Quella
sera Eloin venne un po’ prima della solita ora, aveva voglia
di chiacchierare
evidentemente. Entrando, naturalmente senza bussare, mi sorrise. In
quel
momento ero seduto sul letto a pensare, e mi colse un po’ di
sorpresa entrando
a quel modo, ma non le dissi nulla, limitandomi invece a salutarla e a
chiederle come stesse.
“Bene
bene! Cosa vuoi che sia successo? Immagino che Mello sia la causa
dell’occhio
nero, vero?”
“Emm…
si…” ammisi facendole posto di fianco a me.
“Ci
hai
mai più pensato ai sogni?” mi chiese
inaspettatamente dopo un sospiro dovuto
alla mia precedente affermazione.
“In
realtà… una volta si.” Le dissi con
onestà.
“Ah
bene!
Non pensavo!” disse
con una certa
soddisfazione.
“Non
sono
poi così prevedibile alla fine, no?”
“Comunque
sappi che posso leggerti nel pensiero se voglio!”
esclamò, ridendo e facendomi
sorridere.
“Dimmi…
sai come si chiama la nuova?”
“Pensi
ancora a quella? Si fa chiamare Angel, e tutti a quanto sembra la
temono molto,
non so perché. comunque io non voglio averla vicino, non mi
piace. Hai visto
che faccina angelica? Quella brutta donna a ore! Come se non sapessi
che ti ha
provocato apposta. Sai cosa si dice in giro? Si dice che voglia fare di
te e
Mello suoi complici per fuggire! Ti sembra normale? Se provasse a
fuggire da
qua morirebbe e con lei tutti i suoi complici, sarebbe un
suicidio!”
Sobbalzai,
ma poi posai una mano sulla spalla della ragazza calmandola. Mi rendevo
conto
che non era più un gioco quello che stava accadendo la
dentro. Non era più
tentare di schivare l’amicizia della gente quello che mi si
chiedeva. Era
scegliere fra un suicidio con un possibilità di fuga e la
reclusione senza
scampo.
Comunque
le voci confermavano ciò che avevo pensato. A lei grazie a
dio non interessava
Eloin. E lei era davvero… lei, insomma.
Sospirai.
“Andiamo
a cena Eloin.” Dissi con calma, sapendo che potevo aspettarmi
qualche parola da
Angel. Ma stavolta avrei usato le mie armi anche io.
Scendemmo
le scale chiacchierando di cose che non ricordo senza molta importanza,
e
quando ci fummo seduti, notai che Angel si dirigeva verso di noi. Accennò un
sorriso ch emi sembrò un sogghigno
e si sedette di fianco a me.
“Ciao
Beyond Birthday” disse cominciando a mangiare.
“Ti
piace
chiamarmi per nome, Akira?” le chiesi maliziosamente, con un
luccichio degli
occhi. Il mio disappunto? Sembrava dalle lettere che le avevo letto
sulla testa
che il suo nome intimo fosse solo quello, in cognome non figurava che
una con
una macchia indistinta, che non mi faceva capacitare.
Sussultò
per la seconda volta durante le nostre brevi conversazioni.
“Sei
ben
informato. Ma non è il mio nome. Il mio nome è
Angel.”
Mi
prendeva in giro? Capii in un momento quello che aveva intenzione di
fare se
avessi insistito.
“Dici?
Che strano mi sembrava proprio che fosse Akira- dissi scandendo bene
l’ultima
parola-. Mi sarò sbagliato. Cosa vuoi?”
“Parlarti.”
“E
se io
non volessi ascoltarti?”
“Mi
ascolteresti lo stesso. ”
“Perché?”
“Vuoi
che
si sappia in giro che sei una copia
dell’unico
orginale? Per altro una
copia
riuscita male.” chiese
vendicandosi.
La rabbia
mi salì estranea e parte di me, riportando a galla vecchi
ricordi che avrei
dovuto cancellare. I miei occhi scintillarono da soli, e per un momento
non
riuscii a pensare che a certe immagini. La mia rabbia saliva troppo e
troppo in
fretta, e questo Eloin lo sapeva anche solo guardandomi dalla coda
dell’occhio.
