Capitolo
5: Ti voglio bene.
«Ma
che stai
facendo!?! È tutto sbagliato! Ma l’hai letto
sì o no il progetto? Ho dato
ordini precisi! Dovete eseguire tutto nei minimi dettagli!»
Era
ormai una
settimana che andava avanti così. Tutto il castello si era
mobilitato per la
preparazione del grande evento che li attendeva e pur essendo ormai
giunti al
tanto atteso giorno non era ancora tutto al suo posto, cosa che faceva
alterare
e irritare alquanto la principessa.
«Lady,
si calmi.
Lo sta spaventando a morte, non vede? Cosa è
successo?»
«Len,
meno male
che sei arrivato! Qui nessuno capisce niente!»
«Non
dica così.
Mi spieghi piuttosto cosa è successo.»
«Questo
qui»
disse indicando il povero servo intimorito e successivamente le rose
che
decoravano il salone «ha decorato il salone con delle rose
appassite, quando
avevo esplicitamente ordinato di usare rose fresche!»
«Secondo
me sta
esagerando milady. A me non sembrano affatto appassite e anche se cade
qualche
petalo non credo che sia una tragedia. Anzi, credo che agli invitati
piacerà
danzare sotto una pioggia di profumati petali dorati, non crede anche
lei? Non
si ricorda quanto le era piaciuto il mio trucchetto al nostro primo
incontro?»
«Secondo
incontro.»
«Primo.
Quello a
cui allude lei non può essere considerato come incontro,
dato che io non l’ho
nemmeno vista.»
«Io
però ho
visto te, quindi è stato quello il nostro primo
incontro.»
«Non
credo
proprio. Un incontro è basato sul principio di due persone
che si vedono, non
di una che vede un’altra ad insaputa di
quest’ultima.»
«Quanto
sei
petulante.»
«La
ringrazio
per il complimento.»
«Prego.
Comunque
ricordo ciò che è successo al nostro primo
incontro e devo ammettere, mio malgrado, che hai ragione. Allora tu,
continua a
lavorare, c’è ancora molto da fare e non puoi
permetterti di poltrire oltre.»
Il servo si dileguò, lanciando ai due uno sguardo molto
confuso e perplesso,
ricevendo in risposta un sorriso da parte di Len che lo invitava a non
farsi
troppe domande.
«Allora,
è più
calma adesso?»
«Ma
io sono
sempre calma! In particolare se ci sei tu» disse la
principessa sorridendo. In
effetti Len era l’unico in grado di calmarla, di farla
rilassare quando era
nervosa e di conseguenza sfogava le sue ire sulla servitù.
«Mhh,
avrei
qualche dubbio a proposito.»
«Impertinente
come al solito.»
«È
la mia
qualità migliore miss, quella che mi ha permesso di essere
al suo fianco oggi.
Non è per questo che mi ha assunto?»
«Assolutamente
no. È stato più per curiosità, per
scoprire tutti i tuoi segreti, per vedere
fino a che punto saresti stato disposto ad arrivare per me.»
«E
le sue
aspettative sono state soddisfatte?»
«Per
mio
dispiacere non ancora. O forse per fortuna. Comunque immagino che tu
non abbia
ancora voglia di rivelarmi i tuoi segreti, giusto?»
«Ha
perfettamente ragione miss. Diciamo che la considero come
un’assicurazione per
il mio lavoro: credo di aver capito che non mi lascerà
andare fino a quando non
saprà tutto ciò che c’è da
sapere su di me.»
«Che
cattivo che
sei Len! Non è mica per questo che ti tengo al mio fianco.
Se fosse stato per
quello a quest’ora ti avrei fatto sputare fuori tutti i tuoi
segreti con la
tortura, invece eccoti qui, ancora sano e salvo. È
perché ti voglio bene che
sei al mio fianco.»
«Anch’io
sono
molto onorato di essere al suo fianco, non potrei chiedere di
meglio.»
«Uffa
Len! Per
una volta abbandona tutte queste formalità e dimmi
chiaramente che mi vuoi
bene! Tanto lo so che è così! Su dai,
è la principessa in persona ad
ordinartelo! Non essere timido!»
«D’accordo
lady.
