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Autore: Kimmy_90    06/08/2007    4 recensioni
Philosophi, Custodes: guerrieri e sapienti, condottieri cresciuti ed istruiti, usati, stressati, tirati oltre ogni limite. Bambini sottratti ai genitori per divenire macchine da guerra: Utopia o Distopia?
E se il tutto, che a stento si regge in piedi, crollasse a dispetto dell'uno?
E se l'uno fosse dalla parte del tutto?
Dove trovi la ragione, dal sempre fu o dal nuovo che porta terrore come solo questo sa fare?
E se la routine della guerra divenisse l'isto di una catastrofe?
Siamo in un altro mondo, signori, e qui non v'è magia alcuna: soltanto geni...
Geni e Demoni.
[Storia in revisione] [Revisionata sino al capitolo 10]
Genere: Azione, Guerra, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Itachi, Naruto Uzumaki, Sakura Haruno, Sasuke Uchiha, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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- Questa storia fa parte della serie 'Cristallo di sale' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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16. Occursusque...



Per vedere gli occhi
perchè con i tuoi occhi veda
e perché allora
alla realtà non creda.



Neji aveva la bocca impastata. Saliva e sabbia creavano un amalgama formidabile che gli serrava le labbra e gli dava un fastidio indescrivibile.
Con il passare dei mesi aveva rinunciato a liberarsene, facendola diventare sua unica nemica: nel frattempo i suoi occhi opachi spaziavano sulla solita, eternamente desolata landa. Tre metri più in là Hinata era, più o meno, nella stessa situazione.

***


“Seguimi.”
“Sì.”
Baki svettava in mezzo ai tre ragazzini, tutti e quattro in testa ad una massa di guerrieri pronti e scalpitanti, ricoperti dalle stoffe bianche tipiche della Regio.
Troppe persone.
Troppa gente, per il Rosso, che ogni tanto si voltava ad osservare la grande chiazza bianca che lo seguiva.
Davvero esistevano così tante persone al mondo?
“Andiamo.”
“Sì.”
Lui solcava la sabbia bollente con i piedi ignudi e lo sguardo alto.
Gaara non era fiero. Ammirava solo l'orizzonte, che non aveva mai visto in vita sua: e quindi guardava avanti fisso, apparendo come l'essere più sicuro del mondo. Nei momenti in cui volgeva lo sguardo verso i soldati, questi, sotto i cappucci bianchi, venivano colti da una sensazione di disagio che li quasi bloccava.
Rimanevano impietriti nell'osservare il volto scarno e le nere fosse che aveva attorno agli occhi. Convinti che il Rosso, il Mostro, la Bestia, li stesse giudicando.

Ma Gaara non giudicava. Non sapeva giudicare.
Aveva solamente una profonda paura. Paura di loro.

Una paura che nessuno, pareva, potesse capire o solamente sospettare.

“Quando arriveremo al campo, voglio che tu dia il meglio.”
“..sì”
“Questo è un ordine.”
Sì. Era la parola che pronunciava più spesso.
Probabilmente l'unica.
Dare il meglio. Il Rosso doveva dare il meglio.
Tacque.
“Hai capito?”
Baki insisteva: l'operazione era di vitale importanza. Non potevano fallire, non potevano commettere nessun errore. Ma soprattutto il Rosso doveva agire. Funzionare. Era l'arma della ribalta, quella che avrebbe fatto guadagnar loro terreno... il Rosso, per quanto inumano che fosse, doveva capire.
“Gaara.”
Il Rosso si voltò lentamente, mentre continuavano ad avanzare. Il proprio nome gli faceva congelare il sangue nelle vene. Suonava così male, così alterato, in quell'espirare a pieni polmoni le A, che li svuotano.
Lascia senza fiato gli altri. E carpisce l'animo del suo possessore, stringendolo, stritolandolo, ricordandogli la sua essenza.
Per quanto inumano il Rosso potesse essere.
Una mano, adulta, si posò sulla spalla appuntita del ragazzino dai profondi sott'occhi. Per quanto la Bestia intimorisse chiunque, Baki si sforzò, avvicinandosi lentamente all'orecchio pallido dell'altro.
“Ascolta.”
In un sussurro. Gaara ascoltava. Gaara voleva ascoltare.
In quel momento solo la voce di Baki esisteva, che a lui si rivolgeva come fosse un'entità concreta, come a un essere umano, senza scostarsi indietro. Avvicinando più di quanto avesse mai fatto nessuno le sue labbra ai suoi rossi capelli. Toccando e percependo la pelle sotto la bianca stoffa, la carne, poca, le ossa.
“E' facile. Devi solamente ucciderli.”
L'adulto si scostò, andando a cercare lo sguardo del giovine. Come questi se ne accorse, diresse le iridi verde acqua sull'uomo, fissandolo.
Studiandolo.
Incollando le pupille su quelle dell'altro.
Baki si sentì strappare via l'anima.
“Sì.”
I margini delle labbra del Rosso, sottili, si allargarono impercettibilmente.

