Serie TV > Una mamma per amica
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Autore: Kimberly Heiwa    18/01/2013    2 recensioni
Non è mai finita. Il filo in realtà non si è mai spezzato, si è allentato, ma il sentimento è ancora vivo.
Le due facce della stessa medaglia, inseparabili, compatibili tra loro, ma che non hanno mai avuto veramente tempo per loro stessi. E' passato tanto da allora, ma forse è proprio questo che li fa sempre riunire; li fa incontrare per vedere i risultati del cambiamento.
-Rory... dove sei?- sussurrò sperando che lo potesse sentire ed aspettare, come lui stava attendendo lei.
Il titolo viene dalla canzone 'Wait for me' di uno dei miei gruppi preferiti, i Theory of A Deadman.
Spero che gradiate questa storiella e che esponiate le vostre opinioni...
Buona lettura e... Enjoy! :)
Genere: Commedia, Romantico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jess Mariano, Rory Gilmore
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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She's lost in paradise

 

 

Driin! Driin!

-Mm... ma che diamine...? Cosa?! Oddio com'è tardi!- sobbalzò dal letto quella mattina soleggiata post-San Valentino.

Erano appena scattate le sette e mezza quando Rory si era alzata; proprio quel dannato giorno in cui non poteva ritardare.

Si stropicciò gli occhi per darsi una minima svegliata, ma servì soltanto a farle prendere in pieno con il piede sinistro il tavolino in soggiorno.

-Dio! Che male!- gemette, portandosi la mano sulla bocca per non urlare dal dolore.

Afferrò in fretta e furia la spazzola colorata dal cassetto in bagno e con la mano libera, una volta tornata in camera zoppicante, aprì le ante dell'armadio alla ricerca del completo adatto.

Si maledì per essere un'eterna indecisa e, dopo aver dato un'occhiata veloce all'orologio che segnava le sette e trentacinque, afferrò mentre si dava colpi di spazzola a vuoto, un tailleur nero da poco acquistato. Sorrise per la scelta e lo posò sul letto. Corse verso il il bagno e si arrestò davanti al tavolino maledetto guardandolo come per dire “No, ora non mi freghi più, caro mio!”. Gli passò di fianco fissandolo mentre sogghignava e per poco non prese in pieno l'appendiabiti. Si immobilizzò di fronte al piccolo albero per giacche ed emise un sospiro di sollievo.

-Ma perché proprio questa mattina la mia casa doveva ribellarsi?!- esclamò.

Afferrò lo spazzolino e il dentifricio mentre posò la spazzola sul bordo della vasca bianca e cominciò il lavaggio dei denti. Sputò la schiuma biancastra che sapeva di fluoro e menta; sciacquò lo spazzolino e chiuse la porta per lavarsi il resto del corpo.

Dopo cinque minuti e quaranta secondi uscì e si vestì velocemente. Corse piano per evitare di scivolare sul pavimento liscio con i collant ed acchiappò le scarpe nere della sera precedente.

Le sette e quarantadue: non ce l'avrebbe mai fatta, pensò.

Dopo aver preso giacca, borsa e fogli vari, chiuse la porta a chiave e scese le scale con velocità.

-Signorina Gilmore!- la bloccò la signora Barlow, del quinto piano, ancora in vestaglia.

-Giorno signora Barlow!

Cercò di evitarla e raggiungere il portone rosso, ma le sembrò quasi che l'anziana la marcasse come si fa nel gioco della pallacanestro, cercando di rubarle la palla stabilendosi davanti a lei.

-Ha sentito anche lei la polizia, stanotte?- disse scuotendo la testa.

-Sì, sono stati molto rumorosi.- disse frettolosamente.

-Infatti!- esclamò l'altra, indignata – Per fortuna hanno trovato lo spacciatore e hanno sequestrato tutto, anche l'appartamento!

-Già, menomale... non sono riuscita neanche a dormire, stanotte.- disse Rory, come se stesse pensando ad alta voce – Ora mi scusi, ma sono in ritardo per il lavoro...

-Anche il mio povero Barney non ha chiuso occhio – disse accarezzando il cane.

-Devo andare, ci vediamo signora Barlow!- la salutò abbozzando un sorriso.

