Anime & Manga > Il grande sogno di Maya
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Autore: LeanhaunSidhe    21/01/2013    2 recensioni
A volte, per indossare nuovamente la tua maschera, hai bisogno di guardare cosa c'è oltre quella degli altri. Amina deve riappacificarsi col suo passato e, mentre tenta di riuscirci, forse riuscirà a cambiare anche il presente dei protagonisti...
E' una storia breve, leggera e senza pretese, dalle tinte appena scure. Se avete voglia di tentare con la lettura di una storia un pò diversa, ecco qua :)
Genere: Avventura, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Masumi Hayami, Maya Kitajima, Nuovo Personaggio
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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La pioggia batteva forte e penetrava attraverso la stoffa, pungendo la pelle come le punte di mille aghi. Riprese il giaccone dalle mani della ragazzina e restò sull'uscio.

“Domani passerò a vedere come stai. In caso di bisogno ti porterò a farti visitare all'ospedale più vicino.”

La ragazzina doveva aver scambiato quelle parole come una gentilezza e si era inchinata con rispetto. Cresciuta in occidente, Amina non si era mai abituata del tutto a quegli atteggiamenti. Si sentì in dovere di chiarire subito le cose.

“Non fraintendere: semplicemente, non voglio essere in debito con nessuno.”

Doveva averla spiazzata di nuovo. Le era sembrata così fragile che, per un momento, si era sentita in dovere di proteggerla. Dall'aspetto del quartiere, dalla veloce occhiata alla casa che aveva potuto dare attraverso l'uscio aperto, dedusse che quella giovane non navigava in buone acque e, con molta probabilità, non meritava certo di essere attaccata con irruenza.

“Questo è il mio biglietto da visita. C'è il mio numero di cellulare. Se ti occorre, chiama.”

Le aveva allungato un cartoncino rettangolare, uno degli ultimi che conservava. C'era anche il nome di Toki. Non aveva fatto in tempo a cancellarlo.

L'altra lo aveva preso titubante e sul suo viso era sbocciato un moto di sorpresa.

“Sei un investigatore privato?”

Amina aveva annuito.

“Per qualche giorno ancora, ma il numero resterà comunque attivo.”

Senza tanti convenevoli l'aveva poi salutata con un cenno del capo. La aspettava un letto sudicio in un hotel che di hotel aveva solo il nome. Per come stava, avrebbe dormito anche sotto un ponte. Eppure, chissà perchè, se ne andò col cuore appena più leggero quella sera.

 

Il pomeriggio dopo il sole splendeva lucente e l'aria era più calda. Maya credette quasi che l'accaduto della sera prima fosse stato un sogno, ma quella motocicletta scura parcheggiata al lato del viale e la persona che ci stava appoggiata a braccia conserte, non potevano essere un parto della sua immaginazione.

La motociclista sembrava attenderla annoiata.

La ragazza, meno intimorita, si avvicinò a lei. La salutò con un sorriso accennato. Ebbe l'impressione di avere di fronte una persona stanca e provata: riconosceva un viso troppo segnato dalla stanchezza e un'espressione spenta.

Le tese la mano.

“Piacere: mi chiamò Maya Kitajima.”

 

La motociclista esitò qualche secondo prima di rispondere a quel gesto. Scandì il proprio nome con apparente malavoglia.

“Come ti senti?”

Le chiese, infatti, subito dopo. Aveva uno sguardo penetrante, di chi parla poco e osserva molto. A Maya sembrò quasi che volesse strapparle i suoi segreti e ci stesse anche riuscendo bene.

“Sto benissimo, ti ringrazio.”

Quella aveva annuito, apparentemente convinta.

“Dove sei diretta? Ti accompagno.”

Alla risposta entusiasta della più giovane, le aveva lanciato un secondo casco.

Sorrise scoprendo la sua presa sicura.

“Reggiti.”

Aveva dato gas e girato l'angolo. Restò senza parole quando capì che la loro meta era un teatro.

 

Maya aveva una luce dentro. Era qualcosa che si schiudeva lentamente, appena saliva sul palco. Mentre recitava, ciò che aveva nell'anima risplendeva. All'inizio, quando la ragazzina le aveva detto che era un'attrice, Amina non aveva ben compreso il senso delle sue parole. Le era stato offerto di assistere alle prove. Lei l'aveva trovato un buon diversivo per non piangersi addosso, pensando a Toki. Così aveva accettato.

Nel momento esatto in cui Maia si era trasformata a pieno, aveva spalancato le palpebre ed era stato come se qualcosa si incrinasse di nuovo in lei. Quella passione cocente... Gli occhi azzurri di Toki brillavano alla stessa maniera quando lavoravano insieme ad un'indagine, quando cercavano di dare un senso al filo ingarbugliato del destino. Impallidì e dovette appoggiarsi al muro per non cadere.

Non era pronta. Sanguinava ancora. La ferita alla spalla era rimarginata, quello al cuore no.

Non doveva piangere. Non doveva permettere al suo dolore di esplodere li, in quel frangente.

Decise di allontanarsi subito da quella sala, lei, che non aveva temuto neppure le percosse dei delinquenti, perchè Maja, come Toki, aveva il potere di trascinarti con sé, farti vivere la sua passione e lei non ce la faceva. In quegli ultimi periodi, le era diventato chiaro come il sole che la sua anima era debole al rimorso quanto il suo corpo era resistente al dolore fisico.

Amina doveva ancora accettare che Toki non l'avrebbe più stretta a sé e non ci sarebbe riuscita se si fosse fatta trascinare dal fascino indomabile di quella interpretazione.

Rimise il casco, conscia del fatto che la sua faccia tradiva perfettamente la tempesta che aveva dentro.Cercò di avviarsi all'esterno con passo spedito.

Era alta e con le spalle larghe. Più di una volta, in quel modo, l'avevano scambiata per un uomo. Non curò delle persone che attraversavano il corridioio nella direzione opposta. Andò a sbattere contro un damerino in giacca e cravatta e non gli chiese certo scusa. Solo, veloce, lasciò l'edificio. Non aveva sentito le rimostranze dei leccapiedi di quel tizio.

L'avrebbe scoperto più tardi, dopo settimane che accompagnava Maja alle prove, che quello era il padrone della baracca, un certo Masumi Hayami.

 

Masumi Hayami l'aveva capito dopo diverse settimane: il bell'imbusto col giubbetto di pelle che l'aveva spintonato la prima volta era il fantomatico accompagnatore di Maya.

Si chiese in che modo, una ragazza timida e ingenua come lei, avesse legato con uno come quello. Non doveva essere tanto più vecchio di lei, ma aveva l'aria di chi non guarda in faccia a nessuno. Uno squalo non solo di nome, ma pure di fatto. Non si sarebbe sorpreso di sapere il suo nome in qualche rapporto della polizia, per piccoli furti o anche di peggio. Si sentiva ribollire a quel pensiero . Era pronto a sapere Maya legata a qualcuno, ma non l'avrebbe mai lasciata nelle mani di un poco di buono. Doveva sapere chi fosse e pure presto. Inquieto, guardava fuori dalla finestra il crepuscolo che lento abbracciava Tokio. All'inizio, si disse, avrebbe provato ad allontanare il tizio senza clamore, con le buone. All'inizio...

   
 
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