Il Nome
Una
sola
voce.
Un coro di
opposti.
Il Senza
Nome la prese tra le braccia.
La
circondò con le sue ali di pece.
Coìnin
retrocedette.
Il sangue
iridescente della sorella colava dalla sua mano.
Aveva
ricevuto il colpo in pieno stomaco.
Troppo
debole a causa della sua “caduta”.
Lentamente
si dissolvevano.
Le mani di
lui erano intrise di sangue angelico.
Bruciava
come acido.
Gli
accarezzò il volto.
Una goccia
più nera dell’onice macchiò la pelle
nivea.
Le nuvole
iniziarono a piangere lacrime nere.
Il Padre
piangeva per la perdita di una figlia amata per mano del fratello.
Un soffio.
Potente
come un urlo.
Non per le
parole.
Ma per la
consapevolezza che condivideva quel sentimento.
La odiava,
ma la parte avvelenata del suo io l’amava.
Si chinò
su di lei e le sfiorò le labbra.
Una scelta
che una parte di lui avrebbe rimpianto in eterno.
Le forze
la stavano lasciando.
Gli occhi
chiari si riempirono di lacrime.
Lui,
diavolo, aveva difeso lei, l’amore di Dio, un angelo.
Mai nome
fu più adatto.
I due
rubini la guardarono con un misto di ira e dolcezza.
La sua
ultima maledizione.
Non
poteva.
Ma… lo
voleva.
Per tutti
i gironi dell’inferno se lo voleva.
Bramava
quel premio con tutto se stesso.
400 anni
erano serviti perché cedesse.
400 anni
per avere quello che nessun demone aveva mai avuto.
L’anima
angelica o… il suo cuore?
Riparerò al mio errore… se ti ciberai
della mia anima…
non ti sarà mai più concessa
redenzione…
Tornerai da essere il demone che
eri…
E mi permetterai di restare con te…
per sempre”
Ora
avrebbe avuto anche l’Anima.
Lei lo
obbligava ad ucciderla.
Lei lo
aveva maledetto con quel nome.
Lei gli
aveva fatto conoscere l’amore.
Lei gli
stava salvando la vita.
Lei
rinunciava al suo eterno per ridargli il suo Io.
Lei era
“caduta” a causa sua.
La nausea
non si sentì.
Il Male
amò il Bene.
Il Male
uccise il Bene.
La
coscienza della Cherubino lo assalì.
La sua
testa scattò all’indietro.
Un urlò
squarciò il silenzio di quella notte di pioggia nera.
Piume
bianche screziate di nero.
In pochi
secondi una distesa di rose bianche adornate di stille nere comparve.
Quello che
ora era Aleixo si alzò.
Guardò
l’angelo Coìnin come una fiera la sua preda.
Inclinava
la testa a destra e a sinistra.
O forse
per la troppa purezza ed energia di quell’anima.
Le ali
nere da corvo erano decadenti ma imponenti.
Un
secondo.
Uno
scatto.
Una fitta
allo stomaco.
Il demone
si leccava le labbra questa volta.
I canini
vennero scoperti.
Un soffio
e l’avrebbe vendicata.
Un soffio…
che rimase tale.
Crollò
sulle ginocchia e si strinse il petto.
Un altro
urlo.
Troppo
pura.
Troppo
piena d’amore.
Ma ciò che era oscuro non lo è più
così tanto”
Un ghigno
troneggiava sulle sue labbra.
Rise
l’essere puro.
Rise come
un pazzo.
Poi
l’argento si specchio nel rubino.
E quando accadrà… io sarò
lì…”
La testa
pulsava.
La gola
bruciava come ustionata.
Le forze
lo lasciarono.
E, al suo
risveglio, non fu più lo stesso.
Frutto di
quell’Anima Pura.
Ma la
seppellì.
Seppellì
i
ricordi di Aislinn, Angeli e Amore.
Un angelo
caduto ormai.
Le sue
mani erano intrise di sangue angelico
Voleva
vendetta?
Non lo
sapeva nemmeno lui.
Anzi,
odiò.
Secolo
dopo secolo.
Ogni volta
che il suo nome veniva pronunciato una vita cessava.
Solo quel
nome poteva risvegliare la coscienza.
Solo quel
nome poteva fargli provare amore.
Unico ad
essersi cibato di un Angelo.
Cantet
Animarum fu il suo nuovo nome.
Un’anima.
Il grande
demone decise di servirlo.
Fecero un
patto.
Il patto
venne rispettato.
L’anima
venne divorata… ma non completamente.
Il
frammento vitale dello spirito.
Non poté
mangiarlo.
Ghigno che
si dissolse.
Terrore
invase gli occhi cremisi.
Tra le
braccia un corpo inanimato
Capelli
petrolio, corporatura esile, pelle nivea.