-Certo, certo, arrivederci! E buon lavoro!- ricambiò ormai davanti al portone chiuso, riscuotendo la testa.

-Andiamo, Barney. - disse al labrador accanto a lei.

Erano le otto meno un quarto, era tardissimo.

Camminò veloce, per poi mettersi a correre, scontrando le spalle dei passanti sul marciapiede e scusandosi mortificata.

Il semaforo della West 4th street era appena scattato rosso.

Si arrestò con l'ansia alle stelle e quasi si mise ad implorare quella dannata luce verde di accendersi e dichiarare “WALK”.

Appena scattò la scritta verde, allungò il passo più che poté ma si sentì bloccata tutto ad un tratto da un piede: il tacco della sua scarpa nera si era incastrato nella fessura di un tombino.

-No, no, no, non può essere così!- disse in preda al panico.

Cominciò a sudare freddo e ad andare in iperventilazione.

Si piegò nel cercare di liberare il tacco ma niente, non ne voleva sapere.

-Ti prego!- implorò a denti stretti, quasi sul punto di piangere.

La gente che passava sembrò quasi non vederla; Rory riuscì a sentirsi sola nonostante fosse immersa in una metropoli come New York, pullulante di persone.

-Dio santo!

La mano rossa si accese e gli automobilisti le suonarono con i clacson, cercando di evitarla.

Una macchina nel traffico arrivò a tutta velocità e Rory, nel vedere quasi da vicino la targa, mosse con un gesto deciso la scarpa e il tacco si staccò dalla suola. Claudicante arrivò all'altra sponda della strada e guardò l'auto investire completamente quel che restava della scarpa.

Ora non poteva più correre e stava andando tutto storto.

Continuò per la sua strada e dopo cinque minuti una signora si piegò per recuperare le monete che le erano cadute ma con l'altra mano, il frullato ai frutti di bosco si rovesciò su gran parte del tailleur di Rory.

-Mi scusi tanto! Mi dispiace, davvero! Lasci che...- disse mortificata e cercò di asciugarle le macchie ancora umide.

-No, - disse Rory bloccandole la mano- lasci stare.

L'altra rimase ancora più mortificata e Rory si allontanò, disperata e arrabbiata.

***

-Non so che dire, signori... di solito è sempre puntuale...

-Beh, sarà, ma noi abbiamo altro da fare.

-Lizzie, chiama Gilmore, per favore.- sussurrò spazientita il capo Alcott.

-Certo, lo faccio subito.

A Rory squillò il cellulare.

-Pronto?

-Rory, sono Lizzie. Dove sei?

-Sono a cinque minuti da lì. Che ore sono?

-Sono le otto e cinque, è questo il punto.

-No... perché proprio oggi?- disse portandosi una mano al viso, disperata. - Sono già lì, vero?

-Sì, e Margaret si sta spazientendo.

-Io non so che diavolo sia successo! Stanotte è arrivata la polizia, poi...- cominciò ad elencare.

-La polizia?- chiese preoccupata.

-Sì... c'era uno spacciatore nel condominio, per fortuna sono riusciti ad arrestarlo. Sono uscita di casa e mi ha bloccato la signora Barlow; in strada il mio tacco si è incastrato in un tombino e adesso zoppico; una signora mi ha versato addosso il frullato... ci manca solo la pioggia.

-Rory...mi dispiace davvero tanto. Spero di convincere la signora Alcott, almeno. A dopo!- e staccò, lasciando un minimo di speranza alla collega.

-Signora Alcott, Rory sta arrivando. Ha avuto dei problemi...- cercò di giustificarla Lizzie.

-Beh, si è fatto tardi. Abbiamo altri colloqui e quindi, - disse la signorina MaryJane Nash del New York Times - o ci presentate qualcun altro al posto della signorina Gilmore, oppure... buona giornata.

Lizzie si morse il labbro inferiore varie volte, prima di decidersi ad intervenire.

-Mi scusi signorina Nash, io credo che la Rory Gilmore meriti quel posto. L'ho fatta entrare io in questa redazione, ho tenuto io il suo colloquio e so molto bene quanto valga!

Lei riesce a scrivere una recensione di un romanzo come se ne fosse stata l'autrice, si immedesima nel racconto, assorbe i sentimenti dei personaggi e il risultato finale è fantastico.

