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Autore: Padmini    20/01/2013    8 recensioni
Sherlock è un bambino timido che, nonostante la sua buona volontà, non riesce a farsi nessun amico. Forse per il suo carattere introverso, forse perché si annoia con i giochi dei suoi compagni di classe, forse perché è troppo intelligente e saccente, perfino con le maestre. Forse tutte queste cose insieme.
Eppure, da qualche parte, c'è un amico che aspetta solo lui.
AU Child!Sherlock; Teen!John; Child!Moriarty
Genere: Avventura, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Jim Moriarty , John Watson , Sherlock Holmes
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Un capitolo speciale, dedicato alla fiaba della buonanotte per Sherlock. Buonanotte anche a voi e alla prossima.

Mini

 

 

 

 

 

Capitan Sherlock Edmund Talbot e il tesoro di Barafundle Bay

 

 

 

 

 

 

Il mare dei Caraibi era rimasto tranquillo dopo la morte del Corsaro nero, per almeno un paio d'anni. Anche i soldati della regina si erano adagiati sugli allori, credendo che nessuno oltre il vecchio Pirata, avrebbe potuto incutere altrettanto terrore tra le navi mercantili.

Non sapevano che, nell'ombra, stava crescendo un giovane pirata.

Aveva radunato, in gran segreto, una nutrita ciurma costituita da elementi tra i più spaventosi che era riuscito a racimolare tra Tortuga e Port Royal.

Nonostante fosse ancora molto giovane, riusciva ad assoggettare alla sua volontà anche gli uomini più determinati ed esperti. I suoi occhi di ghiaccio sapevano terrorizzare anche il più coraggioso bucaniere e non c'era niente che non fosse disposto a fare per il tesoro. Era coraggioso e si buttava a capofitto in ogni avventura, ma non uccideva se non era costretto.

 

Il suo nome era Sherlock Edmund Talbot, Capitano della 'Silver Blaze'. Il suo scafo, completamente dipinto di vernice argentata, si confondeva con lo splendore del mare sotto la luce della luna e le sue vele nere sparivano nella notte come dei fantasmi. Nessuno la sentiva o la vedeva arrivare, finché non era troppo tardi. Allora la ciurma si lanciava sulle assi della nave di turno, saccheggiava e rientrava. Quasi nessuno si rendeva conto di quello che succedeva, ma quando il trambusto e il vento che la nave misteriosa portavano con sé spariva, si ritrovavano derubati.

 

Sherlock Edmund Talbot era un uomo alto, slanciato, magro ma atletico. Il suo viso era pressoché perfetto, fatta eccezione per una brutta ferita, riportata durante una battaglia, che lo aveva privato dell'occhio sinistro, elegantemente coperta da una benda di seta nera. Anche il suo abbigliamento denotava stile e gusto per le cose belle. Indossava sempre abiti scuri, di tessuti preziosi, cuciti dai migliori sarti dei sette mari appositamente per lui.

La sua abilità nel comando aveva permesso a lui e alla sua ciurma di accumulare una ricchezza a stento immaginabile, che custodivano in un luogo segreto, conosciuto solo da lui stesso e dal suo primo ufficiale.

 

Primo ufficiale della Silver Blaze era James Moriarty, uomo intelligente e riservato, sulla cui fedeltà Sherlock non aveva mai dubitato. Lo aiutava a prendere le decisioni importanti e spesso sembrava che gli leggesse nel pensiero, precedendolo nel dare ordini alla ciurma o consigliandolo sulla rotta da tenere.

 

Il cecchino, arruolato da Moriarty stesso, era Sebastian Moran. Un ex soldato della Marina, cacciato con disonore per aver aiutato un pirata in difficoltà. Era un abile tiratore, capace di annientare una nave nemica con un solo colpo.

 

La ciurma era composta da elementi di prim'ordine. Uomini forti, coraggiosi e intuitivi, enormemente legati al loro capitano. Nessuno di loro si tirava indietro sia che si dovesse arrembare una nave o per lucidare il legno del ponte. Erano orgogliosi di servire un così bravo capitano ed erano altrettanto fieri della loro nave. Niente poteva fermarli.

Ciò che gli piaceva di più, però, era John. John Hamish Watson era l'ultimo arrivato. Un giovane mozzo trovato dal capitano in un'isola deserta dopo il naufragio della nave su cui stava viaggiando. Per correttezza nei confronti della ciurma non avrebbe potuto promuoverlo subito, anche se avrebbe voluto farlo.

Quel giovane così spontaneo e sincero lo aveva conquistato subito, così come aveva conquistato anche il resto della ciurma. Diceva sempre la verità e non parlava mai alle spalle di nessuno, ma c'era anche altro che aveva fatto innamorare tutti di lui.

