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Autore: Whatadaph    17/01/2013    1 recensioni
Molly Weasley ha diciotto anni, prospettive di una carriera brillante e un gran caratteraccio.
Se a questi tre elementi si associa un fidanzato misantropo e una schiera di cugini ficcanaso, quella che si prospetta può essere solo una grande estate.
Odio quando dimentica le cose importanti – come il mio compleanno o la cena con i miei.
Odio la sua improbabile percezione del tempo e il fatto che sia sempre in ritardo agli appuntamenti. Odio quando sogghigna e si vedono quei suoi canini troppo sporgenti.

[Spin-off dalla saga Metamorphosis, pre-Sulla tua pelle]
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Lorcan Scamandro, Molly Weasley Jr, Un po' tutti
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Metamorphosis'
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Atto terzo (o Felice Conclusione)

 


 



E anche quando mi sveglio in un posto che non è casa mia, quell’attimo in cui non capisco ancora dove sono. E anche quando poi lo capisco.

Francesco Piccolo, “Momenti di trascurabile felicità”.

 

 

 




Scena I – Un mese dopo

(In scena Molly, l’Avvoltoio e tre pesci rossi)


 

"Tu sai che partirà domani.”

Victoire si era soffermata a guardarla, pensosa, gli occhi celesti distanti e le labbra arricciate in una smorfietta adorabile. Le sue parole erano suonate flautate e distratte, quasi buttate lì per caso, ma Molly sapeva che la cugina la stava osservando in attesa di reazioni. Per questo proseguì imperterrita nelle sue occupazioni, cercando di non far trasparire nulla dalla propria espressione.

“Pensa tu. Gli Scamandro sono sempre stati un punto di riferimento per i pazzi della zona, e adesso partiranno tutti e due.”

L’adorabile Victoire. Graziosa come un usignolo e con il senso dell’umorismo di un avvoltoio.

“Mh-mh.” Emise un suono annoiato, senza smettere di lucidare energicamente la sua bacchetta magica. Dalla punta sprizzò qualche scintilla.

Seccata, mise via il panno imbevuto di solvente per legno e posò la bacchetta sul comodino, quindi – tanto per fare qualcosa che la distraesse da Victorie – si decise a dare da mangiare ai pesci rossi che boccheggiavano stupidamente nel piccolo acquario. Il demenziale regalo di Natale di Lucy.

Quello di compleanno era stato un cactus.

Che sarcasmo inaspettato, uhm. 

Ma Lu sembra sempre più innocente di quanto non lo sia in realtà.

“So perfettamente che mi stai ignorando con molta convinzione.” L’avvoltoio non demordeva. “E smettila di far ingozzare quei poveri pesci, o scoppieranno.”

Molly aggrottò le sopracciglia. “I pesci scoppiano?”

“Non fare la stupida.”

Vic aveva parlato in quell’irritante tono pretenzioso così tipico di zia Fleur, che Dominique non smetteva praticamente mai. Doveva essere una prerogativa delle un-ottavo-Veela o qualcosa del genere.

Decise di cedere. Se la cugina voleva dirle qualcosa, in un modo o nell’altro l’avrebbe fatto, quindi tanto valeva lasciarla parlare subito, piuttosto che permetterle di sobissarla a quella maniera per ore.

Via il dente, via il dolore.

“Che cosa vuoi?” domandò senza tanti preamboli.

Victoire parve quasi offesa. La sua boccuccia rosa si strinse in un adorabile piccolo broncio, mentre i suoi occhi si sgranarono in un’espressione di tale sbigottimento da far stringere il cuore. Per un attimo, Molly quasi ci credette. Poi ricordò che Vic era un avvoltoio nelle spoglie di usignolo e l’incanto si ruppe.

“Piantala di usare i tuoi trucchetti Veela.” Brontolò. “Fra te e tuo fratello devo ancora decidere chi sia più insopportabile.”

“Domi è esclusa dal conteggio?” La ritrovata serenissima espressione non fu altro che la riprova di quanto Molly aveva teorizzato. 

