“Tesse la sua tela il ragno
con minuzia spaventosa
Sa già che una delicata preda
Nel pieno della virtù vi cadrà
Saziando la sua fame”
Atto II – La farfalla nella tela del ragno
Il segreto che aleggiava attorno a Juliet – che vagava come un fantasma, indifferente a tutto nella dimora Phantomive – lo conosceva solo lei stessa. In realtà, non aveva neanche intenzione di svelarlo. O almeno, non tanto presto.
Era quasi sicura che quel maggiordomo non fosse umano.
Passo troppo felpato. Con la riposta troppo pronta. Troppo perfetto.
All’inizio pensò a uno shinigami, poi ricordò che essi stavano con gli umani solo per ucciderli.
Dopo ricordò dei demoni. Esseri ripugnanti, quanto li aveva odiati.
Ricordò in una smorfia di dolore il passato atroce che l’aveva perseguitata in quei dieci anni di malcelata tristezza e si decise finalmente ad alzarsi dal letto.
Guardò i raggi del sole che filtravano dalla finestra, per poi posarsi tiepidi sulla sua pelle.
Quel giorno faceva inspiegabilmente caldo da sembrare primavera.
Il profumo del tè – e forse anche del caffè – arrivava fino alla sua camera, spandendosi per i corridoi.
I suoi vestiti erano già pronti, piegati e stirati sulla sedia vicino al muro, li prese e andò a cambiarsi.
Constatò che, senza accorgersene, aveva scelto vestiti interamente bianchi, colore che mal le si addiceva.
Facendo finta di niente scese in sala, Ciel ed Elizhabet erano già scesi e la aspettavano conversando tranquillamente, davanti a due enormi tazze di tè e dei pasticcini alla crema da far gola a un morto.
Prese posto accanto ad Elizhabet che attaccò subito discorso.
- Juliet! Hai riposato bene? Le hai viste le rose? Ti sono piaciute vero?
- Calma Lizzie! Una domanda per volta! Ho riposato bene e le rose sono splendide.
- Lo sapevo che ti sarebbero piaciute! Sono le tue preferite, giusto?
- Si, sono le mie preferite … -
La punta di tristezza che trasparì dalla sua voce sfuggì solo a Lizzie, così che Ciel decise di sistemare il discorso, ormai a un punto di rottura.
- Lizzie? Che ne dici di proseguire l’interrogatorio dopo la colazione? Lo sguardo di Lady Juliet mi dice che sta mangiando i pasticcini con gli occhi …
La colazione trascorse in una pace relativamente tranquilla, finché Lizzie non ebbe una delle sue fantastiche idee.
- Juliet, ma tu non suonavi il pianoforte?
- Si … In effetti si …
- Suoneresti qualcosa? Ti prego!
- Ehm … Ecco, io ….
- Lizzie, forse sarebbe meglio un’altra volta …
- No, va bene. Dove si trova il pianoforte?
- Sebastian, sai cosa devi fare.
- Yes, My Lord.
Sebastian li condusse ad una sala in penombra, nel cui centro dominava un grande pianoforte a coda. La sottile luce delle candele e il rosso scuro delle tende rivolte ad ovest, su cui il sole sarebbe calato molto più avanti, davano alla stanza un’aria tetra e vagamente triste.
Juliet prese posto davanti alla tastiera lucida e, quasi avesse paura, sfiorò piano il primo tasto.
Inizialmente, nessuno capì quale fosse la canzone.
Ciel ripensò al passato, quando era bambino e giocava con Elizhabet per pomeriggi interminabili.
Elizhabet pensò a quando, dopo l’incendio alla residenza del giovane conte, ella non l’aveva più visto sorridere, se non per presa in giro e per rari momenti.
Sebastian associò quella melodia al frastuono di cristalli rotti in una stanza buia di un castello sperduto e, con suo grande stupore, se ne spaventò.
Aveva percepito da disperazione, la tristezza, il vuoto e allo stesso tempo la luce della straordinaria purezza che dominava nell’anima della giovane.
Tutti e tre avevano percepito la malinconia del testo e avevano identificato la canzone nello stesso secondo.
La tristezza umana che tocca più di qualunque altra cosa, Beethoven l’aveva espressa alla perfezione.
La sonata al chiaro di luna.
Tutti si chiesero perché avesse scelto quello melodia e come facesse a suonarla con tanto splendore.
Alla fine, Juliet si alzò tra lo stupore generale e abbandonò la sala, dirigendosi verso il giardino.
Grell aveva saputo da fonti sconosciute che Sebastian, ultimamente, aveva assunto un comportamento insolito, ma quando seppe che di mezzo c’era una mortale diede definitivamente di matto. Giurò a se stesso – o se stessa, come dir si voglia – che l’avrebbe trovata e che le avrebbe fatto rimpiangere di essere nata, a costo di andare contro qualunque etica morale.
Quando effettivamente la trovo, anche lui rimase basito di fronte a tale splendore.
Può davvero una creatura tanto innocente essere la causa della mia ira?
Grell sentì la rabbia e l’odio – verso Juliet, verso Sebastian, verso se stesso – crescere sempre di più.
Avrebbe scoperto il suo nome e si sarebbe vendicata.
Sarebbe andata contro ogni etica morale, avrebbe infranto le regole come stava per fare il suo amato Sebastian.
Amato, in realtà stava iniziano ad odiarlo.
Gli avrebbe fatto rimpiangere l’amore non corrisposto di quei quattro anni, avrebbe sofferto quanto aveva fatto lui.
Grell aveva preso la sua decisione e stava iniziando a tessere la sua vendetta …
“…Presto la farfalla sarebbe caduta nella tela del ragno”.