondo luogo non gliel’ho certo dato perché cercava una lettura distensiva con cui rilassarsi prima di andare a dormire, qua siamo in pericolo tutti, tutti Selena! Lui, tu, io…ogni singolo vampiro di questa terra. Se tu fossi stata ancora una strega, avrei capito questo tua assurda e testarda reticenza, ma sei una vampira da più di un secolo ormai, ti dovrebbe interessare la fine della tua specie-
-Ci sono altri modi per sconfiggere Klaus, se quello che mi hai raccontato è vero, non c’era bisogno di tirare in ballo il Libro-
-Forse. Ma questa è una strada, la più sicura e logica al momento. Perché non tentare? Ti ripeto, stiamo parlando di Stefan e forse tu non lo conoscerai, ma io si, e so che ci si può fidare di lui. Metterei la mia vita nelle sue mani, anzi, lo sto già facendo, lo stiamo facendo tutti quanti-
Sospirò scuotendo la testa, probabilmente a corto di argomentazioni adatte a ribattere, poi assottigliò lo sguardo, puntandomelo addosso con fare vagamente cinico.
-E immagino che il fatto che qui ci sia anche Elijah non ti abbia minimamente influenzata, giusto?-
Se fossi stata umana, sarei arrossita fino alla punta dei capelli dall’imbarazzo.
Gesticolai animatamente, facendo tintinnare i vari braccialetti al polso mentre un sorrisetto di scherno si dipingeva sulle labbra di lei.
-E questo che c’entra? Sono venuta qui per portare il libro a Stefan, così che la mia eternità non sfumi entro qualche tempo, non per altro-
-E perché sei restata allora?-
-Santo cielo, cos’è questo terzo grado? Sono rimasta per aiutarlo, mi sembra ovvio. Non si può dire abbia un esercito dalla sua parte, e poi in Francia non avrei avuto molto altro da fare-
-Quindi Elijah non c’entra proprio nulla?- continuò lei imperterrita, curvando un sopracciglio scuro in un espressione per nulla convinta.
Sbuffai.
-Anche fosse?- sbottai esasperata.
-Nina…-
-Che c’è? Tanto non cambierebbe niente…lui mi odia, mi disprezza e mi ignora, e tutte le mie illusioni sul rimediare in qualche modo, sul farmi perdonare o perlomeno farlo ragionare possono benissimo andare a farsi benedire, vista l’aria che tira- sorrisi amara, abbassando lo sguardo sulla moquette logora.
-Quindi lo hai già incontrato-
La sua non era un’affermazione, ma annuii lo stesso.
-E non è andata per nulla bene, a quanto vedo-
-Già…Non che mi aspettassi questa grande accoglienza, sinceramente i giorni prima avevo fantasticato sui vari modi con cui mi avrebbe uccisa una volta vista ma…ci speravo, ecco, speravo che dopo due secoli l’odio si fosse attenuato, che se non mi avesse perdonata, ci avrebbe almeno provato. Ma è Elijah. Speravo che se questo fosse stato chiedere troppo, almeno che mi urlasse addosso la sua collera, si sfogasse, perché le urla le so gestire. Povera sciocca, vero? Insomma, io speravo in una reazione, ma lui non ne ha avute, e questo mi ha dimostrato quanto le mie siano state illusioni, quanto lo abbia ferito irrimediabilmente-
-Che stronzata- alla mia occhiata confusa e vagamente scioccata, si premurò di continuare –Ha mille anni ma si comporta come un bambino, uno sciocco bambino viziato a cui piace fare i capricci. Insomma, anche ammettendo che tu possa averlo tradito e che sia stata una cosa non proprio leggera, sono passati secoli. Letteralmente. E ora se ne esce col giochetto dell’ignorare al solo scopo di ferire? Queste cose le fanno i bambini alle elementari, o i ragazzini alle prime cotte. E so che c’è tutta quella cosa dell’onore e compagnia bella, perché quando uno nasce mille anni fa nasce con il senso dell’onore radicato nel sangue quasi fosse una malattia genetica, ma pensavo che in tutti questi anni fosse maturato, avesse capito quando è ora di mettere da parte l’onore e l’orgoglio e ragionare con maggior razionalità e concretezza. E un pizzico di sana modernità-
-Si ma…-