Come desidera» e si avvicinò a lei, abbracciandola
e sussurrandole all’orecchio
« Rin, ti voglio be-» non odiò mai
così tanto i servi come in quel momento. Due
di loro, distratti forse da quella strana scena d’affetto, si
erano scontrati
facendo cadere a terra i piatti che portavano, facendo un tale caos da
interrompere quel momento che tanto aspettava con Rin. Pian piano si
girò verso
i servi, con sguardo glaciale. Sapeva che al suo fianco anche la
principessa
aveva lo stesso sguardo. Chiunque li avesse visti in quel momento
avrebbe potuto
giurare che nei loro occhi si poteva vedere l’immagine
vivente del male, delle
rabbia, del terrore. Coloro che avevano assistito alla scena, coloro
che
avevano provocato la rabbia dei due gemelli, in quel momento pensarono
che la
morte si sarebbe abbattuta su tutti loro. E così sarebbe
stato se Len non fosse
stato in grado di calmarsi e mettere da parte la rabbia, almeno in
parte.
«Voi
due,
alzatevi, in fretta!» disse in tono perentorio ai due servi
tremanti ancora a
terra.
«La
preghiamo
principessa, ci perdoni! Oggi è un giorno speciale per lei,
in nessun modo
vogliamo rovinarglielo, quindi la prego, ci perdoni e lasci sistemare
tutto a
noi!»
Rin
era
stranamente calma. Doveva essere a causa della festa, o della semplice
vicinanza di Len, ma sembrava che non avesse la minima intenzione di
rovinare
tutto per un incidente.
«Non
preoccupatevi. Esattamente come avete appena detto oggi è un
giorno speciale
per me, e per nulla al mondo voglio che qualcosa rovini la giornata.
Muovetevi
a riparare al danno che avete commesso.»
«La
ringraziamo
principessa! Non sa quanto le siamo grati! Faremo di tutto per rendere
questa
giornata splendida per lei, principessa Sharin!»
Nella
sala cadde
un silenzio di tomba. Il servo che per tutto quel tempo era stato
portavoce
dell’incidete causato da lui e dal suo compagno
diventò ancora più pallido
rispetto a prima.
«M-mi
scusi
principessa Rin, non era mia intenzione! Non stavo pensando a quello
che
dicevo, le giuro che non era mia intenzione! La prego di cre-»
«Taci,
verme!»
La frase pronunciata all’unisolo dai due gemelli
risuonò nella sala ancora in
preda ad un silenzio spettrale. Lo sguardo di Len era in grado di far
gelare il
sangue, quello di Rin era solo pieno d’angoscia. La
principessa si lasciò
cadere a terra e mentre i suoi occhi si spalancavano per il terrore
tutto il
suo corpo era scosso a causa della crisi di pianto che
l’aveva colta.
«Ora»
disse Len con
voce calma, lenta, ma al contempo piena di disprezzo e rabbia, una voce
che
prometteva solo un futuro molto oscuro per colui che ascoltava
«tu non ce l’hai
un pugnale, vero? Tieni, ti presterò il mio, però
non sporcarlo troppo, intesi?»
La voce di Len, carica di minacce, rimbombava nella sala. Il tutto era
reso
ancora più agghiacciante dal volto calmo, sereno e
sorridente di Len, in netto
contrasto con la sua voce.
«Come?»
«Forza,
prendi!
Non ti farò niente, promesso.» disse sorridendo ed
inclinando la testa di lato.
«C-cosa
vuole
che faccia signorino Len?» Che ridere che gli faceva! Quando
era arrabbiato
tutti cominciavano a comportarsi con lui come se fosse un principe,
come se
sapessero chi fosse davvero, ma nessuno di loro aveva ancora capito che
non
serviva a niente con lui. Era il male fatto persona, non poteva
negarlo: nelle
loro vene, nella vene del casato Kagamine, scorreva sangue malvagio.
Pur
facendo di tutto per tenere nascosto quel lato di sé Len non
poteva resistere
quando si trattava di sua sorella.
«Non
preoccuparti, tu non dovrai fare niente.» disse con un
sorriso glaciale,
prendendo la mano del servo che stringeva il prezioso pugnale con
l’intrico di
spine e rose inciso sull’impugnatura che la giovane serva del
Regno del Verde
aveva regalato a Len. Con un movimento fulmineo colpì con la
lama affilata la
mano sinistra dell’altro servo, tranciandogli di netto il
mignolo e parte
dell’anulare. Quest’ultimo cominciò a
gridare in preda al dolore, tra gli
sguardi pieni di paura del resto della servitù.
