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Autore: biancarosa    12/01/2013    2 recensioni
Tutte le volte che passava davanti a uno specchio si stupiva di vedere la propria immagine riflessa. Per un momento si sentiva degna di essere guardata, di meritare l'attenzione, se non di qualcuno, almeno di qualcosa.
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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COME UNA PIETRA


 

Tutte le volte che passava davanti a uno specchio si stupiva di vedere la propria immagine riflessa. Per un momento si sentiva degna di essere guardata, di meritare l'attenzione, se non di qualcuno, almeno di qualcosa. Con il tempo aveva preso l'abitudine di avvicinarsi a una superficie riflettente ogni volta che si sentiva sola. Non che la solitudine le dispiecesse, in realtà. Aveva iniziato anche a parlare con se stessa mentre si specchiava, spesso lo faceva per ore. Suo padre si infuriaava sempre quando la sorprendeva nel farlo, come si infuriava quando la sorprendeva a parlare con le piante, con i fiori o con l'acqua del lago vicino alla loro tenuta in campagna. Le ripeteva che era pazza. Non capiva che si senitva bene. O forse non gli interessava...del resto, a nessuno importava di lei. Nemmeno a sua madre, per la quale era assolutamente insignificante, specialmente se paragonata alle altre due figlie. Beh, in fin dei conti Altea non era aprticolarmente apprezzata: contestava apertamente le idee del padre, e ciò, in una famiglia come la loro, era considerato a dir poco inaccettabile. Tuttavia, venina ascoltata. Sebbene fosse costantemente criticata, rimproverata, tormentata e schiaffeggiata, veniva comunque ascoltata, ciò che diceva veniva preso in considerazione...probabilmente perchè era stata la prima delle tre a nascere. Aida...Aida era la loro figlia prediletta. Bellissima, proprio come la madre, la quale non faceva che ripetere che una volta cresciuta avrebbe avuto schiere di uomini pronti a sposarla. Una creatura da vetrina, insomma, d'esposizione. L'ideale per un matrimonio combinato. Le posizioni erano chiare. Altea, la figlia ribelle. Aida, la filgia perfetta. Mentre lei, Amber, era soltanto la filgia ivisibile.

 

CAPITOLO 1 – LA FESTA DI COMPLEANNO

 

Sentì qualcuno bussare alla porta di camera sua. << Sei pronta? >> chiese la voce fredda e asciutta della madre << Ti volgio giù in salotto tra meno di cinque minuti >>.
Amber scese di malavoglia dal letto e afferrò il vestito che doveva indossare. Aveva l'aria di essere molto costoso. Era color verde smeraldo, di seta, lungo fino alla caviglie e con l'allacciatura dietro al collo. Non gliel'avevano comprato certo per compiacerla, questo era sicuro, ma se il compleanno di Aida doveva essere perfetto, anche lei sarebbe dovuta essere perfetta. Sua madre aveva davvero fatto le cose in grande: sarebbero stati presenti molti tra i più importanti membri della nazione, tra cui senatori, presidenti e, soprattutto, nobili. Qualcoa di decisamente esagerato per una bambina di soli cinque anni. Amber tipensò al poprio compleanno: si erano limitati ad una cena con i parenti più stretti in un lussuoso ristorante. Tanto per rimanrcare la loro posizione sociale, avevano optato per le ordinazioni più ricercate e raffinate, ed era dinita lì. Ovviamnete avevano ignorato il aftto che lei odiasse mangire nei ristoranti o in altri poati affollati. Soprattutto odiava mangiare cose dal nome impronunciabile: più avevano un nome strano, più si sarebbero rivelate disgustose, di questo era sicura. Uscì di malumore dalla propria camera e raggiunse gli altri in salotto.
<< Sei in ritardo >> le fece notare bruscamente suo padre, mentre si sistemava il nodo della cravatta. Amber, che non capiva perchè una persona dovesse portare la cravatta d'estate, non rispose, e prese a giocherellare nervosamente con i propri capelli. Gli altri non diedero segno di averla notata. Altea, seduta sulla poltrona, guardava il vuoto davanti a se, con espressione annoiata. Sua madre stava rileggendo un'ultima volta la lista degli invitati.
<< Bene >> disse in tono soddisfatto << Dovrebbero essere qui a momenti. La festa sarà in giardino, è meglio se cominciamo a uscire >>
. Altea si alzò e si diresse velocemente fuori, e il padre la seguì. Sua madre prese in barccio Aida. Prima di uscire si era voltata verso Amber e l'aveva guardata.
<< Cerca di sorridere >> le disse. Quando fu sola, Amber fece come le aveva detto, e sentì i muscoli del viso irrigidirsi. Uscendo cercò di ripensare all'ultima volta che aveva sorriso. Non ci riuscì. Non lo ricordava.

