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Autore: marwari_    19/01/2013    3 recensioni
Male e Bene gareggeranno, di cui i figli paladini saranno.
Chi infine vincerà? Questo davvero non si sa.
[e se.. Biancaneve non fosse l'unica ad avere per figlia una salvatrice?]
TEMPORANEAMENTE SOSPESA - FINO A: DATA DA DEFINIRE
Genere: Drammatico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio, Regina Mills
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo7 - DownTown
«Che ci fai sul divano?» Armida socchiuse gli occhi, trovandosi il viso di Henry a pochi centimetri dal suo
«…mh?» cercò d focalizzare i due occhietti furbi, che la scrutavano incuriositi
«Pensavo.. dormissi nella stanza degli ospiti.» Henry le tolse il plaid dalle fantasie scozzesi di dosso, tirandola per un braccio
«Ma che fai?» mugolò «Lasciami, voglio dormire!» protestò poi, trascinando la voce.
Aveva trascorso la notte tra ricordi della vita nel mondo incantato, il suo mondo, e memorie della foresta buia di Storybrooke, che l’aveva ospitata per anni senza che se ne fosse quasi accorta, come ogni notte precedente a quella; in un paio di occasioni si era destata con la bocca socchiusa, pronta a gridare per chissà quale minaccia e, per evitare di svegliarli –o semplicemente per paura di dover raccontare- si era decisa a scendere le scale della villa, acciambellarsi sul divano con quella copertina avvolta al corpo, cadendo nel suo consueto sonno tormentato.
«Eccoti!» Regina soggiunse con aria decisamente sollevata «Perché non sei in camera tua?» la donna prese un paio di respiri, cercando di calmarsi, e riprese ad armeggiare con un orecchino che non ne voleva sapere di adornarle elegantemente il lobo sinistro
«Io.. non..» Armida la osservava confusa, cercando di comandare al suo cervello di svegliare mente e corpo; strizzò gli occhi
«Dai, forza.. preparati.» Regina le si avvicinò, mostrandole un vestito blu scuro, corredato di una sottile cintura dorata in vita «Farete tardi a scuola!»
«Scuola?!» ripeté scandalizzata. Non era un luogo per lei: da come gliel’aveva descritta sua madre.. non era decisamente un luogo adatto a lei. Improvvisamente, dopo quella notizia, si accorse di essere sveglia ed attiva
«Henry, va’ a far colazione, da bravo.» la donna lo indirizzò verso la cucina piegando la testa di lato e, il bambino, dopo aver rivolto un largo sorriso ad entrambe, trotterellò verso l’altra stanza.
Armida si accorse che Henry era già pronto, la divisa, i capelli leggermente pettinati –ma non troppo-, la cartella in spalla.. e sua madre non era da meno: vestito elegante, trucco impeccabile e le chiavi della macchina in mano
«Hey, fermi tutti!» la ragazza si stropicciò gli occhi con una mano «Non voglio andare a scuola!»
«Ah no?» Regina ridacchiò. Nonostante i suoi anni, le sembrava di ascoltare Henry poco più che fanciullo alle prese con un capriccio «E cosa vorresti fare, sentiamo?» la trascinò in piedi, le tolse il pigiama di dosso e in pochi istanti le fece infilare il nuovo vestito, allacciandole la cintura in vita. La squadrò non del tutto convinta e le pettinò i capelli con le dita
«Io.. volevo restare con te.» sospirò, abbassando lo sguardo «..Lascia perdere.»
«Armida..» rimase per qualche istante con le labbra socchiuse. Era decisamente difficile capire quella ragazza: un momento era combattiva e portava onore al proprio nome, l’attimo dopo cercava la sua compagnia e quello dopo ancora si mostrava chiusa e inaccessibile.
«Non fa nulla, avrai da fare.. sei la regina, no?» Armida strinse le labbra in una smorfia
«Il sindaco ha molti compiti da sbrigare qui..»
«Così tanti da non potersi occupare dei proprio figli? Non è cambiato proprio nulla dal vecchio regno..» chiuse gli occhi, prese un respiro «Mi dispiace, non volevo.»
«Senti.. è un mondo nuovo e ci sono problemi.»
«Certo, lo so. Sono qui per aiutarti.» tirò le labbra in un sorriso incerto «Ci sono battaglie da superare ogni giorno.. ma insieme riusciremo anche a vincere quella per cui.. sono nata.»
