Mac, durante il viaggio verso lo studio fotografico, guardò le fotografie
scattate. Fino a quel momento, a parte quegli scatti e il filmato, non aveva
raccolto molto materiale per un articolo, quindi doveva fare di meglio, anche
se non ne aveva voglia.
Le foto erano molto simpatiche e, modestamente, fatte anche bene. Li ritraevano
come dei ragazzi normali e per questo le piacevano... le fotografie, si
intende, non loro, anche se aveva iniziato ad apprezzarli, lentamente. Nel
mentre che attendeva, seduta in disparte, che il servizio fosse finito, osservò
le star al lavoro. Notò la mania compulsiva di Bill nell'essere perfettamente a
posto, cosa che non era successa prima quando era stata lei a fotografarlo;
osservò la totale inconcludenza di Tom, che veniva ripreso ogni secondo da
David. Georg e Gustav, invece, continuavano a fare gli scemi e cercavano di
scherzare con il fotografo, che apprezzava la loro spontaneità.
Annoiata tremendamente da quelle fotografie troppo banali, Mac sfoderò i suoi
passatempi preferiti, in altre parole, musica e lettura. Con le cuffie del suo
lettore mp3 nelle orecchie, leggeva l'ultimo suo acquisto, una rassegna delle
strisce dei Peanuts, il suo fumetto preferito. Passò l'ora sorridendo del
sarcasmo di Lucy, dell'ingenuità di Linus e dell'eterna insoddisfazione di
Charlie, i tre personaggi che amava.
"Secondo te cosa sta leggendo?", chiese Georg a Tom, in un attimo in
cui il fotografo distraeva perchè stava sorseggiando la sua acqua.
"Sa leggere? Non sa solo prenderci per il culo?", fece l'altro,
ancora irritato per essere stato conciato come una donna.
"Evidentemente sì.... e poi le stiamo simpatici, secondo me..."
"Secondo me, invece, quella ti piace eccome... Una bella ragazza come te
sfigura su una macchina del genere! Ma per favore, le prendi così le
donne?", disse Tom, sfoderando il complimento che aveva sentito uscire
dalla sua bocca, quando erano in sala relax.
"Ma dacci un taglio!", fece l'altro, dandogli una pacca sulla
schiena.
Dopo qualche fotografia al gruppo, fu il turno dei gemelli, in posa per la
copertina del giornale in cui le fotografie stavano per essere pubblicate.
Georg e Gustav avvicinarono a lei, che era completamente assorta tra la
musica e la lettura. Gustav le passò vicino ma lei non fece una piega, pareva
avere gli occhi incollati sul libro. Notò subito che Georg gli stava facendo
dei segnali strani…
Voleva farle uno scherzo, era ovvio.
“Non si è accorta di niente...", disse Gustav, a voce molto bassa. Georg
gli fece segno di no con la testa, mentre tratteneva una risata con fatica. Si
avvicinò a lei, intenzionato a sfilarle all’improvviso il libro di mano ma…
"BUUUUU!", esclamò Mac, scattando come un felino e facendolo cadere
all'indietro per lo spavento.
" Ma sei scema? Mi hai fatto prendere un infarto!", sbottò Georg,
mettendosi la mano al cuore.
"Pensi di fare paura ad una come me?", gli chiese lei ridendo,
avvicinandogli la mano per aiutarlo ad alzarsi. Li aveva visti perfettamente e,
quando aveva capito che lui voleva spaventarla, lo aveva anticipato di qualche
secondo prendendolo in contropiede. Tutti, compreso il fotografo, avevano
assistito alla rovinosa caduta del bassista e stavano ridendo come pazzi.
"A questo punto non più...", disse l'altro, accettando l'aiuto.
"Sembravi così assorta nella lettura... deve essere qualcosa di molto
interessante...", disse Gustav.
"Beh.. dipende dai gusti.", fece lei, prendendo il libriccino teneva
nella mano destra, "Ti piacciono i Peanuts? Sai, Charlie Brown,
Snoopy..."
"Si, certo che li conosco, anche se non li ho mai letti. Non sono fumetti
da bambini?", disse Georg.
"Bambini? Non direi proprio... tieni, te lo regalo.", fece la ragazza,
porgendogli il libro, "Poi ne riparliamo."
"Me lo fai un autografo?", le chiese Georg.
Arrivati in hotel, i ragazzi presero il loro tempo e Mac andò a farsi un giro
per la città. Stava passando così tanto tempo con loro che le stavano
diventando simpatici. Passeggiando, con il sole che le batteva forte sulla
testa, le vennero in mente un paio di idee per passare la serata in allegria.