Un'ora dopo, con in mano una fragola, Amber si stava facendo largo tra le persone, diretta alla fontana di cioccolato. Passando vide suo padre intento a parlare con un uomo che doveva essere un Marchese o qualcosa di simile. Erano nel ventunesimo secolo, ma chi pensava che l'aristocrazia fosse morta si sbagliava. Lei stessa era figlia di un Barone. Erano in molti , e pronti a tutto pur di riavere i propri titoli e privilegi. Organizzavano riunioni su riunioni, avevano infiltrati ovunque. Erano molto più potenti e pericolosi di qualsiasi organizzazione mafiosa, o almeno, erano convinti di esserlo. Si ritenevano di gran lunga superiori rispetto a quella che chiamavano "la gente comune" e, per quanto le era concesso sapere, speravano e lottavano per un ritorno alla monarchia. Se qualcuno della "gente comune" li avesse visti, avrebbe pensato che fossero un gruppo di pazzi in un totale delirio di onnipotenza, ma tutto ciò, ovviamente, avveniva in gran segreto. Tuttavia, i loro nomi erano sempre accompagnati da un certo timore: la scia di sangue che si lasciavano alle spalle nel tentativo di realizzare i loro ambiziosi piani non era indifferente. Amber restò immersa nei propri pensieri, finchè non si accorse che un suo vecchio prozio la stava guardando.
<< Certo che le prendono sempre più giovani le inservienti >> disse a sua moglie, una signora altezzosa con guanti di seta nera lunghi fino al gomito.
<< Non è un'inserviente, Arturo >> gli sussurrò << E' Ambra, la seconda figlia di Stefano e Eleonore >>. Amber si allontanò, lasciando cadere a terra la fragola. Era da anni che si era ormai abituata a quel tipo di trattamento, non era certo una novità. Eppure in quel momento le era sembrato più ingiusto delle altre volte. Ebbe l'impulso di tornare indietro e strangolalo con un guanto della moglie, ma poi vide suo cugino Salvatore che le sorrideva, seduto solo a un tavolo lì vicino. Gli sorrise anche lei, questa volta con un sorriso sincero: Salvatore era l'unico membro della sua famiglia con il qiale era riuscita a stabilire un legame. Non che fosse diverso da tutti gli altri, al contrario, seguiva gli stessi principi e aveva le stesse convinzioni. Però era sempre stato gentile con lei. Beh, non proprio sempre. Ma era pur sempre meglio di niente. Lo raggiunse velocemente e si sedette di fronte a lui.
<< Tua madre si che sa organizzare le feste, Ambra >> dichiarò soddisfatto, mentre ingoiava un bignè alla crema.
<< Amber >> lo corresse lei, in tono seccato.
Era stata chiamata Amber in onore delle origini inglesi della madre, ma lì in Italia la chiamavano immancabilmente Ambra.
<< Si, fa lo stesso >> replicò lui con noncuranza.
Passarono qualche istante in silenzio, poi lei chiese: << Ti sembro una cameriera? >>.
Salvatore si voltò verso di lei e la guardò con aria interrogativa, alzando un soppracciglio.
<< Lo zio Arturo mi ha scambiata per un'inserviente >> spiegò.
<< Il prozio Arturo ha quasi cento anni. Cento, Ambra. E, nel caso non te ne sia accorta, le cameriere di casa tua sono vestite di verde stasera. E' normale che si sia confuso >>. Amber restò spiazata. Cercò con lo sguardo tutte le cameriere. Erano vestite di un verde molto simile al suo. Sua madre l'aveva vestita quasi come una cameriera. Con centinaia di euro di differenza, ma come una cameriera.
