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Autore: _fix    22/01/2013    13 recensioni
Emma sbattè la porta di casa furiosamente e puntò un dito contro il petto di Zayn,ancora rosso in viso.
«Perchè lo hai fatto?» Era visibilmente fuori di sè in quel momento,e niente e nessuno l’avrebbe fermata.
«Non sono affari tuoi!» sbottò il moro. Emma sbarrò gli occhi e gli diede uno schiaffo. Le lacrime partirono incontrollate,iniziando a rigare le guancie.
«Io ti odio Zayn Malik. Ti odio per ogni cosa che fai. Ti odio per avermi rovinato questa serata. Ti odio perchè sei entrato nella mia vita senza preavviso. Ti odio perchè riesci a trafiggermi ogni volta che incateni il tuo sguardo al mio. Ti odio perchè mi fai sentire debole. Perchè mi fai sentire uno schifo. Ma soprattutto ti odio perchè dal primo giorno che ci siamo incontrati hai capito tutto. Ti odio perchè sono innamorata di te»
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Zayn Malik
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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≈I hear the beat of my heart getting louder whenever i'm near you    

     



XXV

 

Aveva permesso che andasse via. Che la sua mente fosse offuscata da pensieri sbagliati. Zayn si rigirò nel letto,avvolgendo le coperte intorno al suo corpo nudo. Aveva freddo,dentro. Si sentiva vuoto,inutile. Perso.
Si asciugò una lacrima con il polso e mise poi la mano sotto il cuscino,formando un piccolo rialzo e posandoci la testa sopra.
Voleva farsi del male. Prendersi a schiaffi per essere stato così stupido. Non avrebbe dovuto lasciarla andare via. Era scappata lontano da lui,senza che potesse farla ragionare. Ma come avrebbe potuto biasimarla.
Si era sentita offesa,usata. Umiliata.
Zayn avrebbe voluto spegnere il suo cervello,cancellare i pensieri e le immagini per evitare di riviverle.
Era sempre stato un idiota. Una persona inespressiva e distaccata. Fredda e qualcuno che cercava in ogni modo di allontanare le emozioni il più possibile,per il terrore di essere ferito.
Aveva preferito sempre usare che amare. Finché non aveva incontrato i suoi occhi,per la prima volta nella sua cucina. Trafelata dalla corsa per il ritardo,era entrata senza le buste della spesa.
I suoi occhi erano liquidi,color nocciola. Indimenticabili.
Era di una bellezza particolare. Non aveva bisogno di gonne inguinali,tette rifatte o labbra super truccate. Era bella semplicemente così.
E solo adesso che era andata via da lui,via da quella città piena di dolore solo per causa sua,capiva di amarla davvero.
E gli mancava. Più di quanto potesse mancargli la sua anima stessa.
Quando il cellulare iniziò a vibrare,lampeggiando il nome di sua madre,si costrinse a muovere le braccia per recuperarlo e portarlo all'orecchio.
«Pronto?» biascicò,cercando di sembrare una persona normale. Con un umore normale. Con una vita normalmente serena.
Ma Trisha non sembrava così serena dall'altro capo del telefono e dopo avergli annunciato che stava per giungere a Londra,con la voce rotta dalla rabbia,Zayn capì che i guai non sarebbero terminati in fretta.
 