Le sue storie.

Raccontava storie di fate, di cavalieri e draghi, di maghi e incantesimi, di principesse da salvare o di strani omini buffi. Tutti rimanevano incantati ad ascoltarlo mentre,solo con le sue parole, era capace di creare mondi da fiaba.

Questi paesaggi, che dimoravano perennemente nella sua testa, venivano tessuti nelle lunghe ore di pulizia, quando stava chino sui fornelli o sui piatti da lavare. Sapeva che erano lavori umili, ma a lui piaceva tantissimo quella nave. La considerava un gioiello prezioso e come tale le curava.

 

 

 

Così, tra un arrembaggio e l'altro, la vita proseguiva senza strappi, avventurosa ma, tutto sommato, noiosa. Il Capitano era sempre più inquieto. Tutto andava troppo bene. Il tesoro cresceva a vista d'occhio e ormai nemmeno lui sapeva a quanto ammontava. Un tesoro invidiabile.

Tutti i pirati covavano il sogno segreto di potersene impossessare, ma era chiaro che era impossibile.

Dobloni, corone, diademi, diamanti, rubini e smeraldi e gioielli di ogni tipo arricchivano quel bottino, frutto di mille rapine.

John era orgogliosissimo della nave, ma ancora più felice di poter seguire il suo Capitano. Lo coccolava, lo viziava e lo serviva come meglio poteva ma, soprattutto, vegliava su di lui. Non che avesse mai corso dei pericoli seri. In battaglia era praticamente invincibile e nessuno osava avvicinarsi a lui per fargli del male, ma John aveva paura che qualcuno, all'interno della ciurma, potesse tramare contro di lui. Non per insoddisfazione, questo mai! Capitan Sherlock era severo sì, ma anche estremamente leale e giusto con i suoi sottoposti. Non puniva nessuno a meno che non fosse costretto e anche in quel caso cercava di far comprendere gli errori, piuttosto che spaventare. Questa condotta lo aveva reso celebre e benvoluto, tanto che nessuno tra i suoi avrebbe mai pensato ad un ammutinamento.

Da qualche tempo, però, aveva cominciato a tenere d'occhio il primo ufficiale, Moriarty. Ogni sera si appartava con il cecchino e insieme parlavano a lungo, ma appena sentivano un rumore smettevano e si allontanavano come se niente fosse. Tutto ciò era alquanto sospetto.

 

Il fatto avvenne una sera estiva.

John aveva personalmente preparato la cena al suo Capitano e, come ogni sera, stava per portargliela. L'aveva già messa nella ciotola e coperta con una cupola di metallo per proteggerla dal freddo della sera, quando qualcuno venne a chiamarlo, dicendogli che lo stavano aspettando sul ponte. Corse più velocemente che poté per non far aspettare il Capitano, ma non c'era nessuno ad aspettarlo. Tornò quindi in cucina, scocciato per quello scherzo, e prese al volo il vassoio con la cena. Tenendo il tutto con straordinario equilibrio, uscì dalla cucina cantando e danzando per andare nella cabina di Sherlock.

Il capitano stava consultando delle carte nautiche e non lo sentì entrare.

Capitano” disse John, per attirare la sua attenzione “Le ho portato il pasto”

Capitan Sherlock non alzò nemmeno lo sguardo e fece un breve cenno con la mano e gli indicò il tavolo ingombro di carte. John sospirò. Certamente non l'avrebbe aiutato a creare uno spazio per il vassoio, così si rassegnò ad arrangiarsi.

Con una serie di movimenti che avrebbero fatto invidia ad un equilibrista, riuscì a scostare i documenti quel tanto che bastava per poter appoggiare la cena. Capitan Sherlock sembrò non notare la cosa.

Non mangia, capitano?”

Sherlock in risposta agitò una mano e John capì che avrebbe mangiato, ma che molto probabilmente la sua cena nel frattempo si sarebbe raffreddata. Sospirò e decise di lasciar perdere. Sollevò il coperchio dal piatto della zuppa, sperando che l'odore invogliasse il Capitano, ma storse subito il naso. Un strano odore raggiunse le sue narici. Non era il solito odore della sua zuppa. Forse qualcosa era andato storto mentre la cucinava? Si era bruciata mentre era uscito quei pochi minuti dalla cucina? Non poteva permettere che il Capitano mangiasse qualcosa di non degno del suo palato.

Capitano ...”

Sherlock si girò di scatto.