Capì subito perchè l'avesse fatto: voleva che passasse inosservata. Temeva che la sua stranezza avrebbe rovinato la festa.
<< Hai mai bevuto spumante? >> le chiese Salvatore, gli occhi puntati su un vassoio di calici di vino, non molto distante dal loro tavolo.
<< No >>.
<< Nemmeno io >> sussurrò lui, e, dopo essersi guardato attorno, si alzò.
<< Ma cosa vuoi fare?! >> esclamò Amber, guardandosi attorno a sua volta.
<< Tranquilla. Non se ne accorgerà nessuno >>.
Detto questo si diresse con disinvoltura verso i calici di spumante e, dopo averne presi due, tornò al tavolo. Salvatore cominciò a sorseggiare subito il suo, mentre Amber restò ferma a guardare le bollicine salire, esitante.
"Tanto sei solo un'inserviente " pensò " come se potesse importare a qualcuno...". Avvicinò il bicchiere alle labbra e bevve anche lei. Non seppe dire se il sapore le piacesse o meno. Sapeva solo che le piaceva berlo. Lo finì in pochi secondi e, dopo uno sguardo d'intesa con il cugino, fu lei ad andare a prenderne altri due. Noncuranti del fatto di avere dieci e undici anni, bevvero ancora. Amber scoppiò a ridere, e la risata le parve estranea, come se non provenisse veramente da lei. Si ritrovò in mano un altro calice, e bevve anche quello, e sentì la testa girarle. Cominciò a vedere le sagome delle persone in modo sfocato, e allo stesso tempo tutte perdevano importanza. Le sembrarono tutti uguali, quegli esseri umani, dettagli insignificanti rispetto alla grandezza della vita. E lei non si era mai sentita così viva. Sentì Salvatore dirle qualcosa, ma non capì cosa. Si limitò a ridere. Poi a cun certo punto anche lui scomparve, e lei continuò a ridere. Poco dopo, senza sapere come ci fosse arrivata, Amber si ritrovò davanti alla piscina sul retro, senza ricordare come ci fosse arrivata. Senza nemmeno togliersi il vestito si immerse nell'acqua scura. Le era sempre pisciuto nuotare...era un po' come volare, del resto: restare lì fluttuanti, sospesi a metà...ecco come si era sempre sentita. Sospesa. Sospesa in attesa di capire chi fosse, sospesa in attesa di non sentirsi più vuota. Restò sdraiata sulla superficie, facendosi cullare dall'acqua mentre guardava le stelle.
<< Sei così bella >> disse a Orione, la sua costellazione preferita << Vorrei poter brillare come te >>. Quando tornò in casa, tutti gli ospiti se n'erano andati. Doveva essre notte inoltrata. Passando davanti al soggiorno, vide la sua famiglia. Erano tutti lì, seduti sul divano o sulle poltrone, intenti a scartare i regali di Aida. Sembravano tutti felici, compresa Altea. No si accorsero che era sulla soglia ad osservarli. Erano i suoi genitori e le sue sorelle, eppure le sembravano estranei. Non seppe per quanto tempo restò lì ad osservarli, ma per la prim avolta si sentì totalmente indifferente alla loro indifferenza. Andò nella prorpia camera e si infilò nel letto ancora bagnata. Non dormì, quella notte, restò lì a pensare al perchè le cose avessero preso quella piega. Ma in quel momento, seppur senza motivo, senza sapere quando, sentiva che qualcosa sarebbe cambiato.

  
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