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Autore: HPEdogawa    20/01/2013    2 recensioni
Quando si risvegliò, non ricordava niente di se stesso. Né il suo nome, né dove si trovasse, tantomeno chi fosse. Sapeva solo di essere sdraiato sulla schiena, a contatto con il legno umido di una chiatta sul fiume Han. Si mise a sedere, confuso e stordito, nonché con un potente mal di testa. Solo quando portò una mano a sfiorarsi la tempia, in cerca di sollievo da quel dolore assillante, si accorse di stringere tra le mani un cellulare. Non lo riconobbe, non avrebbe saputo dire se fosse suo o di qualcun altro. Mise a fuoco l'immagine dell'apparecchio elettronico e notò i suoi polsi rossastri, le sue dita sporche di qualche vivida goccia cremisi, rafferma. Sangue. Sempre più confuso, ignorò quelle macchie sulla sua pelle e schiacciò un tasto del cellulare. Lo schermò si illuminò e, quando lo sbloccò, si ritrovò a leggere un messaggio formato da poche righe:
"Hai inviato questo messaggio a te stesso. Quando ti sveglierai non ricorderai più niente.
Ti chiami Kim Yesung. Sei una spia. Cancella questo messaggio non appena l'hai letto e getta il cellulare."
WonYe.
Yaoi.
Tutti i Super Junior, più possibili apparizioni di altre celebrità.
Genere: Drammatico, Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Choi Siwon, Kyuhyun, Leeteuk, Un po' tutti, Yesung
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Kyuhyun.

 

 

L'opinione di Kyuhyun sulla vita di un ladro era risaputa: niente di più interessante. Insomma, hackeraggi, sopralluoghi, contropedinamenti eccetera. Tutte cose eccitanti, adrenaliniche, di logica e attenzione ai particolari. Eppure, c'erano dei momenti, nella vita di ladro di Kyuhyun, in cui l'essere un criminale risultava più difficile di quanto già non fosse per principio – e, purtroppo, quei momenti non erano tanto sporadici quanto avrebbe voluto che fossero. Niente spargimento di sangue, ossa rotte, bocche sdentate o nasi fratturati. No. Peggio. Molto peggio, per la filosofia di vita del ventenne.

Grida e litigi.

-Ti ho detto di no, Heechul! Dobbiamo prima disattivare le telecamere della stanza di Campo in fioritura* e poi passare a quella di Nascita di un bambino**!- stava urlando Donghae, disperato, con una mano nei capelli e l'altra a puntare le planimetrie stese sul tavolo della cucina di Kyuhyun.

-Donghae, ma ci ascolti quando parliamo?!- la voce di Heechul era altrettanto alta, acuta e fastidiosa. Era in piedi accanto al tavolo e guardava il più piccolo come se fosse un deficiente patentato e, sebbene a Kyuhyun non dispiacesse affibbiare alle persone un tale aggettivo, non era in vena per farlo notare al più grande.

-Io ci sento benissimo, Heechul. Sei tu quello che ha perso le orecchie!

-Kyuhyun-ah, prova a spiegarglielo tu!

-No, passo. Ho già perso troppo tempo della mia vita a cercare di fargli capire come fare un passaggio radente: ho dato a sufficienza.

-Ci sono riuscito, alla fine!- protestò Donghae.

-Appunto, alla fine- disse Kyuhyun, come se fosse la cosa più ovvia del mondo.

-Non sono i passaggi radenti il punto!- esclamò Heechul, infastidito, mettendosi le mani nei capelli neri : -Il punto è che non riesci a capire il fatto di star sbagliando su tutta la linea!

-Non sto sbagliando!

-Sì, invece! Stai sbagliando e non lo ammetti – o non lo accetti.

-Heechul, se tu solo provassi ad ascoltarmi--

-Ti ho già ascoltato a sufficienza: nel tuo modo non c'è possibilità di eludere tutta la sorveglianza!