Ho capito, Watson. La ringrazio per la cena, ma ora si eclissi. Vada via!” rispose lui, indicando con un gesto perentorio la porta, così John si rassegnò e uscì a capo chino.

 

 

 

Il mattino seguente si svegliò di buon'ora. Sapeva che Sherlock non voleva che lo si disturbasse dopo cena, così andava a ritirare i piatti sporchi solo quando doveva sostituirli con quelli della colazione. Quel giorno, però, non fece nemmeno in tempo a mettere l'acqua del tè sul fuoco.

Appena uscito dalla sua cabina, fu sorpreso di vedere una insolita agitazione a bordo. Tutti erano fermi davanti alla cabina del capitano. Sentì mormorare le parole 'morto' e 'avvelenato'.

Il sangue gli si gelò nelle vene e stava quasi per svenire, quando vide il suo capitano uscire vivo e vegeto dalla cabina, ma con uno sguardo cupo.

Cos'è successo” chiese a Anderson, un altro membro della ciurma.

Powers è morto” rispose lui, senza staccare gli occhi stupidi dalla soglia della cabina del capitano “Sembra che sia stato avvelenato”

Powers?” domandò John, sconvolto “Carl Powers?”

Anderson annuì e John si sentì incredibilmente triste. Carl Powers era entrato nella ciurma poco prima di lui e l'aveva aiutato e guidato, facendogli da fratello maggiore. Gli sembrava impossibile che fosse morto.

Com'è accaduto?”

Anderson aprì la bocca per parlare, ma fu Moriarty a rispondere per lui.

Quel veleno non era destinato a Powers” disse, guardandosi in giro per assicurarsi che tutti ascoltassero “Il giovane Carl aveva procurato al Capitano delle carte a lui fondamentali e per questo era entrato nella sua cabina. Il nostro generoso Capitano, vedendolo affamato e ingolosito dalla sua cena, gliela offrì. Il veleno era nella zuppa destinata al Capitano e solo una persona avrebbe potuto mettercelo”

Fece una pausa drammatica e tutti trattennero il fiato. Si guardò nuovamente attorno, soddisfatto del clima di aspettativa che aveva creato, poi puntò il responsabile con un dito accusatore.

John Watson, il cuoco!”

Si levarono fischi e improperi da tutte le parti, mentre John arrossiva come un pomodoro. Si sentiva le gambe molli. Com'era possibile che il primo ufficiale sospettasse di lui? Indietreggiò. Sapeva cosa lo aspettava. Gli ammutinati avevano un triste destino e, a meno che qualcuno non lo aiutasse, un bel tuffo non glielo toglieva nessuno. Stava quasi per rassegnarsi a morire nelle profondità dell'oceano, quando una voce si levò sopra gli insulti, facendoli tacere all'istante.

Era il Capitano.

Non credo, James” disse avanzando regalmente tra la ciurma “Il giovane John non è responsabile di questo attentato”

Lo guardò dall'alto al basso, esaminando la sua reazione.

Non ha l'aspetto di un assassino colto sul fatto, inoltre è fin troppo ovvia la sua implicazione. Se avesse veramente voluto uccidermi, non avrebbe avvelenato il mio cibo, avrebbe escogitato un altro espediente. Inoltre ci sono altre prove a suo favore”

Tutti ascoltavano Capitan Sherlock in religioso silenzio. L'uomo passeggiava tranquillamente su e giù per il ponte, perfettamente a suo agio, con le mani incrociate dietro la schiena.

La mia cena arrivò con un ritardo di ben quattro minuti. Solitamente John è molto puntuale. Lo vidi uscire dalla cucina di corsa, come se fosse in ritardo per un appuntamento e dopo pochi istanti uscì un altro uomo, che si diresse verso una parte della nave sulla quale non avrebbe dovuto provare nessun interesse.

Quando poi John, nella mia cabina sollevò il coperchio perché l'odore mi invogliasse a mangiare, ma con la coda dell'occhio lo vidi storcere il naso. C'era qualcosa che non andava in quella zuppa ed era evidente che lui non ne conoscesse la natura. Pensai subito a qualche pisello bruciato e non ci feci più caso. Stavo per mangiare, quando arrivò il giovane Powers. Io avrei mangiato solo per non dispiacere il caro John, ma quando vidi Carl così affamato non esitai a dargli la mia cena.

Mi fu subito evidente che il misterioso messaggero aveva creato un diversivo per allontanare il cuoco dalla cucina e mettere il veleno nella mia zuppa, per poi recarsi dal suo committente per ricevere la paga per il lavoro svolto”

Tutti i presenti avevano cominciato a guardarsi l'uno con l'altro. Chi era dunque il traditore? Tutti erano in preda al panico. Tutti tranne due persone. Sherlock, ignorando i sussurri e i mormorii, proseguì.