***

Kiba, erto in piedi, annusava l'aria.
L'annusava in continuazione. Riempiva i polmoni lentamente e con fluidità, esaminando con minuzia ogni singola particella dell'aere.
“Sei un cane.”
“Naah.”
Il ragazzo continuava, negando l'evidenza.
Naruto lo guardava mentre compieva questi atti animaleschi, la mano sotto il mento, quasi perplesso.
“Sì, sei un cane.”
“Naah..”
Inutile dire che Kiba risultava la migliore persona al mondo con la quale dedicarsi al chiacchiericcio inconclusivo.
Ogni tanto si alzava una lieve brezza che creava qualche mulinello di sabbia: ma nulla, alla fine, mutava. Il paesaggio era sempre quello. La situazione anche.
“Ma cos'hai tutto questo fiutare, KibaKiba?”
“Mah, niente.”
Con un grugno il biondino tornò a semi composto sulla sedia, le braccia incrociate.
“Direi solo che... c'è qualcosa di nuovo. Ecco. Odori mai sentiti...”
“Sei un cane.”
Sbuffando anche il moro tornò a sedersi, le braccia incrociate, lo sguardo immancabilmente rivolto all'orizzonte deserto.


***



Era la sabbia, così libera, che lo incantava prima di tutto.
Una minima folata di vento e i granelli si libravano in aria, fieri e felici.
Dimentico del suo animo vuoto, vacuo, del suo non-animo, il Rosso continuava l'avanzata meravigliandosi del mondo come un bambino. Il cielo azzurro, il sole che picchiava, innondandolo di luce, bagnandolo dei propri raggi: i capelli scarlatti rilucevano. I suoi occhi brillavano.
“Ci siamo.”


**********************
Quello, fu l'inizio.
**********************


- ACT 1.
Carpire

Avanzavano.
Avanzavano.
Inevitabile non accorgersene.
Ci sono molti modi per percepire ciò che è lontano.
E ve ne erano ancora di più in quel gruppo di ragazzini baciati dai più inumani talenti.
Chi col naso, chi con gli occhi.
Chi con la mente ci arrivava, osservando da dietro un visore l'orizzonte ne vedeva il mutare lento e innaturale.
Chi invece si agitava.
“Hoey, Hoey, urene taroo...”
In un sussurro, come stesse parlando con se' stesso, la voce un po' troppo alta. Le mani inguantate che battevano sul bordo della sedia, ritmiche.
“Taroo, de tote urene taroo”
Il capo dorato che compieva piccoli e secchi movimenti.
“Hoey! Hoey! Hoey! ”
La gamba destra, puntellata sulla punta, che vibrava, in una sorta di tic.
“Hoey! Hoey! Hoey! ”
Si erse in piedi.
“Naruto, stai buono! Mi deceonentri.”
Kiba era tornato ad annusare l'aria già da un po'.
“L'hai sentito anche tu, eh? Cos'è?”
“E'... acido.”
“Acido?”
“Si avvicina. E' tanto.”
Il biondo incollò gli occhi cerulei sull'altro, quasi persi, immobile, a vagare nel nulla. Catturato dalla rivelazione.
Avanzavano.
Avanzavano.
Shikamaru tolse il visore dagli occhi, oramai convinto che la sua tesi fosse sostenibile. Si spostò un po'.
Qualcosa si avvicinava.
“Sasuke?”
“Sì.”
“Cos'è?”
“... di certo è vivo. E sono molti.”
“Vado da Jiraya.”
“Ok.”
Il futuro stratega si allontanò con passi rapidi, diretto verso la tenda. Sasuke tornò ad osservare con gli occhi color fuoco l'orizzonte, riconoscendo, lontano, una macchia azzurrognola che si allargava con ponderata lentezza.
Posò la mano sul bracciale, a cercare il contatto radio.
“Neji?”
“...”
“Neji!”
“Sì.”
“Cos'è?”
Dall'altra parte, tacque.
“Neji?”
“Sono tanti. Si avvicinano...”
Altra pausa.
Sasuke guardò fisso il bracciale, attendendo che ne uscisse altro suono. Come convinto che Neji dovesse aggiungere qualcosa.
“Sasuke..”
Questa volta era Hinata.
“... dimmi.”
“... s.. scusami, ma... Sasuke, ce n'è uno grosso... Cioè, non è grosso. Ti prego, guarda anche tu, Neji. Forse lo vedi meglio..”
“E' esile.”
“Cosa è esile?” domandò Sasuke, nel bel mezzo del discorso fra simili.
“Un.. ragazzino, credo.”
“Hinata, cosa intendevi dicendo che è grosso?”
Sasuke doveva capire. Erano ancora troppo lontani perchè lui potesse vedere.
“... non so spiegarti... è come se fosse grosso. E'... è una Bestia.”
“... ah.”



