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Autore: Talulah    15/01/2013    0 recensioni
Sentire la sua voce le causava intensi tremori e turbamenti. Aveva un disperato bisogno di lui, del suo sangue. Guardarlo in viso era diventato estenuante e difficoltoso. Sentì la sua imponente presenza raggiungerla, insieme all’odore del sangue fresco che la colpì come uno schiaffo. Sentì il suo petto freddo, marmoreo, nudo e viscido di sangue premere contro la sua schiena, mentre il suo bel capo dai capelli quasi violetti si chinava per baciarle la gola, graffiandola lievemente con i canini appuntiti, e facendo le fusa come un gatto in un seducente ronron. 
Era la più soffice delle carezze ed il più violento schiaffo, toccarla mentre portava addosso l’odore ed il sangue di altre donne.
Genere: Dark, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Capitolo I

Sangue che scorre

 

















Il vassoio della serva tremava violentemente. Doveva calmarsi, altrimenti i padroni avrebbero avuto una scusa per punirla. I suoi bei padroni disumani. Innumerevoli serve venivano mandate ogni inizio stagione nel castello dei Signori. Nessuna faceva ritorno.
Arabela era stata mandata al castello ventotto giorni prima. Molte delle sue compagne avevano cominciato a sparire già dalla seconda settimana di permanenza lì. Nessuna di loro sapeva che fine facevano, o che fine avrebbero fatto loro. Era una lotta per la sopravvivenza.
Come s’era sbagliata! La sua famiglia ormai in rovina, appena saputo di un così ben pagato lavoro al castello aveva pianto di gioia.
Ora le lacrime fluivano per ragioni ben lontane, dalla gioia.
Aveva visto raramente i Padroni uscire dal castello, le erano sembrati subito così splendidi ed eterei… Forse troppo, per essere umani.
Vivendo lì, ogni singolo minuto a contatto con loro, aveva cominciato a comprendere cose che mai avrebbe voluto conoscere.
Un’altra serva ormai sua amica, Silviana, le fece un tremule sorriso d’incoraggiamento. Respirando profondamente Arabela ricambiò e, con i delicati calici di cristallo che tintinnavano sul vassoio, s’inoltrò nei corridoi, velocemente. Non voleva attirare su di se ire indesiderate e fatali. Anche se i Padroni, quasi tutti, erano sempre stati così gentili con lei…
Arrivò in uno dei giganteschi saloni. L’immensa vetrata decorata con colori cupi, sgargianti, dava dei riflessi sinistri all’ambiente. Si affrettò a raggiungere l’immensa balconata rotonda, sopra la quale torreggiava la luna, giallognola.
<< Miei Signori, mia Signora >> s’inchinò tremando pietosamente, rimanendo piegata, con gli occhi appannati dalle lacrime che fissavano il pavimento di marmo nero.
<< Alzati >> un ordine dato da una voce melodiosa, divertita. << Non trovi molto più appagante guardare me, invece del pavimento? >> la voce si era fatta di colpo vicinissima. Su Arabela incombeva un imponente ombra.
La serva cominciò a tremare violentemente, ma cercò di calmarsi. Aveva imparato in quei difficili giorni che, molti dei suoi Padroni erano vanitosi fino allo stremo e che, sottomettendosi e assecondando ogni loro desiderio, avrebbe potuto ottenere più tempo.
Si alzò, continuando a tenere lo sguardo basso, << si mio Signore >> rispose semplicemente.
<< E allora perché non mi guardi? >> chiese sottovoce, stizzito, il Padrone.
Arabela alzò lo sguardo, << mi perdoni, mio Signore >> disse con voce tremante come le sue mani.
Mai avrebbe potuto abituarsi alla sublime bellezza di quegli esseri. Padrone Raven, tanto alto e imponente da incutere timore, con occhi color ghiaccio, così chiari da fare spavento, e capelli perennemente lisci e spettinati di un colore che Arabela non aveva mai avuto il piacere di guardare nella sua giovane vita: un castano scuro, dai forti riflessi color melanzana. In presenza dei Padroni, le serve, compresa Arabela, erano agnellini spauriti, tremanti non solo per il terrore ma per una morbosa ossessione ed eccitazione rivolta a così tanta bellezza. La sua mente ormai era soggiogata da quei lineamenti, persa in quella perfezione. Quale estasi avrebbero potuto donare quelle labbra soffici e carnose?
Un sorriso malizioso, << era poi così difficile, mia bella serva? >> disse il Padrone, inclinando il capo facendo luccicare l’orecchino a goccia nera che portava al lobo sinistro.