Regina abbassò il capo, sorridendo a sua volta. In quel mondo cercava lieto fine, e negli ultimi tempi non era esattamente la felicità che le riempiva la giornata.. anzi. C’erano sempre problemi, problemi da superare.. ed era sempre stata da sola. Credeva di esserlo. Ma avere Armida.. riavere Armida, le dava una qualche sicurezza.. forse non era proprio destinata a soccombere sempre. Avevano una speranza.
«Cominciamo a superare questo giorno.» la donna aprì la borsetta, porgendo alla ragazza dieci dollari
«Questi cosa sono?» Armida storse la bocca
«Soldi.» rispose l’altra, come fosse la cosa più ovvia del mondo
«E che fine hanno fatto le monete?» la ragazza si rigirò quel pezzo di carta verde tra le dita
«Giusto, le monete.» ridacchiò la donna «Ci sono, ma valgono di meno. Fanne buon uso.»
«Cioè?» Armida era quasi perplessa
«Fatti un giro per la città, ma attenta a non perderti.» Regina si alzò dal divano, facendo cenno alla ragazza di seguirla «Ti voglio a casa per le cinque in punto, ceneremo e avremo tutta la serata per stare.. insieme.»
«Come desideri.» si inchinò in modo teatrale, chiudendo gli occhi e piagandosi molto più del dovuto. Regina sorrise, precedendola verso l'ingresso
«Ma.. è tardissimo!» esclamò subito dopo essersi guardata il polso
«Posso andare a scuola da solo, mamma!» Henry colse subito l'occasione, e chiese di provare a dirigersi all'edificio da solo, per una volta, per la prima, dato che era tardi e molti altri ottimi motivi -o solo scuse-, ai quali la donna cercava di dare poco peso
«Henry, non credo sia una buona idea..»
«Fai tardi in ufficio!» Regina rimase a bocca dischiusa: non aveva scuse, anzi, solo riunioni organizzate di cui le lancette decretavano l'imminente arrivo
«Lo accompagno io!» Armida si offrì subito, prendendo il ragazzino per mano, il quale senza troppe domande, intrecciò le dita con le sue, disegnandosi un sorriso soddisfatto in volto
«Ma non sai la strada!»
«La so io!» Henry esclamò eccitato, sollecitando Regina ad aprire la porta
«D'accordo.» sospirò una volta arresa «Avete vinto, ma solo per questa volta. E state attenti.»
«Sissignora!» Regina reagì con un sospiro divertito all'ennesima presa in giro; aprì la porta, guardò i due affrettare il passo verso il vialetto, il cancello, e via in strada. Regina si accomodò nella sua Mercedes, ingranò la marcia e partì in quarta.. la puntualissima Regina Mills era già in ritardo di dieci minuti abbondanti sulla tabella di marcia.

«Prima o poi ti costringerà a venire con me.» Henry trotterellava al suo fianco, il sorriso dipinto sul volto. Salutava con entusiasmo chiunque gli rivolgesse la parola, presentando subito dopo Armida come "sua sorella", il che la faceva, per un motivo sconosciuto, quasi inorgoglire di essere in qualche modo imparentata con quel piccolo uragano dall'aria furba ed intelligente. Le spiaceva solo che, un giorno, sarebbero stati in fazioni rivali.
«Beh.. ci faremo forza a vicenda.» borbottò lei, per niente entusiasta dell'idea
«Non credo ci metteranno nella stessa classe: sei più grande di me.» e ora cos'era quella storia delle classi? Li avrebbero suddivisi per età? Ma che sottospecie di prigione era mai stata inventata da quei omuncoli evoluti del Maine?
«A che ora esci da quella gabbia? Se vuoi passo a prenderti.»
«Ehm.. no, grazie.» il ragazzino puntò subito lo sguardo per terra. Nascondeva qualcosa e non era bravo a mentire. Armida stinse la mano e Henry protestò rumorosamente «Ci fanno uscire prima, la mamma non lo sa..»
«Vuoi farti un giro per conto tuo, eh?» la ragazza proseguì la sua camminata, guardandolo con un sopracciglio alzato
«Mi.. faccio un giro.. e poi passerò un po' di tempo con Emma..» Henry storse la bocca «Ti prego, non dirglielo.»
«Regina non lo deve sapere?» strinse la bocca «D'accordo piccoletto, tengo le labbra cucite.» dunque si stavano già organizzando. Il Bene stava giù pianificando le mosse, stavano leggendo il libro, stavano trovando i personaggi, stavano formando le schiere.. e lei doveva fingere di non sapere, doveva fingere che fosse tutto a posto. Henry si fidava di lei.. e.. questo le permetteva di lavorare dall'interno. Era perfetto.