- ACT 2.
Macchia Bianca

In poco tempo erano tutti lì, rivolti verso quella cosa che avanzava. A fissare con gli occhi quello che in moltissimi non erano ancora in grado di vedere.
Ad attendere.
“State ai vostri posti!”
Sasuke prendeva le redini assieme a Neji, che, qualche metro dietro di lui, andava per sdraiarsi a terra e puntare il fucile verso la massa azzurrognola che si ampliava.
E si almpliava.
A Naruto il cuore batteva.
A Sasuke pure.
E poi fu visibile a tutti.
Una macchia bianca che avanzava lentamente.
Si ampliava...
Come fosse infinita.
Un attacco frontale? Pensava Shikamaru mordendosi le unghie, perplesso da quella tattica, che esulava da qualsiasi standard ragionevole.
Possibile?
“Controllate le spalle e i margini!”
Lui, che in quella vignetta centrava poco o niente, nel bel mezzo del tirocinio, scattò con il suo istinto, forte delle lezioni che faceva da mesi con Jiraya.
Sasuke lo guardò perplesso.
Neji pure.
Non doveva parlare?
...
No, non era quello.
Come avevano fatto a non pensarci? Loro, che erano stati scelti per guidare il gruppo?
“Non avete sentito, razza di Agricolae? Non state lì impalati!”
Così Sasuke rafforzò l'ordine dello stratega, lanciando un vago sorriso di ringraziamento a Shikamaru, che rispose con un'espressione quasi divertita.
Jiraya osservava il muoversi dei piccoli guerrieri, intenti a dare ordini ai diciasettenni Bellatores, che obbedivano senza alcun rigetto.
Shikamaru era certamente una mente brillante, precisa e intuitiva. L'unica cosa che avrebbe potuto desiderare, per quanto ne avesse già, era il potente carisma di cui Sasuke era portatore.
Nonostante avesse passato la sua vita taciturno e freddo.
Se Sasuke parlava, lo si ascoltava. Indubbiamente.
Così pensava il Custos attempato.



- ACT 3.
Siamo sulla stessa Barca

La mano destra di Naruto era già da tempo scivolata sulla custodia della calibro 45 che aveva in vita. Senza nemmeno accorgersene aveva iniziato a sollevarne la toppa per andare ad afferrare il freddo metallo. La mancina, un po' meno allenata, stava intraprendendo lo stesso percorso, mentre il biondo fissava con la bocca lievemente aperta l'avanzata.
I nervi piacevolmente tesi.
“Vedi di non fare cose idiote.”
“Seh.”
Sasuke sorrise vagamente, andando ad appoggiare le due mani guantate palmo contro palmo, quasi le stesse carezzando.
“Tu li avevi già visti prima, vero?”
“... sì.”
“Quei tuoi occhi sono certamente utili. Inizio a capire molte cose, sai?”
“... se lo credi tu.”
Sasuke gli dava solo un po' di corda, ma Naruto insisteva, ed i due continuavano il discorso senza nemmeno avere l'altro, nonostante fosse accanto, nel campo visivo. Unico interesse degli occhi era la chiazza bianca che andava definendosi.
“Io...”
“.. tu?”
Il biondo girò solo un istante le pupille verso il ragazzo dai capelli corvini, indispettito dal suo invito a continuare: rapido tornò verso la macchia.
“Niente, scusa.”
Sasuke scosse leggermente il capo.
La tensione saliva, saliva. Erano la lava di un vulcano, erano lì, a ribollire, ad aspettare l'ordine del capo per esplodere.
Erano corde di un violino.
I polmoni pretendevano vagonate d'aria.
Respiravano profondamente per placare il fremere dell'attesa.
Sasuke manteneva il volto freddo, eppure nell'animo era turbato: un turbamento che il biondo percepiva, seppure solo come una eco lontana.
Fatemi andare. Fatemi vedere quanto valgo, quanto vi posso dare. Quanto sono pronto a difendere la mia Regio, a combattere per la mia Regio, a digrignare i miei denti accanto ai miei fratelli: il cuore del biondo pregava.
Sasuke era lì lì per tentennare, anch'egli a boccheggiare nel caldo asfissiante del deserto, mentre, concentrato oltre ogni dire, cercava il momento giusto per dare il via.
Brezze.
Tramutati in energia pura, pronta a far saltare in aria il mondo, se necessario.



