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Autore: PenelopeGin    20/03/2013    1 recensioni
Kurt Hummel non ha bisogno di una vacanza.
Non si sente stressato e non è neanche stufo del posto in cui vive.
Kurt Hummel non può andare in vacanza.
Ha un lavoro da portare avanti e sa che il tempo è dannatamente prezioso, niente può ostacolarlo dal mantenere i suoi ritmi.
Kurt Hummel non vuole fare una vacanza.
Viaggiare lo rende ansioso e tendente all’isteria.
Kurt Hummel andrà in vacanza.
Come faceva Rachel Berry ad essere così convincente?
°
Chumash!Blaine (Native American) - Tourist!Kurt.
Storia ambientata in una riserva indiana di Santa Barbara, California.
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel, Rachel Berry, Santana Lopez | Coppie: Blaine/Kurt
Note: AU, Lime | Avvertimenti: nessuno
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Kurt Hummel non indossa altro che i propri vestiti.
 
Spende metà della sua paga per acquistarli.
 
Kurt Hummel non va in giro mezzo nudo.  
 
Si veste solo con pantaloni lunghi fino alla caviglia e foulard colorati per coprire eventuali scollature.
 
Kurt Hummel indosserà pantaloncini e magliette con un largo scollo a V.
 
Sta già chiedendo perdono al grande dio della moda.
 

~

 
Kurt avrebbe dato qualsiasi cosa per togliersi all’istante i pantaloni strettissimi che aveva indossato quel giorno, ormai praticamente incollati alle sue gambe per via del sudore.
 
Quel posto era afoso, più di New York in piena estate, e si disse che avrebbe preferito respirare le micro polveri della Grande Mela, piuttosto che l’aria salubre di quel posto sperduto.
 
Sanuye li aveva portati a fare un giro della riserva, in modo che potessero muoversi da soli nei giorni successivi, ma, a differenza dell’entusiastica Rachel, a Kurt premeva solo di tornare presto a casa, spogliarsi e passare chili di crema idratante sulla pelle seccata dai caldi raggi del sole.
 
“Quanto manca ancora?”, continuava a chiedere con tono lamentoso, senza accorgersi di sembrare uno di quei bambini lagnosi che criticava tanto quando li vedeva per strada.
 
Sanuye rispondeva con un sorriso, che ovviamente Kurt non ricambiava.
 
Rachel riempì un piccolo taccuino rosa di informazioni riguardo la riserva e “non vorrei che ci perdessimo!”, continuava a dire.
 
Kurt sbuffava ogni volta che l’amica – o quello che gli era sembrata essere fino al momento in cui lo aveva portato in quel maledettissimo posto – apriva bocca per emettere urletti eccitati di fronte a qualsiasi cosa Sanuye avesse da mostrare.
 
“Sanuye, manca molto al nostro ritorno?”, chiese nuovamente Kurt e all’ennesimo sorriso della donna, continuò a parlare con serietà. “Davvero, non riesco più a camminare con questi pantaloni addosso!”
 
“Forse avresti dovuto portare qualcosa di più consono, Kurt”, intervenne Rachel, scarabocchiando qualcosa sul suo taccuino.
 
Kurt la fulminò con gli occhi.
 
“Forse avresti dovuti dirmi dove diavolo mi stavi portando, Rachel!” e non si era reso nemmeno conto di averlo urlato, attirando l’attenzione di qualche passante.
 
Rachel non rispose, limitandosi a scuotere la testa.
 
“Va bene, può bastare. Torniamo a casa”, disse bonariamente Sanuye per scacciare la tensione.
 
Kurt sospirò di sollievo, lanciando un’ultima occhiata furibonda a Rachel.
 

~

 
Kurt corse di sopra a sdraiarsi sulla brandina della sua stanza una volta rientrato in casa. Aveva bisogno di riposarsi prima di passare all’ “operazione pantaloni”, che sapeva avrebbe richiesto tempo e concentrazione.
 
La casa di Sanuye non era per niente fresca e confortevole come il suo appartamento di New York, ma di certo era molto più piacevole stare lì piuttosto che cuocersi lentamente sotto il sole.
 
Chiuse gli occhi e si appisolò per un momento, fino a quando qualcuno non bussò leggermente alla sua porta.
 
“Signor Hummel, sono io.”
 