Se non mi crede, provi almeno a degnarsi di leggere un suo articolo! Oppure chieda a chiunque la conosca!- esplose Lizzie in difesa di Rory.

-Lizzie!- la riprese la signora Alcott. - Prova ancora a rivolgerti così e sei licenziata!- continuò a bassa voce con sguardo torvo.

Il signore accanto alla Nash, Robert Young, aspettò un attimo prima di alzarsi dalla sedia. Forse Lizzie aveva ragione. Ma prima che potesse aprir bocca, la Nash, con sguardo crudele, girò i tacchi.

-Arrivederci. - disse la Nash.

Rassegnato, anche Young salutò e fece per andarsene.

-Aspetti!- disse la Alcott – vi vorrei presentare Catherine More, dello spazio moda.

Lizzie la guardò indignata.

La Nash si arrestò sulla soglia per poi girarsi verso la Alcott.

-Vogliamo gli articoli. Ci vediamo domani mattina alle otto in punto. Spero che almeno lei non si presenti in ritardo!- disse acida.

-Che cosa?! Perché per...- sbottò Lizzie, subito zittita dalla Alcott.

-A domani!- salutò Margaret Alcott.

-Colpo basso, Margaret. Colpo basso.- disse roca, scuotendo la testa in segno di disapprovazione.

***

Era appena entrata nella sede del giornale, sconvolta.

Vide scendere i signori del Times e realizzò che non l'avevano voluta aspettare.

Le passarono accanto e la signorina rise del suo aspetto e di lei.

Rory abbassò la testa e una lacrima, in totale silenzio, scese lungo il suo zigomo e le rigò il viso arrossato per la camminata.

Si portò la mano sulla guancia e se la asciugò.

Salì le scale fino all'ufficio e si trovò davanti Lizzie e la Alcott.

-Rory!- le corse incontro Lizzie, abbracciandola.

-Ho visto che se ne stavano andando -disse cupa.

Lizzie allentò l'abbraccio e la guardò dispiaciuta.

-Domani vogliono avere un colloquio con Catherine. Hai perso l'occasione, Rory.- disse la Alcott, quasi come se la volesse sgridare.

-Credo che tu, inoltre, non sia più adatta a scrivere sullo spazio libri, dopo questa mi devi riprovare il tuo senso del dovere. Lavorerai con Lizzie. Ah, ti lascio andare a casa prima se vuoi cambiarti i vestiti.

Rory si sentì come se fosse tutto un incubo tremendo. Guardò la Alcott andarsene e si lasciò cadere sulla sedia accanto alla scrivania.

Lizzie scosse la testa e si avvicinò a Rory.

-Beh, almeno ti ha messa con me...- cercò di consolarla.

-Già.- disse cupa.

-Avanti, ti aiuto a trasferire la tua roba. Andrà tutto bene, ci sono io. Tranquilla.- l'abbracciò forte.

***

-Buongiorno squadriglia! Ciambelle e caffè per tutti!- esclamò pimpante Matt spalancando la porta.

-Ehi, guardate un po' com'è cotto il nostro amico! Fatto baldoria ieri sera con la tua piccioncina, eh?- chiese maliziosa Joanna.

-Può darsi...- sogghignò Matt – dov'è il campione?

-Jess è in ufficio, ci sono dei giornalisti che lo stanno tempestando di domande.- disse Gabe mentre afferrava una ciambella.

-Ne avrà ancora per molto?

-Non lo so... sono lì da mezzora, ormai...- disse Alf con la bocca piena.

-Lo aspetterò.- disse Matt alzando le spalle e prendendo una ciambella.

Dopo un'ora si aprì la porta dell'ufficio di Jess da cui uscì una mandria di giornalisti.

-Jess? Sei ancora vivo?- scherzò Joanna.

-Eccolo! Ehi, perché non mi avete lasciato neanche una misera ciambella?- domandò giocoso.

-Sai com'è, l'attesa, la fame...- disse Gabe.

-Sì, come no. È l'invidia, non l'attesa! Ammettetelo...- esclamò Jess, vantandosi un po'.