- ACT 4.
I tuoi Occhi, Il mio Respiro

Il profilo ondulato dell'orizzonte era mutato, presentando ora le rotondità delle bianche teste dei nemici, in continuo avanzamento. Gli stessi teli bianchi che avevano combattuto all'arrivo, la stessa camminata precisa: loro.
Erano loro. Era il nemico che finalmente veniva a fargli visita.
Mentre Sasuke attendeva, il cuore come in gola, Naruto aveva estratto le due gemelle dalle fodere: la destra più alta, pronta.
Avanzavano.
Avanzavano.
Gli occhi cerulei del biondo erano incollati sull'ammasso bianco. Sul centro, dove svettava una sagoma diversa. Socchiudeva le palpebre per captare quella cosa, quel vertice che si avvicinava inesorabile.
Lentamente il collo spingeva la testa più avanti, andando a sporgersi, per avvicinarsi il più possibile.
“Neji, lo vedi?”
I due cecchini osservavano sconcertati l'avvento di Quello. Accanto al ragazzo Hinata, agitata, non perdeva per un minimo istante di vista il ciuffo rosso.
I talentuosi la sentivano.
Sentivano incombere quella presenza: un'ammasso nero nella folla azzurra. Un enorme vortice che pareva scaldarsi sotto i loro occhi, nell'attesa frustrante ed immatura di poter prendere tutto ciò che si possiede per trasformarlo in distruzione, sangue, dolore e morte.
Un incubo, a rispecchiare un terrore che lento saliva anche nel cuore dei più preparati, dei migliori apatici, degli infrangibili.
Un incubo lontano dai veri sentimenti del Rosso, che avanzava a capo alto, i sott'occhi neri pronti a fagocitare chiunque incontrasse quello sguardo.
Le palpebre del biondo si aprirono.
“Sta fermo, Naruto.”
Sasuke non aveva alcuna intenzione di permettere all'altro di fare qualcosa di idiota, sebbene negli ultimi tempi fosse decisamente cambiato.
Naruto fece scivolare nella sua mente quelle parole con la fluidità dell'acqua, lasciando che lo attraversassero, lo oltrepassassero, e non lasciassero nessun segno su di lui.
Era interessato a qualcos'altro.
Molti metri più in là c'era qualcosa che riusciva a farlo esplodere dentro. Non sapeva cos'era, non capiva quella sensazione, mentre il ciuffo rosso avanzava staccandosi dall'immenso gruppo, come se avesse preso la rincorsa, eppure immancabilmente pacato.
Il biondino respirava lento e profondo. Fremeva più di quanto fosse mai successo, più di quanto avesse mai provato – o ricordasse d'aver provato.
Un filo.
Come un filo fra i due che li tirava l'uno verso l'altro.
La spalla fece un gesto inconsulto, mentre tutto il corpo sembrava pronto al collasso, sopraffatto dalla tensione, incapace di rimanere immobile.
Il peso continuava a portarsi in avanti, e, a furia di sporgersi, fu costretto a compiere un passo.
“Cosa diamine fai!?”
La destra stringeva la sua amante.
Le labbra si schiusero lentamente, mentre lui era in preda alla più potente euforia, repressa con ogni mezzo, invano. Il volto assente, perso, le pupille che miravano ad un unico soggetto, molto, molto più avanti.
Chi era?
Cos'era?
Levò lentamente l'arma fronte sé.
Quel bisogno come inumano di avvicinarsi lo aveva stretto nella sua morsa. Il desiderio di compiere quel gesto, il desiderio di vedere l'altro, di capire, di parlare, in un miscuglio di sentimenti contrastanti. Aspetta.
Respira.
Osserva.
L'essere avanzava.
Una figurina minuta, come un bambino maltrattato, dai corti capelli rossi che irradiavano ovunque i riflessi del sole. I piedi scalzi sulla sabbia bollente camminavano tranquilli, avanzando. E sopra il corpo un'unica tunica di seta, leggera, strappata ai bordi: al minimo alito di vento si muoveva, andando a carezzare il corpo del ragazzino, rivelandone ogni minimo dettaglio. Le costole che sporgevano. Il bacino ben delineato, sotto la carne dura e vaga. Il tendine del collo risaltava nella luce, che precipitava dall'alto: sotto quel fortissimo sole, le ombre sul suo corpo erano nere e profonde, parevano infiniti baratri che si aprivano sulle rientranze dello scheletro.
Ma il volto smunto catalizzò oltre ogni dire l'interesse delle pupille di Naruto. La mascella debole, gli zigomi che si sporgevano quasi fieri sopra le gote incavate e pallide. Bianche.
Per poi trovare il contrasto estremo negli occhi Neri.
I contorni delineati, nella loro sciupatura, incorniciavano lo sclero, Neri. Profondi.
L'iride verde acqua che riluceva di luce propria, dentro quell'incavo, sporgendosi lievemente, curiosa. La pupilla piccola e appuntita come la punta di un ago.
Quegli occhi lo stavano risucchiando. Lo mangiavano, lo prendevano e lo avvicinavano.
Colto da quegli occhi, da quella forza che lo aspirava, lui reagì nel modo più naturale che gli fosse possibile: la calibro 45 serrata nella destra era pronta.
Puntata addosso all'altro.
Che era il nemico.
Era Il Suo Nemico.
Puramente istintivo. Puramente animale, puramente bestiale, quel bisogno era diventato in un secondo la sua unica ragione di vita.
Il Rosso se ne accorse. Della pistola.
Del respiro di Naruto.
Si fermò, così, fissandolo a sua volta negli occhi.
L'uno contro l'altro.
Senza un motivo preciso.
Solamente il cuore che di scuote, l'animo che pretende che tu agisca, e il sangue che ti corrode da dentro finchè non lo fai.
Credi davvero di poterlo fare?, sembrava chiedere quel Fantasma, giunto da non si sa dove.
“Naruto, non ti azzardare...”
Ma quando la tua natura prima inizia a prenderti per il collo e a manipolarti...
Non un uomo, non un pensiero ti fermano.
Sei Tu e Lui.
Gli altri, solamente parte del paesaggio.
E facendo appello alla tua amata, carico di tutta la tua energia ed anche qualcos'altro,
Spari.