-Non ci sono ma che tengano, Nina. E’ uno sciocco presuntuoso che non dà il giusto valore alle cose ed alle persone. E tu dovresti smetterla di struggerti tanto dietro al suo pensiero. E magari anche di venire fino in America a rischiare il fondoschiena solamente per vederlo-
-Forse hai ragione, anzi, con ogni probabilità hai ragione. Ma io lo amo- mi strinsi nelle spalle, sorridendo appena –Lo amo, capisci Selena? E se non sono bastati duecento anni per farmelo dimenticare, non ci riuscirai tu, ora, elencando i suoi difetti. Perché sono difetti che io per prima ho scoperto in lui, e che ho accettato. E so che mi farò male, so che non ricaverò niente se non altro dolore, ma non ce la faccio a tornare in Francia, non ora che l’ho ritrovato. Mi odia, mi detesta e mi ignora, ma è qui, qui accanto a me, nella mia stessa cittadina. Ho la possibilità di vederlo, si sentire la sua voce, e Dio, Dio Selena, tu non puoi capire quanto mi sia sentita felice in quel brevissimo istante in cui è comparso nella mia visuale, prima di tutti gli insulti, prima della realtà, c’è stato quel piccolo attimo di incoscienza in cui tutto è scomparso, e sono tornata felice come un tempo- presi fiato dopo quello sfogo che, francamente, mi liberò di un bel peso, poi scossi la testa come a riordinare le idee -E comunque, Elijah o non Elijah, l’ho promesso a Stefan, gli ho giurato che l’avrei aiutato e così farò-
Selena alzò gli occhi al cielo esasperata, poi li abbassò su di me, sospirando pesantemente.
-E va bene, resta pure qui a farti ammazzare e tieniti il libro, ma se pensi che io me ne torni in Francia lasciandoti qui a fare follie ti sbagli di grosso. E poi vi servirà una mano per poter sciogliere tutti quegli incantesimi, non sarò più una strega ma sono magie della mia famiglia, ricordo ancora la teoria-
Sorrisi felice, saltando su ed avvicinandomi a lei per abbracciarla. Era testarda, burbera e parecchio scontrosa quando ci si metteva, ma rimaneva pur sempre la mia più grande amica.
-Grazie, grazie-
-Si si, vedrai come ti ringrazierò io quando mi ficcheranno un bel paletto nel cuore…- rise con macabra ironia facendomi sbuffare esasperata, ma ricambiò comunque la stretta.


La Rochelle, 1824 

Ci trovavamo in una specie di capanno abbandonato ai confini del villaggio, laddove l’erba iniziava ad infittirsi per poi sfociare in un tripudio incolto che sfumava verso il bosco.
Il terriccio secco, all’interno, era ormai ricoperto di fieno ed erba secca, che raggrumati in un punto ben lontano dalle piccole finestrelle formavano un giaciglio soffice, ricoperto da un vecchio telo bianco così da dargli almeno la parvenza di poter essere un letto.
Io ero raggomitolata proprio lì, avvolta in un semplice vestito che Selena era riuscito a rimediarmi, nulla a che vedere con gli sfarzosi abiti cui ero avvezza indossare ma che ormai mi parevano unicamente ricordi lontani e persi, le gambe strette al petto ed il terrore che quegli infidi raggi scottanti, un tempo tanto amati, potessero sfiorarmi la pelle, ora pulita e di nuovo nivea.
Selena mi aveva raccolto i lunghi capelli un una treccia laterale che mi arrivava alla vita, treccia con la quale stavo nervosamente giocherellando da un buon quarto d’ora, osservando la strega di fronte a me pronunciare parole incomprensibili ad occhi chiusi, le mani strette attorno a quello che avevo notato essere un piccolo ciondolo dalle fattezze semplici ma graziose, un'unica pietra blu, probabilmente lapislazzulo, incastonata in una corolla argentata dai temi astratti e floreali che vi si intricavano attorno.
Mi aveva spiegato che quel ciondolo mi avrebbe permesso di muovermi indisturbata sotto la luce solare senza più il timore di poter bruciare viva, e quella probabilmente era stata la notizia più bella che avessi ricevuto da quando mi ero trasformata assieme alla possibilità di potermi nutrite senza uccidere, proprio come mi aveva insegnato lei.