 
L'aria calda,afosa. Il sole alto in cielo,giallo e splendente. Come una lampada sempre accesa. Come un riflettore puntato su ogni misero essere umano su quella terra.
Quando Emma uscì dall'aeroporto,seguita dal facchino con in spalla il suo bagaglio,non poté fare a meno di non spalancare la bocca.
New York era proprio come s'e l'era sognata. I taxi impazienti di percorrere le strade new yorkesi,la gente frettolosa di arrivare a lavoro e super preoccupata di non far arrabbiare il capo,con le dita incollate freneticamente ai tasti dei propri cellulari. I palazzi alti,anzi altissimi,che facevano da panorama ad una delle città più incredibili di quella terra.
Londra non era da meno,ma New York era da sogno. La vita di ogni film americano,delle tipiche donne in carriera,con lo sturbucks meno calorico tra le dita affusolate,gli occhiali da sole più costosi sugli occhi ed un sorriso,pagato sicuramente milioni dal dentista,sfoggiato in ogni momento.
«Lasci pure» esclamò sognante,rivolgendosi al facchino e mettendogli distrattamente una mancia nel pugno teso. Afferrò il bagaglio e subito si sentì meglio,sporgendosi ulteriormente su quel marciapiede grigio.
La tensione delle ultime ventiquattro ore sembrò svanire quando prese posto nel primo taxi che le si accostò di fianco. Salì senza indugiare. Il padre,sfortunatamente,non era riuscito ad ottenere un'ora libera per venirla a prendere. In compenso aveva l'indirizzo del'Hotel nel quale alloggiava.
«Allora» disse il taxista,in tenuta sportiva ed una ciambella stretta saldamente fra le mani,rivolgendole un sorriso rassicurante « Dove la porto,bella signorina?»
Emma sorrise imbarazzata. A Londra non avrebbe mai potuto aspettarsi un complimento del genere. Anche se amava la propria città immensamente,erano tutti così freddi e distaccati e lei,abituata a seguire meticolosamente ciò che si imponeva ogni mattina,non faceva nemmeno caso agli sguardi fuggenti attraverso lo specchietto che,quando capitava,il tassista londinese le inviava.
E fu quasi con uno squittio allegro che «Belvedere Hotel,sulla 48esima» annunciò,aprendo il finestrino ed inalando l'aria americana che le sparava i capelli dietro la testa.
Quando il taxi la posò fuori l'Hotel,Emma si sentì come una turista smarrita di fronte a tanta bellezza. L'entrata dell'Hotel era spettacolare. Il patriottismo americano,inoltre,era visibile in ogni squarcio di città. Vi erano due grandi bandiere americane sull'entrata dell'Hotel,rigorosamente grigio,con le vetrate scure e scorrevoli.
L'interno della reception offriva divanetti color porpora sui quali aspettare il proprio turno,mentre un tavolo intagliato di legno chiaro occupava due terzi dello spazio a disposizione. Una donna,almeno sui venticinque anni,le sorrideva allegra,nel completo di lavoro.
«Posso aiutarla?»
Emma si rivolse alla donna,cercando di camuffare la sua eccitazione «Si. Mio padre .. cioè,William Boyle ha prenotato una stanza qui. Ma lui non è in casa. Sa.. lui lavora in un ospedale importante qui a New York ed io sono venuta a trovarlo dall'Inghilterra. In realtà non è proprio una visita. Vorrei passare il capodanno qui,lontana dalla mia città e dal mio ormai ex fidanzato. E' un amico di penna di mio fratello,che per la cronaca è rimasto a casa,che è venuto a stare da noi per un po' ed io me ne sono completamente,incondizionatamente e follemente innamorata. Ma..»
Solo quando il rumore del telefono che squillava fece riprendere Emma dallo stato di trans in cui era entrata,si accorse del fatto che aveva appena parlato di una fase della sua vita estremamente riservata con una sconosciuta che,dopo aver ignorato la chiamata,aveva digitato qualche tasto sul computer ed aveva preso una chiave. Emma la guardò,rossa dalla vergogna fino alla radice dei capelli,mentre le porgeva le chiavi della sua camera.
Come inizio della sua ''nuova esperienza'' in quel continente,dopo aver spifferato i suoi complessi interiori ad una povera dipendente,non era male.
Era disastroso.
«Se vuole farò finta di non aver sentito nulla e mi limiterò solo a consegnarle le chiavi. Cosa dice?»
Emma annuì energicamente,prima di afferrare le chiavi e dirigersi verso le scale. Cercò di sbollire la rabbia e la vergogna,pestando con forza i piedi sulle scale e trascinando il più rumorosamente possibile la valigia su di esse. L'unica cosa che riuscì ad ottenere fu un fracasso infernale e qualche richiamo da qualche uomo che,giustamente,cercava di godersi la pace e la tranquillità di quel posto.
Posò la valigia nella stanza che ,come il resto dell'albergo,era spettacolare. Le pareti erano tamponate di colori caldi,fra l'ocra e il marrone chiaro. Vi era poi una parte divisa dal salotto – che contava un divano ampio,un tappeto abbastanza grande,una televisione a schermo gigante ed una libreria – che offriva la cucina ed un tavolo nero,in tinta con le pareti più scure della prima parte della suite.