La voce dolce di Sanuye lo risvegliò. Scese pigramente dal letto e aprì la porta, trovandosi davanti la donna con una grossa cesta tra le mani piena di vestiti. Lei la poggiò per terra, per poi guardare sorridente verso Kurt.
 
“Le ho portato degli indumenti che potrebbero essere più comodi per il tempo che resterà qui.”
 
Kurt buttò un occhiata veloce alla cesta. Poteva distinguere canottiere, t-shirt e pantaloncini al suo interno.
 
“Sono di Blaine, ma credo possano andare bene anche per lei”, continuò la donna, riprendendo la cesta e portandola all’interno della stanza.
 
Kurt avrebbe voluto opporsi, non era abituato a quel tipo di abbigliamento e, soprattutto, non poteva indossare i vestiti di un ragazzino, ma le sua gambe continuavano ad urlare di voler essere liberate e ricordò che in valigia non avrebbe avuto altro che pantaloni aderenti all’inverosimile.
 
“Grazie mille, Sanuye”, si limitò a dire, ricambiando un sorriso forzato.
 

~

 
In cucina stavano tutti aspettando che Kurt si presentasse per il pranzo. Rachel lo aveva chiamato urlando dal piano di sotto, mentre aiutava Sanuye ad apparecchiare la tavola, e Blaine era seduto ad un lato del tavolo intento a sorseggiare una bevanda fredda.
 
Kurt si fece vivo solo quando Rachel gridò insistentemente il suo nome, facendogli notare che il cibo si sarebbe freddato. Si presentò timidamente sulla soglia della cucina, con la testa bassa, avanzando a passo di formica, e sembrava quasi sul punto di tornare indietro.
 
Aveva deciso di seguire il consiglio di Sanuye, così aveva frugato tra gli indumenti della cesta, scegliendo alla fine quelli che lo facevano sentire meno… scoperto: pantaloncini lunghi fin poco sopra al ginocchio ed una maglietta troppo piccola che risultò quindi particolarmente aderente sulla spalle.
 
I tre seduti a tavola ebbero reazioni differenti.
 
 Rachel non era riuscita a trattenere una grossa risata vedendo l’amico vestito in quel modo e gli avrebbe scattato una foto se solo Kurt non le avesse lanciato un’occhiata furiosa.
 
Sanuye, invece, assicurava che la maglietta si sarebbe allargata adesso che l’aveva indossata.
 
Blaine si era limitato a risputare nel bicchiere ciò che stava bevendo.
 
Kurt non osò alzare gli occhi su di lui. Era certo che Blaine avrebbe avuto da ridire sul fatto che stava indossando i suoi vestiti, che per di più sembravano sul punto di strapparsi da un momento all’altro.
 
Occupò la sedia vuota e nascose prontamente le gambe sotto il tavolo. Rimase con la testa chinata verso il basso e gli occhi sul cibo per tutta la durata del pranzo, ma era quasi certo che qualcuno lo stesse osservando da un po’ e certamente non poteva essere Rachel intenta a discutere animatamente con Sanuye su quanto fosse buono e contemporaneamente salutare il pranzo che la donna aveva preparato.
 
Blaine lo stava fissando, mentre giocherelleva col cibo rimasto nel piatto, e non si era curato di non darlo a vedere. Kurt ne era terrorizzato: sapeva perfettamente cosa significasse essere un adolescente e lui avrebbe ucciso chiunque avesse osato solo sfiorare il suo armadio.
 
“Lei viene con noi, signor Hummel?”
 
La voce di Sanuye destò Kurt dai suoi pensieri.
 
“Mi scusi, Sanuye, credo di non essere stato molto attento”, ammise, alzando finalmente gli occhi dal piatto.
 
“Sanuye vorrebbe farmi conoscere delle sue amiche”, si intromise Rachel, “e andremo oggi pomeriggio.”
 
Kurt non pensò molto prima di rispondere.
 
“In realtà avevo pensato di andare in spiaggia a scattare qualche foto e a…”
 
“Posso accompagnarlo io”, lo interruppe Blaine, rivolgendosi alla madre. “Se per il signor Hummel non è un problema, ovviamente.”
 
A quelle parole, Kurt si decise ad incontrare gli occhi del ragazzo. Fu un sollievo notare come si fosse sbagliato sul fatto che Blaine potesse avercela con lui per la storia dei vestiti.
 