-Ecco fatto, prova- la sua voce squillante mi fece sussultare, ma non ci misi molto ad afferrare la collana che mi stava porgendo, infilarmela e posizionarmi con non poche remore esattamente al centro del quadrato di luce al mio fianco.
Strizzai gli occhi, la mente già proiettata verso il dolore che altre volte mi era capitato di sentire, i muscoli tesi pronti al balzo che eventualmente avrei fatto per sottrarmi a quella condanna che la natura aveva imposto a chi non era degno di esser definito suo figlio, ma ciò che sentii, con sommo stupore, su solamente calore, un piacevole calore che mi si propagò in tutto il corpo sotto l’influsso dei raggi solari. Quasi mi ero scordata come fosse bello poter percepire quella luce naturale sulla pelle.
Sorrisi, voltandomi verso una Selena dall’aria vagamente orgogliosa e compiaciuta.
-Grazie Selena, questo è il miglior regalo che potessi farmi, ti sono debitrice per l’eternità-
Lei sorrise e scosse la testa, scrollando le spalle come a sminuire le mie parole.
-Sciocchezze, ho solo fatto un incantesimo banale. E poi mi sono decisa di aiutarti, questo era il minimo per cominciare- poi corrugò la fronte, sovrappensiero –Sai, ancora non mi spiego perché il tuo creatore ti abbia abbandonata così, che io sappia solitamente si impegnano per lo meno a spiegare il necessario affinché questi nuovi vampiri sopravvivano ma tu, tu eri ignara di ogni cosa o quasi-
Io abbassai lo sguardo rabbuiandomi leggermente, e me ne tornai sul giaciglio, sedendomi accanto a lei che non aspettava altro che delucidazioni da quando mi aveva incontrata.
-Lei, la vampira che mi ha creata intendo, non sapeva minimamente di averlo fatto. Era già andata via quando sono…morta e poi rinata. Mi aveva solo dato del sangue per guarire da una ferita, null’altro-
Selena arcuò le sopracciglia fin quasi all’attaccatura dei capelli, un’aria di puro stupore negli occhi sgranati e nelle labbra pronte a da sfogo al suo dubbio.
-Mi stai dicendo che un vampiro ti ha dato il suo sangue per guarire?!-
Sorrisi amara, guardandola si sbieco, le mani strette in grembo.
-E’ così difficile da credere? Eppure sei stata tu a dirmi che ciò che viene definito mostro non sempre si rivela tale, o mi sbaglio?- la citai con una vaga vena canzonatoria nella voce bassa, prima di sospirare con aria stanca –E comunque, è una lunga storia. Un giorno te la racconterò, te lo prometto, ma ora…ora è ancora presto, fa troppo male…-
I suoi tratti si distesero in un espressione dolce, quasi materna con quel luccichio zuccheroso che le brillava negli occhi chiari, mentre annuiva accondiscendente, sorridendo gentile.
-Tranquilla, nessuno ti impone niente, avrai tutto il tempo che vorrai per affrontare il tuo passato e metterlo a nudo anche di fronte agli altri, oltre che a te stessa. Ora pensa solamente ad imparare a vivere di nuovo, mh?-
Le sorrisi grata, allungandomi per abbracciarla mentre affondavo la faccia nei suoi capelli scuri. Quando mi accorsi del gesto incauto e per nulla ragionevole che avevo appena compiuto, mi scostai di scatto, guardandola con rincrescimento e vago terrore negli occhi, temendo di averla spaventata, per quanto fosse questo possibile dato il soggetto di cui stavo parlando, o perlomeno fatta arrabbiare.
Lei però, comprendendo la ragione del mio brusco gesto e capendo ciò che mi tormentava lo sguardo, scoppiò a ridere spensierata.
-Che sciocca che sei, credi forse che abbia paura di te? Eppure pensavo fosse chiaro il mio gesto: ho aspettato tanto a crearti quel ciondolo perché aspettavo tu fossi realmente pronta, e nel frattempo ti ho insegnato a controllarti e ad essere più umana possibile, entro i limiti consentiti dalla tua natura si intende. Ora lo sei, basti vedere come i tuoi gesti sono mutati nel corso di queste settimane: sei più spigliata, sicura di te e dei tuoi istinti, ora sei libera. Quindi smettila di farti tante paranoie e abbracciami pure, stupida vampira-
Rise, ed io con lei,  nello stesso istante in cui mi avverrò per un braccio e mi attirò a sé, circondandomi le spalle con le sua mani e invogliando me a fare lo stesso.
