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Autore: Talulah    10/01/2013    1 recensioni
Sentire la sua voce le causava intensi tremori e turbamenti. Aveva un disperato bisogno di lui, del suo sangue. Guardarlo in viso era diventato estenuante e difficoltoso. Sentì la sua imponente presenza raggiungerla, insieme all’odore del sangue fresco che la colpì come uno schiaffo. Sentì il suo petto freddo, marmoreo, nudo e viscido di sangue premere contro la sua schiena, mentre il suo bel capo dai capelli quasi violetti si chinava per baciarle la gola, graffiandola lievemente con i canini appuntiti, e facendo le fusa come un gatto in un seducente ronron. 
Era la più soffice delle carezze ed il più violento schiaffo, toccarla mentre portava addosso l’odore ed il sangue di altre donne.
Genere: Dark, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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Prologo

La bestia bianca

 
 












                                                                            Tanto tempo fa, nel Regno della Luna…





<< Andiamo, sbrigatevi ragazzi! >> mormorò con enfasi il giovane Augustin.
<< Dovremmo essere a letto… >> borbottò contrariata Dulcinea.
Il piccolo gruppetto di ragazzi sospirò, stanchi per il solito discorso che si ripeteva ormai da diverse decine di minuti.
<< Ci faremo ammazzare! E se non succederà per mano dei Signori, sarà certamente sotto le pesanti mani dei nostri genitori… >> sbottò contrariata la giovane ragazza.
<< Ne abbiamo già discusso, Dulcinea.. Saremo a casa entro al massimo due ore, nessuno si accorgerà della nostra assenza… >> rispose il giovane Augustin, il più grande della piccola combriccola.
<< Anche l’ultima volta hai detto così… Ed io ho ancora i lividi! >> si lagnò la fanciulla.
Augustin sospirò, e questa volta si preoccupò il piccolo Emil, fratello di Dulcinea, di provare a zittire l’impetuosa sorella, << zitta Dulcinea! Zitta e cammina! Non sopporterò la tua vocetta per un secondo di più! Qualche livido non ha mai fatto male a nessuno, e dovresti smetterla di essere così vanitosa! >> sbottò il ragazzo.
Dulcinea, la sorella minore di Emil, s’indispettì subito. Cosa diavolo andava farneticando suo fratello? I lividi facevano male eccome!
<< Il dovere di ogni signorina, fratello caro, è di essere carina e ben educata! E non posso esserlo scorrazzando nei boschi piena di lividi! >> gli rispose lanciandogli un occhiataccia.
Emil sospirò alzando gli occhi al cielo, << sei tu che hai insistito per venire >> le ricordò corrucciato.
<< E cosa avrei dovuto fare altrimenti, Emil? Annoiarmi a casa? >> rispose arrossendo vistosamente.
In realtà quasi tutti nel gruppetto si erano accorti del particolare affetto che Dulcinea nutriva nei confronti di Augustin. La piccola ragazza era disposta anche a sporcarsi le mani più del solito per passare un po’ di tempo con il ragazzino e di questo, Emil, ne era consapevole.
Il fratello decise di rispondere con una smorfia e rimanere in silenzio mentre il gruppo procedeva capeggiato da Augustin che portava una piccola torcia ad illuminare il buio tetro della foresta.
Erano in cinque, quella sera, tutti riuniti per un importante missione: arrivare al castello dei Nobili e cercare di intrufolarsi quel tanto che bastava a capire che fine avessero fatto i loro fratelli e sorelle maggiori.
Le famiglie avevano spedito numerose lettere, ma nessuna di queste aveva avuto una risposta. Nessuno di loro era tornato in paese per salutare la famiglia, o per fare spese per i Nobili. Nessuno di loro.
I ragazzi parevano semplicemente scomparsi, ormai da mesi.
Erano partiti da semplici famiglie, con pochi mezzi e bisognose di denaro e pane per le bocche, e così all’annuale proposta dei Nobili di ospitare i giovani nel castello, tutti acconsentivano con gioia a quella promessa di denaro e un istruzione superiore per quei pochi fortunati.
Ma nessuno di quei ragazzi era mai tornato a casa, così Augustin qualche settimana prima aveva organizzato la prima spedizione verso il castello.
Non era andata bene, quella prima volta; il padre di Cornel li aveva beccati tutti e ognuno di loro ricordava bene la faccia paonazza dalla rabbia del robusto uomo dalle mani callose. Così quella notte ognuno di loro aveva ricevuto una massiccia dose di lividi, alcuni dei quali più duraturi di altri e motivo di lamento della giovane e vanitosa Dulcinea.
