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Autore: Betta7    18/01/2013    6 recensioni
"Una vacanza? Altro che vacanza, sarebbe stato un vero inferno."
"La vacanza con Kurata sarà un suicidio."
I pensieri di due ragazzi in parte destinati, in parte lontani anni luce.
Sarà davvero così?
Una vacanza potrà davvero sistemare le cose distrutte in un anno e mezzo?
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Akito Hayama/Heric, Sana Kurata/Rossana Smith | Coppie: Sana/Akito
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 11.
TI AMO VA BENE UGUALE?

 
Era ora di ricominciare a respirare, lentamente, senza strappi al motore o curve azzardate. Senza troppi pensieri, in realtà. E l’unica domanda che riusciva a porsi mentre ordinava al suo petto di alzarsi e abbassarsi ritmicamente per incanalare più aria possibile era ‘che cosa sta succedendo?’ .
Sana stava facendo i conti con se stessa. Purtroppo però non avevano ancora inventato la calcolatrice giusta per trovare una soluzione ai suoi problemi e poi, si sa, non era mai stata un genio in matematica. Decise quindi che addizioni, sottrazioni e qualsiasi tipo di calcolo scientifico non dovevano importarle in quel momento. L’unica cosa che davvero contava era la mano di Hayama che le indicava il pianerottolo buio e, poi, la sua macchina. Lei, buona e zitta, aveva obbedito immediatamente quando il biondino le aveva praticamente ordinato di andare via con lui perché, a detta sua, dovevano parlare.
Quindi l’obiettivo era chiarire il loro rapporto e, ipoteticamente, tornare insieme. Gli obiettivi, per Sana, erano una delle poche cose veramente importanti nella vita. Bisogna darsene sempre qualcuno. Piccoli, concreti, reali. Ti fanno sentire vivo, ti salvano dai ricordi e ti mettono addosso la voglia di ricominciare.
Il problema, però, non era porsi degli obiettivi ma che fine facevano questi ultimi. Se, per esempio, lei avesse categoricamente deciso di non rivedere mai più Hayama e di dimenticarlo, sarebbe bastata una serata come quella per smontare ogni tentativo di farlo. Era matematico – un’altra volta ‘sta matematica – : per ogni volta che lei cercava di dimenticare, Akito, puntuale come un orologio svizzero, tornava. Lo stava a dimostrare la settimana di vacanza ormai lontana in cui c’aveva veramente provato ad allontanarlo ma lo aveva sempre trovato intorno. Vuoi per salvarla da uno stupro o da annegamento sicuro oppure ancora per litigare ma era sempre lì.
Erano seduti in macchina e attorno a loro l’unica luce proveniva dalle auto che arrivavano una dopo l’altra. Gli abbaglianti illuminavano i loro sguardi. Da una parte c’era Akito con la solita apparenza tranquilla e, dall’altra, c’era Sana con le mani sudate e tremanti e il cuore in tachicardia.
Nessuno dei due riusciva ad iniziare la conversazione che poteva avere due finali: distruttivo, ed entrambi non sarebbero tornati indietro facilmente, oppure risolutivo, e le questioni si sarebbero appianate con un semplice chiarimento. Ovviamente, conoscendosi tra di loro, sia Sana che Akito pensarono immediatamente alla prima ma da quella discussione sarebbe derivata la loro possibile felicità. Dovevano provare.
Akito iniziò a parlare di scatto, ponendole un quesito che di certo Sana non si sarebbe aspettata.
“Ti fidi di me?” chiese accendendo il motore mentre con gli occhi era fisso su di lei.
Silenzio. Nemmeno una mosca passò a fare un minimo rumore nel momento in cui Akito si era esposto così tanto. Ma doveva dargli una risposta e, così, lasciò che a parlare non fosse più la sua testa ma la sua anima. Era ovvio che si fidava di lui, probabilmente era l’unica persona su cui contava veramente e su cui avrebbe fatto affidamento per qualsiasi cosa.
“Si..” rispose flebile Sana abbassando lo sguardo.
A volte proprio non riusciva a reggere quei raggelanti occhi d’ambra che Akito le puntava addosso, erano quasi come coltelli che scrutavano ogni parte del suo essere. E lei aveva paura di essere messa a nudo, di essere vista per ciò che veramente era: non più la bambina prodigio del Giappone, non più l’attrice forte e consapevole di se stessa ma solamente la donna insicura del rapporto che il suo unico amore poteva assicurargli.
Di una cosa era certa, però, mentre Akito percorreva le strade di Tokyo per andare chissà dove: che lui era una persona degna di essere vissuta.
Sana aveva sempre avuto la paura di non riuscire a comprendere per chi valesse la pena lottare fino in fondo, per quelle persone di cui non puoi perderti proprio nulla, nemmeno un respiro. Sapeva, sicuramente, che Akito Hayama era una di queste.
“Dove stiamo andando?” azzardò a chiedere cercando di deglutire e di non fargli vedere che aveva la bocca secca come il deserto del Sahara. Era nervosa e quando si sentiva così il suo corpo non produceva più saliva, zero, niente, il nulla assoluto.