Forse avevo sbagliato a decretare la mia morte, settimane prima, forse quella era la seconda possibilità che qualcuno da lassù mi aveva concesso per riconsiderare la bellezza della vita, per apprezzarla nuovamente come un tempo e chissà, forse anche per rimediare agli sbagli che mi avevano portato a gettarmi nelle profondità del mare in quella notte terribile.
Fatto sta che lì, tra le braccia di quella che sapevo sarebbe stata la mia prima e vera amica in quella mia seconda possibilità, mi sentii nuovamente felice.

 

 

Mystic Falls, oggi

 -Ora, non vorrei sembrarti particolarmente materialista, ma quando sono venuta qui attraversando l’oceano avevo ben chiaro in mente di riacciuffare il libro e te, e riportare entrambi con me in Francia il giorno stesso. Non certo di rimanere a tempo indeterminato in questa landa desolata. Indi per cui non ho portato nient’altro che me medesima in questa follia di viaggio, questo implica una notevole scarsezza di vestiti e quant’altro, per intenderci-
Risi, guidandola per le vie di quel piccolo paese con are ormai quasi esperto, attirando così lo sguardo di non pochi passanti che si chiesero senza ombra di dubbio chi mai fossero quelle due straniere. L’aspetto si Selena poi, vagamente eccentrico, non aiutava per nulla.
-Per questo, cara brontolona, ti sto portando a fare shopping. E nel frattempo potremmo anche vedere di trovare un appartamento. A Stefan e agli altri ti presenterò oggi pomeriggio, metà giornata non credo cambierà di molto le cose-
Non le dissi che avevo bisogno io di qualche oretta di normalità e distrazioni, senza confabulazioni sugli Originari che mi avrebbero portato alla mente solamente lui, senza inchieste sul mio passato, senza incontri spiacevoli o altri particolari che mi avrebbero nuovamente fatta ricadere nel mio stato depressivo angoscioso. Il giorno prima era stato abbastanza intenso da bastarmi anche per tutto quello, inoltre ero ben consapevole che ci sarebbe stato tutto il tempo del mondo per ritornare su simili argomenti, da ora in poi; bearmi quindi di quegli istanti con l’unica persona lì che sapeva abbastanza da non farmi domande e non sfiorare quindi pessimi tasti scottanti mi sembrava il minimo da concedere alla mia sanità mentale messa di già a dura prova.
Passammo quindi la mattina tra un negozio e l’altro con l’intenzione di ricrearle un guardaroba decente, e nel mentre ci preoccupammo anche di osservare qualche annuncio appeso nella vetrina dell’agenzia immobiliare, nella speranza di trovare qualcosa di adatto. La piccola camera del B&B infatti non sarebbe più bastata, inoltre Selena mi aveva giustamente fatto notare quanto poco sicura fosse una collocazione simile in una situazione come quella. E poichè che alla proposta di Stefan di quella mattia di trasferirmi da lui avevo gentilmente rifiutato, trovandola sconveniente e un filino approfittatrice vista la possibilità di trovarmi un appartamento mio, quello era il momento per cercarlo.
Fu proprio su quel dannato vetro riflettente, mentre Selena commentava l’ennesimo appartamento leggendo a voce alta i vaghi dettagli scritti sotto l’immagine sgranata di cui si poteva capire poco e niente, che li vidi.
Mi girai di scatto, non prestando più attenzione a Selena che indisturbata continuava il suo sproloquio, e fissando piuttosto lo sguardo su due figure maschili aldilà della strada, intente a parlare civilmente.
Mi sentii sbiancare visibilmente e la tentazione di darmela a gambe come una ladra fu estremamente allettante, quando notai uno dei due uomini, Damon per la precisione, ruotarsi nella mia direzione e sorridermi smagliante, alzando una mano in segno di saluto prima di farmi un cenno per raggiungerlo.
Al che anche l’altra figura si voltò, probabilmente incuriosita, incrociando il mio sguardo per una frazione di secondo prima di ritornare a posare nuovamente l’attenzione su Damon con fare disinteressato, quasi non mi avesse neanche vista.