Il cellulare le squillò, era Jutta.
"Allora? Come va l'intervista?", le domandò.
"Beh... non è che abbia raccolto molto materiale... escludendo le
fotografie, ne ho fatte di spassosissime!"
"Vedi di fare domande intelligenti, non le solite cavolate!",
la riprese l’altra.
"Certo Jutta...", fece Mac, un po' spazientita dall'apprensione
dell'amica.
"E non fare cazzate!"
"No, tranquilla."
"Allora ci sentiamo tra qualche ora. Mi raccomando, usa il cervello, so
che ne hai uno dentro la testa!"
"Va bene, ciao!", fece Mac, chiudendo la chiamata.
Intervista, intervista, intervista... che palle, non le venivano domande da
fare! Già gli altri giornalisti avevano chiesto loro tutto quello che c'era da
chiedere!
Un passo dietro l’altro era arrivata al supermercato: afferrò il carrello e si
districò tra gli scaffali. Dopo quegli acquisti, tra cui annoveravano birra,
patatine e schifezze varie, passò velocemente da casa sua.
"Bellissimo amore mio dolce sei tornata?", si precipitò Thiago,
abbracciandola e sollevandola da terra.
"No, riparto quasi subito...."
"Dai! Dai! Raccontami, cosa è successo?", disse l'altro, in
trepidante attesa.
"Niente, ho solo fatto qualche foto... ma non mi riesce fare
un'intervista...", disse Mac, delusa.
"Oh, patata mia, non ti preoccupare, quella tua testolina malata troverà
qualcosa da domandare. Dimmi come sono? Simpatici?"
"Beh, sì, diciamo di sì….", dovette ammettere, anche se contro la sua
voglia.
"E le fotografie? Me le fai vedere?"
"Ho lasciato la macchina in auto, semmai quando rientro a casa le
memorizzo sul pc, così le teniamo tutte per noi.", disse Mac, non molto
entusiasta dell'idea.
"Mi raccomando, fatti fare tanti autografi per me!"
"Certo Thiago... ora devo andare. Hai visto le mie sigarette?"
"No... comunque quel tuo amico svedese, quello con la faccia a banana, mi
ha dato questo.", fece lui, porgendole un pacchettino infiocchettato, che
aveva preso dal cassetto del tavolino accanto alla porta.
"Chissà cosa sarà....”, disse Mac, esaminandolo, “E poi non ha la faccia a
banana!"
"Certo, sembra un cavallo! E non si capisce una mazza quando parla!",
fece Thiago, incrociando le braccia. Non gli stava molto simpatico quel
ragazzo, ma era comunque vero che era del tutto incomprensibile quando parlava…
"Ringrazialo se lo vedi stasera, quando esci!", gli fece.
"Allora preferisco rimanere a casa... è viscido... e ha la faccia a
banana!", ripetè lui, con aria disgustata.
"Come ti pare... ci vediamo!"
"Vieni qua amore!", fece lui, prendendola per le guance e dandole uno
schioccante bacio a stampo sulla bocca.
Georg guardava il soffitto mentre Gustav, entrato abusivamente nella sua
stanza, si era appropriato del suo basso. Voleva imparare a suonarlo e
ovviamente gli chiedeva un aiutino.
"Secondo te Mac....", iniziò a dar voce al discorso che gli frullava
nella testa da un po’.
"Dimmi.", disse Gustav.
"Secondo te Mac è lesbica?", chiese Georg.
L'altro tolse lo sguardo dalle corde del basso e spostò la sua attenzione verso
l'amico.
"E perchè dovrebbe esserlo?"
"Beh... per una serie di motivi: innanzitutto, non si veste in maniera
molto femminile, sembra più un maschiaccio. Poi, non ha mostrato interesse
verso nessuno di noi."
"Non è detto che tutte le donne debbano saltarci addosso solo perchè siamo
i Tokio Hotel!", sbuffò Gustav.
"Ho capito ma... insomma, siamo o non siamo dei bei ragazzi?", fece
l'altro, come se avesse detto la cosa più scontata del mondo.
" Magari non le piacciamo, magari non siamo i suoi tipi.”, ipotizzò Gusta,
“Anzi, invece di dire magari, dico che non siamo affatto i suoi tipi."
In quel momento i Kaulitz, svegliatisi dopo un sonnellino pomeridiano,
bussarono alla loro porta, in cerca di qualcosa da fare.