Da quella volta avevano cercato di memorizzare alla perfezione gli orari dei loro genitori, e dei Nobili che, con grande costernazione dei piccoli ragazzi, parevano allontanarsi di rado dal castello e ancor più raramente in gruppo, lasciando l’imponente castello nelle mani di possibili – quanto invisibili – servi.
Avevano assistito poche volte alla comparsa dei Nobili, quasi sempre incappucciati ed avvolti in mantelle scure e pesanti. Parevano grandi ombre nella notte, alcune alte e snelle, altre enormi e tenebrose, ma tutte incredibilmente aggraziate.
Ancora adesso, Dulcinea rammentava con una punta d’invidia e timore il momento in cui per la prima volta aveva visto un lembo di pelle scoperto, proprio sotto un argenteo raggio di luna. Dulcinea non avrebbe mai potuto dimenticare la pelle lattea e splendente, il polso sottile ed elegante, le dita lunghe e affusolate, quella mano dall’aspetto così elegante, raffinato e morbido, così splendente.
Ricordava con incredibile precisione il momento in cui, la giovane donna si era voltata lentamente verso di lei, come se sapesse nonostante il buio pesto, che lei era esattamente lì, a guardarla. Aveva guardato proprio nella sua direzione la giovane, con un viso impassibile, e poi, lentamente, aveva fatto sì che il raggio di luna le illuminasse il bellissimo viso.
Ripensandoci, Dulcinea fu attraversata da un intenso e freddo brivido lungo la schiena. Ricordava quel viso perfetto, angelico, etereo, mai aveva visto fanciulla più bella. I lunghi capelli neri come la notte le sfioravano la vita, il petto formoso, ed il viso splendido, dalle labbra piene e rosse, e grandi occhi… Rossi. Dulcinea non sapeva come spiegarselo, ricordava tutto alla perfezione e poi, quell’importante difetto nel suo ricordo… Nessuno aveva gli occhi rossi, ma quel fugace sguardo cremisi era bastato a Dulcinea, per far crescere in lei timori, e lunghi incubi durante la notte.
Non aveva parlato con nessuno di quella Nobile. Non ci sarebbe stato poi molto da dire in fondo, e lei era abbastanza vanitosa da non voler ammettere ad alta voce l’esistenza di una donna così perfetta.
Non sapeva in realtà cosa gli altri avessero visto nelle varie spedizioni, sapeva solo che qualcuno di loro aveva visto quelle enormi presenze incappucciate, che spesso si dirigevano semplicemente verso la grande ed elegante carrozza d’oro e nera.
Adesso ognuno di loro provava un brivido nel sentire lo scalpitio di quei potenti cavalli scuri.
La giovane Eliza ormai accortasi dell’imponente castello scuro e tenebroso che incombeva sempre più spaventosamente su di loro, prese nervosamente la mano di Dulcinea.
<< Non so proprio come mia sorella abbia trovato il coraggio di abitare in quel posto… >> mormorò con voce sottile e tremante la dolce Eliza.
Dulcinea si limitò a sospirare osservando l’enorme castello che incombeva sul bosco e su di loro e che si stagliava alto e scuro contro il cielo notturno e la luna, grande, bianca e luminosa.
Il gruppo aumentò il passo per seguire la torcia infuocata di Augustin.
Ormai erano vicini all’imponente cancellata che precedeva il bosco ed i giardini privati del castello. Cornel aveva rivelato a Dulcinea di aver visto spaziosi e bellissimi laghetti, piscine decorate nel più splendido dei modi e perfino una cascata! Dulcinea ovviamente, non aveva creduto al suo amico, ritenendo le sue parole esagerate e autentiche fantasticherie da ragazzino. Cornel offeso, non le aveva raccontato più nulla, facendo ridere Augustin per quella quotidiana situazione.
<< Dove è finito Emil? >> borbottò Cornel guardandosi intorno.
<< Cercate di tenere bassa la voce, vi prego.. >> mormorò impaurita e tremante Eliza.
<< Mio fratello! Dove è finito mio fratello? >> domandò a nessuno in particolare Dulcinea, improvvisamente affannata.
Con lo stomaco stretto in una morsa d’ansia s’augurò che nessun mostro dagli occhi rossi lo avesse rapito.
<< Cerchiamolo, sarà corso in direzione della cancellata forse… >> ordinò Augustin corrucciato.
Dulcinea annuì e prese a correre veloce verso il grande cancello, che si faceva sempre più grande.
Improvvisamente l’ansia allo stomaco l’attanagliò spingendola a bloccarsi e a respirare affannosamente.
Doveva calmarsi, nessuno doveva avvertire la sua presenza o avrebbe avuto solo guai. Si chinò a guardare la sottana fradicia e sporca di terra e quando alzò lo sguardo il respirò le si mozzò in gola, terrorizzata ed affascinata allo stesso tempo. Poco lontano da lei, sotto la Lunaa bianca e luminosa, vi era una figura alta, snella, aggraziata ed incappucciata che, con una splendida mano femminile carezzava il volto incantato di suo fratello Emil. Ad occhi sbarrati Dulcinea si nascose tremante dietro alcuni cespugli cercando di avvicinarsi senza far notare la sua presenza.