Oltre un'altra porta,poi,c'era un letto a baldacchino ed un divano,che probabilmente nascondeva un letto pieghevole. Sulla scrivania bianca c'erano vari fogli che,esaminati,risultavano essere quelli di William. Emma decise di scendere per fare un primo giro della città.
A soli pochi isolati si ritrovò a Times Square,dove la gente camminava frenetica sui tacchi a spillo che riecheggiavano sul marmo dei negozi o nei loro completi succinti ed eleganti,abbottonati fino al collo e coperti da ampi giacconi di marca.
Le insegne luminose riuscivano ad attirare l'attenzione della maggior parte dei turisti anche di giorno,quando il sole,sebbene fosse inverno,splendeva come in una giornata di primavera.
Emma sorrise,guardandosi intorno,finchè non notò un angolo buio. Qualcosa che seppur sinistro,la tentò. Decise di dare una rapida occhiata.
- E' solo un vicolo- pensò,mentre camminava veloce verso la strada poco illuminata – Cosa potrà mai esserci-
Infatti,quando vi entrò,constatò che in realtà non c'era nulla da temere,se non qualche secchio d'immondizia e qualche topo morto qua e la che faceva decisamente ribrezzo.
Quando girò su se stessa per andarsene via,venne bloccata da una persona piuttosto alta,coperta da un cappuccio.
Inizialmente il suo corpo era scosso da spasmi di paura intensa. Insomma,New York era la città da sogno,da copertina di riviste e di tipici film strappalacrime,ma aveva anche i suoi difetti come qualsiasi città. E lei si era imbattuta,prima di ventiquattro ore,in uno di quelli.
Quando però quello che risultava essere un ragazzo,si abbassò il cappuccio dalla testa,Emma fu subito rassicurata.
Anche se i suoi occhi estremamente trasparenti ed azzurro-ghiaccio non erano del tutto calorosi,riuscì a fidarsi di quello sguardo divertito e malizioso.
Forse le ricordava qualcosa che cerca di dimenticare.
Scosse la testa,cercando di non affibbiare qualsiasi cosa che incontrasse sulla sua strada ai ricordi che cercava di dimenticare e rivolse la sua attenzione alla figura maschile che le si parò davanti.
Era bello. Indiscutibilmente bello. Ma non il suo tipo.
Alto,forse un metro ed ottanta,aveva dei capelli del marrone più scuro che avesse mai visto,a tratti neri. Sul viso sembravano esserci delle lentiggini chiare,che riuscì ad intravedere alla luce del sole che arrivava fioca in quel vicolo.
Gli occhi la scrutavano maliziosamente e le labbra screpolate erano increspate in un sorrisetto provocatorio.
«Cosa ci fa una bella ragazza come te in questo vico buio?» chiese,con la voce calda e rassicurante. Sembrava anche graffiata a tratti. Ma ad Emma questo non interessava.
«Non mi sembra siano affari tuoi ..»
«Jacob..sono Jacob» la informò,tramutando il suo sorrisetto malizioso in uno di sfida. Non capitava di incontrare caratterini del genere a New York,soprattutto da quando la minaccia Gossip Girl aveva influenzato la maggior parte della popolazione di sesso femminile che adesso cadeva in ogni trappola strategicamente sensuale.
E fu così che Jacob vide in quella ragazza una nuova sfida.
«Emma» rispose,senza mai distogliere lo sguardo da quello del ragazzo.
«Emma...non mi sembra di averti mai vista qui in giro»
Se quella era una tecnica di abbordaggio,Jacob doveva essere consapevole che stava fallendo sin da principio. Con lei questi giochetti non attaccavano.
D'altra parte non avrebbe potuto essere la turista nuova,giunta da meno di tre ore a New York,che padroneggiava già il territorio sfacciatamente come se fosse il suo.
Quindi si limitò a fare spallucce. Ovviamente mossa sbagliata che fece avvicinare maggiormente il ragazzo.
«So che non ci conosciamo,anzi ricorderai a stento il mio nome. Ti ho vista poco fa in piazza guardarti intorno. Quindi sei una turista..»
Colpita ed affondata.
«..Ma ciò non conta. Una festa,stasera. Ci stai?»
Se ci fosse stata una richiesta più esplicita di quella,allora Emma non la conosceva.
Non sapevadavveroseaccettare un invito da un completo sconosciuto,appena incontrato in una stradina sperduta della grande mela. Riusciva solo a sentire una strana eccitazione alla bocca dello stomaco. Un'adrenalina assurda che la spingeva ad accettare.
Quando sibilo il suo ''si'',strozzato dal furore di ciò che stava accadendo,sul viso di quel ragazzo dagli occhi glaciali si dipinse un sorrisetto malizioso. Cacciò dalla giacca a vento un biglietto dorato con fantasie rosse e glielo porse.
- Questo è il biglietto,io sarò nel privè. Ci si vede,piccola-
Schioccò un occhiolino prima di sparire dietro l'angolo. Emma lo guardò andar via sotto i suoi occhi,mentre rigirava fra le dita quel biglietto invitante. Lo guardò : Lavo nightclub.
 
