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Autore: Elpis    17/01/2013    10 recensioni
I personaggi di Kodocha sono cresciuti.
Sana è felicemente sposata con Akito, Naozumi convive con Fuka, Tsu ed Aya sono addirittura diventati genitori. Quanto a Rei, continua ad essere il manager affettuoso della sua pupilla e a coltivare il suo idillio con Asako.
Quattro coppie, ognuna con un passato diverso alle spalle.
Quattro coppie i cui destini si intrecciano in un gioco di linee dai contorni non ben definiti.
E se bastasse un test di gravidanza a ingarbugliare tutto e a rompere quei delicati equilibri?
Estratto 15° capitolo:
"Kami, vi prego, fate che almeno il bambino si salvi".
Una parte di lei avrebbe solo voluto abbandonarsi al vuoto dell'incoscienza, l'altra lottava per mantenere a fuoco ciò che la circondava e rimanere presente. Avvertiva un gran vuoto all'altezza del petto, un vuoto da cui nemmeno il dolore delle contrazioni riusciva a distrarre.
"Posso essere egoista, almeno per un momento?"
C'era un nome che martellava nella sua mente, più forte della voce dei medici, più insistente del rumore dei macchinari elettrici, più penetrante della paura.
"Akito-kun.
Ho bisogno di te, Akito-kun."
Genere: Commedia, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akito Hayama/Heric, Fuka Matsui/Funny, Naozumi Kamura/Charles Lones, Sana Kurata/Rossana Smith
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Endless Love'
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Ciò che fa più male

 

 

 

 

 

Caro Diario,
mi chiamo Sana Kurata e probabilmente sono troppo grande per tenere un diario. Be' Hayama dice che non sono mai cresciuta e che rimarrò una bambina anche a novant'anni quindi forse non è così strano quello che sto facendo.
Il fatto è che sono incinta e gli ormoni mi stanno annebbiando il cervello. A volte mi sento così sola e confusa che scoppio a piangere senza motivo. Forse dovrei smettere di scrivere queste sciocchezze Forse dovrei confidarmi con qualcuno. Ma i miei amici hanno tutti i loro problemi e non voglio essere la solita frignona un peso per nessuno.
Scuse. Sono tutte scuse. La verità è che i miei amici, con tutte le loro buone intenzioni, non sono in grado di colmare il vuoto che Hayama ha lasciato nella mia vita. È lui che vorrei accanto. E invece non lo vedo più dal giorno che sono svenuta sul set.

 

 

