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Autore: thecarnival    16/01/2013    6 recensioni
MOMENTANEAMENTE SOSPESA CAUSA: ESAMI UNIVERSITARI.
Lei: ventisette anni, francese di nascita ma italiana d'adozione.
Lui: italiano, meglio dire, romano D.O.C.
Lei: vive in un piccolo appartamento in una zona tranquilla di Roma e si mantiene grazie ad un modesto lavoro che tuttavia sta iniziando ad odiare, perché è propria a causa di esso che ha visto infrangere le sue aspettative sul vero amore e sugli uomini: l'organizzatrice di matrimoni.
Lui: condivide casa con due sue amici e colleghi e, a differenza di lei, ama il suo lavoro, perché non solo guadagna soldi ma anche donne: è uno spogliarellista in un noto locale di Roma, il Ladies Night, ed è la principale attrazione del locale.
Entrambi pensano che l'amore sia inutile e passeggero, che la gente si stanchi di stare sempre con la stessa persona e che, prima o poi, si finirà per soffrire.
Le loro vite si intrecceranno per caso e il caso non li lascerà più allontanare.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Undress my heart.'
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NEL CAPITOLO PRECEDENTE:

Emily scopre che la sua agenzia ha stretto un accordo con il Ladies Night e si reca a pranzo, insieme a Carla, per incontrare Maurizio, il proprietario del locale e discutere di alcuni punti del contratto. Lì incontra anche Pietro e, dopo i primi momenti come al solito molto disastrosi, i due vanno a passeggiare in spiaggia, riuscendo a parlare in modo tranquillo, senza litigare; a quel punto si baciano in modo molto passionale.
Quel bacio manda in confusione Emily e, in macchina, aggredisce Pietro accusandolo di cose assurde.
Da adesso in poi i due dovranno collaborare a stretto contatto ed Emily si sente imbarazzata per quello che è successo anche se spera e crede di riuscire a mettere una pietra sopra a quello che è successo a Ostia.



The (he)art of the streap VIDEO.



Dodici.