“Lo vedrai.”. Fece una curva, proseguì ancora per circa dieci minuti e, entrando in un vicoletto, si ritrovarono in una strada di campagna dove a far da padrone era un’enorme villetta gialla con i balconi pieni di fiori e la porta di legno. Sembrava una di quelle case da catalogo, le abitazioni standard da cui si prende spunto per creare la propria di casa.
Spense il motore, poggiò le mani sul volante e lasciò cadere la testa indietro sul sedile.
“E che ci facciamo qui?” chiese lei, non capendo davvero cosa c’entrasse quel posto con la loro possibile riappacificazione.
“ Quand’ero piccolo questa casa non esisteva, e qui c’era solo un terreno che, ai tempi, era adibito a parco giochi. Mio padre, all’età di tre anni, mi ci portava spesso. Probabilmente voleva stare fuori casa il più possibile per non avere il ricordo di mia madre sempre davanti..”.
Fece una pausa, si girò a guardare prima lei, dopo la casa per poi continuare a parlare.
“.. fatto sta che qui c’ho passato forse i momenti migliori della mia vita, prima di incontrarti. Ricordo che c’era uno scivolo, l’altalena e un cavalluccio a dondolo che credevo mi servisse per scappare e andare a catturare i cattivi. Poi ho capito che i cattivi me li ero creati io e che c’era qualcuno che sarebbe volentieri scappato con me. Ho capito che quel qualcuno eri tu, Kurata.. e non chiedermi quando o come l’ho capito. L’ho capito e basta.” Accennò un sorriso che Sana colse quasi come un segno di malinconia: ricordare gli aveva procurato dolore, addirittura si sentì in colpa. Non voleva vederlo soffrire, non per dare spiegazioni a lei.
“Questo posto poi è stato edificato e, come vedi, ci hanno costruito questa specie di casa della bambole formato extralarge. Ma io vengo spesso qui, quando voglio stare da solo o quando voglio riflettere. Fino all’altro giorno mi sono seduto su quella panchina laggiù..”. Sana seguì l’indice di Akito che indicava una piccola panchina in ferro, color verde, con la vernice tutta rovinata.
“ .. e ho pensato che vorrei vivere qui, un giorno. Magari dopo che mi sarò sposato, chissà.”
Bene, belle parole, meraviglioso ma.. cosa le stava dicendo? Non capiva, veramente, cercava in tutti i modi di scervellarsi ma non trovava una risposta.
“Quindi?” disse di colpo.
“Quindi l’altro giorno, ti dicevo, sono venuto qui e ho riflettuto. Ho pensato a tutto quello che abbiamo passato e sono arrivato alla conclusione che è inutile tentare di stare lontani, tanto in un modo o nell’altro saremo sempre legati..”. Posò lo sguardo nuovamente su di lei, che nello stesso momento l’aveva invece abbassato. Non era imbarazzata, non sembrava almeno.
Piuttosto era pensierosa: Akito che diceva tutte quelle cose nella stessa conversazione era sconvolgente, e non come al solito. Lei aveva sempre creduto che Hayama avesse un’idea tutta sua dell’amore.
Per lui l’amore era silenzio. Quando si ci ferma a guardarsi negli occhi, ad ascoltare le mani che si muovono in un’armonia perfetta, quando l’unico suono che conta è quello del proprio cuore che batte: una sinfonia.
L’amore per Hayama era un urlo senza rumore. E per lei invece? Per lei era sempre stato parlare e ancora parlare senza rendersi conto che le cose che provava poteva benissimo esprimerle in fatti. Si ritrovò a pensare, in quel momento, che la visione di Akito fosse la più giusta.
Stavolta però si era sforzato, ci aveva messo tutto se stesso in quelle parole, mettendo da parte ogni tipo di orgoglio o di paura.
Questo, forse, perché due come loro non avrebbero potuto farsi spaventare da qualche ostacolo, erano forti, ne avevano superate così tante che, anche se si fossero trovati sull’orlo di un precipizio, avrebbero trovato comunque il modo di tornare indietro e risolvere le cose.
Cercava di riordinare tutti i suoi pensieri e metterli in fila in una frase di senso compiuto ma con scarsi risultati.
Avrebbe voluto dirgli tante cose, avrebbe voluto raccontargli di ciò che aveva provato la prima volta che lui l’aveva baciata, lì alla torre di Tokyo e al dolore provato quando aveva scelto Fuka piuttosto che lei.
Avrebbe voluto raccontargli del periodo buio che aveva passato senza di lui, si era sentita persa e incapace di dimenticarlo. Alla fine era proprio vero, come poteva dimenticarlo?
Era qualcosa di impossibile. Quante volte aveva maledetto il cielo in quel periodo?
Nemmeno le ricordava più. Aveva maledetto l’azzurro e quelle nuvole, pensando di aver sbagliato direzione nella sua vita. Avrebbe voluto picchiarlo per tutte le infinite volte che l’aveva fatta soffrire ma, guardandolo, l’unica cosa che riusciva a provare era gioia. Se Akito era presente, tutto era ok. Tutto si poteva risolvere.
“Non so che dire..” si limitò a pronunciare nel silenzio più totale.
“Basta qualcosa come.. ok.” Rispose lui, comprendendo che le sue parole l’avevano disorientata.
“Ti amo va bene uguale?” chiese gettandogli le braccia al collo e baciandolo con tutta la foga che aveva. Ma come aveva potuto pensare di vivere senza quella sensazione di bruciore che provava quando le loro labbra si toccavano? Davvero, Akito era una droga per lei. Come sarebbe riuscita a sopravvivere senza la sua dose giornaliera?
 