“Dominique è un caso a parte. Ha una scala dell’insopportabilità tutta sua. E comunque,” ribadì, “non puoi fare così. È disonesto.”

“Sì, sì.” Victoire alzò gli occhi al cielo. “E comunque non lo faccio apposta.”

“Questo è quello che vuoi far credere,” mugugnò Molly di rimando.

La cugina ebbe perlomeno il buon gusto di ignorare quest’ultima osservazione. Si scansò dagli occhi una ciocca dei suoi lunghi capelli biondo argento, che portava sempre sollevati in crocchie disordinate in cima alla testa – con immenso rammarico di zia Fleur, che adorava la figlia maggiore quasi quanto detestava il suo abigliamento basico e quasi mascolino.

Molly, tuttavia, comprendeva le scelte di stile dell’altra. Nonostante potesse apparire il contrario, a Vic non piaceva granché essere guardata. 

Più che normale, quando la maggior parte della gente ti guarda come se ti volesse molestare.

Forse per questo Victoire cercava di essere meno appariscente possibile, nascondendo le proprie forme in maglioni e jeans sformati e portando sempre i capelli legati. Nonostante ciò, i suoi stivali erano rigorosamente in pelle di drago – con grande orgoglio di zio Bill, che se pure non portava più il celeberrimo orecchino con la zanna, ancora non aveva tagliato i capelli rosso fuoco. 

Ad ogni modo, gli sforzi di Vic per non farsi notare non funzionavano granché... era una di quelle persone che, in un modo o nell’altro, finivano sempre per stare al centro dell’attenzione.

Forse per questo Domi è così assurda. Non deve essere facile avere per sorella una così, specie se si è paranoiche come lei.

Comunque fosse – e Molly non avrebbe mai cessato di ribadirlo – Vic era tutto fuorché l’angelo di modestia che poteva apparire dall’esterno. 

Un avvoltoio travestito da usignolo. Già l’ho detto?

“Sai che organizzano una festa?” Percepì lo sguardo di Victoire trapassarle la nuca, mentre cercava in tutti i modi di concentrare la propria attenzione sui pesci e non ascoltare. 

La cugina tacque, in attesa di una risposta.

“Chi?” non poté fare a meno di domandare, sebbene sapesse perfettamente a chi si riferisse. Si sforzò di seguire i movimenti dei pesci, ma era più forte di lei: non riusciva a fare a meno di stare con le orecchie tese, in ascolto.

“Lo sai benissimo.”

Lady Oscar, dai bulbi oculari sporgenti, diede un colpetto con la testa alla povera, piccola Sansa. Quell’antipatico di Stannis si esibì in un superbo colpo di coda e si allontanò, dando a intendere che lui non voleva avere nulla a che fare con l’immaturità delle sue coinquiline. 

Deglutì e si decise a voltarsi in direzione di Victoire. Come si aspettava, la cugina la stava guardando, in attesa di una risposta.

Vic è molte cose, ma di certo non imprevedibile.

Anzi, è una delle persone più prevedibili sulla faccia della Terra.

Lo stesso non si poteva dire di Domi e Louis, su questo non c’erano dubbi.

“Bene, organizzano una festa,” riecheggiò in tono mesto le parole della cugina. “Io che cosa c’entro?”

“C’entri perché sei invitata.”

D’accordo, non se l’aspettava. Doveva ammetterlo.

Ma non sarebbe andata a quella festa. Oh, no! Avrebbero dovuto piazzarle addosso un Incantesimo della Pastoia total body e trascinarla di peso, perché lei non ci sarebbe andata neanche–

“E tu ci verrai. Anche a costo di lanciarti un Incantesimo della Pastoia e trascinarti di peso.”

Molly deglutì, a disagio. “Chi ha organizzato questa festa?”

Probabilmente Lysander. Lorcan non ha questo grande spirito di socialità...

Ma interruppe subito il filo dei propri pensieri, perché permettere loro di soffermarsi su Lorcan faceva troppo male. Già ci pensava Victoire a infierire.

“Te l’ho detto.” La cugina iniziava a spazientirsi. “Gli Scamandro.”

