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Autore: Samarskite    20/01/2013    6 recensioni
Ad un certo punto Zayn, sorseggiando la sua Coca Cola, mi piantò addosso i suoi occhi scuri. "Jordan... Se noi ti pagassimo per farci fare un tour di New York, accetteresti?"
"Per quanto, un pomeriggio?", chiesi.
"Cinque giorni.", intervenne Niall togliendosi le briciole dalla maglietta grigia.
Massì, dai. Cinque giorni fuori dalla mia solita vita.
Genere: Comico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Louis Tomlinson, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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5 giorni fuori, 15 Chapter



 

A Mars.
 

4º giorno, pomeriggio inoltrato
 

Se qualche sventurato cittadino di Greenpoint, tornando a casa dal lavoro e passeggiando per vezzo sulla riva dell'East River, si fosse trovato a raccontare ad un amico di aver visto in lontananza delle figure snelle, senza ombrello, sotto la neve, bagnate da capo a piedi, ululanti in maniera sinistra e ridacchianti in maniera altrettanto sinistra... Beh, eravamo noi.

Dopo Times Square avevo portato i ragazzi all'East River Park, per fargli vedere la riva opposta di Greenpoint, appunto. La gitarella, che aveva tutti i presupposti per essere una specie di picnic-merenda, si era trasformata in qualcosa che non sapevo definire bene, un qualcosa a metà tra lo sclero più totale ed un dancing in the snow sfrenato. Ok, detto così però non rende l'idea. Quando era iniziato a nevicare eravamo seduti su una panchina, tanto per cambiare, dell'East Park, contemplando lo skyline di Greenpoint e mangiando nachos. Il sistema per evitare liti furiose funzionava così: Zayn, sul lato estremo sinistro della panchina, prendeva una manciata di nachos dal pacchetto, e poi lo passava a Liam. Liam ne prendeva una manciata e le passava a me, che le passavo ad Harry, che le passava a Niall, che le passava a Louis. Poi da Louis il sacchetto veniva chiuso e lanciato in aria, in modo che tornasse nelle mani di Zayn e il giro ricominciasse. In questo modo, tutti avevano più o meno la stessa quantità di nachos e lo stesso tempo per mangiarle.

Come dicevo, comunque, iniziò a nevicare. Ma non una neve carina, leggera, simpatichina. Una nevicata da Giudizio Universale; e tuttavia, non demmo segno di volerci spostare dalla panchina. Era stato incredibile: nessuno aveva azzardato nemmeno l'ipotesi di mettersi al riparo. Eravamo rimasti lì, e basta. L'unica cosa che era cambiata era l'accortezza con cui chiudevamo il pacchetto passandocelo, per evitare che vi cadessero dentro fiocchi di neve. Finito il pacchetto di nachos, Liam si era alzato con una certa solennità, aveva toccato con un piede lo strato di due centimetri di neve che si era già formato, si era allontanato di un metro dalla panchina, si era chinato, aveva raccolto una manciata di neve e, mentre io iniziavo già dire un "NO, non provare a...!", ce l'aveva lanciato addosso ridendo.

