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Autore: Chrysalide    13/01/2013    0 recensioni
Jake Gyllenhaal & Anne Hataway.
"Ad Anne mancava suo nonno, e più di tutto le mancava la libertà che si sentiva di avere quando correva tra le praterie intorno a casa [...]
Le mancava svegliarsi con la luce del sole di periferia, che non era decisamente il solito di quello di città. Come le mancava il latte appena munto la mattina e le bacche e fragoline fresche che andava a cogliere tra i cespugli."
Anne è una ragazza chiusa, complessa, piena di sfaccettature e di pensieri non sani. Ha anche un cuore d'oro, molti pregi, e una bellezza che non comprende ma che cattura l'attenzione di molti. E' una ragazzina semplice, che purtroppo si è paradossalmente trovata adulta in un corpo che non sente suo.
Odia lo stile di vita che fa, e brama sempre l'arrivo della primavera per andare a trovare il nonno nella sua casa in mezzo ai boschi e le vallate. E' il suo rifugio quello; scappa dalla frenesia della sua vita per rintanarsi nella sicurezza di quello che non e che conosce. Crede quest'anno di tornare come abitualmente fa sempre, ma qualcosa cambia, questa volta troverà una sorpresa.. che il suo futuro non mancherà di ripresentarle.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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Il viaggio fu lungo, i finestrini scorrevano i palazzi e le case, poi iniziarono le piccole e rade strutture periferiche, infine i campi.
Campi di girasoli che si trovavano vicini alla periferia lasciarono il posto a distese verdi, nelle quali gli uccelli stavano in mezzo a riposarsi o a rinfrescarsi nei corsi d’acqua che sottostavano il prato e la strada.
In macchina Anne sperò di poter avere un po’ di piacevole conversazione col padre, ma ne ebbero poca. Lui stava a fissare dritto la strada occupandosi dei suoi pensieri, e Anne stava a fissare i finestrini ad occuparsi a sua volta dei propri. La radio era l’unica che parlava, ma sparava tante inutili parole e mandava in onda sempre la solita musica commerciale di merda che piaceva a tutti.
A tutti quegli idioti. A tutti quelli che se proponevi un bel pezzo dei Led Zeppelin ti guardavano schifati, e che facevano la solita ghigna anche davanti ad un pezzo dei Pink Floyd, Doors, Nirvana, definendoli tossici ostrafatti perché la loro voce in effetti comunicava questo. Beh grazie per l’informazione, siete veramente perspicaci!
Se non lo dicevano questi cervelloni che si facevano come avrebbe potuto l’umanità andare avanti?
..MA SIETE SCEMI?! Certo che si facevano! Sarebbe stato strano che non lo avessero fatto! TUTTI, anche noi comuni mortali fumiamo e c’è gente che si fa, perché proprio loro non avrebbero dovuto?
Loro, i più grandi pezzi di un genere che andava contro la società (e va ancora contro! Anche se personalmente sono morti, la loro musica giustamente non lo è), anti-conformista, che è stata accusata anche di riferimenti al satanismo ecc., secondo voi non si facevano?
Cazzo, ci prende la rabbia, loro considerano solo il lato “brutto” senza voler notare i significati dei testi, determinati messaggi che volevano promulgare, l’adrenalina che facevano crescere in ogni persona al suono di una sola schitarrata o un assolo di batteria. Questa è realtà
Non le cagate come Gangnam Style per la quale nelle piazze erano scese molte più persone a ballare quel balletto epilettico al posto di scendere a lottare per i propri DIRITTI DI PERSONA, che a parere personale sono più importanti.
La gente degli anni ’60 in poi si è fatta –e ringraziando il cielo che ai tempi d’oggi qualcuno c’è ancora- il culo sugli strumenti a studiare note e accordi, e poi dei bastardi si prendono i posti in vetta alle classifiche per aver detto ‘Op Op Op GanGnam Style”.
..questo andava a pensare ogni volta che ascoltava le radio. Ma erano pensieri fatti e rifatti, che non facevano altro che farle salire inutile rabbia, quindi era meglio lasciare agli altri questi problemi.

per un po’ proseguì la lettura del libro, andò avanti per soli 3 capitoli, poi si mise ad ascoltare la sua di musica.
Era un periodo nel quale alle solite canzoni aveva affiancato brani di genere opposto. Brani composti da pianoforte e violino, che avevano la durata di canzoni normali, dai 3 ai 6 minuti.
Erano molto malinconiche, come anche quelle di Natalie Merchant, e le piacevano tantissimo.
Si sentiva triste, e le piaceva accentuare questo suo stato, che normalmente di solito le persone cercavano di esorcizzare.