Entrambi? Perché dubito che Lorcan mi avrebbe–”

Ma la sua voce scemò a un’occhiata eloquente di Vic. Molly per un istante si sentì terribilmente infantile.

Dovrei prendere esempio da Stannis. Lui sì che è distaccato e indifferente.

Realizzò di somigliare piuttosto a Lady, che solo qualche giorno prima aveva beccato a sbattere ripetutamente la testolina squamosa contro la parete di vetro dell’acquario. 

E Lucy è Sansa, anche solo per riuscire a sopportarmi.

Ma perché faccio paragoni con i pesci?!

“Forse dovrei prendere un altro Occhi a Bolla,” disse in un pigolio. “Per fare compagnia a Lady Oscar, sai.”

Vic ignorò quest’ultima uscita. “Sai, credo che sia stato Lorcan a invitarti.”

Molly rise come una stupida. “E perché avrebbe dovuto?”

“Perché non tutti hanno il tuo caratteraccio.”

“Beh, Lorcan sì,” ribatté prontamente.

Dal modo in cui la cugina tirò su un respirone e lo lasciò andare lentamente, realizzò che era il momento di piantarla. “Devo venirci per forza?” tentò un’ultima protesta, ma suonò più come un piagnucolio.

 

 

****




 

Scena II – Territorio nemico

(In scena Molly e il Nemico)


 

 

Perlomeno questa volta nessuno l'aveva costretta a indossare un vestito, pensò. Una ben magra consolazione, non c'era che dire. 

Il giardino di casa Scamandro era grande e pieno di animali strani e piante un po' troppo inopportune, ma a modo suo era un bel posto. Specialmente quella sera, nell'aria fragrante della serata estiva, con fatine danzanti a balenare luminose nel buio. La festa doveva essere ben riuscita, a giudicare dal non trascurabile fracasso, ma Molly non si sentiva proprio in vena. Sostava in un angolo, in apprezzata solitudine, con i suoi pantaloncini di jeans consunti e un pullover di cotone. Ci aveva provato, davvero, ma proprio non le riusciva di sollevare lo sguardo dalle sue stupide ginocchia ossute e coperte di lentiggini.

Sorseggiò dal proprio bicchiere di plastica, che conteneva un cocktail a lei sconosciuto. A giudicare dal sapore, doveva essere a base di rum. Non era gratificante la consapevolezza che – nel corso dell'estate – la sua esperienza in fatto di alcolici fosse cresciuta al punto di distinguerli per il loro sapore. 

Un po' squallido, a dirla tutta.

Ringraziava il cielo che Louis fosse troppo impegnato a flirtare per dannarle l'anima anche quella sera, come ultimamente sembrava esser diventato il suo sport preferito. Lo stesso valeva per Victoire, che aveva spedito Teddy a prenderle qualcosa da bere e – grazie a Merlino! – appariva immersa in una profonda conversazione con i coniugi Scamandro. Lucy, dal canto suo, era da qualche parte a confabulare con Hugo a proposito della loro neo-nomina a Prefetti, mentre Lily… 

A pensarci bene, non aveva idea di dove fosse Lily. Non che le importasse granché.

Al contrario, aveva un'idea piuttosto chiara di dove si trovasse Lorcan. Nonostante non avesse sollevato gli occhi dalle ginocchia – e dal bicchiere – che per salutare, in qualche modo riusciva a tenere d'occhio i suoi movimenti. Non aveva chiaro in mente il perché lo stesse facendo, ma questi erano i fatti.

Probabilmente – anche se non l'avrebbe mai ammesso – una parte di lei voleva appurarsi che non avesse una nuova ragazza.

Ma chi si metterebbe con un sociopatico come Lorcan?

Ah, già. Io.

A dire il vero era piuttosto certa che il suo ex non si fosse messo con un'altra. Altrimenti, Roxanne si sarebbe immediatamente premurata di farglielo sapere, visto che la sua cugina di era auto-nominata Spia in Carica in casa Scamandro e prendeva molto sul serio il proprio ruolo. Non richiesto, peraltro.