- Questo mettetelo qui. STATE ATTENTI. 
Due settimane e stavo sul serio rischiando di impazzire; non era facile mantenere la facciata del “ti ignoro, sono superiore e non mi interessa nulla di quello che è successo al mare”, soprattutto se trascorrevo ore e ore con lui, quasi ogni giorno. 
Al mattino, in ufficio, controllavo i preparativi dei matrimoni; nel pomeriggio mi destreggiavo tra i vari sopralluoghi o appuntamenti con le spose; la sera avevo le riunioni con lo staff del Ladies Night oppure accompagnavo le spose degli addii al nubilato. Ero così stanca che avrei pagato oro per un giorno di riposo.
Stavo preparando un matrimonio dell'ultimo momento: una coppia aveva deciso di sposarsi perché lei era in dolce attesa e non aveva il tempo o le idee per organizzarlo, perciò mi ero trovata a chiamare milioni di chiese e ristoranti alla ricerca di quelli disponibili nel giorno stabilito e convincere il prete a fare un corso pre-matrimoniale molto accelerato. Sarei morta d'infarto alla fine del ricevimento.
Non mettevo piede in casa da diciotto ore circa, non avevo fatto la lavatrice e non pulivo da non sapevo neanche io quanto tempo: avevo bisogno di una vacanza.
- Dove cavolo è il tuo cellulare?
Ecco come la mia giornata, su una scala da uno a infinito, era peggiorata infinito al quadrato.
- Che ci fai qui?
- Ti stavo cercando e, visto che non mi rispondevi a telefono, sono venuto a parlarti di persona.
Lo sorpassai, raggiungendo il fioraio che era appena arrivato. - Sto lavorando e tu mi disturbi.
- Sarò breve.
- Buongiorno signor Manfredi.
- Ciao Emily, è un piacere vederti. - Il sorriso di quell'uomo mi rilassò per qualche istante: avevo sempre visto in lui una figura paterna, quasi fosse il nonno che era venuto a mancare quand'ero piccola. - Dove devo mettere questi vasi?
- I vasi grandi vanno vicino alle colonne, quelli medi ai lati del tavolo degli sposi e una composizione su ogni tavolo. 
Gli operai del signor Manfredi seguirono le istruzioni sotto il suo sguardo vigile, mentre io mi occupavo della mia piaga personale; era appoggiato al muro, con la gamba piegata e le braccia incrociate al petto.
- Sei brava. – Disse, mentre mi avvicinai. - Hai quell'atteggiamento da “fai quello che ti dico perché sono migliore di te” che, non so, ti fa brillare gli occhi.
Mi trattenni dal sbattergli la cartelletta in testa – Vorresti dire che ho la tendenza a comandare gli altri?
- L'hai detto tu. - Mi sorrise strafottente.
- Dimmi perché sei qui e facciamo la finita, così te ne vai. - Si rimise in piedi composto. - E comunque io non penso di essere migliore degli altri.
Mi diede una pacca sulla spalla – Certo. Maurizio mi ha detto di dirti che per questa settimana le riunioni sono annullate.
- Perché? È successo qualcosa? - Non lo conoscevo da molto, ma ormai avevo imparato alcune sue espressioni – Cosa mi stai nascondendo?
- Niente. Abbiamo dei problemi interni e quindi dobbiamo rallentare.
- Vuol dire che sono sospesi anche gli incontri con le spose? - Mi prese il panico.
- No. O almeno credo. 
Mi mancò il respiro per qualche istante: come lo avrei detto a Carla? In quelle settimane avevamo puntato tutto sulla novità degli addii al nubilato e in effetti gli affari erano migliorati tantissimo; cercai di calmarmi per non perdere il controllo, ero pur sempre a lavoro e la futura sposa sarebbe arrivata da un momento all'altro per controllare che tutto fosse a posto. 
- Emily rilassati, andrà tutto bene. 
- Risolvete questi problemi il più presto possibile, perché se tu e i tuoi cari amici mandate in rovina la mia società, ti faccio pentire di avermi rivolto parola, quel giorno, al locale.
Minacciarlo mi metteva sempre di buon umore.
Borbottò qualcosa, ma non lo capii visto che mi ero allontanata per raggiungere il signor Manfredi e ringraziarlo per il lavoro ben svolto; un urlo, proprio nel momento in cui guardavo il risultato fino a quel momento raggiunto, mi fece sobbalzare. Era arrivata la sposa e stava parlando con Gerem... Pietro.
Quell'idiota avrebbe rovinato tutto.
Li vidi avvicinarsi a me in fretta e lei aveva un sorriso strano stampato in viso.
- Grazie, grazie, grazie.
Quando mi abbracciò, capii che era fuori di testa. - Di cosa? - Le risposi, allontanandola come se avesse il tifo. 
- Per questa sorpresa, non sapevo fosse compreso nel pacchetto.
- Non capisco. - GerPietro ricambiava il mio sguardo confuso e solo allora mi accorsi che Lucia, la sposa, lo teneva per il polso.
- Lui. Electric Fire è il mio regalo. Grazie.
- Oh. - Lei aveva capito  minchie per lanterne.* - No, guarda che...
- Non dovevi scoprirlo così, doveva essere una sorpresa. - L'idiota si intromise, facendo credere a quella donna che in serata avrebbe avuto uno spettacolo molto privato con Mr. Electric Fire. - Adesso dovresti lasciarmi, così vado a prepararmi.
Lucia urlò di nuovo e, quando mi abbracciò, ringraziandomi ancora, fulminai con lo sguardo il cretino che mi aveva messo in quel casino: come avrei fatto?
- Aspetta. – Gli corsi dietro. – Dimmi un po', grande genio, come faccio adesso?
- A fare cosa?
- Quella pensa che questa sera ti metterà le mani addosso. - Sputai la frase con rabbia, non lo sopportavo più.
- Lo so. Ti serve un passaggio a casa?
- Non cambiare discorso.
Richiuse lo sportello con un gesto deciso e si voltò a guardarmi un po' arrabbiato – Devi smetterla di farti prendere dal panico e di aggredirmi: questa sera avrete il vostro spettacolo.
Lo bloccai prima che potesse salire in macchina – Sì ma lei non lo ha chiesto, nessuno lo ha pagato. Come...
- Emily: rilassati, cazzo. 
Questa volta l'istinto riuscì a prevalere, lo spinsi così forte da fargli sbattere la schiena contro l'auto, ero fuori di me. - Non dirmi cosa devo o non devo fare. Mi hai stufata con le tue battutine o sorrisini e non permetterti più a rispondermi male.
Con un passo indietro mi allontanai, ristabilendo la giusta distanza.
- Sei violenta ultimamente, è successo qualcosa in particolare?
- Vaffanculo.
Perché perdevo tempo con lui quando avevo ben altro a cui pensare? Vidi Lucia vicina al tavolo degli sposi muoversi con fare sospetto e accelerai il passo per avvicinarmi e chiederle cosa avesse intenzione di fare; l'avrei raggiunta se solo lamiapiaga, perché sapevo fosse lui, non mi avesse fermata, prendendomi per il polso e facendomi girare bruscamente verso lui. 
- Violenta e maleducata.
- Non costringermi a farti la stessa solita domanda. Ormai mi sembra di vivere in un film: la smetti di assillarmi? Lasciami in pace, ti prego. Ho bisogno di vivere la mia vita senza che tu mi stia intorno, puoi farmi questo favore?
Ero patetica, lo ero stata più volte, ma lui non ne voleva sapere e più gli supplicavo di lasciarmi in pace più mi ronzava intorno come una mosca fastidiosa: avrei voluto avere un grosso insetticida. 
- No. - Scrollò le spalle – Più che altro vorrei baciarti in questo momento.
- Oh ma per favore... - Cercai di liberarmi dalla sua stretta – Vorresti baciarmi per poi trattarmi di nuovo male? Che razza di cervello hai.
- Ti tratto male? Se non mi avessi aggredito in quel modo sarebbe andato tutto bene.
- Bene in che senso? - Litigare era diventato così normale per noi – Nel senso che mi avresti portata a letto e avresti tagliato il mio nome dalla tua lista? Certo, ho scombinato il tuo piano... oh come mi dispiace.
- Piano? Lista? Guardi troppi film Emily e stai sempre sulla difensiva: non volevo dirti quelle cose in macchina, avrei voluto accompagnarti a casa e baciarti ancora, fine della storia; ma tu non me l'hai permesso.
La stretta sul mio polso si fece più forte e una smorfia di dolore si dipinse sul mio viso; mi lasciò andare quando se ne accorse. Lo massaggiai per cercare di non pensarci e per non guardare i suoi occhi di un azzurro troppo intenso e arrabbiato per sostenerlo.
- Scusa. - Scrollai le spalle – Perché mi hai detto quelle cose? Perché pensi che io non possa baciarti o essere gentile con te?
- Ho da fare Pietro, non è tempo e luogo per parlarne.
Sembrava la quiete dopo la tempesta, avevamo quasi urlato per circa cinque minuti, ci eravamo fatti del male perché eravamo troppo stupidi per guardarci negli occhi e dirci la verità e adesso stavamo in silenzio a guardare per terra. Quel silenzio mi faceva paura.
- Se non ne parliamo adesso, non ne parleremo mai più. 
Ebbi il coraggio di guardarlo negli occhi. – Vuol dire che non c'è nulla di cui parlare. 
- D'accordo come vuoi. Ti faccio sapere per questa sera. 
Sapevo di aver fatto la più grossa cazzata di tutta la mia vita, ma non ero pronta per affrontare quel discorso,soprattutto perché non sapevo cosa avrei dovuto dire.