"Di cosa si chiacchierava di bello?", fece Tom, sedendosi sul divano.
"Di Mac... secondo me è lesbica.", disse Gustav.
"Anche secondo me.", rivelò Tom, "E' carina, ma ha un certo jenesicuè
che fa allontanare gli uomini."
"Un jenesi cosa?", fece Bill sedutosi accanto a Gustav.
"Insomma, quel certo non so che...", cercò di spiegarsi Tom.
"Si dice jenosequi!", puntualizzò Bill, anche se non era molto
sicuro che la sua correzione fosse effettivamente giusta.
"Sì, quello lì, ci siamo capiti!"
"Io non la vedo in questo modo.", disse Bill, aprendosi una lattina
di coca che giaceva inutilizzata sul pavimento insieme alle altre,
"Secondo me non le piacciamo noi in generale."
"Anche io la penso così..." fece Gustav, "E' simpatica, è
carina, ma siamo i Tokio Hotel e lei ci odia."
"E lasciamo che ci odi allora!", disse Tom, che non sembrava trovare
nessun problema nella questione..
"Perchè dovremmo?", disse Georg, "Non mi piace essere odiato
dalla gente, anche se so che non posso piacere a tutto il mondo. Speriamo che
non scriva un articolo contro di noi."
"Non glielo farebbero pubblicare.", disse Gustav, che era tornato a
fissare il soffitto, con le mani dietro la testa, "Ma ha delle foto molto
compromettenti di Tom!"
Prima che il ragazzo potesse rispondergli con un pugno sul braccio, il telefono
della camera squillò.
"Signor Listing, qua c'è una signorina che dice di conoscere lei ed i suoi
amici. Devo chiamare la polizia?", gli chiese la voce all'altro capo della
linea, era sicuramente il portiere.
"Per caso questa signorina sembra una pazza scatenata?", fece lui,
scatenando un’esplosione di risate.
"Sì... direi proprio di sì...", disse il portiere, in tono abbastanza
imbarazzato.
"Allora la faccia salire, è una nostra amica."
"Ma signore, ha con sè delle buste di plastica! Non posso farla
salire!", esclamò l’altro.
"Non si preoccupi, metta sul nostro conto se ci saranno
problemi.", fece, agganciando il telefono.
"E' tornata....", fece Tom, con aria scocciata.
"Dice che ha delle buste con sè... cosa avrà portato?", disse Georg.
"Speriamo che sia roba buona!", esclamò Gustav, sfregando le mani.
Erano le sei e trenta del pomeriggio quando Mac bussò alla porta della camera
623, affaticata per aver trasportato, lungo tutto il corridoio, le buste della
spesa senza che nessuno le avesse dato una mano.
Fu Bill ad aprirle e, vedendola abbastanza accalorata per lo sforzo, in uno
slancio di cavalleria le prese parte del suo fardello.
"Grazie... sei un angelo...", fece lei, che respirava affannosamente.
"Hai fatto sei piani a piedi?", le chiese Tom, che aveva evitato di
darle della stupida.
"No, ho preso l'ascensore, ma è sempre una faticaccia!", fece lei,
dopo che si fu buttata sul letto a gambe e braccia aperte, costringendo Georg,
anche lui in panciolle lì sopra, a spostarsi per non essere preso in faccia da
una manata.
"Hey! Questo è il mio posto!", esclamò il ragazzo.
"Fatti più in là e ci entriamo entrambi...", borbottò Mac,
esausta.
"Wow!", fece Bill, guardando dentro alle buste, "Strano che non
ti abbiano arrestato per spaccio, con tutta questa birra!"
"L'ho fatto per voi, mi sembravate un po' flaccidi, secondo me non vi
divertite tanto voi Tokio Hotel!", disse Mac.
"Certo che ci divertiamo!”, sbuffò Tom, “E' solo che non possiamo dare di
fuori in questi giorni perchè dobbiamo lavorare!"
"Certamente....", fece Mac, poco convinta e con sarcasmo mentre,
insieme a Bill, toglieva dalle buste di plastica quello che aveva comprato per
la serata.
"Oh… Certamente...", disse Tom, storpiando la parola per farle il
verso.
"Vuoi che ti chiuda quella boccaccia?”, disse Georg, che aveva già
previsto una litigata tra i due, “Ringraziala piuttosto… ci ha portato tutto
questo ben di dio di nascosto da David!"