Basta pensare a Lorcan, adesso. Non c'è niente che tu possa dire o fare per…

C'era qualcosa che avrebbe potuto dire, prima. Ma non l'aveva fatto, e le parole non dette non si potevano recuperare. Le parole non dette non esistevano.

Sollevò lo sguardo per una frazione di secondo, nella direzione in cui – lo sapeva – avrebbe potuto vedere quel citrullo del suo ex. Vicino a lui c'era Lysander, un braccio buttato sulle spalle del gemello e l'espressione affranta mentre parlava di qualcosa di molto importante che gli era stato rubato.

Un uovo, a quanto pareva. Probabilmente solo l'ennesima assurdità partorita dalla mente di Lysander.

Come se l'avesse chiamato, anche Lorcan sollevò lo sguardo verso di lei. Per una frazione di secondo rimasero a fissarsi – l'espressione di lui era imbronciata, come al solito – poi Molly abbassò in fretta gli occhi, con la netta sensazione di star arrossendo in zona orecchie.

Che cosa stupida.

"Mi chiedevo dove fossi finita."

Senza sollevare lo sguardo, Molly emise un basso brontolio.

Sapevo che mi era sfuggito qualcuno nella conta.

Dominique piegò le labbra nel suo migliore sorrisetto da ape regina, scansando una ciocca di capelli biondo grano con una mossa molto simile a quella di Victoire. Indossava un vestitino a fiori di tessuto leggero e le sue gambe snelle erano abbronzate, anziché coperte di lentiggini come quelle di Molly. 

"Perché, mi cercavi?"

La cugina inarcò le sopracciglia. "Così pare. Adrian sta parlando di Quidditch con quella noia di James e non mi andava di stare a sentire." Sbuffò, roteando gli occhi. Era divertente vedere come fingesse di essere seccata ogni volta che nominava il suo ragazzo.

La noia di James era molto più realistica: loro due erano davvero troppo diversi per andare d'accordo.

Anche se in realtà è notevole che Domi riesca andare d'accordo con qualcuno.

Sapeva che di sé avrebbe potuto dire lo stesso, quindi evitò di esprimere i propri pensieri.

"Ad ogni modo, perché sei qui da sola?"

Che cosa irritante. Dominique sapeva perfettamente perché – come tutti, d'altronde.

"Secondo te?" replicò acidamente.

"Sai che è un atteggiamento molto infantile?"

"Parla l'esempio di maturità."

A questa non potrà ribattere.

"Mi sembra che io col mio ragazzo ci sto ancora."

Come non detto. Che razza di stronza.

Senza dire altro, si allontanò dalla staccionata calcando i piedi sull'erba. Improvvisamente, sentiva tutto il proprio corpo tremare per il nervosismo accumulato. Mentre se ne andava, colse con la coda dell'occhio Dominique sorridere, e quando Louis deviò il suo percorso afferrandola con un braccio, capì anche il perché.

Era riuscita a gettarla nel bel mezzo della festa. Probabile che lei e Lou si fossero messi d'accordo in precedenza.

Detesto i miei cugini. In un modo o nell'altro, stanno sempre a complottare.

Louis le rivolse il suo rassicurante-affascinante-sorriso-Veela e la trascinò con sé al tavolo del buffet. 

"Come butta, cugina?" Sorrise sghembo. "Tartina?" Senza preavviso, le ficcò dentro la bocca una tartina al salmone. Molly quasi soffocò.

Godendosela un mondo, Lou le batté forte sulla schiena mentre tossiva. 

"Tutto bene?" La voce che suonò all'improvviso accanto a loro era tragicamente nota, e non avrebbe potuto rivolgersi a lei in un momento meno adatto. 

"Shi." Riuscì a biascicare con la bocca piena, arrossendo di botto. "Benisshimo."

Lorcan la guardò fisso con il suo sguardo penetrante, per una volta senza broncio ma con le labbra immobili in una perfetta linea orizzontale, serissimo. 

Finalmente, riuscì a mandare giù un boccone. "Scusa." Non aveva un grande controllo sulle proprie parole. "Quell'idiota di mio cugino. Mi ha fatta praticamente strozzare. Vero, Lou–?" Si guardò attorno, ma Louis si era misteriosamente volatilizzato.