Avevo raggiunto le mie amiche all'ora di pranzo, non appena finito di lavorare.
- Io ho un'idea
, ma so già che me la boccerai. - Giulia posò il menù sul tavolo e mi guardò seria.
- Dimmi pure Giù
. – Le risposi, leggendo ancora tra i piatti di pasta che offriva il ristorante.
- Dovresti dargli una possibilità, dirgli che baciarlo ti è piaciuto. Provare a parlargli
, dicendogli che potete provare a stare insieme o avere una specie di storia.
La guardai scettica dal menu
. – Se è uno scherzo, non mi diverte. 
- Non è una brutta idea. Magari lui ti sta così addosso perché vuole essere il tuo amico speciale.
- Già, il tuo amico di letto.
Odiavo il 
loro modo di scherzare, quando il soggetto delle loro risa ero io. 
- Mettiamo in chiaro una cosa: non. voglio. stare. con. lui. 
- Ma perché? - Giulia mi sembrò disperata – Che ti ha fatto questo povero ragazzo per meritarsi il tuo disprezzo?
- Lui... - Ci pensai e mi accorsi che non lo sapevo – In realtà ho paura di molte cose. Non voglio che mi prenda in giro, che mi porti a letto e mi scarichi un'ora dopo o che mi usi per qualche divertimento personale. 
- Fallo tu. - Mina si sbracciò per chiamare il cameriere – Approfitta di lui e del suo bel corpicino succulento.
- Ma non hai mai visto i film romantici? Poi va a finire male: lui lo scopre e sono guai per la lei.
- Sì ma poi, dopo aver litigato, si mettono insieme. Mal che vada ti innamori.
Rabbrividii alle parole di Mina – 
Ma anche no. Ragazze siate serie, non ho tempo e voglia di stare dietro a un ragazzo, soprattutto lui.
Giulia mi guardò maliziosa – Io dico che una sana scopata ti farebbe bene. Solo una e se non ti piace non ti fai più vedere.
- Giulia ha ragione, ne avete bisogno entrambi
: vi mangiate con lo sguardo! Una volta sola e, tolto lo sfizio, ognuno se ne va per la propria strada.
Le guardavo allibite. - Io non le faccio queste cose, non vado a letto con uno solo per togliermi lo sfizio o per accontentarlo.
Fummo interrotte dall'arrivo delle nostre ordinazioni: il cameriere era stato stranamente veloce o forse eravamo noi a essere troppo prese dal discorso. Mina cercò di cacciarlo per continuare a parlare.
- Senti, qui non si tratta di ciò che è giusto o sbagliato o quello che di solito si fa ma: ne hai bisogno Ems.
Giulia annuì
, mentre gustava la sua carne. – Esatto. Non saresti una poco di buono, vai tranquilla.
Non era una questione d'essere giudicata come una poco di buono, io non volevo andare con lui per qualche blocco mentale-personale; se avessi ceduto, gli avrei dato quello che voleva fin dal primo momento e poi cosa mi sarebbe rimasto? Solo il ricordo di una notte e, per quanto mi allettasse l'idea di divertirmi con lui, avevo sempre una dignità femminile che mi impediva di lasciarmi andare per paura d'essere abbandonata ancora una volta.
- Potrei uscire con Mario.
- Chi cavolo è Mario?! - Mina mi guardò male.
- L'avvocato del piano di sotto
. – Le spiegò Giulia. – È carino, ma di un noioso da far arrivare il latte alle ginocchia.
Mina mi tirò un pezzo di pane in faccia – Niente Mario. Scoperai con GerPietro, il caso è chiuso.
Amavo stare con loro e apprezzavo il loro dare consigli
, ma a volte perdevano il senso della realtà; non avrei fatto una cosa del genere, non mi sarei mai abbassata a quel livello, avevo bisogno di altro, certezze e stabilitàPietro mi ispirava tutto tranne che fiducia, ma, come aveva detto Giulia una volta, avrei potuto lasciarmi andare con il tempo:forse e se ne avessi avuto voglia e coraggio, l'avrei fatto. 