Tutti gli altri gli fecero il verso per poi scoppiare a ridere.

-Comunque, per la cronaca, il tuo caro amico Matt ti ha conservato una ciambella!- intervenne Matt.

-Visto? Lui sì che è un amico! Grazie Matt!- disse dandogli una pacca sulla spalla.

-È Meredith che lo rende così dolce!- lo prese in giro Joanna.

-Beh, sapete che vi dico? Che ognuno di noi dovrebbe trovare la sua Meredith, soprattutto voi, così forse sareste più gentili!- disse Jess azzannando la ciambella.

-Ti ricordo che io l'ho già trovata...- disse Alf, guardando Joanna.

-Mm... Joanna è un caso a parte. È tutto tranne che dolce!- esclamò Gabe provocando risate a tutti.

Joanna gli tirò un cuscino del divano e gli fece la linguaccia.

-A proposito di Meredith, com'è andata ieri sera?- domandò Jess.

-Bene, abbiamo ballato, cenato e poi...- arrossì.

-E poi?- chiesero curiosi gli altri.

-Mica dovete sapere tutto!- esclamò Matt.

-Le è piaciuta la collana?

-Sì, ne è stata entusiasta. - rispose sorridente.

-Bene, sono felice per te!

Matt si alzò e condusse per una manica Jess nel suo ufficio. L'amico, un po' perplesso, arrivato nel suo regno, si accomodò sulla sua poltrona.

-Perché siamo qui?- chiese a bocca piena.

-Ieri sera c'era anche lei, la ragazza del negozio di DVD. Ci hai ballato e sembrava che ci fosse qualcosa fra voi due...- spiegò a mezza voce.

Jess abbassò la testa e buttò nel cestino la carta della ciambella.

-Sì, c'era anche lei... abbiamo ballato...

-Jess, siete stati abbracciati anche dopo la fine della musica... tutti vi stavano guardando. Perché non mi hai mai parlato di lei?

-È una lunga storia, Matt... io...

-Jess, lo sai che sono tuo amico e che con me puoi parlare di tutto.

-Lo so, lo so...- restò in silenzio per qualche secondo e poi cominciò a raccontare. - Lei si chiama Rory e non è una qualunque... è stata la mia prima vera fidanzata, la prima che abbia mai amato. L'ho conosciuta quando avevo sedici anni, lo stesso anno in cui mia madre mi mandò da mio zio in Connecticut, in una stramba città chiamata Stars Hollow. Io (sospiro) non ero il ragazzo perfetto per una come lei, già fidanzata con uno stangone troppo melenso e che sinceramente, ogni volta che lo vedevo lo avrei preso a pugni. L'ho fatto, ma solo due volte. Per Rory.

Matt sorrise.

-Comunque, mi sono innamorato ma abbiamo avuto un incidente, per colpa mia. Mio zio mi ha rispedito a New York ed era meglio così, pensavo; mi sarei tolto dai piedi.

Matt scosse la testa.

-Sempre il solito, eh?

Jess sogghignò.

-Lei non restò molto entusiasta della mia partenza e così mi venne a trovare, con il suo polso ingessato per la frattura. Le telefonai una sera da Washington Square Park e dopo un po' di giorni è partita, saltando mezza giornata scolastica, lei che era una studentessa modello.

Abbiamo passato un pomeriggio che non si può scordare, le ho fatto conoscere New York, il negozio di dischi, la metropolitana, gli hot-dog . Poi l'ho accompagnata alla stazione dei pullman e le ho chiesto perché fosse venuta a trovarmi, lei mi rispose perché non l'avevo salutata. Ed è stato lì che ho realizzato che anche Rory provava qualcosa per me, il ragazzo difficile di New York, sempre tra le grane e che non ne fa mai una giusta.

Decisi di tornare a Stars Hollow e di andarla a trovare. Quel giorno era ad un matrimonio ed era bellissima, in un abito turchese e con i capelli raccolti dietro le orecchie. Le dissi che ero tornato e lei... mi baciò. Il primo vero bacio di tutta la mia vita. Mi sentivo felice dentro, il mio cuore batteva solo quando lei mi era a fianco e quel bacio mi infuocò. Lei però, stava ancora con quel deficiente alto due metri e così scappò subito, lasciandomi senza parole.