«Tieni Henry.» Armida gli allungò la banconota
«Cosa sono?» domandò lui, prendendo i soldi con una certa titubanza
«Soldi!» esclamò l'altra, con la stessa naturalezza con la quale lo aveva fatto sua madre, pochi istanti prima
«Questo lo vedo!» ridacchiò divertito «Intendevo dire, che cosa dovrei farci.» Armida scrollò le spalle
«Non so, comprati qualcosa, uno di quei libretti sottili pieni di figure colorate che ti piacciono tanto. Io non me ne faccio nulla.»
«I fumetti dici? Beh, non sono nulla in confronto del libro..» Henry arrestò il passo e la ragazza fu costretta a fermarsi a sua volta «Potremmo leggerlo stasera.» la sola idea gli illuminava lo sguardo
«Certo.» balbettò «È un'ottima idea.» avrebbe tenuto di nuovo quel libro tra le braccia, avrebbe finalmente letto la storia, per intero. Già riusciva a sentire le pagine che frusciavano sotto le sue dita, l'odore del cuoio insinuarsi nelle narici.
«Però potrebbero servirti, non si sa mai.» il ragazzino si voltò poco prima dell'ingresso
«Non preoccuparti, me la cavo.» Armida lo salutò con la mano ed un caloroso sorriso; si augurarono una buona giornata e si congedarono.
Avevano entrambi progetti, grandi progetti, ognuno per le sue fazioni non ancora formate.

Armida aveva più di otto ore di "libertà", da passare in completo vagabondaggio in una città a lei completamente sconosciuta, o quasi. Scartò l'idea di andare all'ospedale o di tornare nella foresta, probabilmente se l'avesse fatto non sarebbe più tornata indietro; il Granny's! Forse il Granny's poteva essere il luogo perfetto, ma non per otto ore di fila.
La ragazza sospirò gravemente, ritornando sui propri passi, cercando la strada per ritornare in vie a lei familiari. Magari sarebbe rimasta nei dintorni della vecchia libreria, vicino all'orologio, così avrebbe anche osservato quel fantomatico oggetto, che aveva tenuto tutti congelati per ventotto anni, riprendere a far correre le lancette sui dodici simboli.
Passò per il parco, vide da lontano l'oceano, le barche e il porto, attraversò diversi quartieri molto pochi interessanti e, proprio quando pensava di essersi persa, si ritrovò nella strada principale, superò a passo svelto il negozio che portava l'insegna con scritto "Gold" a caratteri cubitali, non era ancora pronta ad incontrare quell'uomo a faccia a faccia, dato che ne era certa: lui ricordava tutto; ogni passante sembrava guardarla come fosse un'aliena.
Henry le aveva parlato di quel fatto dei forestieri e, anche se lei non era tecnicamente una forestiera, tutti la consideravano come tale, dato che non era mai stata vista da nessuno di loro, prima di allora. E se erano in coppia o in gruppo, le dava fastidio vederli borbottare fra di loro, come se lei non potesse vederli, e ancora più rabbia le faceva, sentire che la chiamavano "la figlia perduta del sindaco" e tutte le calunnie e pettegolezzi che ne scaturivano, dei quali però -o fortunatamente per loro- riusciva a carpire solo poche parole qua e là.
Erano al centro dei gossip di StoryBrooke.
C'era da aspettarselo.. infondo, era quello che volevano.
Era ormai passata da tempo, l'ora di pranzo quando si decise, finalmente, di entrare dal Granny's. Non voleva tutta la massa di gente attorno che sparlava di sua madre, ed entrò nel locale solo una volta che constatò che ci fossero poche persone, poche tranquille persone che si facevano gli affari propri, o leggevano il loro giornale sorseggiando indifferenti del caffè scuro.
«Hey chi si vede! Mimì!» Ruby si affacciò dal bancone e la salutò calorosamente
«...M-Mimì?» la ragazza rimase spiazzata e non mosse che un paio di passi incerti oltre la porta, facendo tintinnare le campanelline attaccate ad essa «Io mi chiamo..»
«Mida? Era la mia seconda scelta.» esclamò la cameriera con entusiasmo
«Mida?» come il re? Ma cos'era uno scherzo? «Il mio nome è Armida!» asserì convinta la ragazza, era particolarmente orgogliosa del suo nome, perché quella eccentrica Cappuccetto Rosso stava cercando di cambiarlo?