Stapparono le prime bottiglie con un cavatappi di fortuna, che non era altro
che la chiave di casa di Mac e, dopo un breve brindisi, bevvero in silenzio, in
contemplazione. Dopo il primo sorso, Mac tirò un sospiro di sollievo: aveva
bisogno di alcol per rilassarsi e lucidarsi le idee, doveva fare un'intervista
e si sentiva tesa, con il cervello completamente vuoto.
"Dove vai in vacanza di solito Mac?", le chiese Georg, rompendo il
silenzio rilassato.
"Mah...,”, rispose lei, “Di solito parto con i miei amici, zaino in
spalla, tenda in una mano, biglietti dei treni nell'altra e andiamo dove ci
pare. Stiamo via una ventina di giorni, spendiamo tutti i risparmi e torniamo a
casa senza il becco di un quattrino."
"Forte! Anche a me piace tantissimo questo genere di vacanza!",
esclamò Gustav, entusiasta, “Incontri dei tipi fantastici, fai amicizia col
primo gatto che passa...."
"Sì, buttarsi via ogni sera nel primo locale che troviamo...”, continuò
Mac, “L'anno scorso abbiamo fatto un tour nell'Olanda. Posto fantastico, ve lo
consiglio. E quest'anno pensiamo di andarcene in Europa dell'est, Budapest,
Bucarest, Praga e così via."
"Bellissimo... vorrei tanto venire con voi ma non credo che sarà un
viaggio piacevole.", disse Gustav.
"E perchè? Hai paura di essere riconosciuto?”
Lui annuì e fece spallucce, in segno di rassegnazione.
“Scommetterei un braccio che nessuno ti romperebbe le scatole... nemmeno a voi
due Kaulitz.", disse Mac.
"Come fai ad esserne così sicura?", le fece Tom, che nel frattempo
stava già stappando un'altra birra per sè e per suo fratello.
"Beh...”, gli rispose Mac, dopo qualche attimo di incertezza, “Di sicuro
la gente non si aspetterà mai di vedervi passeggiare tranquillamente come
turisti, senza guardie del corpo, con uno zaino indosso, senza un look
riconoscibile… e per questo non vi degnerà nemmeno di uno sguardo, vi
confonderà con il resto della folla."
Gli altri rimasero perplessi, in silenzio.
"E comunque tu non verresti!", sbottò Mac.
"E perchè?", si risentì Tom.
"Perchè no! Sei antipatico!"
"Antipatico io? Tu sei acida come una zitella di cinquant'anni con...",
fece lui, esplodendo.
"Tom!", esclamarono in coro gli altri tre.
"Ma è vero!", disse lui, con aria infantile.
"Bevete un altro po' e vi rimarrete simpatici...", disse Georg,
stappandosi un'altra bottiglia.
Dopo qualche ora, Mac rideva come una scema mentre Gustav le raccontava le sue
disavventure con le fans. Bill invece, si era seduto con le gambe
appoggiate sullo schienale e la testa penzolante, fuori dalla seduta del divano
mentre Tom se ne stava sotto la finestra insieme a Georg, cantando versi da osteria
che nessuno dei due ricordava. Si erano tutti ubriacati…
"Un momento ragazzi, un momento!", fece Mac, alzandosi a stento,
"Un mio amico svedese... non mi ricordo come si chiama... mi ha fatto un
regalo!"
Gli altri si lanciarono in uno olè molto sbiascicato.
"Ora lo apro!"
Mac frugò nella sua borsa, cercando di recuperare un po' di lucidità.
"Eccolo!", disse, prendendolo e mostrandolo come se fosse un dono
degli dei. Slegò il fiocco che teneva chiusa quella scatolina di cartone blu e
tolse il coperchietto.
"Wow....", fece, boccheggiando.
"Cosa ti ha regalato?", fece Bill, alzandosi dal divano.
"Ah! Che scema!”, sbottò Mac, “Questo mio amico ha un nonno che produce
tabacco per conto di una multinazionale e mi ha preparato delle sigarette fatte
appunto con quel tabacco! Mi ha detto che è speciale!"
"Davvero?", disse Georg, con gli occhi lucidi.
"Sì.. meno male perchè non avevo più sigarette. Comunque mi ha detto che è
molto forte e che è meglio non fumarsene una intera, se non si è abituati,
perchè non è ancora stato completamente trattato."
"Allora facciamo girare queste sigarette svedesi!", esclamò Tom,
balzando in piedi.
"Ma io non fumo...", fece Gustav.
"Lo farai... lo farai...", disse Mac, sfoderando i suoi fiammiferi.