-Anche il caro e vecchio Jess allora ha dei sentimenti, c'è qualcosa dietro quella corazza...

-Certo, c'è un uomo a tutti gli effetti. Per tutta l'estate non si fece sentire e quando la rividi ero arrabbiato. Insomma, mi aveva baciato! E così mi “fidanzai” con un'altra, una certa Shane.

-Jess, non è così che si fa!- scosse la testa.

-Avevo diciassette anni! - si giustificò Jess. - Abbiamo avuto una discussione e non ci parlavamo nemmeno perché eravamo troppo impegnati a farci ingelosire a vicenda. Alla maratona di ballo il suo ragazzo, Dean, si rese conto che Rory continuava a fissarmi, e non era la prima volta.

Così la lasciò sulla pista e lei se ne andò al ponte, il nostro rifugio, piangendo. Andai da lei e ci dichiarammo...

-E vi siete messi insieme. Tu hai lasciato Shane e lei... ah no, lei era stata già lasciata. Vai avanti.

-Esatto. Siamo stati insieme per un po' di mesi ma ogni volta sentivo che l'avrei persa da un momento all'altro perché non la meritavo. Dean poi, con la scusa di tornare amici, ci provava con Rory e io mi sentivo... minacciato. Insomma, lo so che era la stessa cosa che avevo fatto io tempo prima ma... non era giusto, punto e basta.

-Beh, ti ha ripagato con la stessa moneta, è stato crudele, ma come lo sei stato anche tu.

-Lo so. Grazie, grillo parlante.

-Prego, Pinocchio. Lo sai che la coscienza per te c'è sempre.- gli fece l'occhiolino.

-Comunque stava procedendo tutto alla grande, saremo andati al ballo insieme, la cosa che Rory desiderava più di tutte, io avrei messo il vestito da pinguino (solo per lei) e avrei ballato.

Ma non si può partecipare al ballo di fine anno se vieni bocciato. Non sapevo come spiegarle e così... non le dissi nulla. Cercai di godermi la serata a cui eravamo ospiti cercando di...

-Ho capito. Non voglio i particolari. - disse coprendosi gli occhi.

-Matt, sto raccontando, non c'è nulla di visivo!

-Vai avanti, allora.

-Lei non volle perché non era il posto e il momento adatto. Non aveva torto, ma io ero troppo arrabbiato per darle ragione. Stavo facendo tutto per lei e quello stupido preside non mi faceva andare al ballo. Litigammo e Dean mi prese a pugni. Ma mi difesi bene, mi sfogai per tutte quelle volte che mi ero trattenuto. Arrivò la polizia e Rory mi chiamò preoccupata.

Non ci parlammo per un po' finché un giorno arrivò mio padre che mi offrì di andarmene con lui. Io non so a cosa stessi pensando, non lo conoscevo neanche, ma ero arrabbiato, volevo scappare e poi mio zio mi avrebbe cacciato fuori se non avessi ripreso la scuola. Così ne approfittai e presi un pullman per la California. La trovai sull'autobus ma non riuscimmo a parlare e a chiarirci. Le dissi del ballo ma non di mio padre, era già delusa e non volevo che ci rimanesse ancora peggio. Tornai dopo un anno per riprendermi l'auto che mio zio mi aveva rubato e...

-Ferma ferma ferma! Tuo zio cosa?!

-Per farmi andare a scuola invece che a lavoro mi sequestrò la macchina.

-Ingegnoso, lo zio.

-Già... ritornai e le dissi che l'amavo.- Jess si incupì in volto e guardò nel vuoto.

-Che cosa? Tu te ne vai e poi torni dopo un anno e... ma che diamine hai in quella testa di scrittore?!- esclamò Matt.

Jess restò in silenzio.

-Cosa ti rispose, almeno?

-Io... non... non lo so.

-In che senso, scusa?

-Sto solo dicendo che me ne sono andato prima che potesse rispondere!- disse alzandosi in piedi e prendendo a fare avanti e indietro per la stanza.

Matt scosse la testa e incrociò le braccia.