-Potreste urlare a bassa voce?- gemette Kyuhyun, cercando di concentrarsi sullo schermo del suo portatile.

-No!- esclamarono entrambi i litiganti, per una volta d'accordo su qualcosa.

-Ragazzi, basta con queste grida e con questi musi lunghi- mugolò il nuovo arrivato, allontanandosi dal piano cottura: -Fanno male alle orecchie e alla vista, e anche ai vostri volti: vi verranno sempre più rughe fino a quando non somiglierete alla corteccia di un albero. Prendete un bel respiro, sorridete, distendete il viso e bevete la cioccolata che vi ho preparato.

-Shindong, sparisci- lo interruppe Heechul.

-Ma--

-Non è il momento di venire qui a sparger miele: fino a quando Donghae non ammetterà di aver torto continuerò a urlare, anche al costo di avere la pelle di un settantenne!

-Povero me...- borbottò Kyuhyun, rinunciando all'idea di finire la partita di Starcraft.

-Allora continua ad urlare quanto vuoi, Heechul-hyung, perché io, a differenza tua, ho ragione.

-No!

-Sì!

-No!

-Sì!

-N--

-Donghae, tu hai torto- s'intromise il ventenne.

-A-ha! Visto?!- rise Heechul, soddisfatto.

-Si può sapere come potrei mai essere in errore?!

Kyuhyun si voltò facendo ruotare la sedia e fronteggiò Donghae, con un sospiro:

-Le telecamere di cui stai parlando sono telecamere criptate SHARP di tipo CCD, non manomissibili e con una staffa di brandaggio da trecentosessanta gradi l'una. Quindi, supponendo che tu non voglia essere arrestato nel giro di trenta secondi, ti consiglio di cercare un'opzione alternativa.

-Sei il solito guastafeste.

-No, sono il solito saccente.

-Almeno te lo dici da solo.

-Io ammetto i miei difetti, al contrario di te, Donghae-hyung.

-Ammettere i propri difetti è una debolezza.

-Classico pensiero della gente ottusa e stereotipata- borbottò Kyuhyun.

-Yah! Ti ho sentito!

-Cioccolate?- propose nuovamente Shindong, ma venne ignorato.

-Visto che sei così intelligente, perché non trovi tu il modo per eludere il sistema di sorveglianza del museo?- lo canzonò Donghae.

Il più piccolo ridacchiò: -Non ne ho voglia.

-Non lo sai, è diverso- fece l'altro con un ghigno. Kyuhyun scosse la testa:

-Oh, no. Lo so benissimo. Mi chiedo come voi non ci siate ancora arrivati, onestamente. Vi lascio semplicemente a nuotare nella vostra ignoranza.

Uscì dalla cucina, dirigendosi verso la porta d'ingresso.

-Dove vai?!- esclamò Heechul.

-Ho un colpo serio di cui occuparmi- disse semplicemente, lasciando l'appartamento.

Scendendo tranquillamente, sorrise, notando che i suoi passi non risuonavano nemmeno nella tromba delle scale: nessuno lo sentiva mai arrivare. E, ovviamente, per lui significava avere un grande vantaggio.

I tre rimasti all'interno dell'appartamento non fiatarono per qualche secondo. Donghae era ancora arrabbiato – nonché un po' offeso – mentre Heechul continuava a fissare le carte sotto i suoi occhi. Shindong sostava ancora in mezzo alla stanza, due tazze tra le mani. Guardò prima l'uno e poi l'altro, per poi esclamare, esasperato:

-Io non mi sono messo ai fornelli per niente!

 

Yesung.

