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Autore: Aiyana    22/01/2013    5 recensioni
L'attenzione del conte fu subito attirata dalla nuova domestica che stava pulendo le scale in quel momento. I suoi capelli rossi uscivano dalla cuffia che le era stata data per lavorare.
Non appena la vide alzarsi e prendere il secchio dell'acqua e scendere le scale capì che quella ragazza nascondeva qualcosa. Poteva dire a tutti di essere una semplice domestica. Ma il portamento perfetto e le mani curate dicevano l'esatto opposto.
Genere: Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Storico
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Le nostre impronte
non sbiadiscono 
sulle vite che 
tocchiamo.

-Gandhi


-Lezioni di vita
 

 

 

 

 

Un grande uomo una volta mi ha detto che il destino per quanto impossibile da controllare e prevedere o sta dalla tua parte o ti rema contro.

Quell'uomo era mio padre.

 

Ho sempre ammirato le persone che avevano una capacità innata. Io al contrario di loro ho dovuto imparare, non che odiassi tutto quello che dovevo imparare, ma alcune cose mi riuscivano meglio di altre.

 

Cavalcare era una di quelle.

 

L'aria tra i capelli, il vento sul viso, le goti arrossate per il freddo pungente di San Pietroburgo, le gare con Petja. Tutto questo mi era stato insegnato, ma io l'amavo come se non avessi mai fatto altro in tutta la vita.

 

-Zoya's Diary

 

Zoya appoggiò il suo "diario provvisorio" sotto il materasso, solo lei poteva entrare in quella camera, in realtà era inutile nasconderlo, ma lei preferiva così, la faceva sentire protetta.

 

Aveva scoperto da poco, che il conte aveva appena acquistato un nuovo stallone, era un arabo, con il suo manto candido, poteva essere confuso con un unicorno.

 

Zoya era rimasta troppo tempo senza cavalcare così in comune accordo con lo stalliere Tom, ogni mattina attorno alle 5 portava fuori il cavallo del conte, i giardini della villa erano immensi e permettevano anche escursioni a cavallo.

 

Quella mattina di primavera, la rugiada scivolava come lacrime lungo le foglie e i fiori del parco. Gli uccellini non avevano ancora cominciato a cantare e il sole quella mattina tardava ad arrivare. Zoya amava quell'istante della giornata dove ancora tutto taceva.

 

Una volta arrivata di fronte alla porta della stalla spostò il grosso vaso di gerani in terracotta dove sotto c'era la copia della chiave che Tom le lasciava per poter entrare mentre lui ancora dormiva.

 

Tempest, era il nome di quel cavallo così selvaggio, nessuno poteva avvicinarsi, figuriamoci sellarlo, nessuno, nessuno tranne Zoya.

 

Lo aveva scoperto una volta che aveva portato il tè alla mamma di James, il maggiordomo, lo aveva visto nel maneggio mentre Tom ed il conte provavano a domarlo, tutto lavoro inutile.

 

Zoya quella stessa notte aveva rubato una carota dalla cucina e era andata da quello strano cavallo matto come molti lo avevano definito.

 

E così quello era diventato un'appuntamento quotidiano, che anche oggi aveva convinto Zoya ad alzarsi presto per portare fuori Tempest.

 

Una volta di fronte al suo box, aveva preso la cavezza e la sella e si era diretta di fuori, una volta montata, si era lasciata guidare lungo le vie del parco, attorno alla quercia secolare, nei paraggi del cottage, lungo le rive del piccolo laghetto.

 

Ad un tratto qualcuno urlò qualcosa, Zoya si girò appena in tempo per vedere il conte che si dirigeva di corsa verso di lei e Tempest, che nel frattempo si era messo a brucare l'erba ancora umida per la rugiada mattutina.

 

" Zoya, sei matta quello è un cavallo selvaggio. "

" Oh, mi scusi non sapevo che i cavalli selvaggi fossero così disponibili per una cavalcata "

" Non fare la spiritosa, guardalo "

 

Zoya si girò appena e vide Tempest che continuava tranquillamente a mangiare l'erba del prato.

 

" Si, si direbbe proprio un cavallo selvaggio "

 

 

 

(…)

 

 

 

 

Dopo aver riportato Tempest, nelle stalle, Zoya si era ritrovata di fronte al conte. Si sentiva sotto processo, Tom dal canto suo cercava di spiegare di come coraggiosamente Zoya si era avvicinata al cavallo e lo aveva domato, non che il conte non stupito, ma odiava dover ammettere che una donna era riuscita dove lui aveva fallito miseramente.

 

" Non è colpa sua.. lei ha dato al cavallo una carota e lui si sarà affezionato "

" Affezionato? "

" Si conte "

 

Zoya interruppe quella diatriba che si era creata.

 

" Basta così. Non cavalcherò più, mi dispiace " e così facendo uscì dallo studio del conte in lacrime, ora le era stato tolto l'ultima cosa che la rendeva davvero felice, si ritrovò in camera e in un attimo fu sul tetto abbracciata a quel gargoyle che anche se di pietra trasmetteva più amore che tutti gli altri umani in quella villa.

 

Era vero l'Inghilterra era un popolo di ipocrisia e freddezza, e Zoya ora ne era ancora più convinta, appoggiò la testa contro la spalla della statua lasciando che le lacrime scendessero senza controllo.

 

 

Tom e Mark erano rimasti di stucco quando Zoya era uscita dallo studio, Tom non aveva potuto fare altro che dispiacersi tantissimo, quella ragazza era riuscita a domare un cavallo, figuriamoci quali altre doti nascoste aveva, mentre Mark non si era pentito delle sue parole, era troppo orgoglioso per ammettere che aveva sbagliato, dopo tutto ora un cavallo così gli avrebbe reso il doppio.

 

 

Lei.

Lei.

Lei.

Zoya.

 

 

Era il suo pensiero fisso, la sua croce, avrebbe fatto di tutto per capire davvero chi era, qualcosa sul suo passato ma per come si era comportato, non aveva scusanti, se voleva conoscerla e parlare con lei doveva chiederle scusa.

 

Non lo aveva mai fatto, nemmeno con sua madre, era troppo orgoglioso. Figlio unico, si era sempre sentito uno scalino sopra gli altri.

 

Ora doveva davvero scendere e provare a capire quella ragazza. Busso alla porta della piccola soffitta sperando che ci fosse, ma non rispose nessuno così indugiò un po' e poi aprì la porta. La finestra era aperta e le tende svolazzavano, si sporse in avanti e guardò il altro verso il tetto, quando vide Zoya appoggiata a quella statua di pietra, in un attimo le fu accanto, lei lo guardò titubante e poi si appoggiò alla sua spalla e pianse, pianse tutte le lacrime che aveva.

 

Lui aspettò che si sfogasse prima di pruonunciare le parole tanto difficili per lui, prese fiato e le disse dolcemente.

 

" Scusa non volevo, puoi cavalcare Tempest tutte le volte che vuoi ".



Piccola nota dall'autrice, non chiedo molto ma vorrei che voi che leggete silenziosamente lasciate almeno una traccia del vostro passaggio, anche solo una recenzione, dato che la mia storia è seguita da un tot di persone non pubblicherò il prossimo capitolo fino a quando questo capitolo non sarà recensito da almeno 5 persone.

Grazie dell'attenzione ;'D

  
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