-Non ci siamo più visti per un po' e poi sono andato a trovarla e le ho presentato il mio primo libro... sembrava che potessimo tornare amici e chissà... ma c'era un biondino figlio di papà in mezzo, come sempre. Mi è venuta a trovare a Philadelphia e io... ci siamo baciati. Ma lei ha preferito quel riccone che si era preso anche la briga di insultare il mio libro senza neanche leggerlo.- scosse la testa e guardò il traffico dalla finestra.

-Jess, che mi combini? Avevi quella ragazza e te la sei lasciata scivolare così facilmente? Mi pare di aver capito che tu abbia fatto di tutto per conquistarla, l'hai rubata al suo ragazzo gigante e poi te la sei lasciata scappare?! Ma dico io, ma sei completamente scemo?! E poi pretendi che sia stata lì ad aspettarti dopo tutto quello che le hai fatto? Io non riesco a capire la tua logica. Non ha senso fare così!

Jess si sentì colpito dalle parole dell'amico e si rese conto di quanto fosse stato uno stupido.

Non aveva senso fare così, nessuno aveva mai vinto, né perso e nessuno aveva mai posseduto l'altro veramente. Chiuse gli occhi per rivedere il suo viso, come per chiederle scusa.

-Ho del lavoro da sbrigare, Matt.

-È sempre stata la tua migliore abilità cambiare discorso quando ti senti in colpa, non è così?

Perché non la chiami invece di fare il difficile e continuare a fuggire? Metti fine a questo tira e molla continuo!

-Non ho il suo numero – rispose voltandosi verso l'amico – E poi non avrebbe senso, me lo merito il suo rifiuto e il suo odio.

-Ok, siamo tutti d'accordo che la tua testa è bacata.- disse Matt, alzandosi dalla sedia – Forse non mi sono spiegato bene: tu devi andare da Rory. Chiamala, vai a trovarla a casa, a lavoro, fai un po' come ti pare, ma in qualche modo va' da lei. Non preoccuparti, il fine giustifica i mezzi ma ascoltami Jess, secondo me potresti avere un'altra, ultima possibilità.

Jess sospirò un po' di volte, guardando la porta.

-Lo farai?- disse Matt avvicinandosi all'amico.

-Va bene, lo farò...- rispose con un'unica emissione di fiato.

Matt asserì con il capo e lo lasciò al suo lavoro. Jess meditò su quanto aveva appena promesso e si portò una mano al viso. Non aveva altre scelte.

***

Quella giornata infernale per fortuna era giunta al termine. Pian piano la luce del sole veniva meno e lasciava spazio ai neon delle insegne dell'enorme città di New York.

Salì le scale, aprì la porta, con un sospiro liberatorio la richiuse alle sue spalle: era finalmente a casa. Diede due giri di chiave e mise il gancio, buttò la borsa sul divano, si tolse le scarpe, le guardò con dispiacere perché non erano più uguali dopo l'incidente con il tombino, si tolse la giacca, l'appese al piccolo albero apposito guardandolo con odio per quanto era accaduto la mattina, passò dal soggiorno ma evitò il malefico tavolino ingombrante e si buttò sul divano. Accese la televisione e cercò qualche film adatto al suo umore.

Si ricordò poi che doveva ancora mangiare, lo sentiva dal suo stomaco rombante.

Così si alzò e aprì il frigo, in cerca di qualcosa di commestibile. Non aveva fatto ancora la spesa, così afferrò il telefono bianco e compose il numero del ristorante cinese che le aveva consigliato Lizzie, ordinò e staccò. Ritornò quindi al suo divano e al suo film e il suo umore era davvero sotto i piedi. Forse era addirittura restato anche lui incastrato con il tacco nel tombino della quarta strada. Qualcuno suonò alla porta. Rory restò sdraiata, non aveva la minima voglia di aprire, chiunque fosse.

Il suono del campanello si fece più insistente e così pensò che potesse essere importante. Si alzò mentre dall'altra parte qualcuno premeva con tutta la sua forza il povero campanello laccato-oro.

-Arrivo, arrivo! Un attimo...- disse mettendosi le ciabatte.

Aprì la porta e si trovò davanti Jess.

-Ciao...- disse lui.

-Che ci fai qui?- domandò incredula.

-Beh... passavo di qui.

-Come hai fatto a sapere il mio indirizzo?