 

 

Yesung non vedeva una doccia da parecchio tempo, a giudicare dall'odore che emanava e dalla terra sotto le unghie. Tutto ciò lo disgustava alquanto, ma più che altro gli faceva metabolizzare ancora di più il fatto di essere sparito dalla circolazione per due anni e di non ricordarsi assolutamente nulla. Nonostante fossero passate più di ventiquattro ore, non aveva ancora metabolizzato appieno la cosa. Era rimasto sorpreso quando, spogliandosi, si era ritrovato a fissare altri graffi e tagli cicatrizzati, quasi spariti, sulla schiena e sui fianchi. Si ritrovò a chiedersi da quanto tempo fossero lì, quando gli erano stati inflitti, ma soprattutto perché segnavano la sua pelle in modo quasi indelebile. Sfiorandoli, si era ritrovato a trattenere il fiato, stringendo i denti: alcuni dolevano ancora, leggermente. Aprendo l'antina di un armadietto, frugò tra le varie pomate e ne trovò una che, probabilmente, avrebbe alleviato il dolore che di sicuro gli avrebbe a breve provocato l'acqua bollente, scorrendo sulle ferite. La lasciò accanto ai vestiti puliti che Siwon gli aveva prestato. Sorrise, poiché non glieli aveva propriamente “prestati”: sia i pantaloni da ginnastica grigi che la maglia rossa appartenevano a lui, infatti. Siwon gli aveva detto che, due anni prima, li aveva dimenticati nel suo vecchio appartamento, ma poi era partito per la missione e non era più tornato a riprenderli – ovviamente. Si ricordava di averli messi in uno scatolone durante il trasloco ed era miracolosamente riuscito a ritrovarli. Mentre sentiva l'acqua scorrere nella cabina della doccia, si perse ad accarezzare quella stoffa un po' spessa, pesante, domandandosi chi fosse prima di quella missione che gli aveva letteralmente rovinato la vita. Prima di entrare in doccia, ricapitolò tutto ciò che sapeva di sé stesso: era una spia, era nato a fine agosto, aveva una famiglia a Cheongju e, a quanto pare, un quoziente intellettivo da non sottovalutare, nonché un'ottima conoscenza delle arti marziali. Non sapeva nient'altro, e la cosa lo distruggeva. Si chiedeva come fosse caratterialmente: aperto e simpatico o chiuso a riccio e scontroso? Amava la compagnia o preferiva stare da solo? Aveva tanti amici o la gente faticava a sopportarlo? Al pensiero di essere una persona odiosa e meschina gli vennero i brividi. Non c'era cosa più brutta che l'essere odiato da coloro che lo circondavano: poteva rivelarsi alquanto pericoloso. In quel momento lo capiva perfettamente. Fu allora che riuscì a vedere, per la prima volta, il lato positivo della situazione: poteva rifarsi una vita. Costruirsene una totalmente nuova, dove essere una persona migliore, riparare agli errori commessi in passato. Poteva essere chiunque volesse, aveva l'opportunità di rinascere, in qualche modo. Poteva fidarsi davvero di Siwon, bruciare la busta, crearsi una nuova identità, trovare un lavoro e vivere in un piccolo bilocale a basso prezzo. Poteva restaurare il vecchi rapporto che, a quanto pareva, aveva con Siwon e dare il meglio di sé stesso, poiché non aveva alcun rimpianto. Poteva far finta di essere nato a ventidue anni, sotto un certo aspetto. Poteva davvero dimenticare tutta quella faccenda – la missione, l'amnesia, il suo passato da spia – e diventare un cittadino modello. Sorrise, aprendo le ante della cabina ed entrando in doccia: avrebbe di sicuro fatto così.