 
 
Trisha guardava intensamente Zayn,con un misto di compassione e rimprovero,mentre girava freneticamente la matita tra le mani. Erano stati convocati quella mattina stessa nell'ufficio del preside,il quale avrebbe voluto parlargli del suo andamento scolastico.
Non era tranquillo,per niente. Ma non per ciò che stava per accadere. Era passato in quella situazione molteplici volte quando frequentava la scuola della sua città. Suo padre era sempre fuori per lavoro e a stento riuscivano a chiamarsi per gli auguri di Natale. Sua madre conosceva meglio gli uffici presidenziali delle scuole di Bradford che la sua cucina.
Tralasciando il fatto che Trisha fosse sempre fuori casa per un lavoro che impiegava la maggior parte del suo tempo,a Zayn non importava la sua presenza. Non riusciva a capire il perché della sua convocazione.
Tutte le volte che era stato in presidenza,un ammonimento,un sorriso pentito e gli occhi bassi gli erano sempre bastati per saltare l'ennesima punizione. Ormai c'era abituato.
Forse erano le scuole di Londra a vederlo in un modo diverso. Tutto così rigido e rispettoso delle regole.
Il preside entrò,portandosi dietro un odore pungente di dopobarba e sigaro di alta qualità. Zayn lo guardò torvo,mentre prendeva posto nella sua sedia ricamata di una stoffa porpora,in completo abbinamento con l'arredamento antico della stanza.
«Allora..» esclamò,estraendo dal cassetto un fascicolo bianco,con il suo nome stampato a grandi caratteri «Zayn Jawaad Malik,giusto?»
Zayn grugnì qualcosa di incomprensibile,ricevendo un'occhiataccia dalla madre che prontamente annuì,preoccupata.
Il preside lasciò che i suoi occhiali cadessero sul naso adunco,osservando il ragazzo «Tralasciando il fatto che sei irrispettoso delle regole,che fumi nei corridoi senza il minimo rispetto per i collaboratori scolastici e che spesso sei protagonista di maleducazione durante le ore di lezione » disse,con la voce autoritaria di un preside arrabbiato « Molte persone si sono lamentate di te,del tuo rendimento scolastico e del rapporto con gli studenti .. »
Zayn sbuffò «Ciò che faccio fuori dalla scuola,non è affare della scuola!»
«.. E anche del tuo linguaggio,direi. Zayn – permettimi di chiamarti con il tuo nome- la tua posizione non è delle migliori,e io come preside di questa scuola devo cercare di mantenere un livello alto fra gli studenti!»
Zayn ribollì dalla rabbia e puntò i piedi sul pavimento,guardando truce l uomo «Pensi piuttosto a questa merda di edificio che ormai cade a pezzi. Io me ne sbatto di ciò che pensano di me i professori. »
Trisha sembrava scandalizzata o sul punto di svenire quando Zayn terminò quella frase ed uscì velocemente dalla stanza. Prima di andar via,con la testa che gli scoppiava,fra i problemi scolastici e quelli che lo torturavano nella sua vita,sentì un urlo del preside e un singhiozzo della madre.
Non solo stava ferendo tutti coloro che lo attorniavano,ma adesso l'espulsione non gli sembrava tanto lontana.
 