«Sana-chan è uscita mezz'ora fa per le riprese. Credo che ne avrà ancora per molto ».
Q
uel giorno l'acconciatura della signora Kurata era lievemente meno stramba del solito. Solo due trecce, legate intorno al capo con una spilla dai colori sgargianti e che dava l'idea di pesare come un macigno.
Fuka si sforzò di non fissarla troppo a lungo, credeva che a Misako quel genere di attenzioni non piacessero anche se vi era abituata.
« Magari potrei aspettarla qui, se non è un problema » propose con un pizzico di titubanza.
Un sorriso si dipinse sulle labbra di quella mentre indicava il divano.
« Accomodati pure. Gradisci un tè? »
Fuka si limitò ad annuire, mentre la signora Kamura spariva in cucina alla ricerca di Shimura. Senza un motivo apparente il cuore le batteva forte nel petto e doveva stringere forte le mani per impedire loro di tremare.
Quando tornò, la trovò quasi sepolta fra i cucini spugnosi con un sorriso tremulo sulle labbra e la schiena rigida come se avesse ingoiato un palo. Poco dopo Shimura si avvicinò con un carrello ricolmo di biscotti e con due tazzine colorate.
« Allora, Fuka-chan » esordì Misako portandosi la tazza alle labbra. « Di cosa volevi parlarmi? »
Un po' di tè le andò di traverso facendole provare la spiacevole sensazione di soffocare.
« Ehm, veramente sono solo passata a vedere come stava Sana... » rispose fissando Maro-chan che dormiva beato sulla sua spalla.
« Che assurdità » affermò quella continuando a sorseggiare placidamente il suo tè. « Un tempo una ragazza attiva e impegnata come te non avrebbe sopportato l'idea di attendere ore per una semplice chiacchierata fra amiche. Per non parlare del fatto che mi fissi come se fossi una di quelle pile di libri che devi studiare ».
Fuka sentì distintamente le guance andare a fuoco. Posò il tè sul tavolo, sperando di riuscire a contenere il suo imbarazzo.
« Io, veramente... » balbettò dandosi della deficiente.
Da quando ho le capacità di comunicazione di una bimba di cinque anni?
Da quando arrossisco e non riesco neanche a sostenere lo sguardo del mio interlocutore?
« Non c'è fretta, Fuka-chan. Prenditi pure il tuo tempo ».
La calma serafica di Misako era forse ancora più inquietante. Il silenzio si insinuò fra loro, interrotto saltuariamente dal rumore tintinnante del cucchiaino che sbatteva contro la porcellana della tazza.
O adesso o mai più.
Tirò un respiro profondo mentre le parole uscivano faticosamente dalle sue labbra:
« Io... io mi chiedevo... Ecco, non so, sicuramente non avrà voglia di parlarmene... »
« Chiedi pure sono come un libro aperto » la interruppe con una risatina soffocata « se non altro da quando ho iniziato a pubblicare autobiografie: non credevo di avere una vita così interessante da far vendere milioni di copie » concluse tirando soddisfatta la coda di Maro-chan.
«S-sì, certo ».
Quella era la conversazione più lunga che sosteneva con Misako da sempre.
Contando come è la madre, Sana è venuta anche troppo normale.
« Mi chiedevo se potrebbe descrivermi come si è sentita quando ha scoperto di essere... sterile ».
Fissava il bordo della tazza, incapace di sostenere il suo sguardo. Probabilmente la signora Kamura si sarebbe offesa, le avrebbe risposto che non erano affari suoi o avrebbe iniziato a farle tutta una serie di domande a cui non si sentiva pronta a rispondere.
Sto sudando e fuori non ci saranno nemmeno dieci gradi.
« Dunque » rispose quella dopo appena un attimo di esitazione. Non pareva particolarmente sorpresa, né tanto meno indignata. « Direi che la prima reazione è stata un netto rifiuto. Avere un bambino era una delle cose che desideravo di più al mondo ».
Fuka alzò il capo, scontrandosi con lo sguardo d'acciaio di Misako. Si chiese quanto coraggio servisse per parlare così tranquillamente di quella questione e se mai un giorno lo avrebbe avuto anche lei.
« Continuare a convivere con mio marito divenne praticamente impossibile. Una volta tanto, devo ammettere che non è stata colpa sua: con tutti i suoi difetti non mi ha mai fatto pesare il fatto di essere sterile. No, il problema era che non riuscivo ad accettare me stessa e a vedermi al pari delle altre donne. Fu in quel periodo che iniziai a portare queste pettinature così originali e colorate: volevo che tutti mi notassero, che tutti sapessero che ero diversa dalle altre e che mai sarei stata come loro » si interruppe, assorta nei suoi pensieri. Un sorriso lieve le dischiuse le labbra. « Era un comportamento infantile, adesso me ne rendo conto. Ma ero così arrabbiata con il destino che dovevo trovare un modo per urlare la mia indignazione ».
