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Autore: Kristye Weasley    19/01/2013    4 recensioni
Cosa succederebbe se, dopo tutto il tempo "sprecato" dietro a Joker, Harley decidesse di farla finita? Come reagirebbe il criminale più subdolo di tutta Gotham? Questa storia, di mia invenzione, parla di questa situazione ipotetica, e vedrà coinvolti Joker e Harley Quinn, Poison Ivy e, ovviamente, Il Cavaliere Oscuro. Hope you like it!
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ebbe giusto il tempo di chiudersi la porta alle spalle, prima di crollare a terra, considerata la poca resistenza delle sue gambe. Si aspettava di sentire i colpi arrivare uno dietro l’altro, di assistere passivamente all’eterno scontro tra bene e male, sfida che conosceva bene, ma alla quale, questa volta, non avrebbe partecipato. Batman intimò al Joker di arrendersi, ma non ricevette risposta. Si immaginava Mister J con in mano il suo adorato coltello, pronto a scattare alla minima distrazione, che di solito era proprio lei. Aveva ancora negli occhi il suo sguardo mentre gli diceva che era finita, che non l’aveva mai amato. In teoria era vero, ma più passavano i secondi, più si domandava se tutta quella storia avesse significato. Cosa rendeva un amore vero o falso? Il fatto che nascesse da un corteggiamento, o dal proverbiale colpo di fulmine? Cosa poteva cambiare se i sentimenti che provi ti sconvolgono da dentro, anche se è stato qualcun altro a farli nascere? Stava arrivando alla soluzione di quel pensiero, a una risposta che, solo qualche giorno prima, non avrebbe mai pensato di voler sentire, quando un rumore sordo interruppe tragicamente i suoi pensieri. Aveva sentito quel suono tante volte in passato, e di solito capitava, con decisamente più violenza, quando un colpo non andava come doveva. Il coltello di Mister J rimaneva conficcato nel tavolo per tutta la notte, finché la bionda, la mattina dopo, non lo andava a mettere a posto, mentre il Clown dormiva. Non l’avrebbe mai ammesso, ma faceva così solo quando si rendeva conto di aver fallito, e se lo sentiva adesso… Un brivido gelido percorse la schiena di Harley, che si avvicinò di più alla porta, per sentire quello che Batman e il Joker stavano dicendo. Sentì il Principe del Crimine chiedere dell’acqua, e lei lo conosceva fin troppo bene per non sapere a che cosa gli servisse. Nonostante vivessero insieme da tanti anni, erano veramente poche le volte in cui l’aveva visto “al naturale”, e il fatto che lui si struccasse davanti al Cavaliere Oscuro era qualcosa di sconvolgente. Si sentiva quasi tentata ad entrare, quando Mister J iniziò a raccontare della sua storia, a raccontare tutti i dettagli della sua adolescenza, della vita prima di diventare il Joker. E la sua brutta giornata…
Tutte le volte che la sentiva, non riusciva a non pensare che il suo compagno altro non fosse che una pover’anima bisognosa di amore e di accettazione, e non il maniaco omicida che tante volte aveva sentito descrivere. Era vero, non si poteva considerare un santo, ma come tutti i criminali di Gotham, aveva un buonissimo motivo per essere quello che era… Esattamente come lei…
Come un’illuminazione improvvisa, trovò la risposta alle domande che si stava facendo solo qualche istante fa. Batman aveva creato tutti loro, aveva creato Poison Ivy, Harvey Due Facce, il Joker, e aveva creato lei. Tutto quello che ne derivava, poteva essere sbagliato, ma ormai era parte di lei.
“Hai iniziato a vivere quando sei entrata ad Arkham” le aveva detto una volta la voce mentale di Batman, e lei era sempre più sicura che fosse così. Lo sentì parlare di Jeannie, e l’odio per quella donna che nemmeno conosceva tornò a riempirle gli occhi, desiderando di essere stata lei, a darle il colpo di grazia.
Lo sentì raccontare del suo primo incontro con la follia, e come se stesse parlando con lei, Harl si girò verso la provenienza della sua voce, incredula di fronte a quella scoperta. Tra tutte le cose che era riuscita a farsi raccontare, questa il Principe del Crimine l’aveva tenuta ben nascosta, forse per paura di scoprirsi troppo, con lei. Ma ora, con l’uomo pipistrello, non era più un problema, perché l’aveva già detto e ripetuto più volte. Era finita, non era più il criminale più spietato e subdolo di tutta Gotham, era l’uomo di prima, una persona ormai morta e dimenticata da tutti, che faceva a pugni con l’altro suo io per venire fuori.
Come se una forza invisibile la facesse staccare dal muro, Harleen si allontanò, alla ricerca del suo martello con lo sguardo. Non era molto lontano, e con la forza che aveva imparato a sviluppare da quando stava col Joker, lo sollevò da terra, andando a nascondersi dal lato opposto dell’abitazione. Appoggiò la fronte alla parete, mentre la lotta eterna che riempiva la sua testa continuava a sferrarsi colpi a vicenda. Tornare col Joker, sapendo di che morte morire, oppure fare a meno di lui, soffrendo più di quanto lui fosse in grado di fare?
Le due pulsazioni iniziarono ad aumentare, di fronte alla descrizione delle cicatrici, qualcosa che sicuramente lui non le aveva mai detto. L’alone di mistero costruito intorno alla loro creazione lo affascinava, e non aveva mai raccontato la verità a nessuno, a riguardo. Riusciva quasi a sentire il suo dolore, la febbre che si alzava, la cicatrizzazione delle ferite che lui stesso aveva fatto, sentì il suo cuore fermarsi per qualche interminabile istante, per poi ripartire, battendo più forte. Solo una persona come lui, che aveva visto la morte in viso, poteva essere così innamorato della morte stessa.
< Ma forse non è così ironico pensandoci. Forse è solo così che poteva andare a finire... Perché in fondo anche l'amore fa parte del caos... > lo sentì dire dall’interno, e in reazione la Quinzel chiuse gli occhi. Non l’aveva mai sentito dire che l’amava così intensamente, ed era veramente ironico pensare che la prima volta, fosse quando lei non avrebbe nemmeno dovuto essere lì. Strinse con più forza il manico del martello, mentre calde lacrime amare iniziavano a rigarle le guance: non sapeva se fossero di gioia, di dolore o solamente di stanchezza. Sentì la porta che si apriva, e in un lampo la concentrazione tornò a farsi presente, dandole modo di osservare con precisione le due figure che uscivano. Una tronfia e enorme, l’altra con le spalle curve, come un condannato a morte, nonostante la mole. Si prese alcuni minuti per prepararsi, per riprendersi quel costume che era sempre stato suo e, una volta pronta, si nascose nell'ombra, caricò il colpo e con tutta la furia che provava, nei confronti di quel maledetto Uomo Pipistrello, lo centrò con il suo enorme martello…
 