Fui certa che il mio cuore collassò, mentre me ne rimanevo fissa come un ebete nella stessa posizione, quasi aspettandomi una rettificazione di quel comportamento distaccato mentre l’immagine di quegli occhi duri e neri più delle ombre mi rimbombava in testa.
Sciocca speranza vana.
-Ora, ci sono due possibili spiegazione al fatto che mi stai deliberatamente ignorando e alla tua faccia che, se tu fossi ancora umana, si direbbe l’anticipazione di un conato di vomito. O hai visto direttamente Satana, o uno di quei due fascinosi uomini laggiù è l’Innominabile, in tal caso non avrei dubbi su chi cascherebbe la mia scelta. In quanto non sono propriamente credente, scarterei la prima ipotesi e volerei direttamente alla seconda, anche perché Mr. Occhioni Blu ti sta evidentemente invitando ad unirci alla conversazione-
Deglutii piuttosto sonoramente, ringraziando il cielo che avesse parlato abbastanza piano da risultare udibile unicamente a me, prima di voltarmi con una chiara espressione eloquente dipinta in volto.
-Non credo sia una buona idea Selena…-
-Non eri tu quella che ieri, con cotanta determinazione, mi palesava tutte le sue buone ragioni per rimanere nella stessa cittadina dove risiedeva anche lui? Ed ora ti tiri indietro tanto facilmente? Tanto vale tornarsene a Parigi, se le cose stanno così-
La guardai con rinnovata irritazione, lei non sapeva minimamente cosa stavo provando in quell’istante, a pochi metri di distanza da Elijah, metri dalle sembianze di una voragine invalicabile.
-E non eri tu quella che ieri lo criticava tanto, e con lui la mia morbosa determinazione?-
Si strinse nelle spalle, sorridendo maliziosa –Forse, ma questo non mi impedisce affatto di essere curiosa di incontrarlo di persona. Sono duecento anni che aspetto il momento di fargli il cu…-
-Selena!-
-Stavo scherzando. Senti, sai quanto sia contraria a tutta questa faccenda, ma ti conosco abbastanza bene da sapere cosa è meglio per te, questo mi da quindi il diritto di dirti che la fuga non è contemplabile tra le varie opzioni-
-E queste perle di saggezza le dovevi tirare fuori proprio ora?-
-Meglio tardi che mai- sorrise, e solo quando alzai lo sguardo per sbuffare seccata, mi accorsi che nel mentre avevamo attraversato la strada e di trovavamo quindi a pochi passi dai due, che voltati ci fissavano in silenzio.
Se Damon appariva sinceramente curioso, Elijah mantenne quell’impassibilità nello sguardo freddo piantato quasi più sulla mia amica che su di me, che mi procurò un sordo vuoto all’altezza dello stomaco.
Ringraziai mentalmente Damon quando si decise a rompere il ghiaccio, mettendo un freno a quello che si prospettava un lungo silenzio imbarazzante.
-Nina, qual buon vento. Hai qualcuno da presentarci a quanto vedo- esclamò, regalando un’occhiata interessata alla mia sinistra.
-Piacere, sono Selena Vasilyeva, una sua amica. Tu sei…?-
-Damon Salvatore, ed il piacere è tutto mio-
-Salvatore? Sei per caso fratello di Stefan?-
-Esattamente. Vedo che sei informata- sorrise, squadrandola con rinnovata curiosità.
-Ho solamente fatto i compiti a casa-
In quel breve scambio di battute, io non avevo fatto altro che gettare continue occhiate verso Elijah, con la speranza che passassero inosservate, ed ogni volta lo avevo trovato con la stessa espressione disinteressata, fredda, ad irrigidirgli i tratti mentre fissava un punto non ben definito tra Damon e Selena.
Sentivo l’irrefrenabile desiderio di parlargli, toccarlo, di attirare la sua attenzione in qualche modo anche solo per farmi guardare per un istante, perché quella staticità, quella monocorde indifferenza mi stava dilaniando il cuore, ma proprio in quell’istante una frase pronunciata da Selena mi gelò il sangue nelle vene.
-Tu invece devi essere il famoso Elijah, non è vero?- soffiò falsamente cordiale la mia amica, voltandosi vero di lui, che sentendosi chiamato in causa le rivolse un’occhiata curiosa ed inquisitoria al tempo stesso, una mano infilata nella tasca dei pantaloni e l’altra abbandonata lungo il fianco.
Sbiancai.