Il groppo in gola le rendeva quasi impossibile parlare.
« Ma allora perché indossa ancora questi copricapo? »
La mano di Misako salì a sfiorare i capelli, in un gesto lezioso.
« Perché trovo che accrescano la mia bellezza ed esaltino il mio collo sottile, no? »
Fuka si trovò a ridere, di un riso irrefrenabile e vagamente isterico.
« Se lo dice lei, Sensei ».
« Uhm. Ovviamente il fatto di aver adottato Sana è stato fondamentale perché aprissi gli occhi. Rimanere incinte non è l'unico modo per essere genitori, Fuka-chan. Reputo Sana mia figlia esattamente come se l'avessi partorita dal mio ventre. Per non parlare dell'indiscutibile vantaggio che non ti rovini la linea » aggiunse facendole l'occhiolino.
Matsui butto giù un sorso di tè chiedendosi se fosse quello a scaldarla o le parole della signora Kamura.
« La ringrazio. Mi è stata molto utile » asserì abbozzando un sorriso.
«Fuka, posso essere io a chiederti una cosa? Sei convinta che lasciare Naozumi solo perché non puoi dargli un bambino sia la scelta giusta? »
Sgranò gli occhi, la tazzina che tremava fra le sue dita.
« Come fa a sapere che...? »
Misako rise di quella sua risata squillante.
« Per la verità ho tirato ad indovinare » ammise. « A quanto pare ci ho preso, però ».
« Io... » annaspò in cerca delle parole. « Be' lei ha fatto altrettanto, no? » ribatté sulla difensiva. « Quando ha scoperto di essere sterile ha divorziato... »
« Mmm » estrasse dalla manica del kimono un ventaglio sgargiante e si iniziò a sventolare pigramente. « Le cose fra me e mio marito non andavano già da prima. Quella è stata solo la goccia che ha fatto traboccare il vaso, il fattore che mi ha dato la forza di adottare una decisione che era maturata in me già da tempo. Ma per te non credo che sia la stessa cosa ».
Lo sguardo di Misako era acuto, penetrante. Provava la spiacevole sensazione di trovarsi nuda, ogni sua più piccola debolezza esposta in bella vista.
« Sto solo cercando di fare la cosa giusta » esalò affondando le unghie nella carne delle cosce. « Per Nao voglio il massimo. Voglio che sia felice, che abbia tutto quello che desidera dalla vita. Anche quello che io non posso dargli ».
Inspirò profondamente. Dire quelle parole ad alta voce le era costato ogni grammo della sua determinazione.
« Capisco » sospirò Misako mentre il suo sguardo si faceva assorto. « Sai, Fuka-chan, è un errore che facciamo spesso quello di decidere per conto delle persone che più amiamo. Cercare di proteggerle ad ogni costo, persino da loro stesse ».
Matsui sussultò, aggrottando la fronte.
« Sta cercando di dirmi che sto sbagliando? »
« Sto cercando di dirti che forse questa scelta non spetta a te. Forse dovresti lasciare che sia Naozumi a decidere che cosa è meglio per lui e rispettare la sua volontà ».
Fuka distolse lo sguardo, incapace di sostenerlo oltre. Dentro di lei si agitavano un nugolo di emozioni confuse, un uragano di “se” e di “ma” che le stava facendo venire il mal di testa.
« Si è fatto tardi » esclamò alzandosi precipitosamente in piedi. « Mi sono appena ricordata che ho un impegno: passerò a trovare Sana la prossima volta ».
Misako non reagì, limitandosi a sventolarsi più forte.
« Fuka-chan? » aggiunse quando era ormai quasi alla porta.
« Sì? »
« Il tuo segreto è al sicuro con me ».
Matsui annuì, uscendo dal portone e chiudendoselo con un sospiro alle spalle. Inspirò l'aria fresca a grandi boccate, come se il suo cervello surriscaldato avesse un gran bisogno di ossigeno.
Ha ragione la signora Kamura? Sono un'arrogante a pretendere di scegliere al posto di Naozumi?
Si appoggiò all'uscio, fissando i sempreverdi con un'angoscia opprimente al petto.
Ma come posso starti accanto e fare finta di niente? Fa così male, Nao.
Faceva male sapere che non sarebbe mai potuta essere la donna perfetta.
Faceva male sapere che non avrebbe mai partorito un figlio con il colore assurdamente bello dei suoi occhi.
Ma ciò che fa più male è sapere che non sarò io a darti la cosa che desideri di più.