L'uomo misterioso non era altri che il cecchino, Sebastian Moran, che stava recandosi dal suo committente, il mio non molto fedele primo ufficiale James Moriarty”

Non aveva pronunciato quelle parole con solennità, ma come una semplice constatazione. I colpevoli sbiancarono e, compreso che non avrebbero avuto scampo, decisero di tentare il tutto per tutto.

Sebastian, uccidi il capitano!” gridò il primo ufficiale, gridando e agitando le mani come un pazzo.

Il cecchino estrasse la sua fedele pistola e la puntò al petto di Capitan Sherlock, ma John fu più veloce. Estrasse un'altra pistola dal fodero di un marinaio al suo fianco e sparò alla mano del cecchino. La pistola che stava per uccidere il capitano volò via e andò a scivolare sulle assi del ponte. Ormai era finita. Moriarty era disarmato e Moran era ormai fuori combattimento.

Lestrade!” chiamò Capitan Sherlock “Ammanetti Moran e Moriarty e li porti in cella. Li abbandoneremo alla prima isola utile.

Il marinaio annuì e, aiutato da Anderson, portò via i due traditori, furenti per l'ira. Capitan Sherlock li osservò allontanarsi per qualche istante, poi sorrise soddisfatto.

Ottimo lavoro, Watson” disse rivolto al cuoco “Mi dispiacerà non poter più gustare le sue zuppe” aggiunse allargando il sorriso.

John rimase interdetto per qualche istante, spaventato. Voleva forse cacciarlo per un crimine che non aveva commesso?

Ma … Capitano ...”

Mi chiami pure Sherlock, John” lo interruppe lui, alzando la mano e trattenendo una risata.

Non penso che sia consono ad un primo ufficiale preparare zuppe di piselli”

Si interruppe per dare sfogo ad una risata e osservare la reazione stupita di John.

Ha capito bene, John Hamish Watson. D'ora in poi lei sarà il mio primo ufficiale e mi chiamerà per nome. Le sta bene … John?”

Lo stupore aveva preso il posto della paura, ma John restò ugualmente ammutolito.

Non faccia quel viso!” lo rimproverò scherzosamente il Capitano “Il primo ufficiale ha anche il compito di proteggere il suo capitano e non penso che possa esserci qualcuno più qualificato di lei”

Finalmente John riuscì a respirare normalmente e sorrise.

La ringrazio Cap … Sherlock”

Sherlock annuì soddisfatto e lo cinse per una spalla con un braccio.

Qual'è la nostra prossima meta, Sherlock?” gli chiese, mentre si avviavano verso la cabina di comando”

Prima di tutto accompagneremo quei due signori a Port Royal” disse Sherlock accennando ai due ammutinati “Sono certo che la Marina sarà lieta di ricevere un pacco dono. Poi … poi ci aspetta … il tesoro!!”

 

 

 

Come deciso, lasciarono i due ammutinati nelle mani della marina e si dileguarono prima di essere presi. Poi si diressero nuovamente verso il mare aperto, verso l'isola del tesoro.

Con i suoi nuovi abiti da primo ufficiale, John si sentiva forte e potente come mai in vita sua.

Sherlock, come ormai si era abituato a chiamarlo, sorrideva al suo fianco, lo sguardo puntato verso l'oceano.

Barafundle Bay ” disse in un sussurro “Il tesoro si trova a Barafundle Bay” *

John annuì, ascoltando con attenzione.

Approderemo in un'isola qualsiasi dell'arcipelago dei Fantasmi, poi solo noi due prenderemo una scialuppa e ci recheremo alla spiaggia”

Ha intenzione di assaltare un'altra nave?” domandò John, chiedendosi perché Sherlock volesse portarlo lì”

Il Capitano scosse la testa.

No, John, ma non si sa mai. Per ora dovrai solo sapere dove si trova il tesoro. Il problema è che anche Moriarty lo sa, ma so già come rimediare”

Dovremo spostare il tesoro?” domandò John, spaventato. Non lo aveva mai visto, ma sapeva bene che sarebbe stato un lavoraccio e, dal momento che solo loro due avrebbero dovuto farlo per questioni di segretezza, la cosa lo atterrì ancora di più.

No, non lo sposteremo” lo rassicurò Sherlock “Questo è proprio ciò che Moriarty si aspetta. Creeremo invece una mappa nuova, facendogli credere di averlo spostato. Non sospetterà mai che invece resterà al suo posto. In ogni modo, non potrà più tornare lì, nemmeno se volesse”

John non capì quelle parole. Se Moriarty conosceva il luogo dove era nascosto il tesoro, una volta capito l'inghippo della mappa falsa ci avrebbe fatto ritorno, ma Sherlock sembrava fiducioso, così lo seguì.