-Non pensavo di poter essere considerato addirittura famoso- disse lui, l’ombra di un sorriso sulle labbra appena piegate.
Per un attimo contemplai l’idea di afferrarla e trascinarla via da lì prima che potesse dire qualcosa di terribilmente sconveniente, ma lei parlò prima che potessi fare alcunché per evitare la catastrofe, per cui mi limitai ad affondare le unghie nel suo braccio con indiscrezione, evitando che gli altri ci notassero e sperando che quel gesto bastasse ad intimarle di tacere.
Se però il mio gesto passò inosservato agli occhi di Damon, troppo preso ad osservare Selena, Elijah sembrò invece notarlo bene, perché per la prima volta da quando avevamo iniziato a parlare mi gettò un’occhiata di traverso. Avvampai, metaforicamente parlando, e lasciai subito la presa, iniziando a torturami il labbro inferiore coi denti in sempre più crescente imbarazzo.
-Beh, quando si è un Originario non ci si può aspettare di non essere conosciuto, non trovi?-
Quasi sospirai di sollievo a quella risposta, ringraziando il cielo che a Selena fosse rimasto ancora un barlume di ragione e che lo stesse egregiamente sfruttando proprio in quel frangente delicato.
-Presumo sia così, si- rispose per nulla convinto, forse più che consapevole che la sua non era una conoscenza scaturita da voci comuni o libri particolari, ma dalla storia di un’amica. D’altronde, sarebbe stato più che normale.
Prima che altro potesse essere aggiunto, decisi di intervenire.
-Come mai siete qui? Ci sono novità su Esther per caso?-
Elijah stavolta fissò la sua attenzione direttamente su di me, regalandomi uno sguardo di sufficienza che mi fece sprofondare il cuore parecchie decine di metri sotto terra. Mi chiesi come facesse a comportarsi a quel modo, come riuscisse a controllare i suoi respiri, i movimenti del suo corpo, i suoi sguardi. Come potesse risultare pacato e tranquillo, immobile a pochi metri da me, quasi dimentico di cosa avevamo vissuto due secoli prima, neanche fossi  stata realmente un’estranea conosciuta il giorno prima.
Forse perché ha realmente dimenticato, forse perché l’odio è davvero capace di cancellare ogni altra cosa.
Quel bisbiglio impertinente nella mia mente mi fece spuntare lacrime amare agli angoli degli occhi, ma scacciai malamente l’idea con un groppo in gola, inghiottendo quel pianto isterico che tanto avrei voluto versare.
Io che non potevo non fremere per quella vicinanza, io che non potevo non bramare il desiderio di sfiorarlo, fissarlo senza indiscrezione, parlargli liberamente come un tempo, trovavo tutto quel distacco inconcepibile ed impossibile.
-Io e Damon stavamo solamente parlando dell’imminente festa che il sindaco Lockwood ha deciso di dare questo finesettimana- chiarì lui con tono monocorde, evitando di guardarmi dopo quella prima occhiata, quasi stesse cercando di zittire la fastidiosa curiosità di una bambina capricciosa.
-Pensate che possa accadere qualcosa?- continuai imperterrita, ignorando con una punta di fastidio e molta delusione il tono vagamente sgarbato col quale aveva parlato.
Se gli scocciava così tanto, poteva anche evitare di rispondere…
Lo vidi ridire, una risata per nulla divertita e spontanea, mentre non fissava me ma bensì un punto imprecisato sopra la mia spalla, quasi non fossi nemmeno degna della sua attenzione.
-Le feste qui a Mystic Falls sono sempre fonte di grande attrazione per disastri sovrannaturali, è bene prevenire piuttosto che curare- liquidò così la faccenda, facendo un vago gesto con la mano come a minimizzare la questione.
-E come pensate di prevenire, se posso saperlo?-
-Intendiamo presiedere tutti quanti e tenere d’occhio la situazione per captare eventuali nuovi pericoli, così da spegnere la miccia prima che la bomba esploda. E per quanto l’idea di una collaborazione con le loro maestà originarie non mi alletti più di tanto, penso sia la cosa migliore in questo caso-
Annuii, gettando nuovamente un’occhiata ad Elijah, il quale stavolta però pareva preso da ben atro, mentre avvicinava il telefono che non avevo neanche sentito squillare all’orecchio e si allontanava di qualche passo, dandoci così le spalle.
