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Autore: PenelopeGin    12/01/2013    2 recensioni
Kurt Hummel non ha bisogno di una vacanza.
Non si sente stressato e non è neanche stufo del posto in cui vive.
Kurt Hummel non può andare in vacanza.
Ha un lavoro da portare avanti e sa che il tempo è dannatamente prezioso, niente può ostacolarlo dal mantenere i suoi ritmi.
Kurt Hummel non vuole fare una vacanza.
Viaggiare lo rende ansioso e tendente all’isteria.
Kurt Hummel andrà in vacanza.
Come faceva Rachel Berry ad essere così convincente?
°
Chumash!Blaine (Native American) - Tourist!Kurt.
Storia ambientata in una riserva indiana di Santa Barbara, California.
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel, Rachel Berry, Santana Lopez | Coppie: Blaine/Kurt
Note: AU, Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Kurt Hummel non ha bisogno di una vacanza.
 
Non si sente stressato e non è neanche stufo del posto in cui vive.
 
Kurt Hummel non può andare in vacanza.
 
Ha un lavoro da portare avanti e sa che il tempo è dannatamente prezioso, niente può ostacolarlo dal mantenere i suoi ritmi.
 
Kurt Hummel non vuole fare una vacanza.
 
Viaggiare lo rende ansioso e tendente all’isteria.
 
Kurt Hummel andrà in vacanza.
 
Come faceva Rachel Berry ad essere così convincente?
 

~

 
 
“Parigi? Sul serio, Rachel? Non starò tutto quel tempo in aereo, levatelo dalla testa.”
 
Kurt era irremovibile. Aveva accettato di andare in vacanza con Rachel solo perché lei aveva giocato la carta della povera ragazza abbandonata dal fidanzato geloso, ma non per questo avrebbe accettato di intraprendere un viaggio infernale solo per toccare il suolo europeo.
 
“Quindi sarebbe escluso anche il Marocco, immagino.”
 
Kurt la guardò con un’aria di estrema ovvietà.
 
“India?”, continuò Rachel, ma Kurt scosse la testa.
 
“Brasile!”, esclamò. Non era poi così lontano da loro.
 
“Rachel, forse non hai ben capito come stanno le cose. Non ho nessuna intenzione di lasciare gli Stati Uniti, assolutamente fuori discussione.”
 
Kurt era deciso, non si sarebbe allontanato molto da casa. Aveva bisogno di avere la certezza che se fosse accaduto qualcosa sarebbe riuscito a tornare indietro in poco tempo.
 
“Ma Kurt,” protestò lei, mettendo il broncio, “ho bisogno di andare lontano da questo posto. Perché non capisci? Devo ritrovare il mio io interiore e non ci riuscirò continuando a pensare al mio passato. E qui ho troppi ricordi.”
 
Io interiore? Si era bevuta il cervello?
 
“Puoi trovare un posto abbastanza lontano da qui, ma senza uscire fuori dal paese o, peggio ancora, dal continente. Mi dispiace davvero per te ed il tuo ego, ma sai che mi devi un favore per questa vacanza.”
 
Rachel non osò controbattere. Si mise nuovamente alla ricerca di un luogo che potesse soddisfare i gusti e le esigenze di entrambi, mentre Kurt si distrasse preparando la cena.
 
 
Il piatto di Rachel era rimasto completamente intatto quella sera. Kurt se ne risentì, soprattutto perché nessuno diceva di no ai suoi manicaretti. Sembrava troppo impegnata persino per prendere il respiro. Non gli diede neanche la buonanotte quando andò a letto, rimanendo attaccata al suo portatile con lo sguardo più concentrato di sempre.
 
Il giorno dopo, Kurt temeva che l’avrebbe trovata nella medesima posizione in cui l’aveva lasciata la sera prima. In realtà sul divano trovò un biglietto su cui era scritto qualcosa con la grafia morbida di Rachel.
 
Volevi un posto a stelle e strisce? Trovato.
 
Kurt era felice che Rachel fosse riuscita ad accontentarsi di qualcosa che non significasse varcare il confine continentale, ma lo preoccupava il fatto che non avesse specificato il posto. Aveva intenzione di dirglielo, giusto? No, non avrebbe mai accettato una vacanza a scatola chiusa.
 
Tuttavia, accadde proprio ciò che aveva previsto.
 
“È assolutamente fuori discussione!”
 
“Kurt, perché non riesci a capire? Se te lo dicessi troveresti una scusa per non venire!”
 