«Il tuo soprannome, naturalmente!» Ruby le si portò davanti, squadrandola con la testa piegata «Sai.. "Armida" è così.. così..» piegò la teta dall'altro lato «E tu invece sei così.. così..»
«Ruby..?»
«Dida! Sì! Ecco, è perfetto!» la ragazza si emozionò, davanti alla bocca semichiusa dell'altra «Bisogna festeggiare!» Ruby volò al di là del bancone, dopo aver sistemato Armida su uno degli sgabelli vuoti
«Non ti spiace se io continuo a chiamarti Ruby, vero?»
«Oh no! Ma sai.. tu sei così dolce e carina.. quel nome non ti rende giustizia!» esclamò convinta, versando della cioccolata in una tazza grande
«Oh, non sai quanto.» commentò enigmatica l'altra, prendendo a fissare il contenuto fumante che aveva davanti agli occhi «..Io.. però non posso pagarti..»
«E chi paga? Sei mia amica.. questa la offre la casa. Goditi la cioccolata.» la ragazza spolverò il bancone, sorridendo alla nonna che, al sol sentire la parola "offre", le aveva rivolto un'occhiataccia assassina «Io stacco fra poco, ci facciamo un giro?»
«Volentieri.. Ehm. Che ore sono?» Ruby si voltò per guardare l'orologio a led che troneggiava alle sue spalle
«Le quattro.» rispose con naturalezza. Armida prese a guardare quello strano oggetto a sua volta
«Bene.. ho mezz'ora prima che il sergente richiami a rapporto le sue truppe.» ridacchiò
«Poveracci.» sospirò Ruby
«Perché mai?» Armida storse la bocca
«Avere.. lei, come madre.» rabbrividì teatralmente, sgranando gli occhi
«Regina? È molto dolce.»
«Dolce??» Ruby era scandalizzata. La ragazza si riprese dopo alcuni istanti e, dopo essersi slanciata con grazia sul bancone, allungò il dorso della mano destra sulla fronte di Armida. Lei prese a ridere
«Sì, lo è!» confermò con un largo sorriso
«Non è quello che dice il piccolo Henry.»
«Henry è solo un bambino, non può capire tutto.. e, se voi proprio saperlo, mi sembrano molto legati.»
«Ah, questa me la devi raccontare!» Ruby appoggiò i gomiti alla superficie lucida e si prese il viso tra le mani, piegandosi in due, in una posa molto provocante che fece alzare gli occhi al cielo alla signora Lucas
«Hey! Se Regina vuole mantenere la sua reputazione, non sarò certo io a demolirgliela!» la ragazza ridacchiò, svuotando ad abbondanti sorsi la tazza che le stava davanti
«Come vuoi, figlia devota.» la schernì Ruby con le mani alzate, dirigendosi ad uno dei tavolini per prendere nuove ordinazioni «Una di queste sere ti porterò fuori, ti farò ubriacare e vedrai se non ti metti a cantare, mia cara!» Armida ascoltava i progetti di quella stramba ragazza, immaginando la reazione di sua madre alla notizia che “una di quelle sere” sarebbe uscita in cerca di divertimento –chissà di quale tipo- con la provocante cameriera del Granny’s
«Aspetta e spera, cara Rubs.» la ragazza girò sullo sgabello per poter seguire gli spostamenti dell’altra
«Rubs?» alzò un sopracciglio «Mi piace.» si compiacque Cappuccetto «Ma che la stregaccia non s’illuda di poterti tenere rinchiusa per sempre nella torre.»
«Vedremo.» ridacchiò Armida. Se solo fosse stata a conoscenza di quali occupazioni avesse riservato a quella sera, come a tutte quelle a venire, di sicuro non c’era posto per svaghi frivoli o per sparlare dell’inflessibilità del sindaco o dei suoi rapporti con i figli sciagurati. Per di più, per sparlare con uno degli alleati del nemico per eccellenza.
«Armida, cara!» la voce della signora Lucas fece voltare entrambe «Tua madre vuole che tu la raggiunga al municipio.» la donna aveva un’aria confusa, ma riferiva il messaggio come fosse sotto ordine di un ufficiale dell’esercito, con la mano premuta sul ricevitore del telefono fisso
«Ma.. come fa a sapere che sono qui..?» la ragazza guardò Ruby in cerca di chiarimenti; l’altra scollò le spalle, del tutto indifferente
«La tua mammina ha spie ovunque, credevo lo sapessi. Tiene Henry sotto costante sorveglianza.. evidentemente o sta facendo anche con te.»