Neanche un'ora e già mi dolevano i piedi: maledette scarpe. Odiavo il mio lavoro soprattutto perché, durante le cerimonie, mi toccava indossare abiti eleganti e di conseguenza tacchi, accessori, orecchini e roba che non faceva per me; io preferivo di gran lunga un paio di jeans o una tuta.
Da lontano osservavo il risultato del duro lavoro di quella settimana e ne ero soddisfatta: era tutto perfetto, esattamente come avevo chiesto.
- È  così che ti vesti quando lavori? 
Era, avevo pensato benissimo. Mi voltai e lo vidi in tutto il suo splendore. Indossava uno smoking nero con camicia bianca e tanto di papillon e mi chiesi se fosse la sua divisa o se si fosse vestito in quel modo per il matrimonio; feci, comunque, finta di nulla e lo ignorai, dandogli le spalle e parlando con la mia collega attraverso l'auricolare.
- Melania, cosa sta succedendo lì? - Vidi qualcosa di strano in lontananza, ma fui subito tranquillizzata, perciò mi dedicai alla mia palla al piede. - Dimmi tutto. 
– Dovrei venire a trovarti più spesso. - La sua radiografia mi indispose – Dove lo facciamo?
Lo guardai stralunata. – Ma di che parli?
- Dello spogliarello. È già arrivata la sposa? - Mi passò avanti sorridendo malizioso. – Stai sempre a pensare male, che ragazzaccia!
Idiota. – La sposa è dentro, con le damigelle; la voce si è sparsa subito. 
Il suo sguardo felice ed eccitato mi fece innervosire ancora di più: per quale assurdo motivo trovava divertente spogliarsi e farsi toccare da estranee? Era contento di sapere che altre donne, oltre a Lucia, lo attendessero in quella stanza affamate e vogliose di spogliarlo con le loro stesse mani. 
Dovevo smetterla di pensare o avrei ucciso tutti quel giorno.
- Non mi accompagni? - Me lo chiese prima di entrare nell'enorme hall della villa e mi sorrise complice, strizzandomi l'occhio. Non seppi resistere: sbuffai e dopo qualche passo fui accanto a lui. 
- Rimarrai durante lo spettacolo? 
Negai. – Ho da lavorare.
Si fermò prima di abbassare la maniglia e lanciarsi in pasto alle belve feroci. – Mi devi presentare e non puoi lasciarmi da solo: ho bisogno che qualcuno le tenga calme.
- Dovrei farti da guardia del corpo?
Sorrise malefico e, prendendomi per il polso, aprì la porta, coinvolgendomi in quella che sarebbe stata la fine della mia vita o l'inizio della mia rovina.