“C-certo”, balbettò confuso, “nessun problema.”
 
Blaine sfoderò un sorrisetto soddisfatto che lasciò per un attimo Kurt senza fiato. Trovava quel ragazzo davvero incantevole, almeno il doppio di quanto lo fosse sua madre. Anzi, il triplo.
 

~

 
Durante il breve tragitto che li avrebbe portati alla spiaggia, Kurt tentò di conversare col ragazzo al suo fianco. Voleva sembrare simpatico e allo stesso tempo rompere quell’imbarazzante silenzio tra i due.
 
“Quindi…”, iniziò titubante, “come mai vai a scuola anche d’estate?”
 
Blaine si strinse nelle spalle prima di rispondere.
 
“Punizione”, disse a bassa voce.
 
“Punizione?”, chiese Kurt, e solo dopo si rese conto di essere stato un tantino espansivo.
 
Blaine si limitò ad annuire, cercando di sviare il discorso.
 
“Comunque mi piace andare a scuola, è fresco lì.”
 
“Davvero? Allora dovrei venire con te uno di questi giorni.”
 
Blaine rivolse un’occhiata divertita a Kurt, poi distolse lo sguardo.
 
“Siamo arrivati”, esclamò infine, continuando a camminare.
 
Kurt guardava tutt’intorno la spiaggia deserta, in cerca di un posto interessante in cui si sarebbe posizionato per scattare qualche foto, mentre Blaine procedeva silenzioso accanto a lui, osservandolo, cercando di capire quali fossero le sue intenzioni.
 
Quando Kurt aveva la sua macchina fotografica tra le mani tendeva a dimenticare il resto del mondo, concentrandosi solo sul prezioso oggetto personale e su ciò che intendeva fotografare.
 
Ad un tratto sembrò aver visto qualcosa che lo colpì e cominciò a camminare a grandi passi verso degli scogli poco distanti. Arrampicarsi non fu altrettanto facile come aveva sperato.
 
“Signor Hummel, non credo sia una buona idea salire lì sopra”, osservò timidamente Blaine.
 
“Kurt. Chiamami solo Kurt”, rispose Kurt, incurante di quanto il ragazzo con lui avesse detto.
 
“D’accordo, K-Kurt. Adesso potrebbe… Potresti scendere? Non sono sicuro che mia madre sarebbe felice di vedermi tornare senza di te.”
 
Kurt sventolò una mano in segno di protesta, continuando ad arrampicarsi su per gli scogli. Quando fu in cima urlò: “Non preoccuparti! So quello che faccio!”
 
Blaine sospirò e anche lui si avviò su per lo scoglio.
 
“Vedi”, cominciò Kurt, quando vide Blaine accanto a lui, “non sarebbe stato lo stesso fotografare il sole da lì sotto”.
 
Blaine annuì poco convinto, per poi sedersi poco distante da dove Kurt si era posizionato per cominciare a  scattare qualche foto.  Rimasero in silenzio per parecchio tempo, ascoltando solo il rumore dello scatto e di qualche gabbiano che passava sopra di loro.
 
“Posso vederne qualcuna?”, chiese alla fine Blaine, mostrandosi particolarmente annoiato.
 
Kurt si stupì di quell’improvviso interesse, ma non disse di no. Lasciò che il ragazzo si avvicinasse a lui e guardasse sul display dove scorrevano le foto già scattate.
 
Blaine rimase in silenzio per un po’. Osservò il paesaggio davanti a sé, la grande distesa di acqua e il sole all’orizzonte, poi tornò di nuovo con gli occhi sulle fotografie scattate da Kurt. Sembrava piuttosto perplesso.
 
“Come ci riesci?”, domandò infine.
 
“Uhm, a fare cosa?”
 
“A far sembrare tutto questo…”, rispose, indicando il paesaggio di fronte a loro, “migliore di come è in realtà.”
 
Kurt ci mise qualche secondo prima di capire esattamente cosa intendesse dire Blaine. Gli aveva appena fatto un complimento. Il migliore che gli avessero mai rivolto in tutta la sua carriera da fotografo, a dirla tutta.
 
Notando che Kurt non rispondeva, Blaine continuò a parlare, con l’entusiasmo di un bambino nei suoi grandi occhi.
 