<< No, mio Padrone >> rispose Arabela, sconvolta da quella visione.
Guardò dietro il suo Signore cercando con timidezza gli altri due Padroni che, disinteressati, si accarezzavano persi nei loro pensieri, nel loro momento. Padrone Aramis e Padrona Sybilla. Erano magnifici insieme. La giovane era appoggiata lascivamente contro il petto di quello che doveva essere il suo compagno, e con l’indice incredibilmente fine e sottile, dalla lunga unghia curata, solleticava l’uomo dall’orecchio alla clavicola, in un lento su e giù.
La donna era fasciata in un magnifico vestito verde che le aderiva come un guanto, dalla pronunciata scollatura, e un vistoso spacco sulla gonna, che lasciava intravedere una lunga coscia, tornita, carnosa e lattea. Lunghi e setosi boccoli di un rosso fiammeggiante le carezzavano le cosce e solleticavano il petto dell’uomo che la guardava apparentemente impassibile, mentre con il pollice percorreva distrattamente la candida coscia della splendida amante.
Padrone Aramis, spostò svogliatamente lo sguardo su Raven e, Arabela, ebbe l’occasione di guardarlo in volto.
Magnifico. Capelli neri come la notte dai riflessi bluastri, ciocche scomposte gli solleticavano la nuca e aveva occhi incredibilmente azzurri. Occhi spettrali, splendenti, su una pelle d’alabastro. Arabela trattenne il fiato.
<< Cosa stai guardando? Posa quel vassoio e sparisci >> le intimò con dolcezza nella voce e furia negli occhi la Padrona, tornando subito dopo ad ammirare con i suoi splendenti occhi verde acqua il suo amato.
Sybilla spostò amorevolmente le ciocche scomposte dalla fronte del suo compagno, cinguettando << non avreste dovuto portarla qui, Raven, è proibito >> continuò toccando con i polpastrelli il corpo immobile di Aramis che continuava a guardare lei, lei soltanto.
Avvinghiati l’uno all’altra, sotto i raggi argentei di quella strana luna, parevano due statue, entrambe candide ed eteree.
<< Ma la frenesia comincia a logorarmi, è insopportabile >> si lagnò Padrone Raven.
<< Perché non richiedi i servigi di Elysse? >> domandò con sguardo vacuo Aramis.
Il Nobile Raven si imbronciò appena, per poi assumere un espressione corrucciata, evidentemente intenzionato a non rispondere.
<< Portala altrove Raven >> mormorò con voce gelida, profonda e melodiosa Padrone Aramis, << qui non è ancora il luogo adatto  >> sospirò distratto, con aria stanca.
<< Giusto, andatevene Raven, e portate la sguattera con voi! >> strillò contenta la splendida giovane, staccando finalmente lo sguardo dal suo amato per puntarlo dritto su Arabela che, inerme, sprofondò in quegli occhi enormi. Sybilla rivolse una fugace strizzatina d’occhio al Nobile Raven.
<< D’accordo, Signori miei >> sospirò annoiato Raven che, facendo un cenno col capo, s’apprestò a rientrare nell’enorme salone, giocherellando con il suo orecchino ma non prima di essersi riempito il bicchiere di cristallo, di quello che, suppose Arabela, doveva essere vino.
Usciti dal sontuoso salone, Arabela a passo svelto s’apprestava a seguire Padrone Raven lungo gli immensi corridoi del castello mantenendo qualche metro di distanza da quell’imponente corpo, come imponevano le regole. La serva guardava il Padrone con occhi incantati e lussuriosi, percorrendo quelle larghe spalle con occhi rapiti. Quando furono in prossimità della camera del suo Signore, la giovane s’apprestò ad aprire la pesante porta e a fare passare il suo Padrone. Arabela si fermò incerta sulla porta, il cuore che batteva a mille per il terrore. Era sola, sarebbe potuto accaderle qualsiasi cosa. Il cuore prese a pompare sangue furiosamente e a sbattere con violenza contro la cassa toracica. Era assordante.
Raven fece una risatina, poi improvvisamente serio le si rivolse brusco, << cosa stai aspettando? Credi forse che i miei vestiti si tolgano da soli? >> ringhiò.
Arabela sobbalzò e, tremante con le budella che le si attorcigliavano sempre più per l’ansia, cercò di concentrarsi sul suo lavoro ben sapendo che, mai il Padrone le aveva chiesto simili servigi.
Tolse delicatamente il bicchiere dalla mano del suo padrone che la osservava malizioso. La serva era ormai oppressa dalla sensazione di pericolo che non le dava pace. Prima di iniziare a spogliarlo, intinse le dita – l’unica parte del corpo che aveva il permesso di sfiorarlo – in oli essenziali dal profumo inebriante.