"Ho visto." Non smetteva di fissarla. "Come stai?" Era burbero, ma Molly sapeva che faceva così solo per celare il proprio imbarazzo. E davvero, il suo cuore non avrebbe dovuto prendere a battere così rapidamente per una cosa tanto sciocca. 

"Bene!" Replicò in tono forzatamente allegro. "Tu? Emozionato per la partenza?"

Lorcan annui leggermente, chinando la testa. I capelli biondo scuro piovvero a coprirgli gli occhi.

Gli sono cresciuti, pensò Molly quasi distrattamente, sopprimendo l'istinto di scostarglieli dalla fronte.

"Io ho l'esame per il Ministero fra una settimana," mormorò, tentando di fare conversazione. Bevve nervosamente un sorso dal bicchiere, cercando di non fissare troppo Lorcan.

Lui sollevò di nuovo la testa e emise quanto di più simile a un sorriso fosse in grado di produrre. "Andrai bene, lo sai." La guardò. "Buona fortuna."

Molly deglutì. "Io… Grazie."

Per qualche minuto rimasero in silenzio, Molly a vuotare il bicchiere e Lorcan preso a studiarsi con grande interesse le punte dei piedi. 

Poi Lorcan parlò all'improvviso. "Hanno le strisce."

"Come?" Aggrottò le sopracciglia, perplessa.

"Le zebre hanno le strisce, i millepiedi no. E nessuna zebra ha le strisce uguali a quelle di un'altra."

Quindi tacque. Molly non riusciva a capire. "Ma cosa…"

"Devo andare." Tagliò corto Lorcan.

Prima che lei avesse il tempo di dire o fare alcunché, era già stato riassorbito dalla folla.

 

 

****

 


Scena III – Londra, la mattina successiva

(In scena Molly che finalmente rompe ogni indugio)


 

 

Non riusciva a concentrarsi sullo studio, quella mattina. Ci aveva provato a casa, ma per qualche motivo continuava ad incantarsi con lo sguardo fuori dalla finestra della sua stanza. Dopo due ore di assoluta improduttività, aveva capito che persistere non sarebbe stata la tattica giusta. La decisione di trasferire il volume di Storia del Diritto Magico alla gelateria di Florian Fortebraccio era stata dunque pressoché automatica. 

Seduta a un tavolino esterno, libri e quaderni sparsi sul piano in ferro battuto e intenta a gustarsi un frullato al lampone, si era resa ben presto conto che anche così non ce la faceva proprio. 

Le minute lettere stampate del suo libro si confondevano e sovrapponevano davanti ai suoi occhi, e spesso le capitava di rileggere una frase anche dieci volte prima di accorgersi che suonava familiare. 

Oppure il suo sguardo scorreva sulla pagina e macinava una parola dietro l'altra, senza però dar loro un senso compiuto.

La periodizzazione più diffusa del Diritto Magico Britannico è quello che distingue quattro stati evolutivi. Il primo è il periodo arcaico, che va dalla fondazione della città di Londra fino alla scissione della Camera dei Lord con i rappresentanti della comunità magica. Nessuna zebra ha le strisce uguali a quelle di un'altra.

… No, forse questo non c'è scritto.

Esasperata, si sfilò gli occhiali da lettura dal naso e affondò il volto fra le mani, massaggiandosi delicatamente le palpebre. Doveva essere il caldo a impedirle di concentrarsi, decise. Indossava comodi panni estivi Babbani, ma si sentiva comunque cotta come un uovo nel tegamino. Le guance le bruciavano terribilmente.

Su Diagon Alley il cielo era insolitamente limpido, e il sole spandeva i suoi raggi sull'acciottolato delle strade. Tutti sembravano sorprendentemente di buon umore, e la strada era affollata di studenti di Hogwarts intenti a fare acquisti per il nuovo anno scolastico. Solo l'anno precedente, penso Molly, lei era una di loro.

E pure Lorcan. Un anno prima per lei era solo un compagno di Casa particolarmente musone e spesso irritante.