Ansimava pesantemente, appoggiandosi all’arma che aveva appena stordito Batman, lasciandolo probabilmente svenuta a terra, sicuramente non morto. Si asciugò la fronte con una mano, sbuffando soddisfatta della sua azione a sorpresa. Si sentiva talmente entusiasta, che quasi si dimenticò della presenza del Joker. Solo quando i loro sguardi si incrociarono, Harleen Quinzel tornò alla realtà, guardando negli occhi il suo uomo. Per assurdo, lui fu il primo a levare lo sguardo, sintomo di quanto non si sentisse nei suoi panni. E non solo.
Il Joker provò una miriade di emozioni in quegli attimi, ma a prendere il sopravvento fu l'istinto di sopravvivenza, la voglia di nascondere alla sua Arlecchina l'essere che era diventato.
< Non mi guardare! > esclamò coprendosi il volto con le proprie mani. Ma quello che doveva sembrare un ordine autoritario, risultò come la disperata supplica di un uomo che si vergognava di se stesso.
Harley sorrise, chinandosi verso di lui. Lo guardò per qualche istante, inclinando la testa da un lato all’altro, prima di prendere le mani poste sul suo viso tra le sue, portandogliele via. Si avvicinò, lasciando che le proprie dita affusolate, circondate dai suoi strettissimi guanti neri, si posassero sulle guance del Joker, dritte sulle cicatrici, segno inconfondibile dell’uomo che amava.
< Non ti devi preoccupare… Capita a tutti di avere una brutta giornata, Puddin’ > disse Harley alzandosi, e portandolo in piedi con lei. Uno sguardo fugace, le sue mani che si allontanavano dalle proprie, sentirle afferrare i codini del copricapo da giullare. Il suo sguardo che arriva in profondità, quegli occhi scuri che la segnavano dentro. Tutte le volte. Vide l’accenno di un sorriso, e sentì le sue labbra sulle proprie, come se volesse entrare nella sua bocca, di forza. Non la baciava spesso… Quasi mai… Non era quel tipo d’uomo…
Chiamarlo peccatore, chiamarlo santo… Non aveva importanza. La loro storia sarebbe finita? Non aveva importanza… Avrebbe mai cambiato i suoi modi? Non aveva importanza.
 
L’avrebbe amato per sempre.









NOTA DELL'AUTRICE: Ho tergiversato molto prima di pubblicare questo capitolo, ma la storia meritava una conclusione, e quindi, stavolta, siamo proprio alla fine. Inizio con ringraziare tutti coloro che hanno anche solo aperto un capitolo a caso, chi ha letto qualcosina, chi ha letto la storia dall'inizio alla fine, e chi l'ha amata come l'ho amata io. Ringrazio in particolare:
lamour
Niniel Virgo
queenofoto
Chihiro
Aleca92
ary_cocca88
Cam Dragonis22
Harley Sparrow
kagura
LadyCissy
Margherita Dolcevita
Cam Dragonis22
kiaky98
ary_cocca88
Fluorescent

Un ringraziamento particolare va a lalla _JH per la costanza con la quale ha seguito e commentato la storia, senza mancare mai un capitolo. Grazie veramente di tutto!
In più, se vi va, vi consiglio di ascoltare le canzoni che hanno ispirato questa FanFiction:

  • Call Me degli Shinedown;
  • Numb dei Linkin Park
  • Just a Little Girl degi Trading Yesterday.
Grazie mille a tutti/tutte per l'affetto. Alla prossima!
Un ultima cosa: ringrazio personalmente il MIO Mister J per l'aiuto che mi ha dato con la storia. Grazie. Di tutto.
  
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