*

 
Visto da così vicino Akito era ancora più attraente di come non lo avesse mai visto prima. Era proprio vero che fare l’amore rende le persone più belle e Hayama confermava pienamente la regola.
Fare l’amore è bellissimo, si ritrovò a pensare. Se riesci a vibrare, se ti va il cuore in gola, se non capisci più dove sei e ti senti leggera. Fare l’amore per lei era perdersi, non capire se fuori è giorno o notte. Era naufragare senza salvagente, senza opporre resistenza. Ed era proprio così che si sentiva mentre Akito la accarezzava, mentre dolcemente la portava nella sua camera da letto.
Era tardi, di certo non gli era venuto in mente di tornare dai loro amici, ma ne erano certi: avrebbero capito.
Akito le accarezzava i capelli con una mano e con l’altra le sbottonava i jeans cercando di toglierglieli ma con scarsi risultati. Accorgendosene, lo aiutò Sana e in poco tempo si ritrovò nuda davanti a lui.
Adesso non c’era più nulla che gli impediva di amarsi. Niente problemi, orgoglio, incomprensioni. Niente di niente.
Sana unì le loro bocche in un bacio a fior di labbra e lo trascinò sul letto. Lì cominciò a baciargli il petto, per poi scendere fino ad arrivare alla cerniera dei jeans.
“Così non vale però..” disse sorridendo e tornando a baciarlo sulla bocca.
“Sei molto più bella così, lo sai?” ribattè Akito portandola sotto di lui così da poterla guardare meglio.
Cosa aveva potuto fare per meritarsi Sana? Se lo chiedeva spesso.
“Sssh..” lo zittì lei.
Akito sorrise. Era vero, non lo regalava spesso un sorriso, neppure a se stesso. Ma solamente perché lo considerava qualcosa da dare solo in modo speciale.
In quel momento ripercorse tutta la loro vita insieme.
Le promesse silenziose di un futuro da costruire insieme, le risate. Sapevano tutto loro, ridevano. E ancora, in quel momento, tutto quello non era cambiato.
Sapevano tutto: sapevano che, nonostante il loro passato, i momenti come quelli non potevano essere ignorati.
Lassù si arriva poche volte, ma quando succede è veramente una fortuna. Per loro era sempre stato difficile volare insieme, in equilibrio precario sul mondo che aveva sempre tentato di separarli. Era stato difficile, si. Ma era stata una difficoltà bellissima.
“Ti amo..” sussurrò nell’orecchio di Akito.
“Io di più..” rispose lui zittendola con l’ennesimo bacio.
 