«Inquietante..» commentò la ragazza a mezza voce
«Assolutamente inquietante.» confermò Ruby, prendendo a spolverare le tazze
«Armida, ti conviene sbrigarti.» la signora Lucas attaccò il telefono.

Le ci vollero parecchi minuti prima di riuscire ad imbroccare la strada giusta per il municipio. Il grande stabile bianco si ergeva alla fine di una piazza come l’ennesimo castello governato da sua madre.. predominava la città e i cittadini.. sì, non era cambiato nulla dal vecchio mondo.
«Regina?» la donna si sentiva a disagio quando la chiamava così, ma si rifiutava, ogni volta, di domandare qualsiasi cosa a riguardo
«Entra.» disse con voce ferma, al di là delle porte a vetri opachi
«Che succede?» la sua domanda voleva essere “che ho combinato?” ma preferì rimanere sul vago
«Abbiamo l’occasione di sbarazzarci della Salvatrice.» dichiarò orgogliosa, indicando alla ragazza di accomodarsi ad una delle due sedie libere, di fronte alla scrivania
«E quale sarebbe?» Armida non era del tutto convinta e la sua voce non nascondeva la sua perplessità. Regina strinse le mani su una cartella, colma di fogli, e la lanciò di fronte alla ragazza, che fermò la sua scivolata sulla scrivania con il palmo della mano
«Hansel e Gretel.» spiegò la donna, mentre Armida faceva scorrere l’occhio su quelle carte «O meglio, Ava e Nicholas. Sono senza genitori e, per legge, siamo costretti a spedirli il qualche casa-famiglia.. non avendone nemmeno uno, di genitore che se li voglia prendere a carico.»
«E in che modo toglierebbe di mezzo la bionda?»
«Qui non ci sono case-famiglia.. non nella città. In quanto sceriffo è tenuta a scortarli personalmente.. fuori da StoryBrooke.» mentre pronunciava quelle parole, scandendo ogni sillaba, faceva crescere un sorriso trionfante sulle labbra
«In quanto Salvatrice lei può andare e venire quando le pare, lo sai questo, vero?» Armida richiuse la cartella con un gesto secco
«Lo so. Ma suppongo che con quei due come passeggeri sia difficile lasciare la città senza incidenti.» la ragazza cominciava a fantasticare su una possibile dipartita di Emma
«Fai una cosa: la sua vita qui è un inferno.. e se avesse l’opportunità di dimenticare tutto questo? Di tornare alla sua vecchia vita?» un sorriso diabolico si disegnò sulle labbra di Armida
«Va’ avanti..» Regina appoggiò un gomito sulla scrivania, prendendo ad ascoltarla con interesse
«Dille che deve portare i due fratelli nella città da cui è venuta. In questo modo, se sta progettando qualcosa, o se ha dubbi nel compiere i tuoi ordini, ossia i suoi doveri, magari non ci rimuginerà troppo sopra.» Armida unì le mani, facendo incrociare le dita, e si disegnò un’espressione soddisfatta in volto
«Potrebbe anche funzionare, sai?» Regina assaporava già la vittoria, facendosi forse troppe illusioni. Ma non le importava: il sapore della vittoria, anche se non certo o sicuro, le inebriava la mente e il condividerlo con sua figlia era ancora più sensazionale.
Stavano collaborando, pianificando, organizzando la loro piccola schiera.. lavorando dall’interno, in silenzio, avrebbero conosciuto tuti i piani avversari, e anche dalle piccole sconfitte che avrebbero subito, avrebbero imparato molto, e non avrebbero ricommessogli stessi errori, in futuro.
«Sei diabolica.» commentò Regina, compiacendosi
«Quasi come te.» Armida sorrise «Sei mia madre, dopotutto. Da qualcuno devo aver preso.»






angolo autrice:
Innanzitutto.. perdonate lo scandaloso ritardo. Troppi impegni, troppi impegni, mi sembra di essere il bianconiglio! Btw, ho diviso il capitolo il due parti ossia 'day' e 'night', per rendere le cose più interessanti e soprattutto.. non rendere questo aggiornamento chilometrico!! Dunque, il famigerato librone in cuoio, lo incontreremo nel prossimo capitolo.
Ringrazio di cuore tutti quanti, chi segue, chi ricorda, chi preferisce, chi legge silenziosamente e soprattutto chi recensisce, GRAZIE!!
Con la speranza che vi sia piaciuto, alla prossima!

   
 
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