-Io vorrei essere presente, potrei darvi una mano- annunciai con tono ostinato, fissando un Damon sorridente negli occhi.
-Non sarò certo io ad impedire che questa festa venga privata di una bella ragazza, e a tal proposito potresti venire anche tu, Selena-
-Non ho ben capito il fulcro della questione, ma accetto volentieri-
-Tranquilla, ti spiegherò tutto oggi. Ah Damon- guardai un attimo Elijah, che sembrava però ancora occupato a parlare al telefono, ma per precauzione mi avvicinai al vampiro di un passo, poggiandogli una mano sul braccio per parlargli all’orecchio così da non essere sentita –Selena ci darà una mano col Libro, sarei venuta a dirvelo oggi ma ora che ti ho incontrato non ce n’è più bisogno. Il Libro è appartenuto alla sua famiglia da sempre, e lei conosce il modo di spezzare gli incantesimi che lo proteggono, insegnerà a Bonnie come farlo-
Lui mi guardò ed annuì –Non confido particolarmente in un vecchio libro polveroso e ammuffito, ma grazie lo stesso-
Mi scostai di poco e vidi Elijah ritornare verso di noi. Non capii dove stesse guardando con tanta insistenza fin quando non notai il suo sguardo basso indirizzato proprio nel punto in cui la mia mano poggiava ancora sul braccio di Damon. Con un movimento veloce la ritirai, gettandogli una fuggevole occhiata imbarazzata, eppure dallo sguardo impassibile che ci rivolse sembrò non esser stato per nulla colpito dal gesto. Ne rimasi quasi delusa.
-Sono spiacente, ma ho degli affari da sbrigare e non posso restare. E’ stato comunque un piacere fare la tua conoscenza, Selena. Damon, noi ci vedremo alla festa-
-Penso allora che anche per noi valga lo stesso- annunciò tubante Selena, gongolando dell’espressione per una frazione di secondo stupida che vide dipinta sul suo volto.
Fui tentata di tirarle una gomitata ma mi trattenni per amor della mia dignità, osservando piuttosto i tratti di Elijah assumere la solita maschera di pacato disinteresse, mentre annuiva con impassibilità. Sapevo che percepiva il mio sguardo addosso, eppure sembrava ignorarlo egregiamente come del resto ignorava anche me.
Lo sentvidi i salutare e andarsene, e quando ormai era a qualche metro di distanza, diretto al suv nero che intuii fosse suo, l’assurdo desiderio di bloccarlo e parlargli, ma parlargli davvero, non come due estranei che fanno finta di non conoscersi ma come gli amanti che eravamo stati, fece si che i miei muscoli si muovessero di volontà propria, portandomi ad inseguirlo col cuore in gola ed il respiro traballante di chi sa di stare per fare un grosso errore.
Selena, forse intuendo le mie intenzioni, cominciò a parlare con Damon al fine di distrarlo.
Mi fermai, mordendomi il labbro e chiudendo gli occhi per un secondo, espirando per prendere coraggio, certa che nulla di ciò che avrei detto avrebbe migliorato la situazione.
-Elijah…- quasi mi maledissi per quel sussurro strozzato che avevo soffiato a fatica dalle labbra schiuse, ma non ne ebbi il tempo perché lo vidi bloccarsi là, a pochi metri da me, e voltarsi di poco, fissando gli occhi neri, profondi e invalicabili su di me.
Percepii un brivido gelido scivolarmi lento lungo tutta la spina dorsale, mentre ricambiavo lo sguardo, pregando silenziosamente una qualche divinità di poter vedere qualcos’altro oltre che freddezza sul suo viso marmoreo.
Non parlò, rimanendo immobile in quella sua posa noncurante, una mano in tasca e l’altra mollemente abbandonata lungo il fianco, aspettando forse di sentire cosa avevo da dire o più semplicemente pensando che il silenzio pesante che aveva fatto calare bastasse per farmi desistere dall’aggiungere altro.
Non seppi dove trovai il coraggio per aggiungere quel qualcos’altro, ma lo feci.
-Noi dobbiamo parlare-
Inghiottii a vuoto vedendolo sbattere le ciglia con disinteressata calma, mentre inarcava appena le sopracciglia in un espressione di dubbio scetticismo.