*

 
“Nao.. io ti voglio bene, ma non ti amo.”
Stava ripercorrendo tutta la conversazione avuta con Sana nel momento in cui aveva deciso di troncare definitivamente il loro rapporto. Non voleva neppure più un’amicizia, aveva detto, perché poteva farlo soffrire ancora di più, lei lo sapeva. Certo, lo sapeva.
Lo sapeva bene, ovviamente. Akito le aveva fatto conoscere a fondo la sensazione che si provava nel non essere scelti, proprio quella volte in cui, tra le montagne, Naozumi si era ritrovato Sana a pezzi. Vuota.
“ Mi dispiace, ma avrei scelto sempre lui..”
BOOM. Ecco cosa dava più fastidio a Naozumi Kamura. Non era solo in quel momento che Sana lo sceglieva, no. Lo avrebbe scelto sempre. E tutto quello che aveva fatto per lei? Tutte le volte che gli aveva offerto tutto se stesso? Lui avrebbe sopperito alla mancanza di Hayama, ne era sicuro.
“Perdonami Nao…” .
E perdonarla per cosa? Per averlo lasciato? Loro non erano mai stati veramente insieme. Era stata tutta una finzione, sempre.
Ma lui se lo meritava? Cos’aveva fatto di male? Forse doveva solamente trovare qualcuno che l’amasse. E che anche lui amasse, ovviamente.
Sana Kurata gli aveva insegnato ad affrontare la vita con il sorriso.
“Qualunque cosa accada, devi sempre sorridere Nao! Non lasciarti mai abbattere!”gli aveva detto una volta.
Ma era possibile sorridere in un momento del genere? Forse non subito, forse nemmeno il giorno dopo.. ma col tempo le cose sarebbero migliorate. E lui avrebbe smesso di vedere tutto con l’unico obiettivo di averla. Non l’avrebbe avuta, mai più. Bastava accettarlo, no?
Si, accettarlo. Doveva accettarlo e tutto sarebbe andato nel verso giusto. Ma perché lui doveva rassegnarsi e quei due vivere una vita felice? Lui non era degno di essere felice?
 

*

Sana dormiva beatamente accanto a lui con i capelli scompigliati e un raggio di sole che le accarezzava il viso. Akito invece aveva visto l’alba per quanto si era svegliato presto.
Se all’età di undici anni gli avessero detto che si sarebbe ritrovato a condividere la sua vita con Sana Kurata, di certo, non ci avrebbe mai creduto. Non avrebbe nemmeno mai creduto a nessuna di tutte le difficoltà che avevano dovuto superare. Giocava col telecomando della tv e i suoi pensieri erano tranquilli, non aveva niente di cui preoccuparsi, niente da risolvere e, specialmente, nessuna Kurata da inseguire.
“Piccola ragazzina viziata!” pensò mentre la guardava fisso. Le spostò una ciocca di capelli; di solito Kurata odiava chi le toccava i capelli ma una volte gli aveva detto che, se era lui a farlo, non la infastidiva. C’erano tante cose che avevano vissuto insieme e tante altre ancora da vivere. Bel casino, in realtà.
La metà della sua vita l’aveva passata accanto a quella pazza scatenata che, a dirla tutta, la vita gliel’aveva cambiata completamente. Non si era mai pentito - e mai pensava di farlo -  di aver dato retto a quella bambina con le codine in testa e i movimenti buffi. Nemmeno una volta aveva pensato che la sua vita sarebbe stata migliore senza di lei perché, se davvero non l’avesse mai conosciuta, la sua intera esistenza avrebbe continuato ad essere grigia.
“Mmm..” . Stava cominciando a svegliarsi. Due secondi dopo, infatti, aprì lentamente gli occhi.
Si coprì il volto con le mani, imbarazzata.
“Mmmm.. dimmi che non mi stavi guardando dormire!” esordì lei ridendo e cercando di nascondersi mettendosi tutte le coperte sulla faccia.
Akito sorrise, era così dolce. Una bambina nell’animo, amava definirla.
“ In realtà si, ma se vuoi ti dico di no. Eri così carina con la bava, sai?” la canzonò lui.
A volte si chiedeva quando, esattamente, aveva capito di amarla. Cercava nei meandri dei suoi ricordi scavando nel tentativo di ricordarlo ma, in realtà, non c’era stato un momento preciso.
Era stato un attimo, così, passeggero ma significativo, che gli aveva fatto capire che era lei. Ne esistono pochi di attimi perfetti come quello, attimi in cui la vita comincia veramente a sorriderti e, se non a sorriderti, a comprenderti.
“Hayama sei sempre il solito!”. Gli fece una linguaccia, lo baciò leggermente sulla bocca e subito dopo lo buttò giù dal letto.
“Così impari a prendermi in giro.” Un’altra linguaccia e poi una corsa per tutta la casa in biancheria intima. Ridere.
Amarsi.
Era quella la loro vita.
 