 

Caro Diario,
il mio umore è altalenante come quello di uno scoiattolo ubriaco! Che poi non so neanche se gli scoiattoli siano soliti ubriacarsi, ma di sicuro quando Maro-chan ha assaggiato un po' di sakè è schizzato avanti e indietro come impazzito. Ecco, gli ormoni della gravidanza mi fanno sentire proprio così: schizzata. Ho deciso che chiamerò mio figlio “Ormone” in ricordo di questa gravidanza assurda.
Per la verità dovrei essere felice di come stanno andando le cose. Nonostante il parere del medico, non mi sono più sentita male e le riprese procedono abbastanza spedite. A lavoro sono tutti più gentili, Rei è quasi asfissiante e alla fine ho perdonato Naozumi per quel brutto scherzetto.
L'unica nota stonata è Akito.

Di lui, nessuna traccia e è passata una settimana.

 

 La mano di Asako sfiorava il vetro della finestra, solcato da strisce sottili di pioggia.
Le era sempre piaciuto osservare il maltempo imperversare fuori sotto le protettive mura del suo camerino.
Eppure.
Eppure in quel momento non si sentiva confortata, nemmeno un po'.
Che sto facendo? È davvero questo quello che voglio dalla mia vita?
Quel pensiero era lì, annidato nella sua testa, come un tarlo fastidioso che le rosicchiava le sinapsi. Si era svegliata con quell'idea ed essa permaneva tenace, a volte si abbassava come una musica di sottofondo ma appena non aveva altro da fare, riaffiorava più martellante e rumorosa di prima.
Con un sospiro appoggiò la testa alla finestra, rabbrividendo per il contatto del vetro gelido.
Se doveva essere sincera con se stessa non era così che aveva programmato le cose. Da adolescente era così determinata da non esitare un attimo ad eliminare tutti gli ostacoli che si trovavano davanti alla strada per il successo. Allora era tutto chiaro, limpido come acqua sorgiva. Sarebbe diventata una star di fama internazionale entro i venticinque anni. Poi avrebbe ricercato Rei, un annetto per riassestare il loro rapporto, seguito dal matrimonio. Per i figli avrebbe aspettato un altro po', giusto il tempo di consolidare definitivamente il suo successo e potersi quindi prendere una pausa dal set.
...detta così sembra quasi che Rei sia un cagnolino che posso riprendermi quando voglio. Be', di sicuro ero una ragazzina viziata quando nutrivo questi progetti.
Peccato che le cose non fossero andate come si aspettava. Sagami si era rifatto una vita, aveva rotto con il passato, cancellandone le tracce. E quando era infine riuscita a ritrovarlo aveva dovuto fare i conti con lei.
Sana.
Era immaturo il fatto che ne fosse gelosa? Forse. Ma come era possibile non esserlo? Sara era un'attrice migliore, una persona migliore. Lei era la stronza che aveva lasciato crudelmente Rei e Kurata l'angelo buono che lo aveva salvato dalla miseria. Naturale quindi che adesso lui mettesse i bisogni di Sana davanti ai suoi.
Una piccola puntura, all'altezza dello sterno.
Naturale, certo. Non mi merito niente di più.
Ed eccolo lì, il piccolo tarlo che abitava la sua mente.
Forse non te lo meriti Kurumi-chan... ma di sicuro lo vorresti”.
Un bussare alla porta, impaziente.
« Asako, andiamo in scena fra cinque minuti! Ti aspettano nei camerini ».
Sussultò, accantonando quella vocetta fastidiosa. Il suo lavoro, in quel momento, era l'unica certezza.
Ciò che fa più male è chiedersi se era davvero questo che volevo dalla mia vita.

 

 

Caro Diario,
i giorni passano talmente veloci che fatico a tenerne il conto. Il pancione cresce, adesso è chiaramente visibile, anche se Naozumi continua a dirmi che sono magra come un'acciuga. Non sono mai riuscita a scoprire che cosa si sono detti lui e Akito e il pensiero mi disturba un po'.
Akito... Ormai sono più di quindici giorni che non lo vedo.
Siamo stati lontani molto più a lungo eppure mi sembra una distanza incolmabile. E se si fosse dimenticato di me? E se ci fosse qualcosa che non va? A volte ho il terrore che nemmeno dopo questa interminabile gravidanza lui possa tornare a casa. Mi chiedo come farei a vivere senza di lui e non riesco a darmi una risposta.

 