“Ci riusciresti anche con me?”
 
Kurt sentì il cuore stringersi in un pugno quando ascoltò Blaine porgli quella domanda con un tono innocente e malinconico. Davvero quel ragazzo aveva bisogno di sembrare migliore di quello che era?
 
“Avanti, scattami una foto.”
 
Incapace di protestare, Kurt annuì e si posizionò di fronte a Blaine, puntando l’obiettivo verso di lui.
 
“Devo sorridere?”
 
Dio, sì. Sorridi, ti prego.
 
“Sii te stesso”, rispose Kurt, cominciando a scattare foto.
 
E poi tutto accadde piuttosto velocemente.
 
Kurt vide attraverso il display che Blaine armeggiò con la sua maglia fino a quando non la tolse completamente e la fece scivolare per terra. Quella visione lo sorprese, tanto che mosse un passò indietro, piuttosto lungo, ma il piede non trovò nulla su cui poggiarsi e la forza di gravità fece il resto. Sentì Blaine urlare il suo nome, prima di cadere in acqua.
 
Si diede dell’idiota quando, dimenandosi come un ossesso, riuscì a pensare solo a quanto fosse stato stupido a non seguire i corsi di nuoto al liceo. Chiuse gli occhi, cercando un qualsiasi appiglio con le mani. Quando lo trovò, si aggrappò ad esso, e solo dopo qualche secondo si rese conto che quello era un braccio umano che lo stava tirando.
 
Era parecchio stordito e aveva bevuto un bel po’ quando Blaine lo trascinò fuori dall’acqua, facendolo distendere poi sulla sabbia e chinandosi su di lui.
 
“Signor Hummel”, lo chiamò Blaine, scuotendolo. “Signor Hummel, apra gli occhi!”
 
“Kurt”, rispose in un sussurro, tenendo ancora gli occhi chiusi e sputacchiando un po’ d’acqua.
 
“Che cosa?”, domandò Blaine incredulo.
 
“Chiamami Kurt”.
 
Blaine sorrise sollevato, mentre Kurt cercava di aprire gli occhi e guardarlo.
 
Gli prese un colpo quando lo fece. Pensò che quella fosse la volta buona che si lasciasse morire per infarto.
 
Blaine si era messo a cavalcioni su di lui nel tentativo di fargli riprendere conoscenza. Si rese conto di trovarsi ancora in quella posizione solo quando Kurt sbarrò improvvisamente gli occhi. Si alzò di corsa, rosso in viso e bagnato e senza maglietta e buon cielo, per un momento Kurt fu così felice di essere caduto in acqua.
 
“M-mi dispiace”, balbettò timidamente Blaine, abbassando lo sguardo.
 
Kurt si mise in piedi, barcollando leggermente e fissando i granelli di sabbia sotto i suoi piedi. Perché doveva trovarsi in situazioni così imbarazzanti?
 
“Non fa nulla, Blaine”, rispose poi, sventolando una mano verso il ragazzo.
 
Blaine lo fissò con quei grandi occhi luminosi e Kurt si chiese come riuscisse a sembrare un cucciolo bisognoso d’affetto e contemporaneamente uno splendido e sensuale adolescente.
 
“La mia macchina fotografica!”, urlò quando si rese conto di non avere l’oggetto con sé.
 
Vide Blaine arrampicarsi nuovamente sullo scoglio e scendere qualche minuto dopo con la sua macchina fotografica in una mano e la maglietta su una spalla.
 
“È caduta per terra, non so se funzioni ancora…”, osservò Blaine sconsolato.
 
Kurt prese la macchina, osservando tristemente qualche graffio su di essa. Poi provò ad accenderla ed i suoi occhi si illuminarono quando vide che non si era rotta.
 
“Grazie mille”, sorrise al ragazzo che lo osservava con curiosità.
 
“Forse è il caso di tornare a casa”, lo informò Blaine, facendo spallucce.
 
Kurt annuì distrattamente, continuando a contemplare la sua macchina fotografica, scorrendo le ultime foto scattate, osservandole con occhio critico. Non si era nemmeno accorto di aver cominciato a sorridere quando sul display era spuntato il viso del ragazzo che camminava accanto a lui.
 
In fondo, quella vacanza non era poi così male.
  
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