Le ragazze erano sedute. Più o meno, perché si muovevano irrequiete su loro stesse continuando a borbottare eccitate; Pietro si sarebbe esibito di fronte e vicino a loro, su nessun palco, facendosi toccare e infilare i soldi dovunque fosse stato possibile. Mi prese in disparte, prima di entrare in scena, e in quel momento mi accorsi del suo cambio d'abito: indossava una divisa da vigile del fuoco. Cliché. Anche se, dovendo essere sincera, era molto sexy e non riuscivo a togliergli gli occhi da dosso neanche quando iniziò a parlare nervoso. Non capivo cosa lo innervosisse così tanto al punto da torturarsi i capelli in quel modo o volermi dentro con lui, non era mica il suo primo spettacolo.
- Hai capito quello che devi dire? - Lo guardai allarmata e sbuffò – Ascolta bene: Per favore non...
- Non vi è permesso toccare più del dovuto. - Mi sentivo una scema nel dire quelle cose ma Pietro era stato abbastanza categorico. - Non potete saltargli addosso né spogliarlo con le vostre mani o lo spettacolo verrà interrotto e sarete voi stesse a risarcirlo. - Questa era stata una mia idea, dell'ultimo momento. - Buon divertimento.
Urlarono felici e mi sedetti in un angolino, appiccicata al muro in modo da non partecipare a quello scempio; le luci si spensero e restarono accese solo le lampade da terra che davano un'atmosfera più intima. Pietro apparve dopo le prime note di una canzone da discoteca mai sentita fino a quel momento. 
Batteva il piede a tempo, muovendo i fianchi ritmicamente e tenendo la testa bassa; solo quando iniziarono le parole della canzone alzò il viso, puntando i suoi occhi verso la piccola folla urlante e sorridendo malizioso, giocando con la cerniera della divisa e con il casco giallo, che tolse del tutto e mise in testa alla sposa. Fece un balzo indietro giusto in tempo per non essere sequestrato dalle mani abili della donna. 
Continuò a muoversi sensuale per il resto della canzone, togliendo lentamente la tuta, passando tra le sedie e strusciandosi su quelle ragazze che stavano perdendo, a poco a poco, la loro voce. 
Rimase a petto nudo con addosso solo i pantaloni della divisa; la canzone stava per finire perciò velocizzò tutto,avvicinandosi alla sposa e mettendosi a cavalcioni su di lei. Mi aveva detto che non ci sarebbero stati momenti troppo ravvicinati, che loro non potevano toccarlo o spogliarlo, eppure era lui stesso a cercarseli; un moto di rabbia mi travolse e, per un attimo, ebbi l'istinto di accendere la luce e interrompere tutto, ma quando le mani di Pietro tolsero dal proprio sedere quelle di Lucia e tornò in piedi, ripresi a respirare e mi calmai.
Non ero gelosa, mi attenevo alle regole.
Con un gesto secco tolse i pantaloni proprio nel momento in cui la canzone terminò, restando con un misero paio di parigamba* neri, troppo aderenti. Si inchinò come se fosse stato chissà quale attore o ballerino e sparì, lasciando la sposa, testimoni e amiche soddisfatte, urlanti e ancora eccitate.