Era mezzogiorno e mezza, e al papà prese un attacco di fame.
“Anne” chiamò carezzandole il ginocchio per farsi sentire, dato che la ragazza si era assopita sul finestrino.
“Anne, sveglia” disse con tono dolce, perché sa che a nessuno piace svegliarsi male, soprattutto sua figlia a cui cerca di evitare ogni sorta anche di piccola spiacevole tensione.
Anne aprì gli occhi e si voltò, come a dire che lo ascoltava
“Mi è presa fame, ci fermiamo a pranzare?” Le disse sorridendole
“Va bene, anche io ho un po’ di fame. Dove andiamo?”
“C’è un autogrill a 20 km da qui, in due minuti ci siamo”
“Ah, poco, okay”
“Ti eri addormentata eh?”
“Già.. è dalle 7 che sono sveglia, e poi i viaggi mi fanno sempre addormentare” la macchina in viaggio la cullava, ed effettivamente quando si sedeva sui morbidi sedili della macchina di suo padre si sentiva veramente come se fosse in una culla.
“E’ vero.. mi ricordo che anche da piccola facevi lo stesso. Una volta ti addormentasti a bocca aperta e per un bel pezzo sbavasti anche un po’. Io e la mamma ti facemmo un video” si mise a ridere
“Ah, bravi eh! Mi fa piacere sapere che ridevate così di me” rispose Anne facendo la finta offesa
“lo vuoi vedere? Ce lo abbiamo nel mobile accanto alla libreria. Quando torniamo te lo metto, sarà la prima cosa che farò appena entrati”
L’autogrill si presentava ora davanti a loro. Mangiarono e tornarono al viaggio, insieme a qualche nuovo snack.
Due ore e mezzo dopo arrivarono al punto dell’autostrada che affiancava il campo dorato. “Il campo dorato”, così lo avevano chiamato una volta tutti e 3 insieme quando andarono anni prima a trovare il nonno, e così continuava a chiamarsi tutt’ora. Vedere il campo di grano prima di arrivare era come essere alla vigilia di Natale, la solita eccitazione.
Percorsero il solito centinaio di metri fino a quando svolsero nella stradina sterrata che lo attraversava, e che portava dritta dritta davanti all’entrata. Meglio, portava davanti al campo falciato su cui affacciava la casa. Vivere in mezzo alle spighe non sembra fattibile.
La vettura rallentò per evitare di prendere botte troppo grandi, e lentamente, seguendo le curve della stradina, iniziarono a vedere qualcosa.
“Guarda papà, c’è nonno!” era davanti alla porta che sbandierava il braccio in senso di saluto, con Sparks accanto che abbaiava e scodinzolava
Uscirono dal campo e parcheggiarono la macchina al lato sinistro della casa. Anne si precipitò fuori e si buttò al collo del nonno
“Ciao tesoro!” esclamò contento suo nonno, prendendola tra le braccia e tirandola su in un abbraccio affettuoso.
“Così mi fai male! Mi sei mancato nonno” e si strinsero ancora più forte. “Anche a noi sei mancata.”
La mise giù delicatamente, andando a salutare e ad aiutare suo figlio con le borse, mentre Anne corse da Sparks. La riconobbe subito e non si risparmiò di leccarle per bene la faccia
“ahah ehi bello, piano, smettila!” capì subito e smise di leccare, passando a strusciare il musone contro le mani di lei, poi si fermò a sedere. Anne lo guardò e si gettò anche al suo di “collo”, mentre Sparks poggiò la testa sulla sua spalla. Sentiva il profumo sui suoi capelli ricci, e in fondo ricordava quel solito odore che aveva sempre avuto, anche da bambina.
“Mi sei mancato molto anche tu cucciolone.”
Si tirò su e inspirò a pieni polmoni chiudendo gli occhi, per concentrarsi su quell’odore che tutta la natura intorno a lei emanava. Sorrise, e iniziò a correre, col suo fedele amico contento di seguirla ancora una volta.
  
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