La battaglia che si era scatenata era senza precedenti. Un tutti contro tutti con momentanee alleanze della durata di circa due minuti ciascuna, durante le quali la coppietta o il triumvirato coalizzava le proprie forze per riempire di neve o un singolo individuo, o un'altra instabile alleanza. Raggiunto l'obbiettivo, il patto di non aggressione scadeva all'istante e se non eri abbastanza veloce potevi ritrovarti abbattuto da un tuo stesso ex compagno.
Giusto per fare un esempio: io, Liam e Zayn ci stavamo organizzando per riempire il cappello di Lou di neve, in modo che quando se lo fosse distrattamente infilato la neve gli sarebbe caduta tutta sul viso. Quando Louis si infilò il cappello, il mio triumvirato era impegnato in una strenua difesa del proprio fortino da Harold e Niall; appena Liam, con una palla di neve in mano, vide che l'obbiettivo era stato raggiunto con successo e Louis era stato riempito di neve si voltò verso di me e mi riempì la faccia di neve fresca.
Ecco.
Dopo un'ora eravamo bagnati fradici e gelati dalla testa ai piedi.
"Ho freddo!", mi lamentai saltellando come un coniglio in quelli che nel frattempo erano diventati sette centimetri di neve.
Niall si alzò dalla panchina ridendo: "Vieni qui che ci scaldiamo."
Mi fece salire sulla propria schiena e si mise a girare in tondo con me sulle spalle gridando yuuuuhuuuuu, sotto la neve. Io ridevo. Dopo mezzo minuto di giravolte sentii che stavamo definitivamente perdendo il suo equilibrio, perchè si fermò, fece qualche passo infermo e poi crollò nella neve.
"Yehe. Angelo della neve.", disse felice facendo lo spazzino con le mani e coi piedi. Io lo imitai ma, dopo poco, sentii due mani possenti prendermi da sotto le ascelle e letteralmente trascinarmi come un peso morto per mezzo parco. Io non ebbi modo di reagire semplicemente perchè la testa mi girava in modo terribile. "Ohi ohi ohi. Piano.", gemevo mentre tracciavo sentieri nella neve.
"Ecco fatto.", esclamò la voce di Louis dopo un po' che vagavo a peso morto. "Adesso chi non vuole bagnarsi i piedi ha un sentierino."
Mi mollò malamente e io brontolai. "Ehi, fai piano, brutto antipatico."
"Sii felice, hai avuto uno scopo nella vita."
"Cosa, lo spazzaneve?", chiesi rialzandomi traballante.
"Esattamente.", mi rispose lui cingendomi la vita da dietro e dandomi un bacio sul coppino, gesto che scatenò l'approvazione generale dei ragazzi a cinque metri di distanza.
"Qui ci siamo persi qualcosa.", canticchiò Harry tutto felice.
"E quando, che mi state attaccati come pulcini anglo irlandesi?", ribattei senza gran logica; eppure, Harold si zittì sorridendo.
"Bagnata sembri quasi bella.", mi sfottè Zayn sorridendo.
"Se, come no. Come il culo della padella.", replicai inarrestabile.
Lui spalancò gli occhi ed iniziò a ridere, contagiando tutti quanti. Intanto che ridevamo una ragazza ci passò accanto passando per il sentiero tracciato da me e Lou e mi chiese indicazioni per un hotel. Non degnò i ragazzi di uno sguardo, mentre guardò me (che evidentemente ho l'aria irreprensibilmente yankee) e parlò con un forte accento inglese.
"Seconda stella a destra.", disse Niall ad appunto cinque metri di distanza.
Lei lo guardò come a chiedersi dove lo avesse già visto, ma non trovò evidentemente risposta e tornò a guardare me. Senza smettere di ridere raccolsi un bastoncino e le disegnai una cartina nella neve, mentre dietro di me Louis ci dava le spalle e continuava a ridere. La ragazza fece una foto con il cellulare e si allontanò rapidamente.
Io mi voltai e guardai Zayn e Niall con aria di compatimento, perchè stavano ancora ridendo.
Zayn mi guardò e canticchiò con voce da bambino: "Alla fiera dell'Est per due soldi un topolino mio padre comprò. E arrivò il macellaio che uccise il toro che bevve l'acqua che spense il fuoco che bruciò il bastone che picchiò il cane che morse il gatto che mangiò il topo che al mercato mio padre comprò."
"Era un po' più lunga di così, Jawy", gli fece notare Niall.
"Zitto Mullingar."
"Zitto tu Bradford."