Andarono tutte via e non potei fare almeno di ascoltare i loro commenti maliziosi su quello che avrebbero fatto a “l'uomo dagli addominali invitanti e dal culo d'oro”. Roteai gli occhi disperata perché quasi tutte erano fidanzate, sposate o giù di lì ma avrebbero volentieri tradito le loro metà con Pietro: ecco perché non aveva senso sposarsi o stare insieme a qualcuno.
Sospirai: sarei rimasta sola per sempre.
Sobbalzai quando mi sentii sfiorare la spalla e mi voltai – Ci hai messo un secolo, sei peggio di una femmina.
Assottigliò lo sguardo, abbassandosi alla mia altezza – E tu sei come quei bambini che offendono per difendersi. - Si rimise composto e mi regalò un sorriso – Andiamo? 
Dove saremmo dovuti andare, noi due, insieme? Io dovevo lavorare, lui, per quanto mi riguardava, poteva andarsene a casa o a farsi ammazzare. 
Mi alzai e lo seguii senza aggiungere mezza parola perché sapevo che se le avessi fatto avremmo litigato e dovevo impiegare tempo, forze ed energie nelle ore successive a dirigere e tenere sotto controllo la situazione.
Lucia stava finendo di prepararsi insieme alle amiche, mentre lo sposo si trovava dall'altro lato della villa a bere e festeggiare con i testimoni e non sapevo chi altro.
- Dove stiamo andando? 
Dovetti rispondergli per forza visto che me lo chiese quasi una decina di volte. - Faccio un giro per vedere se va tutto bene, tu puoi andare dove vuoi.
- No. - Si bloccò, facendo fermare anche me. - Io sono stato invitato e starò con te.
Era uno scherzo?
- Io devo lavorare.
- Ti aiuterò, te lo devo.