Tamburellò con il piede contro la gamba della sedia. Avrebbe solo desiderato che quel senso d'ansia che si sentiva addosso scomparisse. Avrebbe voluto smettere di continuare a gettare occhiate nervose all'orologio.

Roxanne prevedibilmente si era premurata di comunicarle l'ora esatta della loro partenza. Sua cugina e i gemelli sarebbero partiti alle undici in punto all'Heathrow Airport. Avevano scelto di viaggiare con mezzi Babbani tutti e tre di comune accordo, per risparmiare e pure per sperimentare un pizzico di vita senza magia, con ogni probabilità. Avrebbero fatto rotta tutti e tre per Parigi, dove avrebbero trascorso qualche giorno prima di ripartire – Lorcan alla volta della sua riserva di draghi in Romania mentre Roxanne e Lysander per il Madagascar, dove avrebbero compiuto ricerche su chissà quale specie di strano animale. Molly non aveva difficoltà a immaginarseli, tutti e tre a camminare per la capitale francese. Con ogni probabilità, Lysander e Roxanne non avrebbero fatto altro che scambiarsi melensaggini di sorta sotto lo sguardo torvo di Lorcan. Il pensiero la fece sorridere e uno strano nodo si strinse nel suo petto, simile a nostalgia. 

Parigi doveva essere bellissima.

Già.

Volo BA854.

Cercò di respirare profondamente, ma – realizzò con costernazione – il cuore le batteva tanto forte che il fiato uscì fuori spezzato. Tamburellò ancora sulla gamba del tavolo, prima di arrestare il piede a mezz'aria.

Nessuna zebra ha le strisce uguali a quelle di un'altra.

Volo BA854.

Chiuse gli occhi.

Nessuna zebra…

Si alzò in piedi di scatto. Freneticamente, gettò alla rinfusa il libro di Storia del Diritto Magico nella borsa, seguito da i quaderni che neanche si curò di chiudere. Raccolse gli occhiali dal tavolo e li affondò in fretta nel taschino della camicia. Quindi, senza pensarci due volte, ruotò su se stessa e si Smaterializzò.

Quando fu scomparsa nel nulla con un fragoroso pop, gli altri clienti di Fortebraccio quasi non vi fecero caso, mentre alcuni fogli dispersi fitti dei suoi appunti svolazzavano ancora pigramente attorno al frullato al lampone non finito.

Riapparve a diversi chilometri di distanza, in un gabinetto dell'aeroporto, davanti agli occhi esterrefatti di una Babbana americana con diversi strati di lardo intorno ai fianchi e una pesante macchina fotografica appesa al collo. La guardava con la bocca spalancata e la larga faccia distorta in un'espressione di puro stupore

Le venne da ridere. "Oblivion!" esclamò senza pensarci due volte, puntandole contro la bacchetta, prima di sfrecciare via.

L'aeroporto era terribilmente affollato. Si fece largo a spintoni fra le fiumane di turisti e uomini d'affari – i primi che si trascinavano dietro valige enormi e i secondi con la ventiquattrore al fianco – con la sua borsa a tracolla che le sbatteva ripetutamente contro la coscia, ad ogni passo di corsa. Si sentì esclamare dietro un'ingiuria dopo l'altra, ma non vi fece molto caso. 

Poi, improvvisamente, si fermò di scatto. Aveva realizzato solo in quel momento che non avrebbe mai potuto raggiungere Lorcan in quel modo… Una volta aveva viaggiato in aereo con i nonni materni, e ricordava perfettamente che chi era pronto a partire attendeva in un'ala diversa. Oltre quella specie di forno che vedeva attraverso le borse.

Non poteva superare la barriera senza biglietto… a meno di non Confondere tutti i presenti, ma non le pareva il caso.

Restava un'unica cosa da fare. Non aveva tempo di raggiungere di nuovo il gabinetto, quindi si nascose dietro a una pila di valigie e – prestando attenzione che nessuno la notasse – si Smaterializzò ancora.

Si ritrovò in un bagno dell'altro lato, e di nuovo riprese a correre.

"Volo BA854."