«Ottimo,
taglia
davvero bene! Grazie per avermi dato la possibilità di
provarlo!» disse Len al
servo, come se niente fosse, come se non avesse appena amputato le dita
di una
persona.
«E
ora tocca a
te» mormorò rivolgendosi al servo ancora
dolorante, sfilando il pugnale
insanguinato dalla mano del servo che aveva parlato troppo.
«Mi
raccomando,
sii rapido, come lo sono stato io con te, altrimenti
soffrirà il doppio.»
«Cosa
dovrei
f-fare?»
«Ovvio
no?
Tagliare la lingua a questo verme. E veloce, bisogna ancora finire di
sistemare
gli ultimi dettagli e pulire il disastro che avete
combinato.» Sorrideva Len
mentre pronunciava queste parole, come se stesse spiegando le regole di
un
gioco ad un bambino.
«No!
Non potrei
mai, come faccio a-»
«La
prego, mi
risparmi! Non era mia intenzione, glielo giuro! So che non avrei
dovuto, che
dovevo prestare più attenzione a ciò che dicevo,
ma la prego di perdonarmi! Non
accadrà mai più, quindi la prego!»
«Basta
con
queste scuse! Sapete tutti che quel nome è tabù
all’interno di questo castello,
anzi, ovunque le orecchie della principessa possano udirlo, quindi non
hai
scusanti! Ringrazia che al posto della lingua non ti faccio tagliare le
mani o
peggio ancora non mando al rogo la tua famiglia! Hai due figlie piccole
vero?
Loro magari potrei darle in mano a qualche mercante pervertito e far
torturare
a morte tua moglie, devo ancora decidere…»
Ciò che faceva più paura è che ci
pensò veramente. Alzò per un attimo lo sguardo al
cielo e assunse una faccia
pensierosa. «Meglio di no, ci vorrebbe troppo tempo e
già ne abbiamo sprecato a
sufficienza. Quindi muoviti, altrimenti me ne frego e mando qualcuno a
prenderle!» gridò con tutta la rabbia che aveva in
corpo. Non poteva passarla
liscia quel servo, doveva pagarla per aver fatto piombare la
principessa nella
disperazione.
«La
prego, no!»
«MUOVITI!»
gridò
in preda ad una rabbia cieca.
I
due servi si
guardarono in preda alla disperazione, consci del fatto che non poteva
essere
altrimenti, che non potevano opporsi.
«P-perdonami,
è
tutta colpa mia…»
«Niente
lagne!
Queste scenette risparmiatevele per dopo, mi sto stufando!»
Len si avventò sul
servo che ben presto non avrebbe avuto più niente da dire e
con forza gli aprì
la bocca e gli prese la lingua. «Visto? Non è
difficile, ti do una mano io.» E
con gli occhi pieni di disperazione e terrore, e un’ ultima
scusa mormorata con
un fil di voce, il servo senza dita tagliò via la lingua
all’altro servo. Quest’ultimo
emise un grido di puro dolore prima di svenire tra le braccia di Len.
«Visto
che non
era difficile? Ora muoviti a portare via questo qui e a pulire, fatti
aiutare
da qualcuno, così potete riprendere i vostri compiti al
più presto. Al lavoro!»
disse alla fine, voltandosi verso la principessa e allontanandosi con
lei,
dando le spalle alla servitù che malgrado tutto aveva
ripreso con i preparativi
della festa.
«Lady,
come si
sente?» Durante il tragitto fino alla sua camera la
principessa non aveva detto
una parola, si era limitata a camminare e a piangere senza emettere un
suono,
facendo solo scendere calde lacrime dai suoi grandi occhi color mare.
«La
prego miss,
deve riprendersi. Non può continuare
così.» Sapeva che serviva qualcosa di
più
per farla riprendere. Erano chiusi nella sua stanza già da
un po’ ma la principessa
non si era ancora ripresa. A nulla serviva ricordarle che giorno era e
la festa
che la aspettava quella sera. Len cominciava a perdere le speranze, non
era mai
capitato che la sorella piombasse in un tale stato.