Non bastarono gli sguardi d'odio, le battute acide, il mio ignorarlo per farlo andare via o smettere di seguirmi e starmi tra i piedi. Continuava a parlare, sorridere alle mie colleghe perché, di sicuro, voleva portarsele a letto, e cercare di aiutarmi nel lavoro, non sapendo che in quel modo peggiorava la situazione; se dicevo a Melania di far servire poco vino al tavolo dei testimoni, lui portava dei bicchieri per brindare, dicendo che doveva risollevare il morale a tutti e di conseguenza, la situazione.
Lo avrei strozzato con le mie stesse mani.
Al ballo padre-figlia mi rilassai, sedendomi sulla prima sedia libera e cercando di muovere le dita all'interno di quelle maledette scarpe; le indossavo da così tanto tempo da temere che i piedi avessero preso la loro forma.
- Ecco a te. - La sua mano con un bicchiere di champagne spuntò dal nulla e io alzai lo sguardo, trovando il suo divertito. - Potrebbe farti stare meglio.
- Sto lavorando, non posso bere.
Me lo avvicinò ancora di più – Solo un sorso. Hai quasi finito.
Il più grande errore fu quello di guardarlo negli occhi, perché mi lasciai convincere da quello sguardo malizioso e sicuro di sé, da quell'azzurro così intenso da far invidia al mare di inverno. 
Presi il calice dalle sue mani e bevvi. 
- Mi piace il tuo lavoro. - Si mise a cavalcioni su una sedia di fronte a me, continuando a bere il contenuto del suo flûte.
- Perché ti piace? 
Ero davvero curiosa dato che io stessa lo odiavo, ogni tanto. 
- Non so, è interessante. Guarda come sorridono tutti, sono felici, non come quando vengono da me, qui lo sono davvero. Hanno una luce diversa negli occhi; forse la speranza che questo possa durare per sempre e che domani non sia un giorno come un altro e… – Tornò a guardarmi, facendomi rabbrividire. - E sei tu che realizzi tutto questo, senza neanche rendertene conto.
Per un momento, solo quello, avrei voluto baciarlo: i miei occhi erano incollati ai suoi che, come impazziti, si muovevano veloci prima a destra e poi a sinistra; c'era qualcosa che mi attirava a lui, una sorta di calamita che mi impediva di spostarmi o allontanarmi, come se il mio posto fosse quello.
Una voce stridula nel mio orecchio mi distolse dalla trance, sbattei le palpebre più volte per riprendermi e risposi a Melania che urlava disperata.
- Sto arrivando, aspettami lì.
- Hai bisogno di...
Lo interruppi prima che continuasse – No, stai pure qui è una sciocchezza. Non muoverti ok?
Non sapevo se quell'ordine derivasse dalla mia paura che lui potesse combinare qualche guaio o dalla voglia di trovarlo lì seduto ad aspettarmi e poter continuare quello che era stato interrotto ma, quando mi sorrise e annuì, mi rilassai e raggiunsi la mia collega.

- Grazie, è stato tutto perfetto.
Lucia, stretta a suo marito, mi guardava e ringraziava con gli occhi lucidi di chi aveva trascorso il giorno più bello della sua vita.
- Grazie a te per aver scelto noi e per avermi resa partecipe di tutto questo.
Carla diceva che dovevo mettere più enfasi in quella frase che ormai ripetevo da troppi anni, ma ormai la forza dell'abitudine e la mia poca stima nei confronti matrimoni mi facevano apparire annoiata. 
La guardai andare via ed esultai mentalmente: anche quella era fatta, adesso potevo andare a casa, togliermi le scarpe e farmi una bella dormita. 
Pietro non era più dove lo avevo lasciato e, dopo un primo momento di dispiacere, realizzai che fosse assolutamente normale: non mi avrebbe mai aspettata, era nella sua natura, non sarebbe mai rimasto lì seduto a riflettere sulle sue stesse parole o su quello che sarebbe potuto succedere, perché era Pietro e perché forse, era anche colpa mia, l'avevo trattato così tanto male da meritarmi quel comportamento.
Ero più bipolare di lui: prima lo allontanavo, poi lo cercavo, poi lo rifiutavo e poi lo desideravo ancora. 
Che diavolo potevo aspettarmi?
Di certo non mi sarei mai immaginata di trovarmelo seduto sul divano della sala interna della villa, con il mio cappotto e borsa in mano e un sorriso da far sciogliere i ghiacciai stampato in volto.
- Che ci fai qui?
- Ho visto che avevi finito perciò sono venuto a prendere le tue cose. Tieni. 
Mi aiutò a indossare il cappotto e non riuscii a dire nulla: tutto quello che facevo era guardarlo sconvolta. Chi era quel tipo così gentile e che ne aveva fatto del rude ragazzo che avevo conosciuto al Ladies?
- Ti serve un passaggio?
- Pietro. - Mi stupii di come suonasse strano chiamarlo con il suo vero nome eppure non era la prima volta che lo chiamavo, forse. - Ho seriamente paura di quello che potrebbe succedere.
- Non succederà niente che tu non voglia.
Con un cenno della testa indicò il posteggio e lo seguii.
- Il problema è questo: e se io lo volessi? Le cose si complicherebbero ancora di più: io non ti conosco, non facciamo altro che litigare e... 
Lo vidi, vidi l'esatto momento in cui la sua pazienza vacillò, vidi il momento in cui avrebbe voluto mandarmi a quel paese e odiarmi per tutta la vita; tuttavia si trattene, abbassandosi alla mia altezza e guardandomi negli occhi.
- Non farlo di nuovo: non rovinare qualcosa ancora prima che accada. 
E io la sentii, sentii la stessa sensazione di prima e la seguii: con un passo mi avvicinai a lui e lo baciai. La mia mano si posò sulla sua giacca nera e la strinse talmente forte che ebbi paura di sgualcirla; non si aspettava quel mio gesto, lo capii dalla sua reazione: aveva le braccia lungo il corpo e gli occhi spalancati, non avrei dovuto farlo, rovinavo sempre tutto.
Nel momento in cui stavo per allontanarmi e scusarmi, la sua mano si posò sulla mia schiena facendomi aderire al suo corpo statuario e mi scappò, senza volerlo, un mugolio di piacere per quel contatto così irruento e inaspettato tanto che lui sorrise sulle mie stesse labbra; approfittai di quel momento per stuzzicarlo e, come una vera maestra di seduzione, tracciai il contorno del suo labbro inferiore con la mia lingua, invitandolo ad approfondire il bacio, a risucchiarmi l'anima e non lasciarla andare mai più.
La sua mano sinistra si insinuò tra i miei capelli, stringendoli forte, come se avesse desiderato quel momento da troppo tempo; le nostre lingue stavano combattendo una guerra senza vincitori né vinti e le nostre labbra ballavano una danza nuova, ma comunque conosciuta. 
Quando ci staccammo, riaprii lentamente gli occhi, per paura che quel breve momento di pace e paradiso diventasse un lungo calvario verso l'inferno; il suo sguardo infuocato, azzurro, malizioso, troppo bello per essere reale, era puntato su di me, come un faro nella notte che aiuta le barche a tornare a casa.
Non disse niente, non ce ne fu bisogno, e io lo seguii lo stesso perché avevo bisogno di trovare la mia via.