Questa volta non erano i suoi pensieri, ma la voce metallica dell'interfono.

"Volo BA854 per Parigi Charles de Gaulle."

Prese a correre più veloce.

"Volo BA854 per Parigi Charles de Gaulle, ultima chiamata per l'imbarco al gate D3. Ultima chiamata per il gate D3."

Sollevò la testa per vedere i cartelli, agitata, e scoprì con costernazione di essersi Materializzata praticamente nella parte opposta. 

Sto alla lettera N! Assottigliò gli occhi, decisa. Ce la poteva fare.

"Volo BA854 per Parigi Charles de Gaulle…"

M… L….

"Ultima chiamata. Stiamo chiudendo l'imbarco al gate D3."

I… H...

"Volo BA854 per Parigi Charles de Gaulle. Stiamo…"

"Ho capito!" esclamò stizzita, fra i rantoli, mentre correva a rotta di collo.

G… F…

"Il Volo BA854 per Parigi Charles de Gaulle è in partenza al gate D3."

E… D.

Proprio mentre raggiungeva il gate D3, sul tabellone luminoso che indicava le partenze e gli arrivi il volo di Lorcan scomparve. Il che voleva dire…

Che è decollato.

Improvvisamente, si sentì come se qualcosa le fosse crollato addosso con il peso di un macigno. Si sentiva stupida, stupida, terribilmente stupida! Se solo ci avesse pensato prima… Se solo avesse capito anche solo mezz'ora prima cosa voleva realmente, cosa sarebbe stato davvero giusto fare…

Invece adesso era solo una stupida. Una stupida ragazza più sola che mai.

L'avrebbe rimpianto per sempre, lo sapeva. Si scoprì a tremare tutta, sul punto di scoppiare in lacrime. Chiuse gli occhi e strinse i denti più forte che poteva.

Solo un sogno. Domani mi sveglierò e scoprirò che io e Lorcan stiamo ancora insieme. Che l'estate deve ancora cominciare.

Cercò di convincersi più forte che poteva, ma non servì a nulla.

Nessuna zebra ha le strisce uguali a quelle di un'altra.

Era tutto inutile! Tutto così maledettamente inutile.

"Molly?"

Rimase immobile lì dove si trovava, impietrita. Quella voce… era davvero la sua voce? 

Non riusciva a crederci, quindi provò ad aprire gli occhi, per scoprire che Lorcan era davvero lì. La sua espressione era leggermente stupita sotto le sopracciglia aggrottate, ma non sembrava spiacevolmente sorpreso, anzi.

"Tu…" Si accorse di essere senza fiato. "Non dovevi partire?"

Lui annuì appena, guardando in basso, poi alzò gli occhi e sorrise come non le sorrideva da secoli. "Ho cambiato idea, credo. Tu perché sei qui?"

Questa volta Molly sapeva la risposta. "Perché nessuna zebra ha le strisce uguali a quelle di un altra. Tu perché non sei partito?"

La guardò. La guardò e non disse nulla, limitandosi a infilare una mano in tasca – i gemelli Scamandro avevano tasche sorprendentemente spaziose, chissà perché – e trarne fuori una bustina di plastica trasparente e chiusa con un nodo. Era piena d'acqua, e un pesciolino al suo interno non faceva altro che prendere a testate i confini del piccolo spazio che lo conteneva. "C'è un negozio di animali subito fuori dall'aeroporto," disse a mo' di giustificazione. "Sono tornato dentro solo perché avevo dimenticato la giacca."

Ma Molly lo ascoltò solo a metà, osservando meglio il pesciolino. 

Un Occhi a Bolla.

"Tu…" Deglutì. "Quel pesce…"

"Per te." Sembrava impacciato, ma contento. "Per tenere compagnia a Lady. Ho pensato–"

Molly non gli permise di continuare. Era alta quanto lui, quindi gli bastò afferrarlo per la collottola e tirarselo addosso per premere le labbra sulle sue, impedendogli di dire altro.