Per poi vedere compiaciuto un buco nero che si apre sulla fronte Del Nemico, a far sgorgare il sangue, che scivola lento e denso lungo il volto scarno, gli occhi vacui.






NOTE DELL'AUTRICE.

Oddio! Oddio!
Sono così emozionata! Ho dato tutta la mia anima e ancora un po', mentre scrivevo l'ultimo pezzo non riuscivo a fermarmi... non potevo, non ci riuscivo, era completamente presa. Finalmente sono riuscita a farli incontrare, e... oh, adesso, adesso godrò veramente. Spero sia piaciuto leggerlo a voi come è piaciuto scriverlo a me, nonostante sia arrivato con mostruoso ritardo.
Spero abbiate gradito la sotto-divisione in ACT, m'ispirava molto, cos'è ho detto: e perchè no?
A proposito: Traduzione!
Questo cap e quello che segue si intitolano, leggendoli insieme OCCURSUSQE CONCURSUM, che dovrebbe voler dire incontro e scontro (il QUE equivale alla congiunzione..) sta di fatto che nel dizionario questi due termini risultano molto simili, con le stesse traduzioni, praticamente sinonimi. Inoltre, da quello che ho capito, per i latini INCONTRARSI e SCONTRARSI era la stessa parola... sono pazzi, questi romani O_O se ne sapete qualcosa ditemi perchè non ci capisco granchè di latino ^_^ (mi arrangio come posso, anche a scuola.. <___>)











   
 
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