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Autore: carelesslove    13/01/2013    1 recensioni
La donna si chinò sulle ginocchia e si fermò a fissare la figlioletta negli occhi chiari e sgranati. – tesoro, la mamma deve andare via
- Harry, per favore. – la implorò John esterrefatto – parliamone almeno. Non puoi piombare qui in questo modo e sconvolgermi la vita!
- Trovati una baby-sitter. – rispose lei candidamente.
John scosse la testa con rassegnazione - Aveva ragione nostra madre. Sei inaffidabile e impulsiva.
- Me l’ha consigliato la mia analista. E io sono d’accordo. Andare in clinica è la cosa giusta.
- La tua analista un caz…- insorse lui, poi si morsicò la lingua – Al diavolo tu e quella psicopatica…altro che psicologa, è più psicopatica lei dei suoi clienti.
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Genere: Angst, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altro personaggio, John Watson , Nuovo personaggio, Sherlock Holmes
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Una famiglia per John

 
 
- John, sai che non posso tenerla con me dove sto andando…
- Harry, sei impazzita? – protestò sconvolto.
- Sono lucidissima. - asserì lei lasciandolo basito - E ti assicuro che non mi capita spesso ultimamente. L’unico modo per uscirne è questo. In clinica posso ricevere visite due giorni la settimana e nel week-end.
- E’ uno scherzo?
- Tu cosa ne pensi?
- Harry, porca miseria! Non puoi farlo. – la ammonì, cercando di suonare il più possibile autoritario.
- Lo sto facendo – gli tenne testa lei, poi si chinò sulle ginocchia e si fermò a fissare la bimba negli occhi chiari e sgranati. – Tesoro, la mamma deve andare via, lo sai…tu non centri, è colpa mia.
- E’ perché sono stata cattiva? Perché ho rotto quel vaso blu…e ho preso quel brutto voto a scuola?- pigolò la figlia.
- No tesoro, ne abbiamo già parlato, non è colpa tua. Appena potrò tornerò a prenderti. Fai la brava con lo zio e non fare i capricci. – la prese tra le braccia e le sussurrò all’orecchio – la mamma ti vuole bene, lo sai. – poi le diede un bacio sulla guancia.
- Harry, per favore. – la implorò John esterrefatto – parliamone almeno. Non puoi piombare qui in questo modo e sconvolgermi la vita!
- Ma quale vita, John. Sono mesi che ti piangi addosso. Le nostre vite fanno schifo ed è ora che almeno uno di noi faccia qualcosa di concreto per migliorare le cose.
- Migliorare le cose? – replicò irritato - Questo lo chiami 'migliorare le cose'? Io non posso occuparmi di tutto. – omise di dire di Lei perché la bambina stava guardando verso di loro, osservando il diverbio senza perdersi una sillaba – Tu devi essere – cercò la parola più indicata ma al momento le sue facoltà intellettive erano andate a farsi benedire - …ragionevole. Devi essere ragionevole, Harry. Ho un lavoro o te lo sei scordata? Come posso fare, secondo te?
- Trovati una baby-sitter. – rispose lei, candidamente.
John scosse la testa con rassegnazione - Aveva ragione nostra madre. Sei inaffidabile e impulsiva.
- Me l’ha consigliato la mia analista. E io sono d’accordo. E’ la cosa giusta.
- La tua analista un caz…- insorse lui, poi si morsicò la lingua – Al diavolo tu e quella psicopatica…altro che psicologa, ha più problemi lei di quelli che dovrebbero avere i suoi pazienti.
- John, non mi fare questo. – lo supplicò lei, torcendosi le mani nervosamente - ti prego.
Il medico si passò una mano nei capelli, sconfitto. Sospirò e si chinò verso la bambina, posandogli una mano sulla testolina bionda. – Perché non vai di là in cucina a mangiare una fetta di torta? La sig. Hudson è una bravissima cuoca. Sul tavolo ce n’è una fetta già tagliata. Parlo un attimo con tua madre e ti raggiungiamo.
La bambina annuì e si avviò con lo zaino in spalla e l’impermeabile che seminava goccioline di pioggia sul pavimento dell’ingresso.