*

*
  “ Mia cara Sana..”
Già l’inizio di quel messaggio stonava e anche tanto. ‘Mia’ .. ma no! Non era sua, non lo sarebbe mai stata! Ma quando l’avrebbe accettato?
“ .. è passato quasi un mese da quando ci siamo visti l’ultima volta. Ho trovato una nuova ragazza, sto bene, anche senza di te. Mi dispiace per tutto quello che hai dovuto sopportare a causa mia, per questo vorrei chiederti di raggiungermi all’hotel Park Hyatt dove alloggio per adesso perché casa mia è in ristrutturazione. Vorrei tanto parlarti, e spiegarmi.
Spero che verrai, ti aspetto domani sera alle dieci.
Tuo, Naozumi.”
Un’altra volta! Tuo?! Ma quale suo? Lei non voleva che Naozumi fosse suo, ne tantomeno vederlo per chiarire chissà che.
Eppure avrebbe anche potuto sentire cosa aveva da dire e basta. E poi tanti saluti a tutti, no?
No.
Akito non gliel’avrebbe mai lasciato fare. Ma, teoricamente, Akito poteva anche non saperlo, no?
No.
Si.
Lei voleva bene a Naozumi, da sempre. Come poteva adesso negargli la possibilità di spiegarsi? Tante volte lui le aveva perdonato cose anche più gravi, che diritto aveva lei di essere così presuntuosa?
E poi la sua indole da inguaribile curiosa la spingeva a chiedersi ‘ma cosa vorrà dirmi ancora?’.
Prese il cellulare e rispose a Nao. La loro amicizia era forte, avrebbe resistito. Ed era vera, perché Akito avrebbe dovuto creare problemi? Lei non lo amava, non lo avrebbe mai amato. Ma gli voleva molto bene. Per cui, doveva parlarci.
Sarò lì alle dieci.. a domani Nao.
Nello stesso momento la porta di casa si aprì ed Akito le si presentò davanti con in mano una pizza stracondita, proprio come piaceva a lei.
“Cos’hai Kurata?” chiese interrogativo lui dopo averle schioccato un bacio a fior di labbra. Era strana, nervosa, non allegra come al solito. Negli occhi aveva una nota di nervosismo che lui non poteva ignorare.
“Niente Aki.. cosa dovrei avere?” rispose ancora più nervosa lei. Ricorreva sempre lo stesso paradosso: un’attrice incapace di mentire, era il colmo.
“Sicura?” insistette Akito sicuro di non essersi sbagliato.
“Certo Aki, sto bene!” disse prima di concentrarsi sulla sua fetta di pizza.
Doveva riuscire a resistere fino alla sera seguente quando, dopo aver chiarito con Naozumi, sarebbe tornata a casa e gli avrebbe raccontato tutto sorridendo. E lui sarebbe stato felice, ne era convinta.
O almeno, era quello che sperava.
 
 
 

Ecccccccomiiiii qua!!! Avete visto? Ho mantenuto la mia promessa e ho aggiornato prima questa volta e spero che questo capitolo, piuttosto introspettivo sia dalla parte di Sana e Akito sia da quella del povero Kamura che sta davvero perdendo la testa, vi piaccia perché a me è piaciuto tanto scriverlo.
Vorrei vedere un po’ più di recensioni, invitate lettori, fate un po’ di pubblicità (STO SCHERZANDO OVVIAMENTE AHAHAHHA). Non voglio pubblicità u.u
Vi ringrazio uno per uno per le recensioni, voi mi bastate veramente. Grazie sempre anche a coloro che rimangono fuori, ovvero che anche se non recensiscono hanno messo la storia tra le seguite, preferite, o ricordate. Spero che alla fine della storia queste persone mi lascino almeno una recensione per dirmi cosa pensano, mi piacerebbe tanto se lo faceste tutti!! J
Adesso vi lascio, ci rivediamo al prossimo che credo proprio sarà il penultimo o addirittura l'ultimo!! (MI VIENE QUASI DA PIANGERE A PENSARE CHE STA FINENDO T.T )
Ps: vi do qualche piccola anticipazione del prossimo che ho già tutto in testa e devo solo trascrivere al pc.
Ci sarà un colpo di scena assurdo che potreste anche immaginare, ma non così irruento. Spero che non capiate di cosa si tratta perché vi voglio tenere un po’ sulle spine u.u (visto che sono stata accusata, non da utenti di questo sito, di essere un po’ banale e scontata!) e poi perché è una cosa particolare che smuoverà l’apparente quiete di questa FINALMENTE felice coppietta.
Vi lascio, un bacione bellezze :*
 
   
 
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