Lorcan rispose al bacio immediatamente e con entusiasmo, come aveva sempre fatto. Molly gli circondò il collo con le braccia e si ritrovò a piegare la schiena all'indietro, abbracciandolo stretto, fra i viaggiatori attorno a loro che si spingevano per non perdere il volo.

Continuarono a baciarsi finché entrambi non ebbero più fiato.

Molly sentì l'improvvisa urgenza di parlare. Di dire quelle parole che in passato non era stata in grado di pronunciare.

Se le parole non si dicono è come se non esistessero.

"Ti amo." Sbottò. "Ti amo perché le zebre… Il pesce, Lady. Ecco, io–"

"Basta." La guardò e sorrise. "Ti amo anche io."

 

****

 

 

La Fine (o l'Inizio)

Palco vuoto. Voci fuori campo

 

 

“Odio quando dimentica le cose importanti – come il mio compleanno o la cena con i miei.

Odio la sua improbabile percezione del tempo e il fatto che sia sempre in ritardo agli appuntamenti. Odio quando sogghigna e si vedono quei suoi canini troppo sporgenti.” 

 

“Il fatto è che Molly è così precisa e pretende che tutti siano precisi quanto lei. Non sopporta che io dimentichi qualcosa o che io sia in ritardo perché magari sto badando a qualche animale. Ed è gelosissima dei miei animali. Si mostra sempre così poco entusiasta per le cose che piacciono a me!”

 

“Odio quando mi fa i dispetti, odio quando ha le mani sporche di terra. Odio la sua assoluta assenza di empatia, la sua maleducazione. Odio certe sue uscite assolutamente fuori luogo, odio il suo cattivo umore e le sue prese in giro.”

 

“Non sopporto la sua espressione acida, sembra che abbia bevuto un bicchiere di limonata senza zucchero. Odio quando mi critica, odio la sua assoluta incapacità di accettare critiche a sua volta...”

 

“... Odio il fatto che Lorcan non accetti mai il parere altrui! È maledettamente presuntuoso.”

 

“È così presuntuosa! Non è in grado di accettare idee diverse dalle sue. Talmente testarda da diventare ottusa!”

 

“Odio quando non mi ascolta.”

 

“Odio quando non mi ascolta.”

 

“Insopportabile, semplicemente insopportabile. Non hai idea di quanto sia burbero. È patologicamente incapace di dimostrare affetto. Non mi ha mai detto una frase carina che fosse una!”

 

“Molly è terribilmente ansiosa. Ha quei tic isterici quando qualcosa non va per il verso giusto! In realtà è divertente, però. Quando fa quelle facce.”

 

“In realtà mi piace che lui sia così appassionato a qualcosa. Non è una persona vuota, ecco.”

 

“Adoro prenderla in giro. Quando si arrabbia ha delle espressioni adorabili!”

 

“E mi piace che sia così timido e ritroso, certe volte! Insomma, è un musone, però... Questo lo rende tenero, in un certo senso.”

 

“Non la sopporto, ma mi piace da morire.”

 

“Io lo odio, ma...”

 

“... la amo. Troppo.”

 

“Ma lo amo.”

 

“Amo che sia così insopportabile, certe volte, perché lo sono anche io. Insomma, io e lei ci capiamo davvero. Non succede poi così spesso.

 

“Amo il fatto che  sia così simile a me, per certe cose – perché entrambi siamo determinati e non sopportiamo essere distratti dal nostro intento. È bello essere capiti, ecco.”

 

“Mi piace che lei sia gelosa dei miei animali. E poi in realtà preferisco lei, insomma, come potrei non farlo? Io la amo.”

 

“Lo amo. C’è poco da fare.”

 

 

 

 

 

 

 

Note dell'Autrice

Beh, questa mini-long è stata una delle cose che mi sono più divertita a scrivere, fra tutto quello che ho scritto! Giuro, è stato divertentissimo. Sarà che il POV di Molly è uno di quelli più piacevoli da scrivere, chissà.

Ad ogni modo, ringrazio tutti coloro che hanno letto, seguito e recensito questa storia! <3 <3 <3

Nelle risposte alle recensioni esaudirò qualsiasi dubbio.

Bisous!

Daphne

   
 
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