La guardò sparire nell’altra stanza e osservò la sorella con sguardo severo. – adesso tu mi stai a sentire. Io non posso prendermi questa responsabilità. Perché non lo chiedi a suo padre?
- Sai benissimo che non posso. E’ come me, un alcolizzato e dopo quella notte non l’ho mai più visto, non ho nessuna intenzione di rintracciarlo. Eravamo ubriachi.
John la guardò con pena e riprovazione – come fai a vivere in questo schifo?
- Non provare a giudicarmi John! Tu sei sempre stato il cocco di mamma: hai proseguito gli studi, sei diventato medico, sei il ritratto del ragazzo modello. - elencò - Hai sempre avuto l’approvazione della famiglia, perché eri normale. Mentre io ero la pecora nera, e solo perché non ho fatto l’università e ho delle inclinazioni sessuali diverse. Hai una vaga idea di quello che abbia dovuto sopportare in quegli anni?
- Io non ho mai voluto questo, non ho mai desiderato essere il figlio perfetto.
- E io non mai voluto essere la figlia degenere. Ma è successo, mi son sempre presa le colpe anche quando non erano le mie, perché certo non poteva essere stato quell’angioletto di mio fratello. Il piccolo Johnny tanto bravo. I nostri ruoli ci sono stati cuciti addosso dagli altri e hanno finito per condizionarci a vita.
- Harry, giuro su Dio che se mi stai mentendo e questa storia della clinica è una scusa…- la guardò di traverso - può finire male. Molto male, sul serio…
Lei scosse la testa e si mise una mano nella tasca del giubbotto, cavandone un foglio ripiegato e un po’ malconcio, glielo consegnò mordendosi un labbro – puoi leggere tu stesso. E’ la pratica di ricovero e in fondo c’è la mia firma. Puoi telefonare se non ti fidi.
John inspirò profondamente e chiuse gli occhi portandosi una mano a grattarsi la tempia sinistra, deglutì, e si massaggiò la fronte. – … io non ce la faccio. Sono così stanco.
Sentì la serratura scattare e spalancò gli occhi, allarmato. La porta era di nuovo chiusa e sua sorella se n’era andata.
Avrebbe voluto rincorrerla per la tromba delle scale urlandole di fermarsi e tornare indietro, ma era troppo stanco. E la voce lo aveva abbandonato del tutto.
Aprì le dita e lasciò che il foglio bianco e stropicciato scivolasse a terra, a perdersi nel bianco delle mattonelle.
Si voltò e lentamente si avviò verso la cucina, con aria afflitta. Non che avesse qualcosa contro la nipote ma non voleva più vivere con nessuno, non voleva più affezionarsi, voleva restare da solo, nella abiezione e nell’accidia[1]e continuare con la sua misera e monotona vita, senza complicate relazioni affettive, senza preoccupazioni, senza responsabilità.
Arrivato sulla soglia vide la bambina seduta immobile così come l’aveva lasciata, col giubbotto e lo zainetto ancora indosso, si era solo aperta la lampo per il caldo. Inutile dire che la torta non era stata toccata. Aveva le labbra strette e gli occhi lucidi ma non piangeva, guardava fisso davanti a sé, non dando segno di averlo notato.
- Sofia. – la chiamò.
Lei si alzò dirigendosi verso di lui e gli si gettò tra le braccia – zio John.
Lui deglutì e sussurrò, stringendola un poco – siamo rimasti soli, eh?
La bambina non replicò, poi a un trattò esclamò – chi è quel tizio nella foto?
A John mancò il fiato – E’… - balbettò – te lo dico un'altra volta – mormorò, la voce leggermente roca. – adesso andiamo a toglierci questa roba bagnata di dosso…
 
 
n.d.a.:
Chiedo scusa per questa cosa. E’ stato un raptus. Nonostante debba ancora continuare rule reversed 2 e a fine mese ho due esami non sono riuscita a trattenermi. Mi piacerebbe farne una long. Ho scritto già qualche pezzo. Come mia consuetudine è ambientata temporalmente dopo la caduta ed è Leggermente AU o what if  in quanto Harriett ovviamente non ha una figlia.
Buona lettura, ammesso che sia di vostro gradimento.
Ps: Il nome della bambina non è molto British ma mi piaceva.
 

 
 



[1]Le due parole sono tratte da Secret Window, il film con Johnny Deep.
  
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