Guardava sbalordita la Nobile che, diversamente dagli altri Signori era vestita del colore della Luna. Dulcinea si fermò abbastanza vicino da riuscire a capire qualcosa.
<< Non sei qui da solo, vero piccolo uomo? >> chiese la bianca figura incappucciata. Dulcinea rabbrividì al suono di quella voce incredibilmente piacevole e melodiosa.
<< Avanti, rispondimi bambino >> disse la figura con voce dolce, facendo brillare nuovamente la splendida mano candida sotto i raggi della Luna, carezzando il volto di Emil.
<< No, mia Signora… >> mormorò con le orecchie rosse il giovane Emil.
La Nobile fece una risatina dolce, << ma certo, lo immaginavo, come potrebbe un bambino bello e intelligente come te, vagare nel bosco tutto solo? >> mormorò ridacchiando con una nota affettuosa nella voce.
Le orecchie di Emil parvero diventare ancora più rosse. La donna vestita di bianco si inginocchiò e avvicinò il viso a quello del giovane fratello, mormorando qualcosa che Dulcinea non riuscì a capire.
Emil voltò di scatto il viso verso di lei, improvvisamente terreo e con gli occhi sbarrati. Gli occhi della Nobile talmente chiari da sembrare bianchi la fissavano freddi. La donna si rimise in piedi con grazia, abbassando poi il candido cappuccio e lasciando che la luce della Luna le illuminasse il volto, un volto meraviglioso dalle labbra carnose di un rosa pallido, gli occhi enormi di quella tonalità che Dulcinea non aveva mai visto, il naso piccolo e aggraziato. Lunghi capelli bianchi come la Luna le ricadevano fino ai fianchi ed oltre. La Nobile la fissò dritto negli occhi, con sguardo altero.
Dulcinea divorata dal panico, si inginocchiò immediatamente in un inchino tremante.
La risata cristallina della splendida donna eterea ruppe la tranquillità della notte e diversi animali notturni lasciarono le loro tane sugli alberi al suono di quella risata squillante.
<< Alza il tuo viso, bella bimba >> le mormorò improvvisamente la donna, i suoi piedi nudi e lattei vicinissimi al viso di Dulcinea che istantaneamente avvampò per l’impudenza di quella donna, e per il terrore. Non l’aveva neanche vista o sentita avvicinarsi.
Obbedì tremante all’ordine della donna, incontrando nuovamente quel viso dall’abbagliante bellezza.
La splendida bocca le si contorse in una smorfia mortificata, << no amor mio, perché piangi? Non avete fatto nulla di male, in fondo… >> mormorò dolcemente con una carezza della gelida mano.
Un singhiozzo sfuggì dalle labbra di Dulcinea e la Nobile inarcò di scatto un sopracciglio facendo schioccare la lingua sul palato.
<< Non dovete avere timore, bambini miei >> disse la donna prendendo Dulcinea per il viso e imponendole così di alzarsi, << ditemi i vostri nomi >> mormorò guardando la Luna e riavvicinandosi al fratello Emil.
<< Mi chiamo Dulcinea mia Signora, e quello è mio fratello Emil… >> mormorò ad occhi bassi la fanciulla.
<< Fratelli >> mormorò deliziata, << il mio nome è Elysse >> disse inarcando le labbra carnose in un meraviglioso sorriso candido.
<< Come siete belli, amori miei… Ma non siete soli, nevvero? >> disse guardando negli occhi i bambini.
<< No mia Signora >> mormorò Emil.
Elysse ridacchiò soddisfatta, << bene bambini, molto bene. In realtà m’avete fatto un piacere venendo qui, sapete? Mi sento così sola questa sera, la Luna è meravigliosa ma non ho nessuno con cui ammirarla, nel caldo del mio castello… >> mormorò afflitta la bellissima donna, con labbra tremanti.
I bambini la guardavano incantati, senza aprire bocca.
<< Ma perché siete qui, voi, fanciulli? >> sospirò triste la donna.
<< Eravamo preoccupati per i nostri fratelli e le nostre sorelle, mia Signora >> mormorò Dulcinea, sputando le parole prima di riuscire a fermarsi e subito sbiancò per quella verità uscitale chissà in quale modo dalla piccola bocca.
Elysse la guardò negli occhi con un sorriso triste, << e vorreste vederli? Potreste, sapete? Così passeremmo del tempo insieme, al caldo, mangiando qualcosa, sì? Mi sembrate così spaventati e infreddoliti… >> borbottò contrariata ma continuando a sorridere dolcemente.