Ma non
fece in tempo a fare nulla, perché mi alzai di scatto,
tirando su Angel, o
meglio Akira, per il colletto.
La
guardai negli occhi per un momento, e le sferrai un pugno
involontariamente, un
pugno che lei fermò anche se con difficoltà. Era
ferma immobile nella
concentrazione di tenermi ferma la mano, come io nella concentrazione
di
muoverla. ma io avevo una mano libera, e con quella le tirai una spinta
violenta, che la fece cadere a terra, davanti a me. Solo allora mi
calmai, e
dopo averle lanciato un ultima occhiata mi sedetti di nuovo. Tutti la
guardarono alzarsi e sedersi anche lei.
“Beyond
Birthday, non essere così violento.” Disse una
voce alle mie spalle, poco prima
che Akira parlasse di nuovo chissà per dire cosa.
Repressi
un brivido all’idea di entrare di nuovo
nell’ufficio di Roger, ma quattro
uomini all’apparenza sbucati dal nulla ci trascinarono li
tutti e due sotto lo
sguardo fra l’adirato e il preoccupato di Eloin.
Non ci
parlammo quando venimmo sbattuti e legati su due sedie davanti
all’odiata
scrivania. Ma certo, per lei era la prima volta, aveva ancora uno
sguardo
curioso che vagava per la stanza. Il mio era solo arrabbiato.
Per colpa
sua ero finito di nuovo la dentro e chissà come ne sarei
uscito! Insomma, sa
quando era arrivata Eloin non facevo in tempo a guarire ed ero di nuovo
li! E
il bello era che non era nemmeno colpa sua!
“Hei,
qua
non ci sono telecamere ne microfoni, lo sai?”
“Si.”
“Ascolta
allora. Ti devo parlare.”
“Non
mi
interessa. È un suicidio la tua
volontà.”
“Di
cosa
stai parlando?”
“Del
fatto che vuoi evadere.”
“Ah,
ne
sai qualcosa. Mello, vero? Comunque quello che volevo dirti
è che qualunque
cosa ti abbia detto il biondo sappi che mentiva. Io non voglio
convincerti a
tentare l’evasione con me per scaricare la colpa su qualcun
altro. Lo voglio
perché, per prima cosa senza il tuo aiuto non ci riuscirei,
per seconda perché
sei tu. Non c’è tempo per spiegare.”
Disse velocemente con voce concitata e
calma allo stesso tempo.
Mi
limitai ad abbassare lo sguardo sulle mie scarpe per non vedere la
faccia di
Roger mentre entrava nella stanza.
“Ancora
qui BB? E tu, A, già qui?”
Non mi
degnai di rispondere o di guardare. E la cosa venne notata.
“Hey
come
siamo cupi, ma non lo sai che non guardare che ti sta parlando
è
maleducazione?” chiese infatti l’uomo.
“Anche
torturare le persone di cui sei responsabile lo è, Roger,
eppure tu lo fai
comunque.”
“Che
faccia tosta BB, ti ho già detto che non mi piaci quando fai
così. E allora,
come mai avete litigato carini?”
“Affari
nostri.”
“Non
essere ostico B!”
“Roger,
è
stata colpa mia, BB non c’entra. L’ho provocato
fino a che non ha potuto
trattenersi e me ne assumo tutte le
responsabilità” disse con voce calma e
decisa A.
Sgranai
gli occhi, pur senza spostarli. Con che leggerezza si era condannata,
mi era
inconcepibile!
“Non ho detto la verità perché BB mi faceva pena, bensì perché era giusto così. ”
“Beh, non cambia i fatti.” Rispose mellifluamente Roger.
“Roger, se ti dicessi che sei un pezzo di merda, quella si che sarebbe mancanza di rispetto, ma il fatto che il ragazzo sia abbattuto per via del fatto che questa stanza è piena di strumenti di tortura, beh, questo è essere umani.” Commentò la ragazza con calma.
“Lascia che sia io a giudicare cosa è giusto e cosa è sbagliato. Il fatto che siete qui indica che voi non lo sapete fare, no? Perciò zitta.” Ribatté l’uomo con un gesto brusco della mano.