D’improvviso gli venne in
mente l’unico modo per farla reagire, l’unica cosa
che forse l’avrebbe fatta
sorridere.
«Devi
reagire,
Rin!» le gridò, stringendola il più
forte possibile a lui. Non le aveva mai
parlato così, non le aveva mai dato del tu, ma in quel
momento non era il
fedele servo della principessa, ma solo Len, il gemello di Rin.
«Tu sei Rin,
non Sharin! Devi dimenticare quel nome, è morto esattamente
come colui che lo
pronunciava! Non devi più pensare al passato, ormai
è morto Rin, tuo padre è
morto, per mano mia, lo sai! Quando ho messo fine alla sua vita,
l’ho fatto per
mettere fine al suo regno di terrore nei tuoi confronti! Con lui
è morto tutto
ciò che poteva farti del male! Tu non sei Sharin, non lo
sei! Sharin era tua
madre, la regina!»
Sharin
Lily
Kagamine, questo era il nome completo della regina. Ovviamente il
cognome
l’aveva preso dal matrimonio con il re Lennard Leon Kagamine.
Era stata la
regina a scegliere i nomi per i figli come da tradizione:
così la figlia prese
il primo nome della madre, Sharin, e il figlio prese il nome Allen,
nome del
fratello defunto della regina. Il re aveva acconsentito alla scelta ed
aveva
deciso di dare come secondo nome un nome che contenesse parte dei loro,
in modo
opposto però: così Lenka per Sharin, prendendo il
“len” di Lennard, e Rinto per
Allen, prendendo il “rin” di Sharin. In questo modo
voleva che anche dai nomi
si capisse che tutti e quattro erano legati e uniti in modo
indissolubile.
Il
risultato
erano stati Sharin Lenka e Allen Rinto Kagamine. Forse suonavano un
po’ strani,
ma i regnanti Kagamine erano felici della loro scelta ed ovviamente
nessuno
aveva avuto il minimo desiderio di contraddirli, non per paura, ma per
il
semplice fatto che era giusto che fossero i genitori a scegliere i nomi
dei
figli. In seguito erano stati i gemelli stessi a chiamarsi con i
diminutivi Rin
e Len, soprannomi che sarebbero passati alla storia più dei
loro nomi completi.
«Non
importa
cosa dicesse il re! So cosa ti faceva, e so che era così che
ti chiamava quando
ti faceva quelle cose, ma è successo tempo fa, non devi
più pensarci! Devi solo
pensare ad adesso, devi pensare al tuo regno, devi pensare a me! Ora ci
sono io
a proteggerti e nessuno, nessuno potrà mai farti del male,
mai più! Ti
proteggerò per sempre, non devi preoccuparti più
di niente! La prego
principessa, torni a sorride come sempre, quel gran sorriso che
illumina il suo
volto come se fosse il sole. La prego di non far più
riempire i suoi occhi di
lacrime.»
Lei
ora lo
guardava incantata. Mai nessuno le aveva parlato così,
né i servi che la
seguivano sin da piccola, né quelle che in teoria erano
definite sue amiche, né
tanto meno il padre, che quando la toccava era o per picchiarla o per
essere
fin troppo affettuoso. Lo guardava con occhi che, sebbene ricolmi di
lacrime,
esprimevano una gioia indicibile. Gli saltò al collo e
ricominciò a piangere. Questa
volta piangeva per sfogarsi, per liberarsi di tutta la rabbia e la
disperazione
accumulata negli anni. Lui la lasciò fare, accarezzandole la
schiena,
sussurrandole parole dolci mentre lei pian piano si sfogava e calmava.
«Allora,
si è
calmata adesso?» le chiese guardandola con enorme dolcezza.
«Sì,
grazie Len.
Per tutto. Per essermi sempre accanto, per sostenermi, per consolarmi,
per
sgridarmi e per fare ciò che io non sono in grado. Io ti
devo tutto, non so
come farei senza di te.»
«Per
me è
davvero un onore poter essere sempre al suo fianco. Comunque ho
un’idea per
farla riprendere al meglio.»
«Davvero?
E
quale sarebbe?»
«Ho
intenzione
di portarla in città. So che è ciò che
ha sempre desiderato, così ho pensato di
fare una gita con lei. È già tutto pronto; cibo,
carrozza, scorta. Manca solo
il suo consenso.»