Kurt lanciò un’occhiata furiosa a quella che credeva essere la sua amica fuori di testa, ma che ormai riteneva solo… una fuori di testa.
 
“Vedi, è per questo che non accetterò mai! Per quanto ne so potresti trascinarmi nel posto più squallido di tutta l’America, anzi, dell’intero cosmo, e ti sembrerebbe comunque perfetto!”
 
Kurt odiava urlare in quel modo, ma Rachel stava davvero perdendo il senno. Da quando Finn l’aveva lasciata sembrava più folle del solito e non sarebbe stato strano se avesse fatto qualche sciocchezza a cui Kurt avrebbe poi dovuto porre rimedio.
 
“Volevo solo farti una sorpresa…”, singhiozzò improvvisamente lei, portandosi le mani sugli occhi.
 
Oh, no. Non stava piangendo davvero.
 
“Rachel, non mi farai cambiare idea se fai così” e per tutta risposta quella cominciò a piagnucolare più forte, facendo sentire Kurt un verme. Come era riuscito a passare dalla parte del torto in meno di un minuto?
 

~

 
In aeroporto Kurt era stato costretto a tenere una benda fino a quando non avevano preso i loro posti in aereo. Tutta quella cosa era assolutamente folle, ma sapeva che se non lo avesse fatto Rachel lo avrebbe accusato di essere un pessimo amico ed una persona crudele. Oh, buon cielo.
 
A giudicare dal tempo che impiegarono per arrivare a destinazione, Kurt capì che dovevano trovarsi nei pressi di Washington o della California.
 
Posti soleggiati. Bene. La sua pelle stava già cominciando a ribellarsi.
 
Usciti dall’aeroporto, Rachel pose nuovamente la benda sugli occhi di Kurt. Un taxi li avrebbe portati a destinazione, direttamente al posto che aveva scelto per passare la loro vacanza, che Rachel aveva fatto leggere al conducente su di un biglietto. Kurt pensò che non doveva essere un luogo sconosciuto se ci si poteva arrivare in taxi.
 
Dopo un paio d’ore di viaggio l’abitacolo si era riempito di un odore fresco e pulito che Kurt respirò a pieni polmoni. Non capiva cosa fosse esattamente, non ricordava di aver sentito mai niente del genere.
 
Quando il taxi si fermò, Rachel pagò il conducente e scese, trascinando con sé Kurt ancora bendato e i bagagli. Camminarono per qualche minuto, fino a quando Rachel non chiese a Kurt di togliersi le scarpe. Kurt era in preda al panico. Dove diavolo lo stava portando?
 
Obbedì solo perché la ragazza era stata chiara su quanto si sarebbero rovinate le sue costosissime scarpe se avesse continuato ad indossarle. Fece qualche passo avanti, fino a quando non avvertì qualcosa solleticargli i piedi, sprofondando un po’ ad ogni movimento. Ancora una sensazione del tutto nuova che lo terrorizzava. Non amava affrontare in quel modo le novità, ad occhi chiusi.
 
“Basta con questo stupido giochetto, Rachel. Toglimi la benda.”
 
Rachel eseguì l’ordine, soddisfatta di averlo fatto resistere così a lungo. Non vedeva l’ora che Kurt la ringraziasse per averlo portato in paradiso.
 
“Siamo all’inferno, per caso?”, chiese Kurt, dopo essersi guardato un po’ intorno.
 
Sapeva di aver esagerato. Quel posto non era poi così male, ma sembrava sperduto e isolato. Riusciva a vedere una grande distesa d’acqua, tanta sabbia e… il nulla.
 
“Non dirmi che ci accamperemo qui per un mese, ti prego. Sapevo che la tua valigia era troppo pesante per contenere solo vestiti. Hai una tenda lì dentro, non è vero?”
 
“Kurt, sei impazzito? Certo che no!”
 
“Posso almeno sapere dove siamo esattamente?”. La voce di Kurt suonava disperata. E rassegnata.
 
“Siamo in California, precisamente a Santa Barbara. Dovremmo essere nella riserva dei Cumas… C-Cuama…”
 
“Chumash”. Una voce dietro di loro si affrettò a correggere Rachel.
 
Kurt osservò la donna che aveva parlato e cercò di collegare le sue fattezze ad una qualche etnia. Aveva splendidi capelli corvini intrecciati, pelle olivastra, occhi neri.
 
“Benvenuti nella nostra riserva”.
 
Rachel sorrise ad un Kurt sempre più perplesso.
 