Cominciò a sbottonare la camicia del suo Signore, scoprendo lentamente il petto marmoreo, gelido e scolpito, senza la minima imperfezione. La serva ormai cominciava ad avere la testa dolorante, era confusa. Adesso il cuore le batteva forte, come un tamburo, ma non per la paura: per il desiderio, la frenesia, l’incanto.
Con occhi torbidi alzò timidamente lo sguardò. Gli occhi del suo Signore erano incredibilmente scuri, non v’era traccia di chiaro in quei begli occhi. Arabela arretrò spaventata. Desiderava qualcosa che non conosceva, ma la parte razionale di lei le gridava di scappare.
<< Come batte forte, questo tuo cuoricino >> sussurrò con una risatina, ed una voce diversa, profonda.. Ultraterrena, << così debolucce, siete voi umane >> schioccò la lingua sul palato, << non mi date neanche il tempo di divertirmi, che cominciate ad avvizzire >> sospirò fintamente dispiaciuto.
Arabela tremava violentemente contro la parete di pietra fredda e scura, lacrime cominciarono a sgorgare, infinite mentre il terrore l’attanagliava.
<< Oh, no, non piangere amor mio >> disse Raven, gli angoli della splendida bocca piegati verso il basso in un sorriso dispiaciuto, mentre i suoi occhi assumevano uno scintillante e torbido colore cremisi, con pupille sottili come spilli, << ti prometto che non soffrirai >> disse con un sorriso convincente.
Ridacchiò.
Cosa era quella bestia? Quegli occhi? Una creatura del diavolo, solo loro avrebbero potuto avere occhi così spaventosi.
Arabela chiuse gli occhi tremando. Non voleva, non era possibile, non ora, non poteva morire, non voleva, i suoi genitori, l’amore che mai avrebbe conosciuto… I suoi pensieri furono scacciati via dal rumore inquietante di uno schiocco violento, come di ossa rotte, che la lasciò in balia del suo terrore, senza speranza di fuggire, neppure nei suoi pensieri. Con le lacrime che sgorgavano, aprì gli occhi, pronta ad implorare pietà. Ciò che vide le fece fermare il cuore.
Il suo Padrone aveva la pelle pallida, livida, quasi grigiastra, vividi occhi cremisi la fissavano e dalla sua bocca uscì un ringhiò spaventoso. Grosse e lunghe zanne acuminate fecero capolino da quella bella bocca, senza alcuna pietà. Con un verso gutturale, spaventoso, una mano dagli artigli acuminati le artigliò la gola. La serva cominciò a strillare e a scalciare nel vuoto, nella vana speranza di poter rimandare l’inevitabile. Il padrone ridacchiò mentre con uno scatto secco affondava gli artigli nella gola di lei. Arabela sbarrò gli occhi, dapprima spaventati e stupiti, poi sempre più vuoti, mentre annaspava tossendo grumi di sangue. Denso liquido cremisi colava per il braccio di Raven. Con un ringhiò avvicinò il corpo della serva alla sua bocca, alla sue spaventose zanne lunghe e acuminate, che in pochi attimi spezzarono il collo di Arabela, mentre con frenesia e ingordigia affondava il viso nel collo squarciato e ormai penzolante del cadavere della serva.
Nel cupo silenzio della stanza, risuonavano i potenti ringhi, i versi raccapriccianti della carne che si lacerava.
Pochi minuti ed il capo del bel Padrone si staccò dal corpo martoriato della serva, con una smorfia.
<< Accidenti, credevo di avere più fame, tesoro >> disse, inginocchio in quella pozza di sangue, carezzando tranquillamente il capo ormai quasi staccato dal resto del corpo di quella che un tempo era Arabela.
Lo splendido corpo, ricoperto di sangue denso e fresco, il viso imbrattato, come le mani, i capelli erano ancora incredibilmente perfettamente spettinati. Raven si leccò lentamente il braccio, poi, ridacchiando, << visto? Te l’avevo detto che non t’avrei fatta soffrire! >> .


















Ed ecco qui il primo capitolo :) avrete già notato la natura sanguinolenta di questi bei vampiri... I sentimenti sono molto contrastanti e complicati, proprio per questa loro natura così... Variabile, ma spero davvero di riuscire a dare il meglio e rendere l'idea di come io vivo la storia nella mia testa e nel mio cuore! Ringrazio chi legge, chi recensisce... E' sempre bello sapere che la propria opera serve a fare fantasticare qualcuno e perchè no, anche a far provare sentimenti nuovi e forti! Un enorme grazie a tutti! Al prossimo capitolo :)
  
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