 
Emma stava per tornare indietro,richiamando il taxi che l'aveva appena lasciata davanti alla discoteca,per starsene al calduccio nel suo letto d'hotel e piangere per un film strappalacrime in dvd. Poi ripensò a ciò che si era promessa prima di scendere dall'aereo,dopo ore ed ore estenuanti di pianti e ricordi.
- Riuscirai a dimenticarlo,Emma - aveva ripetuto fra sè e sè,scatenando anche qualche preoccupazione da parte delle hostess. Poteva sembrare decisamente fuori di testa o al massimo patetica. Ma poco le importava. - Divertiti,cerca di passare le festività natalizie migliori di sempre. Esci e cerca di non pensarci-
Annuì ricordando le sue parole decise e cercando di mantenere la promessa. Passò una mano sul vestito rosso privo di pieghe ed entrò a passo incerto nel locale. Dopo aver presentato il suo biglietto al bodyguard-armadio che si trovava fuori il club,entrò senza esitazioni chiedendo subito del privè.
Prima che potesse ammirare la bellezza di quel posto,si ritrovò un braccio intorno le spalle. Notò che era Jacob,con lo stesso sguardo malizioso e lo stesso sorriso provocatorio.
«Ciao» disse,squadrandola dall'alto in basso,e fischiando d'approvazione al suo abbigliamento. Emma,notevolmente infastidita ma allo stesso tempo lusingata,si riavviò i capelli dietro l'orecchio per nascondere il rossore improvviso. «Emma sei uno schianto! Vieni ti offro un drink»
La guidò fra la folla sudata e scatenata,raggiungendo il bancone più vicino. Ordinò qualcosa a lei sconosciuto mentre Emma si guardava intorno.
Quel locale era forse il più bello che avesse mai visto. Le tonalità fra il rosso,l'arancione ed il viola si intonavano perfettamente con le luci e l'atmosfera. Una palla gigante pendeva dal soffitto,girando lentamente ed emettendo strani giochi di luci colorate.
Passò la mano sul bancone di legno,toccando le rifiniture. Erano meravigliose,intagliate con la massima cura e creatività.
Insomma,uno spettacolo.
Prese a sorseggiare il cocktail ordinato da Jacob,quando si sentì osservata. Voltò lo sguardo verso il ragazzo e notò che era lui a guardarla. Gli sorrise.
«Sei proprio carina,sai?»
Emma ridacchiò,mandando giù un altro pò di alcolico «Grazie mille. Anche tu non stai male stasera!»
Improvvisamente il dj cambiò canzone,mettendone una più movimentata e con il ritmo ripetitivo ma piacevole. Jacob strabuzzò gli occhi,tirando Emma per un braccio e portandola al centro della pista. «E' la mia canzone preferita!» urlò,tentando di sovrastare la musica forte.
Iniziarono a ballare ed Emma sentì un fremito percorrerle la schiena. Si sentiva incredibilmente bene in quel momento.
Ma forse le cose non sarebbero andate così per sempre.





SCUSATE!

se ci fosse una scritta più grande,giuro che la metterei. sono imperdonabile lo so. adesso vi spiego
in pratica sono stata bannata per maleducazione in una recensione e per due settimane non  ho potuto aggiornare.
sembravo un'anima in pena,giuro çç
ma lasciando perdere questo ( anche perchè non ho niente da dire,se non scusate ancora ) parliamo del chapter! ùù
allora,Emma è arrivata a New York,ha incontrato Jacob ( che potete vedere
qui ) ed ha accettato l'invito a questa festa.
Intanto Zayn,rimasto a Londra,è stato espulso da scuola. In realtà ci sarebbe dovuto essere un'altra parte,nella quale Harry e Sophie cercavano di calmare Zayn che era supernervoso,che però rompeva una porta di un'aula. Ma non mi piaceva granchè!
So che non è uno dei capitoli migliori scritti da me,ma spero vi piaccia ugualmente.
Inutile avvisarvi che per un paio di capitoli le cose non andranno bene e sto decidendo ancora come farla finire HAHAHAH
( Giusi ed Anna Rita,so che non mi parlerete più se dovesse finire male,ma ci sto pensando!)
In ogni caso spero di ricevere il vostro parere sia sul capitolo,sia sul finale che dovrò scrivere! ( Mancano circa quattro/cinque capitoli compreso l'epilogo)
quindi vi lascio un bacio e un 'fatevi sentire' come al solito.
ps. grazie mille a tutte coloro che hanno recensito lo scorso capitolo! ♥


 

   
 
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