-No, non credo-
-Ma noi…Elijah, ho bisogno di spiegarti, di…-
-Non ho tempo Nina, e tu non devi spiegarmi nulla. E’ un po’ tardi per le spiegazioni, non trovi? Forse invece sarebbe ora che anche tu dimenticassi-
Non ho tempo…sarebbe ora che anche tu dimenticassi…
A quelle parole lo potei udire nitido e cristallino il netto rumore dello squarcio che mi dilaniò il petto, lasciando laddove c’era il mio piccolo cuore martoriato una voragine stillante sangue.
Eppure trovai lo stesso la forza di rispondere, di attaccare per non essere attaccata.
-Non mi sembra che tu abbia dimenticato molto, se nei tuoi occhi emerge tanto odio-
Piegò lievemente le labbra con amarezza, con cattiveria, ed il suo fu uno di quei sorrisi che invece di scaldare, gelano nel profondo.
-Ho dimenticato ciò che era da dimenticare-
E se ne andò così, con quella frase carica di significati nascosti e talmente dolorosi che non potei impedirmi di trattenere oltre le mute lacrime silenziose che fino a quel momenro avevano lottato per rigarmi le guance, mentre da lontano lo vedevo salire in macchina, metterla in moto e sparire lungo la via.
Ho dimenticato ciò che era da dimenticare.
Quindi è così, Elijah? Hai dimenticato me e l’amore che ci aveva uniti, hai dimenticato tutto il superfluo e ti sei tenuto solo l’odio di quel mio gesto?

 

- - - Angolino dell’autrice (che rischia la decapitazione) - -

In primo luogo: CHIEDO UMILMENTE SCUSA. E’ passato troppo, ma troppo tempo dall’ultima pubblicazione e me ne rendo tristemente conto…non ho scusanti per avervi fatto aspettare tanto, posso solamente dire di avere avuto un blocco ed infinite pare mentali che non mi hanno permesso di scrivere qualcosa che non venisse quasi subito cancellato per…beh per tutti questi lunghissimi giorni che non ho neanche il coraggio di contare.
Sono tutt’ora convinta che questo capitolo (da notare: quasi il doppio degli altri per farmi perdonare :D) sia un emerita schifezza, sia a livello di contenuto, che di sintassi, che di…tutto ecco. Ma mi sono imposta di finirlo, per cui non dico più nulla e mi cucio la bocca per amore della vostra pazienza.
Allora…date il benvenuto a Selena:) E’ un personaggio che avevo pensato già da tempo ma che mi ero prefissata di far spuntare più tardi, però non ho resistito per cui eccola qui:) la sua storia verrà svelata lungo il corso dei capitoli, per adesso avete capito che era una strega che poi è stata trasformata in vampiro e che è colei che ha aiutato Nina all’inizio della sua nuova vita. Ora, non so se si è capito ma stavano entrambe a Parigi prima che Nina venisse a Mystic Falls, con questo non dico che hanno vissuto 200 anni appiccicate come cozze, ma hanno sempre mantenuto i rapporti nonostante i viaggi e gli anni di separazione e che ogni tanto si sono ritrovate per periodi più o meno brevi. Lei, comunque, è sicuramente la migliore amica che ha, tant’è che è l’unica a conoscere tutta, ma tutta la sua storia (a proposito: c’è stata una rivelazione velata in un flashback da cui si può intuire ciò che già molte di voi hanno capito di come Nina è stata trasformata e da chi).
Non sono successe grandi cose in questo capitolo, se si esclude appunto Selena e il secondo incontro di Nina ed Elijah (che poi, che ne pensate?? A me non ha molto convinto, però possono sempre essere le mie pare in agguato XD –lo spero- ) ma già dal prossimo le acque si smuoveranno…eheheh la festa…no vabbè non vi dico nulla.
Vi prego ditemi che ne pensate (so che non ho il diritto di chiedere recensioni, ma dato che l’ultima volta erano solamente due ahimè – sigh sigh- spero che stavolta non siano proprio 0…) Vi chiedo ancora umilmente perdono, e ringrazio chiunque continui a seguire e a recensire la mia storia, penso proprio di adorarvi :)
Un bacio e a presto,
Deademia

 
PS: questa è Selena

Image and video hosting by TinyPic

     

  
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > The Vampire Diaries / Vai alla pagina dell'autore: Deademia