*******

EMILY SET ABITI: QUI. (Aprire in un'altra scheda)
* il parigamba è un tipo di slip.
* Minchia per lanterne, significa: fischi per fiaschi.


Ciao, sono Alessia e se siete arrivate fino a qui, se mi avete aspettata allora VI MERITATE UN BACIO, UN ABBRACCIO EUN GERRI NUDO.
Come avete trascorso le vacanze? Avete mangiato, bevuto, ballato e tutto quello che c'era da fare? Oddio, io sì e adesso non so come tornare alla vita normale. PLEASE, SOMEONE HELP ME, PLEASE!
Ok, torno seria.
Ricordavate ancora cosa era successo nel capitolo precedente, spero di sì: per fortuna ho fatto un mini veloce riassunto prima di questo, per rinfrescarvi la memoria.
Ecco qui che i due, come al solito, dopo aver litigato... si avvicinano e... ZANZANZAN si baciano. Per la verità è Emily che bacia Pietro: PERCHE'? Me lo chiedo anche io, visto che non era programmato!
La ragazza è confusa ma si lascia influenzare, facilmente, dagli occhi azzurri del bel omaccione che si ritrova davanti, beh, lo farei anche io...
Non so che altro dirvi, è un capitolo molto importante questo perché si capiscono molte cose ed Emily, anche se non le dice apertamente, lascia dei segnali abbastanza chiari. Chi vuol capire, capisca. ;)
La vera domanda è: dove stanno andando e cosa succederà dopo?
Grazie infinite a tutte per avermi seguita fino ad adesso, per aver inserito la storia tra le varie categorie, per avermi recensita e sostenuta.
Grazie a
Ellina per lo splendido lavoro che fa con me, per la pazienza e per il suo bullizzarmi.
Grazie a Buba perché mi su/opporta.
Grazie a voi, ancora.

Vi ricordo, per chi volesse, l'esistenza del gruppo
facebook e del mio canale youtube.

E, per chi se la fosse persa: LA ONE SHOT NATALIZIA.


UN SOGNO DI NATALE.


One Shot Natalizia tratta dalla long: The (he)art of the streap.
Pietro ed Emily si trovano in una situazione del tutto nuova per loro, quasi surreale e con loro c'è un nuovo, piccolo, personaggio.

   
 
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