«E
me lo chiedi
anche!?! Certo che vengo! Ho sempre voluto andare in città!
Non ci sono mai
andata e poi con te è ancora meglio! Però la
scorta non la voglio, sarebbe
inutile, ci sei tu a proteggermi, e questo basta.»
«Come
desidera.
Allora avviserò la scorta di restare al castello. Su, si
prepari. Prima
partiamo meglio è.» E così dicendo fece
scendere la principessa che nel
frattempo si era seduta sulle sue gambe come una bimba, alzandosi a sua
volta.
«Comunque
Len,
non si fa così.»
«Così
cosa?»
«Chi
ti ha
insegnato a dare del tu alla tua principessa? Nessuno ti ha insegnato
le buone
maniere?» disse tentando di essere seria, ma chiunque avrebbe
capito che
scherzava, che non era arrabbiata, anzi, era assurdamente felice.
«Perdoni
la mia
impudenza miss. Se vuole può tagliarmi la lingua come ho
fatto io prima.» Ribatté
sorridendo bonario mostrandole la lingua.
Rin
arrossì
leggermente, perché in quel momento Len, mentre le mostrava
la lingua, con la
testa piegata di lato ed un occhio chiuso in modo complice, era
molto… Sexy.
Non aveva mai avuto pensieri simili per lui, e si affrettò a
pensare ad altro.
«Nono,
che
schifo. Per carità, ti ringrazio per aver provveduto tu, ma
io non potrei mai
fare una cosa simile» disse con tono schifato ripensando alla
scena di prima in
modo da cancellare quei pensieri assurdi dalla propria mente.
«Anche
perché se
lo facesse non potrei più dirle una cosa
importante.» Mormorò con dolcezza Len,
totalmente inconsapevole dell’effetto che aveva provocato
alla sorella.
«E
cioè?» chiese
Rin mentre si avviava alla porta della stanza dopo essersi preparata
per
uscire.
«Ti
voglio bene,
Rin.» Mormorò Len al suo orecchio, mentre
l’abbracciava con tutta la tenerezza
del mondo, con tutta la tenerezza che poteva donarle.
Rin
spalancò gli
occhi dalla sorpresa prima di accoccolarsi al suo petto scaldandosi con
quelle
tre semplici parole che per loro valevano quanto le loro vite.
_______
Nota
d’autrice:
capitolo corto, me ne rendo conto, ma dopo la lunghezza del precedente
mi
perdonate, vero?
Cooomunque,
passando al capitolo: è chiaro? Ci sono domande in merito?
Se ne avete fate
pure, altrimenti passiamo a fare il giro della scuola
così da poter vedere
le aule (perdonatemi, ma sto scrivendo questo commento dopo
una lunga
giornata passata a fare da presentatrice della mia scuola alle Porte
Aperte per
i ragazzi di terza media, e fidatevi, a furia di ripetere le stesse
cose a 50
persone è un miracolo che io non mi sia messa a parlare di
orari scolastici,
materia di indirizzo e proporvi di accompagnarvi per il tour scolastico
.-. Mi
sento alquanto morta .-.) io rispondo sempre ad ogni domanda ^^
Non
avendo altre
stronzate altro da dire riguardo il capitolo passo ai
ringraziamenti:
Hikari
Megami (tesoro caro, non te preoccupe se
non mi recensisci subito,
mi basta sapere che l’hai letto ^^ ♥)
Glasgow_R_evolver
(che continua a conservare la mia storia tra i preferiti quindi posso
continuare a sperare che continui a piacerti ^^)
Ayukiko_Watarai
(che intuisce un po’ troppo, fai la brava, se continui
così va a finire che ti
racconto tutto in anticipo e non va bene!)
REAwhereverIgo (a
cui ricordo che è ovvio che sarà tutto sempre
più straziante, è nella norma, è
drammatica di natura la vita di Len V.V)
SabryKagamine
(che continua a seguire la mia storia e resta da amare
perché io mi accontento
che venga letta V.V)
Blue_Flames (idem
come sopra V.V)
Raven
Cullen (idem
come sopra sopra V.V)
(Si
lo so, gli ultimi due sono come quelli della volta scorsa, ma oltre a
ringraziarvi non so che fare XD)
Al
prossimo capitolo,
See
ya, ElPsyCongroo