 

L'acqua bagnò immediatamente la sua pelle, che sembrò distendersi sotto quel tocco caldo e rilassante. O, almeno, così parve a Yesung fino a quando non sentì delle leggere fitte sulla schiena, segno che, effettivamente, le ferite non erano del tutto guarite. Cercando di ignorare il leggero dolore che lo trapassava da parte a parte, serrò le labbra e chiuse gli occhi, bagnandosi i capelli. Afferrò il primo bagnoschiuma che gli capitò sotto mano, iniziando ad insaponarsi, sperando di tirare via una volta per tutte quell'odore stagnante e le macchie di terriccio e sangue rappreso. Passarono dieci minuti buoni, prima che si decidesse ad afferrare uno shampoo. Finalmente non sentiva più nessun odore sgradevole, solo una leggera fragranza di fragola. Sorrise, sollevato, chiudendo gli occhi e mettendo la testa sotto il getto d'acqua calda. Fu allora che un giramento di testa lo colse alla sprovvista, facendolo immobilizzare sul posto, come pietrificato.

 

Attorno a sé non vedeva altro se non acqua. Acqua scura, sporca e inquinata. La superficie era pochi metri sopra la sua testa, ma non poteva riemergere per prendere quella boccata d'aria che tanto stava desiderando. Sapeva che, se solo avesse messo fuori la testa per pochi secondi, lo avrebbero catturato all'istante – se non ucciso con un colpo ben piazzato alla nuca. Continuava a trattenere il fiato e, secondo l'orologio che ticchettava nella sua testa, era già passato un minuto e trentacinque secondi. Nonostante il dolore che provava in tutto il corpo, riuscì a nuotare ancora per qualche metro, fino a quando non vide le luci dell'elicottero sopra di sé sparire, e la barca che lo cercava allontanarsi. Con un sospiro, sentendosi sempre più debole ogni minuto che passava, mosse braccia e gambe per raggiungere la superficie. Quando riemerse, respirò come se fosse la prima volta. Chiuse gli occhi, continuando a respirare affannosamente, mentre tutto ciò che voleva fare era abbandonarsi alla corrente dell'acqua e andare incontro alla morte che aveva schivato per troppo tempo. Stava per finire nuovamente sott'acqua, svuotato di tutte le sue forze, quando qualcosa lo afferrò per il collo della maglia, tirandolo fuori dall'acqua. Quando sentì la solidità sotto di sé, tirò fuori quella poca forza che gli era rimasta per immobilizzare la persona che lo aveva tirato fuori dall'acqua.

Due occhi a mandorla furono l'ultima cosa che vide, prima di sentire un dolore al braccio, seguito da un formicolio, e svenire su quel corpo sconosciuto.

 

Yesung aprì gli occhi con un sussulto, ritrovandosi ad osservare il suo riflesso appena visibile sul vetro della doccia. Il cuore batteva all'impazzata nel suo petto, mentre la testa continuava a girare e il respiro veniva meno. Cercando di regolarizzare il suo battito cardiaco, chiuse il getto d'acqua, uscendo dalla doccia e avvolgendosi nell'accappatoio, poggiandosi un asciugamano sui capelli bagnati. Rischiò di scivolare e rompersi l'osso del collo un paio di volte, mentre apriva freneticamente la porta del bagno, correndo lungo il corridoio del piano superiore.

-Siwon-hyung! Siwon-hyung!- urlò, con voce tremante.

Aveva davvero ricordato qualcosa.

 

 

Leeteuk.

 

 

Il poligono di tiro era forse il posto preferito da Leeteuk. Indossando quegli occhiali e quelle cuffie, poteva, per qualche minuto, dimenticarsi del mondo che lo circondava – quel mondo pieno di dolore ed ingiustizia. Impugnava la pistola, puntandola verso il bersaglio e sparava, con calma e naturalezza, come se lo facesse da una vita. Il che, pensandoci bene, non era affatto errato. Raramente Leeteuk mancava il suo bersaglio. Nonostante facesse parte del dipartimento di Sicurezza Interna, non era una schiappa sul campo, come a quelli dell'Antiterrorismo piaceva credere. Sorrise, appena, ghignando, mentre pensava a tutti gli stereotipi che correvano tra i corridoi dell'agenzia. E a quanto tutti quegli stereotipi fossero sbagliati, se si parlava di lui.