23 gennaio, sera
Ricordo che una volta, quando ero molto piccola, chiesi a mia madre cosa fosse quella macchiolina marrone che avevo sulla terza nocca della mano sinistra.
Eravamo entrambe nel letto matrimoniale, mio padre non ricordo dove fosse. Forse in cucina, perchè mia madre non aveva fretta e questo mi fa immaginare che fosse domenica. Avrò avuto tre. Quattro anni.
Mia madre mi prese la mano e la guardò senza guardarla davvero, dato che eravamo al buio, poi disse: "È un neo, tesoro."
Al che, perplessa, le chiesi se mi sarebbe mai andato via, come le bollicine di varicella che avevo avuto qualche mese prima. No, forse no, era successo prima della varicella.
Ad ogni modo lei mi rispose di no. "Non andrà via. Ti rimane."
Immagino che se qualcuno le avesse detto quel che le avrei risposto lei avrebbe riso in faccia a quel qualcuno, perchè chiesi: "Nemmeno quando morirò?"
Mia madre mi guardò (ricordo solo che lo fece, non ricordo con quale espressione) ed io non saprò mai cosa le fosse passato per la testa in quel momento, perchè lei certamente non lo ricorda. Ricordo però distintamente che mi rispose "Ssssht, non pensare a queste cose, adesso."
Non so perchè io mi ricordi l'episodio così... bene, tutto sommato, considerando che è successo così tanto tempo fa. Forse mi aveva turbata quella risposta: "Sssht, adesso non ci pensare. Non pensare a queste cose tristi."
Cosa significava? Significava che tutti gli altri bambini non facevano quei pensieri? Gli altri bambini non erano tormentati dall'idea che un giorno saremmo morti? Che poi, morti. Che strana parola. Non sapevo cosa significasse morire. Solo, per me morire corrispondeva a non poter più andare all'asilo con i miei amici. Non poter più fare bei sogni, o forse farli per sempre.
Era sbagliato che io pensassi a quelle cose?
La domanda è sedimentata dopo poco, rimanendo senza risposta. L'ho messa in uno scaffale polveroso della mia testa, non ho nemmeno cercato di non pensarci. L'ho stipata in un angolo.
Ed ora tornava a fare irruzione nella mia mente, senza una ragione precisa. Ero acciambellata sul divano di casa mia, dondolandomi avanti e indietro ripensando a ciò che era successo. Dietro di me, Harold si affaccendava per tutta la casa in mutande, alla disperata ricerca di qualcosa di JD che potesse andargli bene per non dover cenare in intimo. I suoi vestiti erano ad asciugare perchè si era appena preso tutta la pioggia nel tragitto tra l'hotel e casa mia.
"A cosa stai pensando?", chiese d'un tratto fermandosi con, immagino, qualche indumento in mano per valutare se fosse idoneo.
"Memorie d'infanzia.", risposi semisinceramente.
"Scommetto che ti stai domandando se ora potresti dare risposta a certe domande che ti facevi allora.", replicò lui infilandosi presumibilmente qualcosa tramite la testa.
Mi voltai per potere guardarlo in faccia. "Ma sono un libro aperto per tutti? Che cazzo!", sbottai.
Harold si ritolse l'indumento che si era provato sorridendo: "No. Ho sparato a caso."
"Non dire palle."
"Ok, non è che sei un libro aperto. È che gente con labirinti affini si capisce a vicenda, ecco."
Tornai a voltarmi per guardare verso il vuoto.
"Non avevo paura di nulla. Ora ho paura di tutto."
"Tu non hai paura, Jordan. È che ti fai troppe seghe mentali."
"Me le faccio perchè ho paura di sbagliare. Se sbaglio e vado ancora più giù sono fottuta. Il mio container del fallimento non ha fondo."
"Hai preso lo Zoloft stasera?"
"No, ho deciso di dare una chance alla mia testa ma a quanto pare ha deciso di fumarsela, questa opportunità."
"Dai, Jo. Vieni che ordiniamo le pizze.", tagliò corto Harold.
"Non ho fame. Perchè non esci a cena con la fotografa che ti farà il photoshoot domani?"
"Per piantarti in asso? Ma che sei scema? La fotografa è londinese, per lei ho secoli. Tu sei qui a mezzo metro dal cornicione.", ragionò lui.
"Non dire vaccate. Quantomeno telefonale.", replicai.
"Posso usare il telefono?"
"No, sei segregato in queste quattro mura. Chiamala, imbecille.", dissi secca.
"E tu che fai?"
"Credo che tra un po' andrò a farmi una passeggiata."
"Da sola?"
"Da sola."
"Hai bisogno di pensare."
Ho bisogno di piangere, solo che in casa non posso perchè ci sei tu, Harold, pensai. Però non lo dissi, perchè lui era lì per me, ed io gli volevo bene.
 
 
 







Buonasera a tutti. So che faccio gli angoli me solo quando devo lamentarmi, o cose di questo genere, ma stavolta lo faccio perchè (non idea del motivo) ci tengo davvero a precisare che quel ricordo di Jordan a proposito del neo è mio. E' stato tutto ciò che ho potuto ricavare dalle mie memorie frammentarie, e non so perchè ma ci tengo davvero che lo sappiate. E' per questo che quando dico 'sono depressa', 'non sono normale', lo dico perchè non era normale che una bambina di quell'età pensasse a quelle cose.
Detto questo, mi dileguo nella nebbia,

Sam (@drunkloujs)

P.S. sto scrivendo una nuova Fan Fiction... per curiosità pura, chi la leggerebbe? :)

P.P.S. i rumors dicevano che Louis ed El si sono lasciati. Che sia vero o no....

                                                                                                         
  
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