Gli acuti della tromba si perdevano nel silenzio della notte. Aveva la vaga impressione che i suoi vicini detestassero le sue strombettate serali, ma non poteva farci niente.
Suonare era l'unica cosa che riuscisse a distendergli i nervi quando era lontano dal palcoscenico.Premette il pistone con rabbia, soffiando l'aria nella bocchetta. Il livido sulla guancia era sparito da un pezzo eppure gli pareva ancora di sentire la pelle pulsare.
Quella bestia di Hayama.
Se ripensava alle sue parole gli montava il nervoso.
Con che faccia mi chiede di stare lontano da Sana-chan quando è stato il primo ad averla abbandonata? Come posso non vederla ora che ha più bisogno di me?
Un'idea fugace gli attraversò la mente, facendogli incurvare gli angoli delle labbra. Forse non era quella la verità. Forse non era Sana ad avere bisogno di lui, ma il contrario.
Per tutta la vita, aveva sempre avuto una figura femminile di riferimento. Nell'infanzia e nell'adolescenza quella figura era stata Kurata, nell'età adulta Matsui.
E adesso... pare che le abbia perse entrambe in un colpo solo.
La nota dalla tromba uscì talmente stridula e stonata da farlo rabbrividire. Poggiò lo strumento sulla ringhiera, passandosi una mano fra i capelli. Era freddo, il vento agitava i suoi capelli sparandoli in tutte le direzioni, eppure dentro si sentiva tremendamente accaldato.
Non ci sto.
Per lui prendere decisioni era sempre qualcosa di molto difficile. Era sempre stato riflessivo e talvolta si perdeva nei meandri dei “se” e dei “ma” che partoriva la sua mente al punto di rimanerne paralizzato.
Ma non in questo caso. Non quando stiamo parlando di due delle persone più importanti della mia vita.
Avrebbe continuato a frequentare Sana, alla faccia di karate kid. E soprattutto...
La mano si strinse intorno alla tasca, in un gesto quasi inconscio. Anche al di là del tessuto riuscì ad avvertire la consistenza del velluto che ricopriva la scatola con l'anello. Se lo portava in tasca, dal giorno in cui Fuka lo aveva respinto senza una minima spiegazione. Aveva paura a separarsene quasi come se ciò rendesse tutto più reale. Fuka non sarebbe diventata sua moglie, non avrebbe più messo piede in quella casa, né lo avrebbe sgridato con quel suo buffo accento di Osaka.
Un incubo.
Ma forse poteva ancora fare qualcosa per impedire che le cose andassero in quel modo. Forse avrebbe potuto mettere da parte l'orgoglio e provarci ancora.
Una spiegazione. Almeno quella me la devi, Matsui, dopo tutti questi anni passati insieme...
Le dita si strinsero intorno alla scatoletta in un gesto disperato.
Ciò che fa più male è il non sapere nemmeno perché non ci sei.

 

 

Caro Diario,
a volte vorrei che questo bambino non nascesse. Che rimanesse nella mia pancia per sempre.
È uno dei pensieri strambi sciocchi che faccio di solito. È solo che... se anche dopo che il bambino fosse nato Akito decidesse di non tornare a casa? Che scusa avrei allora per giustificare la sua assenza?

 