 

 

 

Nel giro di due settimane raggiunsero l'arcipelago dei Fantasmi. Approdarono in una verdeggiante isoletta e, mentre la ciurma si riposava al sole della spiaggia, loro due presero una scialuppa e si addentrarono tra gli isolotti che formavano l'arcipelago.

John sapeva che il tesoro era immenso. Se l'era figurato mille volte nei suoi sogni ad occhi aperti, così rimase deluso quando vide dove lo stava conducendo Sherlock.

Era un'isoletta minuscola, tanto piccola da poterla abbracciare tutta con un solo sguardo. Proprio al centro c'era un ammasso di rocce con un'apertura che la faceva assomigliare ad una caverna.

Sherlock approdò in quella minuscola spiaggia e saltò giù.

Ma … ma ...” protestò John scendendo a sua volta e guardandosi in giro “Quest'isola è minuscola! Come può contenere un tesoro tanto grande?”

Sherlock sorrise e si girò verso di lui per guardarlo negli occhi.

Poco fa ti ho detto che Moriarty non potrà più tornare qui, nemmeno se vorrà. Potrà raggiungere la spiaggia, ma non riuscirà mai ad accedere al tesoro”

John continuava a non capire, così Sherlock proseguì.

Questa caverna” disse indicando con un gesto l'ammasso di rocce “è il mio cuore”

La rivelazione sorprese John, ma non disse nulla, lasciando che Sherlock continuasse a spiegare.

Solo chi è nel mio cuore può accedervi e vedere ciò che contiene” spiegò avvicinandosi a John “Fino a poco fa James era nel mio cuore, ma da quando cominciai a sospettare di lui, lo cacciai. Lui lo sentì e decise di tentare il tutto per tutto con quell'avvelenamento. Non sapeva che, uccidendomi, avrebbe perso anche il tesoro”

Vedendo la faccia sgomenta del suo nuovo primo ufficiale, si affrettò a continuare.

Tanti anni fa una strega mi fece un incantesimo. Disse che il mio era un cuore immenso e che avrebbe potuto ospitare il più grande tesoro mai visto in tutti i Sette Mari. Così lo trasformò in una caverna senza fine. Questa caverna.” disse indicandola “Ora tu, John, sei nel mio cuore e puoi accedere anche al tesoro. Bada bene, non è solo oro e argento. C'è di più”

Si avvicinò ulteriormente a John, che era arrossito come un pomodoro.

Ho nascosto negli anni i bottini di mille arrembaggi, ma la cosa più preziosa è il mio amore, e solo chi ne è degno può goderne. Tu, John, sei degno”

John riprese un colorito normale e abbracciò il suo Capitano, felice per quella dichiarazione inaspettata.

Anch'io le voglio bene, Sherlock!” gridò, abbracciandolo “Le voglio bene come non ho mai voluto bene a nessun altro e voglio proteggerla!”

Sherlock si era irrigidito a quel contatto così diretto, ma presto si lasciò andare all'abbraccio e lo ricambiò.

Vuole vedere il tesoro?” gli chiese, con un sorriso più luminoso di un diamante.

Entrarono insieme nella caverna e John rimase letteralmente a bocca aperta.

Davanti ai suoi occhi si aprivano valli e boschi e, ben disposto su un prato, un immenso tesoro fatto di ori, argenti, pietre preziose e gioielli dal valore incalcolabile. L'aria era calda e piacevolmente rilassante. John si sentiva come cullato da un amore intenso e profondo, un legame che lo avrebbe unito al suo Capitano per sempre …

 

 

 

 

 

 

 

John si fermò di colpo. Sherlock aveva ormai chiuso gli occhi e anche il suo respiro si era fatto più profondo e regolare. Stava dormendo. Si avvicinò al viso del bimbo con discrezione e lo osservò a lungo. Quel legame era vero, così come era vero che il cuore di quel bambino era immenso e pieno di tesori da scoprire. Lo baciò lievemente sulla fronte e sussurrò.

“Buonanotte, mio Capitano”

Si alzò facendo attenzione a non svegliarlo e si avviò verso la porta, non prima di aver spento la luce del comodino. Anche al buio riusciva a intuire il corpicino del suo bimbo preferito. Sorrise al buio e chiuse la porta alle sue spalle.

 

 

 

 

 

 

 

 

*Il nome è solo indicativo, non è la vera Barafundle Bay.

   
 
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