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Autore: Aleena    15/01/2013    4 recensioni
Shasta, un drow dalle grandi ambizioni, intesse una relazione proibita con Kania che lo porterà davanti al giudizio della sua Dea. La sua condanna all'eterno dolore, però, si trasforma nell'occasione di potere e di libertà che per tutta la vita aveva, inconsapevolmente, atteso.
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1a Classificata al contest "Imprisonment: because there isn't only happiness in our life" indetto da Visbs e Tallu_chan sul forum di EFP.
Genere: Angst, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'I fantasmi di Che'el Phish'
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I – QUI E ORA

 
 
  La voce usciva distorta, filtrata attraverso la cassa distrutta dell’amplificatore e alterata dallo strato di nebbia che, dal fiume, saliva in volute compatte fin al primo piano della Torre, diversi metri sopra lui; lo circondava, insinuandosi nei capelli candidi e fra gli abiti di scaglie di rettile, scivolando sulla sua pelle chiara, carezzandogli gli occhi vermigli e i lineamenti morbidi, elfici: una coltre benigna che lo celava agli occhi del mondo, alterando la sua e le figure circostanti. L’umidità ovattava ogni cosa senza tuttavia riuscire a fermare la voce del Signore: copriva il rumore della Cydho, la Calma Vita, diffondendo i suoi appelli nell’aria in una lingua morta da secoli, un idioma parlato oramai solamente all’interno delle bianche, marmoree Cattedrali del Deserto.
Nulla si muoveva eccetto la figura ammantata e silenziosa: un’ombra nelle tenebre del crepuscolo, sicura fra le sue simili. Sorpassò la mole dell’Arco di Nahraa, svoltò in un vicolo stretto e umido e continuò fin dove neppure la nebbia osava avventurarsi, quindi scese una stretta rampa di scale, attento a non scivolare sui gradini umidi di brina: la Città Bianca era infida, una tomba di roccia candida senza pietà, gremita di anime senza scopo votate al Suo servizio.
Perfino lui, perfino in quel momento.
C’era stata un’epoca in cui il maschio non avrebbe saputo orientarsi; ma era stato tempo addietro, quando la grande città era per lui solamente due ali di palazzi regolari e strade intrecciate che si estendevano per miglia fiancheggiando le sponde troppo basse della Cydho. A quel tempo era privo di scopo, un fuggiasco scampato per miracolo ad un deserto che, credeva, avrebbe fatto meglio ad inghiottirlo. Era un reietto e un ragazzino, nonostante tutto. Ora il maschio avrebbe potuto scivolare attraverso i vicoli come in un vestito indossato molte volte, scomparirvi all’interno e riemergerne indenne: la Città non aveva segreti, non per lui che aveva visto le albe levarsi nel cuore della notte e brillare sopra i falò delle Streghe nelle sabbie; lui, che aveva avuto il privilegio di guidare i prigionieri delle ombre dritto incontro alla sua vendetta.
Per il maschio l’oscurità era sorella, la nebbia protezione e i vicoli casa.
Man mano che la depressione della Cittadella Inferiore si avvicinava, il silenzio si affievoliva e la Sua voce si distorceva, mutando da una nenia ipnotica a una voce metallica e vendicativa, fino a trasformarsi in qualcosa di blasfemo e inumano: il suono di un lamento di demoni udito attraverso un velo d’acqua. Il maschio arricciò le labbra in una smorfia infastidita che somigliava troppo ad un mezzo sorriso e gli occhi fulminarono l’altoparlante. Era un brutto segno, il peggiore: quegli uomini non Lo temevano, non più.
Fuochi di un grigiore spettrale ardevano sotto i suoi piedi, allungando le ombre della balaustra fin quasi agli usci delle ultime case: il maschio si abbassò, le ginocchia quasi a toccare il suolo, ed estrasse una lama ricurva dal fodero di cuoio scuro. Era lì per ascoltare, ma le precauzioni non erano mai abbastanza.
Strisciando, sempre in quella posizione acquattata, si fece più vicino alla balaustra. Sotto di lui, un salto di venti metri lo divideva dal suolo – ma non c’erano altre strade: quello era il luogo in cui il dislivello era più basso, l’unica via per calarsi nella Cittadella Inferiore che non prevedesse un documento formale. Ma prima… Shasta lasciò scivolare un ginocchio a terra e calò il cappuccio sul volto a celare i capelli candidi e il volto contratto; sotto di lui, tre uomini sedevano attorno al fuoco freddo e ne usavano la luce per rischiarare il gioco di carte mentre, più lontano, una donna mostrava la mercanzia ad un quarto maschio, che passò oltre, scomparendo in un vicolo.
Parassiti, fu il pensieri dell’ombra acquattata nella Città Alta, e poi ci sarà da attendere che questi idioti decidano di andare a morire da qualche altra parte.
Non poteva permettersi che qualcuno lo vedesse, perfino gente come loro. Con un sospiro, si dispose all’attesa, spostandosi a fianco di un basso muricciolo, che l’avrebbe protetto dagli occhi indiscreti degli uomini della Cittadella. Non doveva temere che qualcuno, dai palazzi vicini, s’affacciasse e potesse notarlo: nessuna abitazione nel quartiere della gente comune aveva finestre che dessero sulla balaustra e la depressione che li divideva dagli esseri inferiori reclusi là sotto.
Dunque si sedette sul terreno umido e freddo, la schiena poggiata al muschio verde che infestava la pietra vecchia dal muricciolo, e chiuse gli occhi. Non dormiva; pensava. E, come ogni volta che lo faceva, irrimediabilmente la mente ripercorse le vicende che l’avevano portato a Soham.
Sulle ali del profumo di muschio e nebbia, il maschio ricordò Che´el Phish e il suo tradimento.

  
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