 L'odore della erba – fieno bagnato misto a rugiada – gli solleticava le narici. Non era una sensazione piacevole. Gettò uno sguardo distratto al parco e alle persone che correvano, infagottate in felpe pesanti e berretti improbabili. Fare sport non gli era mia piaciuto. Detestava il sudore, quella sensazione di affanno al petto, i muscoli che si contraevano per lo sforzo. No, decisamente non faceva per lui.
Meglio un buon libro e una sedia confortevole. Semplice, sicuro e soprattutto comodo.
Si sedette sulla panchina sgangherata, girando pigramente l'orologio intorno al polso. Aspettò, osservando le nuvole bianche che si dispiegavano nel cielo terso. Non occorse molto prima che la figura che stava aspettando apparisse all'orizzonte.
Akito Hayama.
A mezze maniche, nonostante le basse temperature. Con quel suo passo rabbioso, manco l'asfalto gli avesse fatto qualcosa. E quello sguardo, lo sguardo di quando aveva dodici anni e lei ancora non era entrata nella sua vita. Lo sguardo che sembrava voler bruciare tutto e tutti, a partire da se stesso.
Tsuyoshi si alzò in piedi, fermo vicino al percorso di jogging. Quando Hayama lo vide, il suo passo si fece meno baldanzoso.
So che non vorresti che fossi qui. Non vorrei esserci neanche io per la verità.
« Akito-kun » lo salutò sistemandosi la montatura degli occhiali.
« Tsu » replicò con un cenno del capo. « Sono un po' impegnato al momento ».
« Tu sei sempre impegnato » si lamentò blandamente. « Mi tocca tenderti gli agguati per riuscire a a parlare ».
Un guizzo di fastidio attraversò le iridi dell'altro. Abbassò la testa, la frangia troppo lunga gli nascose metà del viso.
« Dimmi quello che mi devi dire e lasciami riprendere la mia corsa ».
Tsuyoshi sospirò, osservando il petto dell'amico alzarsi ed abbassarsi affannosamente per il ritmo folle della corsa che si imponeva ogni giorno.
« Sediamoci un attimo, ti va? » propose indicando con un cenno del capo la panchina.
Hayama non replicò, limitandosi a sedersi.
« So che non ti va di discutere... » esordì mettendosi al suo fianco. « Per cui vado dritto al punto: quante settimane sono che non parli con Kurata? »
Quel nome produsse su di lui un effetto singolare. Akito si irrigidì, stringendo le mani fra di loro come se volesse stritolarle.
« Non sono affari che ti riguardano » rispose laconico.
Tsuyoshi sospirò.
Maledetto testone.
« Sì, invece. Sei il mio migliore amico. Lo siete entrambi ».
Hayama non replicò ma gli parve che la sua postura si ammorbidisse impercettibilmente.
È sempre stato un dramma capirlo. Servirebbe Sana-chan... giusto lei riesce a decifrare le emozioni di questo cretino.
« Rispondimi, Akito-kun. Quant'è che non vai a farle visita? »
« Ventiquattro giorni » esalò incerto.
Un soffio di vento gli aggredì la nuca scoperta, facendolo rabbrividire.
« E hai intenzione di andare avanti così ancora per molto? Fare persino i turni di notte in ospedale, correre fino a spremerti i polmoni e appostarti sotto casa sua senza aver il coraggio di premere il campanello come il peggiore degli stalker? »
Sapeva che provocare Hayama non era il modo migliore per ottenere delle risposte.
Chi sei tu per giudicare? sussurrò maligna una voce nella sua testa.
Come volevasi dimostrare quella che ottenne in risposta fu un'occhiata che avrebbe gelato l'inferno. Deglutì, aggiustandosi gli occhiali in un gesto nervoso.
« Scusa Akito-kun ma era ora che qualcuno dicesse le cose come stanno... »
« Tu non capisci ».
Non furono tanto le parole, quanto il tono a fermarlo. Hayama aveva distolto lo sguardo, appuntandolo sulle sue mani intrecciate.
« Inizia... inizia a vedersi » mormorò come sotto sforzo.
« Vedersi? Ma di che parli? » chiese confuso.
« Della pancia ».
« Oh » mormorò. « Be' è normale, ormai è quasi al sesto mese...»
« Tu non capisci » ripeté passandosi la mano sugli occhi. « Non sai cosa vuol dire vederla e sapere che quella cosa cresce nel suo ventre perché sei stato tu a mettercela. Vedere il suo passo sempre più pesante, sapere che vomita e deve sottoporsi a chissà quante analisi...»
Un brivido gli percorse la spina dorsale. Ricordava la gravidanza di Aya come se fosse stata ieri ma non rammentava di avere mai avuto dei pensieri così pessimistici al riguardo.
È anche una cosa bella...no?
« Non è detto che le cose vadano male! » esclamò nel tentativo di risultare incoraggiante.
Il silenzio che ricevette in risposta fu eloquente.
« Ok, mettiamo che tu abbia ragione.. Non pensi che sarebbe di grande conforto a Sana-chan sapere di averti accanto? »
« Conforto? » sputò Hayama con acredine. « Dover osservare ogni giorno la donna che ami stare peggio, sapere che è per colpa tua che si trova in quelle condizioni... Sapere... Sapere che sarà colpa tua se morirà... Io non riesco neanche a guardarla in faccia, Kurata, e tu mi chiedi di esserle di conforto? »
Quella volta non fu un semplice brivido, ma una sensazione di disagio che penetrò fin dentro le ossa. Distolse lo sguardo, sentendosi un perfetto idiota.
Ti ho giudicato male Akito-kun... Avrei dovuto capire che il peso che ti porti addosso è più grande di quello che pensavo.
Avvertiva il suo sguardo su di sé, freddo ed indagatore come granito. Si dimenò a disagio chiedendosi perché andava sempre a cacciarsi in quelle situazioni spinose.
Ho la mania di fare Cupido. E sai che dovrei averlo imparato che è meglio non mettersi in mezzo a questi due testoni...
« C'è qualcosa che mi devi dire, Tsu? »
Si irrigidì, trovando improvvisamente tremendamente affascinante l'orologio che portava al polso.
« No... perché? » chiese con voce che tradiva il nervosismo.
C'è solo il dettaglio che tua moglie potrebbe partorire prematuramente e i tuoi peggiori incubi avverarsi. Una cosa da niente.
« Conosco quello sguardo » rispose duro. « Parla ».
Era un ordine e fin da piccolo era sempre stato abituato ad obbedire quando Hayama parlava in quel modo. Ma non era più un bambino e aveva una promessa da mantenere.
Indugiò, combattuto.
Le cose sarebbero potute andare male. Era un'idea agghiacciante, che non voleva neanche prendere in considerazione ma... se fosse successo qualcosa a Sana o al bambino, se quello fosse stato l'ultima occasione per Akito di stare al suo fianco... A parti invertite avrebbe voluto saperlo.
Inspirò, prendendo fiato.
Perdonami Sana-chan.
« Ci sono delle complicazioni con la gravidanza. Il bambino potrebbe nascere prima del previsto ».
Si girò, fissando il profilo di Hayama. Non respirava e pareva che tutto il suo corpo fosse mutato in una statua di sale. Per un istante il silenzio si protrasse, a Tsuyoshi parve di sentire i suoi denti di scricchiolare fra loro.
« Devo andare ».
Furono le uniche parole che uscirono dalle sue labbra. Si alzò in piedi, le mani strette a pugno.
« Akito...»
Non gli rispose, rivolgendogli un unico, fugace, sguardo prima di riprendere la corsa con un passo che non sarebbe mai stato in grado di euguagliare.
Tsuyoshi rimase su quella panchina ancora per un po', chiedendosi che cosa avesse combinato. Aveva intravisto le iridi dell'amico solo per un secondo ma quello che vi aveva scorto non gli era piaciuto.
C'era il vuoto negli occhi di Hayama.