“Allora, che hai intenzione di fare adesso, Roger? Mi punisci davanti a lei come con Eloin? Anche se quella volta non mi sembra che sia finita molto bene per te… o ricordo male?” chiesi ironicamente rassegnato alla mia sorte.
Sul volto del mio carnefice si creò una piega crudele.
“Perché non taci anche tu BB? Ci faresti un grande favore, sai?”
“Perché usi il plurale?” chiese allora Angel.
“Vi ho detto di tacere” ribadì, aggirandoci.
“Vuoi usare tutto quell’arsenale? Uh, non hai un minimo di senso di umanità mio caro!”
“Sai Angel, come credo ti accorgerai presto, quello che abbiamo in questa stanza non si può definire umano. Anche perché a mio parere e a parere di molti altri, è sprovvisto di ciò che ci rende tutti mammiferi. E che ci rende maschi soprattutto.” Allusi.
Forse avevo esagerato però,pensai sentendo una scarica elettrica passare per tutto il corpo, seguita in veloce successione da altre tre. Riabbassai la testa, arrabbiato, ma impotente.
“Se mi insulti ancora, passerai brutti guai B e consiglio a te, A, di stare alla larga da questo ragazzo, è un pessimo soggetto, anche se sono sempre riuscito a piegarlo alla fine. ”
Spalancai gli occhi dallo stupore. Quando mai mi aveva piegato? Non facevo risuonare abbastanza la falsità nella voce, quando mi scusavo?
“Roger, lo umili anche? Sei proprio crudele.” Commentò Angel, o Akira, o come cavolo si chiamava.
“Non ho certo bisogno della tua protezione A.”
“E io di certo non ti sto difendendo, visto che ai miei commenti Roger si arrabbia sempre di più e diventa sempre più violento.”
“Felice di esserci chiariti.”
“BB, A, insomma, abbiate un po’ di contegno alla vostra sfacciataggine! Allora, cosa vogliamo fare, mostriamo come ti piego alla tua amichetta B? Ma puoi risparmiarglielo se ti scusi con lei e con me, ora.”
Sbuffai.
“Va bene.” Disse il direttore, facendo entrare due guardie che fecero portare via Angel. Sicuramente nella camera bianca. Quella senza cibo ne acqua fino a che non risuona la tua voce rotta dall’aridità che spara ipocrisie per sopravvivere.
“E allora BB, come la mettiamo con la tua violenza? Cosa devo fare con te, tagliarti una mano? Vedo che l’idea non ti piace… allora, non so, romperti una gamba, un braccio, due costole, cosa per dio?”
“Puoi sempre uccidermi.”
“Ah già, la tua voglia di morire. Così vuoi davvero morire? Sul serio?”
Ci pensai, e lui mi lasciò pensare.
“No. Per ora. Forse fra un po’.”
“Capisco… allora posso minacciarti di ucciderti…”
“Sarebbe inutile, lo sai anche tu che sono messo sempre peggio, quindi presumibilmente un giorno cederò.”
“Cosa?”
“Gli occhi Roger. Sveglia.”
“Mh, hai ragione, non ti ucciderò. Farò di peggio.” Rispose avidamente, facendo trasparire il desiderio dell’arrivo del momento in cui gli avrei rivelato tutto. Povero illuso.
“Cosa di grazia?”
“Ti toglierò la chitarra.”
“Ok, mi scuso.”
“Sei proprio un ipocrita, e per questo vai punito. Direi che tre giorni potranno bastare, o sbaglio?”
“Maledetto bastardo. Cos’altro vuoi da me?” gli domandai tentando di mantenere un tono calmo, nonostante dentro di me stessi facendo evoluzioni per non lasciarmi andare ala rabbia.
“Ecco un altro motivo per i quattro giorni: non impari mai. Finirai male BB, molto male.”
e così finì il nostro colloquio. Quando venni sbattuto sul pavimento della stanza mi concessi uno sbuffo adirato e forse leggermente rassegnato, poi mi sedetti appoggiato al muro, sempre con lo sguardo a terra, pronto ad aspettare come al solito, che Roger si decidesse a scarcerarmi.
“Hei ciao.” Disse una voce lugubre dall’altro lato della stanza.