Improvvisamente l’idea di seguire nel caldo castello quella splendida e giovane donna fece illuminare il volto di Dulcinea. Forse sarebbero potute diventare amiche, le avrebbe svelato il segreto della sua bellezza, le avrebbe fatto doni speciali, avrebbe potuto conoscere i Signori Nobili, e rivedere la sua amata sorella! Guardando Emil in viso, anche lui pareva felice dell’idea e la donna annuì decisa.
<< Bene tesori miei, andate dai vostri amici bambini, prendeteli per mano, invitateli come io ho invitato voi >> mormorò carezzando i visi dei bambini e puntando lo sguardo dietro di loro, leccandosi le labbra.
Augustin, Eliza e Cornel emersero dal fitto bosco, incantati come lo erano Emil e Dulcinea. Un sorriso invitante di quella bella bocca carnosa della Nobile li convinse ad avvicinarsi.
<< Bambini miei, sarà una notte che non dimenticherete mai fino al giorno della vostra morte, ve lo prometto >> mormorò dolcemente.
Il cancello dietro di lei s’aprì e la donna nuovamente incappucciata varcò la soglia del grande giardino, seguita dai bambini che ormai, si fidavano ciecamente di quella splendida donna dall’aspetto angelico.
Il grosso cancello scuro si richiuse con fragore nella notte, dietro di loro. La donna procedeva passando attraverso incantevoli giardini che parevano d’argento sotto quella Luna splendente, fiancheggiati da laghetti cristallini, piscine decorate ad arte e grandi e piccole fontane.
I giovani bambini erano stupefatti da cotanta bellezza, ma una statua in particolare da cui intorno zampillava acqua fresca e lucente, aveva attratto l’attenzione di Augustin e Dulcinea che, inconsapevolmente, si tenevano le piccole mani stringendosele di tanto in tanto.
Dulcinea con il cuore colmo di gioia e amore osservava la statua che rappresentava due angeli, un uomo ed una donna, nudi, che s’abbracciavano con in viso espressioni estatiche. Dulcinea si vergognò di ammirare tale bellezza, ma non poteva farne a meno… Tutto lì era così bello. Sorrise ad Augustin che ricambiò senza esitare stringendole la mano.
Dopo quelli che potevano essere secondi, oppure ore passati nell’incanto più assoluto, camminando, arrivarono all’imponente portone in marmo bianco, uno dei rari punti lucenti del castello. Le porte di spalancarono rivelando un grande salone d’entrata con al centro una grande fontana, alta, con edere che s’attorcigliavano sul marmo. Grandi tappeti ricchi stesi sul pavimento in pietra e marmo facevano da accoglienza, insieme a pochi, anonimi servi.
Elysse oltrepassò di qualche passo l’entrata, fermandosi a guardare la fontana che zampillava acqua fresca, mentre silenziosi i servi si inchinavano e mantenevano la testa bassa.
Elysse sospirò, prima di lanciare un’occhiata indifferente ai bambini, mentre un sorriso malsano le incurvava le splendide labbra, su cui si passò un dito, pensosamente, mentre la sensazione di calma e l’incanto che avevano provato i bambini poco prima, svaniva lentamente.
Elysse fece qualche passo verso i servi, << Padrone Raven è rientrato? >> domandò sospirando.
<< No mia Signora >> rispose un vecchio servo.
Una smorfia furente le deformò il volto perfetto mentre gli splendidi occhi fiammeggiavano d’ira. La Nobile emise un basso sibilo.
<< Prendete i bambini, sgozzateli e dissanguateli, mi servirà sangue stanotte >> sibilò Elysse furente.
Dulcinea che terrorizzata aveva sentito le parole di quella che era diventata una splendida bestia bianca, mosse velocemente alcuni passi incerti verso l’enorme portone, lacrimando.
<< Tranne lei! >> ringhiò Elysse afferrandola violentemente per i capelli e sollevandola da terra, scoprendo i lunghi e lucidi canini affilati, << con te mi divertirò, bella bambina >> mormorò sfregando i denti appuntiti sulla tenera guancia paffuta di Dulcinea, che subito si squarciò cominciando a sanguinare, mentre la Nobile ridacchiava soddisfatta, leccandole la guancia.
Le grandi porte del castello si chiusero mentre le grida e i lamenti dei giovani bambini, intrappolati fino alla morte, riempivano il silenzio della cupa notte.




















Ed ecco qui, una nuova storia originale :) è la prima volta che mi cimento seriamente in storie che parlano di vampiri, ma spero sempre per il meglio. Ringrazio chi deciderà di seguire la storia, o chi ha avuto il coraggio di arrivare fin qui. Grazie. :)
  
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