 

Caro Diario,
la pancia è sempre più prominente. Il dottore dice che ogni giorno in più è una vittoria, che più il bambino rimane dentro il mio ventre e più ci sono probabilità che nasca sano e riesca a sopravvivere. Io me lo ripeto tutti i giorni, che tutto andrà bene. Lo mormoro la mattina appena mi sveglio, fissandomi allo specchio. A volte funziona e riesco ad esorcizzare le mie paure. Altre...
Ciò che fa più male sei tu, A-chan. Sapere che ti sto infliggendo la stessa sofferenza che provo io e non poter smettere. Caro Diario sono proprio una lagna, vero? Forse dovrei smettere di stare qui al chiuso a deprimermi rimuginare, forse dovrei uscire... Sì, penso che farò così. C'è un posto in cui non vado da un po' e che mi manca...

 

Kurata chiuse il diario con un gesto deciso, superando in punta di piedi il salotto dove Rei guardava uno sciocco documentario in tv. Se l'avesse vista avrebbe insistito per accompagnarla e voleva andare da sola.
Il parco era vicino alla casa dei genitori di Hayama ed era da un po' che non andava da quelle parti. Natsumi aveva finito per tornare in America e suo padre l'aveva seguita, andando a vivere in casa con il marito di lei. Si chiese se Hayama li avesse anche solo vagamente informati di come andavano le cose fra loro: conoscendolo non c'era da escludere che avesse omesso ogni cosa.
Inspirò a piene boccate l'odore fresco dei pini, camminando a passo rilassato. Appena scorse in lontananza la sua meta, un sorriso le si dipinse sulle labbra.
Il gazebo era sempre lì, immutato nonostante il passare del tempo. In quel posto per la prima volta aveva visto Hayama come qualcosa di più di un compagno di classe arrogante e dispettoso, in quel posto lui aveva iniziato a rapirle il cuore e lì le aveva fatto la proposta di matrimonio più goffa del creato.
Un mese intero che non ti vedo, Aki... Mi si sta spaccando il cuore.
Scosse la testa, come per scacciare quei pensieri fastidiosi e avanzò verso il gazebo. Non era sola e quel pensiero la infastidì: per una volta che avrebbe voluto godersi quel posto in santa pace...
« A-chan? » mormorò mentre metteva a fuoco i contorni di quello che credeva uno sconosciuto.

 

 

 

 

 Ciao a tutti!
Scusate il ritardo, mi faccio perdonare con un capitolo che è bello lungo e molto introspettivo, spero risulti comunque scorrevole.
Con piccoli flash vengono esaminati i sentimenti dei vari personaggi in gioco, i pensieri di Sana si fanno sempre più deprimenti, non so se sono scaduta nell'OOC visto che lei è sempre allegra e solare, però penso che in un diario possa portare alla luce tutte le insicurezze che nella vita di ogni giorno si sforzerebbe di nascondere per non far preoccupare chi le vuole bene.
Passando ai ringraziamenti: grazie mille a ryanforever, ilapietro91, vale 89, jeess, Dramee, brenda the best, I hate you e sabry 92 che hanno commentato il precedente capitolo!
Non manca molto alla fine, ci stiamo avvicinando ;)
un saluto e un bacio
Ely 

  
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