 
Kurt tirò un sospiro di sollievo quando la donna, la quale si era presentata come Sanuye, li guidò verso una zona in cui riuscivano ad intravedere delle abitazioni di legno. Pensò che almeno non avrebbe dovuto dormire dentro ad una tenda e questo era già un buon passo avanti.
 
La casa di Sanuye era come tutte le altre circostanti: una piccola dimora in legno, affacciata sul mare, frugale all’esterno tanto quanto lo sarebbe stata poi all’interno. Rachel sembrò entusiasta anche quando la proprietaria di casa mostrò loro le minuscole stanze in cui avrebbero alloggiato. Kurt, invece, sapeva di odiare già quel posto.
 
“Sarete certamente stanchi. Vi lascerò riposare in pace. Se avrete bisogno di qualsiasi cosa starò nella stanza in fondo al corridoio. Buonanotte.”
 
Per fortuna Sanuye era cortese e disponibile. Sorrideva spesso e Kurt la trovava incantevole. Chissà se tutti gli abitanti del posto sarebbero stati come lei.
 
 
Se solo fosse stato nel suo appartamento di New York o in qualche lussuoso albergo climatizzato, Kurt era certo che avrebbe preso subito sonno. Invece, rimase per due ore buone a rigirarsi su di una brandina cigolante, mentre dei grossi insetti lo infastidivano coi loro rumori e le punture.
 
Tirò verso di sé il lenzuolo e si coprì completamente, lasciando solo una piccola fessura per respirare. Chiuse gli occhi e maledisse il giorno in cui aveva ceduto davanti alle lacrime di Rachel.
 
 
Era riuscito finalmente ad addormentarsi, quando sentì un rumore provenire dal corridoio. Kurt sperò che Rachel non avesse intenzione di fare un’escursione notturna nel bel mezzo del nulla.
 
Sentì aprire la porta della sua camera, ma non aveva davvero voglia di sentire le chiacchiere della sua amica a quell’ora. Decise che avrebbe finto di dormire.
 
Tuttavia, Rachel non sembrava disposta ad andare via. Kurt scostò un po’ il lenzuolo e cercò di cogliere la figura della ragazza nel buio della stanzetta. Solo quando aguzzò la vista, aiutato dalla scarsa luce lunare che filtrava dalla finestra, gridò come non aveva fatto mai in vita sua. E alle sue urla se ne aggiunsero altre, del tutto nuove, che svegliarono definitivamente Sanuye e Rachel, facendole accorrere trafelate nella stanzetta.
 
Non era Rachel. No, certamente non poteva esserlo. Si trattava di un ragazzo. Un ragazzo in mutande che si stava infilando velocemente i pantaloni, rosso in viso per la vergogna.
 
“Blaine!”
 
Sanuye sembrava furente, ma Kurt era troppo sconvolto persino per notare il cambiamento di quel bel viso.
 
“Ti avevo detto che stanotte avresti dovuto dormire in soffitta! Chiedi scusa al signor Hummel e fila di sopra!”
 
Il ragazzo fece una smorfia, ma non osò controbattere.
 
“Mi dispiace.”
 
Kurt si prese del tempo per osservarlo. Doveva essere certamente il figlio di Sanuye o comunque un suo parente stretto, perché era bello come lei. Molto più di lei, a dire il vero. Pelle olivastra, ricci scuri, grandi occhi luminosi che lo fissavano in attesa di una risposta. Kurt rimase senza fiato.
 
“Non fa nulla”, rispose pensieroso.
 
Il ragazzo lasciò la stanza velocemente, senza salutare o dare la buonanotte. Sanuye sospirò.
 
“Perdonateci per questo. Non accadrà più.”
 
“Me lo auguro.”
 
Kurt non riuscì ad evitare di essere acido. Si era preso un bello spavento.
 
Davvero voleva che non accadesse più?
 
 
Il giorno seguente Kurt si guardò attentamente allo specchio del bagno. Occhiaie. Terribili e profonde occhiaie che nemmeno il suo perfetto rituale di idratazione avrebbe potuto cancellare. In fondo, che importava? Non era a New York, nessuno glielo avrebbe fatto notare in quel posto sperduto.
 
“Ha delle occhiaie davvero terribili, signor Hummel”, affermò sinceramente Sanuye quando lo vide scendere dalle scale.
 
Grazie tante.
 
La donna invitò Kurt a sedersi di fronte alla tavola imbandita, ricolma di cibo.
 
“Si serva pure, signore.”
 
Kurt non aveva mai visto tante squisitezze in vita sua. Avrebbe voluto assaggiare ognuna di quelle cose che aveva di fronte, ma essere in vacanza non era una buona scusa per interrompere il suo rigido regime alimentare.
 