Centrando anche l'ottavo bersaglio nel centro esatto, Leeteuk si fermò per ricaricare la pistola e, nonostante il suo addestramento, non sentì nessuna presenza alle sue spalle fino a quando una voce profonda non parlò:

-Sei bravo.

Leeteuk si voltò, fronteggiando Kim Kangin.

-Intendi per uno del dipartimento di Sicurezza?- lo canzonò, per voi dargli nuovamente le spalle: -Già, sono bravo.

-Non avevo mai visto nessuno del tuo dipartimento sparare così bene al bersaglio. Hai un'ottima tecnica e – dannazione – hai centrato il centro del centro.

Leeteuk sospirò: -Lo so, ci vedo.

-Dove hai imparato?

-Non lavoro al dipartimento di Sicurezza Interna da sempre, Kangin.

-A quale dipartimento eri assegnato prima?

Leeteuk sospirò, posando la pistola e togliendosi le cuffie, ormai demotivato dal continuare ad allenarsi: non c'era più pace e tranquillità.

-E' una storia vecchia- disse, guardandolo negli occhi: -E sinceramente non mi va di parlarne.

-Va bene...- annuì Kangin, infilandosi le mani nelle tasche, con fare sicuro.

-Sono venuto per dirti che passiamo il controllo dei due sospetti al tuo dipartimento. A te, per l'esattezza.

Leeteuk annuì, per nulla sorpreso, riponendo le munizioni e l'arma.

-Da quando inizio?- domandò.

-Da oggi pomeriggio.

-Che gioia.

-E' un lavoro noioso, eh?

-Un po'- annuì il più piccolo, togliendosi il giubbotto antiproiettile.

-Magari una sera potremmo uscire a bere qualcosa, che ne dici?- chiese Kangin di punto in bianco. Leeteuk si voltò a guardarlo, sinceramente sorpreso.

-Come?

-Sai, no?, per staccare un po'. Non fa bene lavorare sempre. Troppo di una cosa buona è una cosa cattiva.***

Leeteuk lo guardò a lungo, per poi sorridere gentilmente:

-In questo periodo sono piuttosto impegnato. Magari più avanti.

Kangin annuì, guardandolo allontanarsi.

-Magari più avanti- ripeté.

 

Mentre sedeva sulla poltrona posta nella cucina del suo bilocale, Leeteuk guardava la TV, impostata sul muto, mangiando ramen dalla scodella e ascoltando il nulla dall'altra parte del ricevitore. Park Seongha non aveva ancora detto nulla, da quando aveva iniziato ad ascoltare, venti minuti prima. In TV stavano facendo passare un drama di cui stava a malapena seguendo il filo, troppo perso nei suoi pensieri. Fu per questo che sussultò quando sentì una voce dire, direttamente nel suo orecchio:

-Eccoci.

 

 

Angolino.--

Ciao a tutti!-

Avrei dovuto aggiornare ieri, ma visto che la scuola sta riprendendo il suo ritmo normale, sono riuscita a finire il capitolo solo cinque minuti fa. Spero che anche questo vi piaccia, fatemi sapere che ne pensate, per favore.- (:

Sono contenta che i capitoli passati siano piaciuti a così tante persone, ringrazio chi ha recensito e messo tra le preferite/seguite. (:

Visto che qualcuno è sclerato dopo aver letto l'ultimo capitolo (ciao, Ria ^^) vi dirò una cosuccia: niente è come sembra.

 

Aggiornerò sempre sabato/domenica prossima. Buon week-end e buona settimana a tutti.--

Alla prossima.-

Lara.

 

*Campo in fioritura **Nascita di un bambino: I quadri non esistono davvero, mi sono semplicemente inventata dei nomi.

 

***Troppo di una cosa buona è una cosa cattiva: Se non sbaglio è un proverbio cinese, l'ho sentito in un film... il remake di Karate Kid, se non sbaglio.

   
 
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