-Ho i miei informatori – disse con un sorriso malizioso – Posso entrare?

Rory spalancò del tutto la porta e gli fece segno di entrare.

-E così questa è la tua vera casa...- esordì guardandosi attorno.

-Già.- era piuttosto nervosa, lo percepiva dalla sua voce.

Rory gli fece segno di accomodarsi sul divano e spense la televisione.

-Come mai quel film triste? Non sei di buon umore?

Caspita, la conosceva davvero bene. Si accorgeva di ogni particolare, di ogni minimo cambiamento in lei.

Rory si spostò i capelli dal viso e si sedette accanto a Jess.

-Oggi non è stata una giornata delle migliori...- disse guardando per terra.

Jess la scrutò e notò che aveva gli occhi arrossati e lucidi.

-E perché non è stata una bella giornata?

-Non credo che ti interessi...

-Se te lo chiedo penso proprio di sì.

Rory sollevò la testa e lo guardò negli occhi.

-Ho perso un'occasione di lavoro... al Times, per la seconda volta. Mi sono rotta una scarpa, ho potuto dire addio al mio tailleur nuovo e mi hanno declassato. Non ho più lo spazio recensioni.- disse con la voce spezzata da un pianto imminente.

Jess non sapeva se consolarla o lasciar stare, e se ne stette zitto ancora per un po'.

-Lasciamo stare- disse tirando su con il naso- Credo che per avermi di nuovo rifiutata ci sia una ragione.

-Io credo di no. Tu sei brava nel tuo lavoro, Rory.

-Non puoi saperlo...se non mi hanno accettata credo che non sia più tagliata per questo lavoro.- cominciò a singhiozzare piano ma cercò di nascondere le lacrime con i capelli facendoli scendere sul viso.

Jess la guardò dispiaciuto e le spostò la ciocca dietro l'orecchio. Le prese la mano nella sua e si fece più vicino.

-Hai ragione, io non lo so. Ma ti conosco e so quanto vali. Non sei una nullità, tu sei tagliata per questo lavoro... non è mai finita, ricordatelo. Ti accetteranno e se non lo dovessero fare, beh, non sanno che stanno perdendo una validissima giornalista e soprattutto... non ti meritano. Ma tu devi continuare per la tua strada e continuare a provare. - disse Jess, quasi con un sussurro.

Rory lo ascoltò, ancora incredula che le stesse stringendo la mano, che fosse lì quando ne aveva bisogno. Gli occhi blu erano attratti come da una calamita situata negli occhi scuri di Jess; sembrò che gli stesse leggendo dentro l'anima.

-Grazie- sussurrò un po' balbuziente.

Spostò lo sguardo sulle loro mani incrociate e si sentì stranamente felice.

Jess avvicinò la mano sinistra alla guancia umida di Rory e le asciugò la lacrima appena scesa.

Erano pericolosamente vicini, ma nessuno dei due si allarmò più di tanto.

Rory socchiuse gli occhi e il suo torace si contrasse per far uscire le lacrime che fremevano ad uscire. Jess le si avvicinò e gli venne naturale cingerle le sottili spalle in un abbraccio. Rory si aggrappò alle spalle del ragazzo eliminando lo spazio rimasto.

Ora non aveva più importanza il tempo, il lavoro, tutto ciò che circondava quell'abbraccio:

c'erano solo loro due ed era questo l'importante.

Jess cominciò a staccarsi dalla presa ma Rory lo strinse più forte.

-Resta ancora qui...- gli sussurrò nell'orecchio.

Jess allora rafforzò l'abbraccio e le accarezzò i capelli, come non faceva da molto tempo. Era tutto ciò di qui lei aveva bisogno in quel momento, di qualcuno che le stesse a fianco e la stringesse, e lui era la persona giusta.

 

 

 

 

 

 

Allora, che ve ne pare? Il titolo arriva principalmente da "Lost in paradise" degli EVANESCENCE ma varie canzoni hanno fatto da colonna sonora al capitolo come "Let it be" dei Beatles, "Don't cry" dei Guns 'n' roses, "Secrets" degli OneRepublic, "Breathe" di Sia e "You and me" dei Lifehouse. Lasciate commenti.... :)

Litlover

   
 
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