Di tutt’altra idea era invece il giovane che la sera prima aveva fatto irruzione nella sua camera. Entrato in cucina, aveva fatto cenno con la testa alla madre e poi all’ospite, dirigendosi subito a prendere una grossa fetta di torta. Sanuye gli schiaffeggiò la mano, ma il ragazzo non sembrò intenzionato a mollare la presa dal suo dolce.
 
“Blaine, è per gli ospiti!”
 
Kurt osservò il volto corrucciato di Blaine che esitò, ma alla fine ripose la fetta di torta sul vassoio da cui l’aveva presa.
 
“Oh, non si preoccupi, Sanuye. Credo che prenderò solo del thè.”
 
“Non le piace quello che ho preparato, signor Hummel?”
 
“Sembra tutto molto delizioso,” si affrettò a precisare Kurt, “ma seguo una dieta ferrea che non vorrei dover rivedere.”
 
Sanuye sembrava non capire esattamente cosa spingesse Kurt a non mangiare nulla. Quel ragazzo era troppo minuto, per i suoi gusti. Diede il permesso a Blaine di prendere il suo pezzo di torta e cominciò a lavare le stoviglie che aveva sporcato quella mattina.
 
Kurt osservò il ragazzo sedersi di fronte a lui e addentare con gusto il dolce che aveva tra le mani. Riusciva ad essere bello persino con le briciole ai bordi della labbra. Sentendosi osservato, Blaine passò il dorso della mano sulla sua bocca e Kurt non riuscì a fare a meno di trovarlo adorabile. Semplicemente adorabile.
 
Non appena mise in bocca l’ultimo grosso boccone, Blaine prese una caraffa con del latte fresco e se ne verso un po’ in un bicchiere. Lo bevve tutto velocemente, mentre ne usciva fuori una gocciolina che scivolò lungo il suo collo per poi essere assorbita dalla maglietta verde militare che stava indossando. Kurt deglutì rumorosamente a quella visione. E pensare che il giorno prima lo aveva visto quasi completamente nudo.
 
Blaine si avvicinò a lui, con le labbra ancora bagnate di latte.
 
“Quanti anni ha lei, signor Hummel?”
 
Kurt era paralizzato.
 
“Ventidue”, rispose velocemente.
 
“E dove lavora?”
 
Le domande di Blaine erano semplici e concise, non sembrava avere secondi fini. Forse era solo curioso.
 
“Io sono un fotografo.”
 
Kurt poteva sentire il suo cervello urlargli che ne aveva fotografati tanti di ragazzi come Blaine, non c’era motivo di sentirsi così teso.
 
“Blaine, adesso basta infastidire il signor Hummel. Dritto a scuola.”
 
Dritto a scuola. Scuola.
 
“V-vai ancora a scuola?”
 
Blaine non gli diede ascolto e uscì di casa, dopo aver messo in spalla lo zaino vicino alla porta.
 
“Mio figlio ha diciassette anni, signor Hummel. Frequenta la scuola della riserva.”
 
Kurt ebbe una strana voglia di sprofondare sotto metri e metri di sabbia.
 
Non aveva fatto quei pensieri su un adolescente, vero?
 
Maledetta, maledettissima vacanza.
 
 
 
 
 
 
 

~

 
 
 
 
 
 
 
Che bello ricominciare a scrivere dopo tanto tempo! Mi è mancato davvero tanto.
 
Avevo detto a coloro che seguivano l’altra mia storia che avrei scritto questa cosa, ma non vi avevo detto di cosa trattasse. Ecco, riepilogando: Kurt è un fotografo ventiduenne, Blaine un Chumash (un indioamericano, per intenderci) diciassettenne. Questa storia è un casino, ma mi piaceva l’idea e quindi… eccola qui.
 
Ho messo il rating arancione perché fondamentalmente non è smut, ma ci sarà qualche riferimento alla sfera sessuale (scusate, mi hanno ispirato le foto di Darren senza maglietta in spiaggia per il mio Chumash!Blaine. Sfido chiunque a fare pensieri casti di fronte a quelle foto, pls.),
 
Spero vi possa piacere tanto quanto “La passione non ha legge” (che verrà aggiornata fa qualche giorno).
 
Come sempre vi lascio la mia pagina FB che dovrebbe servire per gli aggiornamenti, ma in realtà non serve proprio a nulla! Ma la lascio lo stesso, non si sa mai. Eccola: 
https://www.facebook.com/pages/Austener-EFP/166413230155194
  
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