Capitolo
3.
“Rachel?”
chiamò la ragazza Sam, scuotendola
leggermente.
Aveva fatto
nuovamente quell’incubo e si era
svegliata urlando.
“Stai
bene?” le chiese preoccupato Dean, la
pistola in pugno.
“Sì,
era solo un brutto sogno.” Rispose la
ragazza, alzandosi dal letto e chiudendosi in bagno.
Quella notte
l’incubo era stato più reale del
solito, e diversamente dalle altre volte la persona che moriva era
proprio lei.
Il giorno
precedente, quando erano andati al
vecchio rifugio di Derek e lo avevano trovato vuoto, Rachel era rimasta
spiazzata.
Certo,
probabilmente il fatto di non averlo
trovato era stato un avvenimento positivo poiché non lo
aveva consegnato ai
fratelli Winchester, ma ora non aveva idea di dove poterlo cercare.
Aveva
provato a chiedere a Scott, ma non lo aveva trovato in casa.
Scese al piano
inferiore e trovò un piatto di
frittelle e una spremuta d’arancia che
l’attendevano sul bancone della cucina.
“Mangia,
hai bisogno di forze.” Le disse Dean
incrociando le braccia al petto.
Rachel non se lo
fece ripetere due volte, vista la
fame che le divorava lo stomaco, e mangiò volentieri.
“Allora,
qualche idea su dove trovare il tuo
ragazzo?” le chiese il biondo con un sorriso sghembo.
“Non
è il mio ragazzo.”
“Quello
che è. Il punto è: dove lo troviamo?”
“Non
lo so. Ora ho altro a cui pensare
onestamente. E poi voi due non dovreste andare dagli Argent e dire che
siete
arrivati, invece di impicciarvi dei miei affari?” rispose
acida la ragazza
posando i piatti nel lavandino.
“Voi
due non dovreste andare dagli Argent?” la
scimmiottò Dean mentre andava a sedersi vicino al fratello.
Rachel
salì in camera e si cambiò, indossando
semplicemente un paio di jeans e una maglietta per poi tornare al piano
inferiore.
“Oggi
andrò dal veterinario per chiedergli se può
riassumermi, anche se non a tempo pieno. Tanto non sarà un
problema. Voi due
potreste provare a vedere a qualche ristorante o bar del centro, sono
sempre a
corto di personale.” Disse la ragazza appoggiandosi al
bancone della cucina.
“Per
cosa?” chiese Sam confuso, alzando finalmente
la testa dal computer.
“Per
un lavoro? Altrimenti come possiamo pagare le
bollette e vivere?” rispose Rachel.
Dean si
alzò ed uscì dalla stanza, per poi tornare
con il portafoglio in mano.
Quando fu
davanti alla ragazza estrasse un paio di
carte di credito, mettendogliele sotto il naso.
“Con
queste non ci serve un lavoro.” Disse facendo
l’occhiolino per poi tornare a sedersi vicino al fratello.
“Rubate
o clonate?” chiese Rachel alzando gli
occhi al cielo.
“Entrambe.
Non è un problema dolcezza vero? O sei
troppo onesta per una cosa del genere?” la provocò
Dean.
“A me
va benissimo. Solo state attenti, il vicino
di casa è lo sceriffo, potrebbe non reagire bene se sapesse
da dove vengono i
soldi. Se vi arrestasse ovviamente direi di non sapere nulla e me ne
laverei le
mani. Niente di personale ragazzi, ma siete pur sempre il
nemico.”
“Sai
come si dice: il nemico del mio nemico è mio
amico.” Rispose sempre Dean.
Rachel
salutò i due ragazzi, uscì di casa,
attraversò il prato e quando fu davanti alla porta di casa
dello sceriffo suonò
il campanello.
Sentiva il
battito del cuore del ragazzo assai
chiaramente, riusciva a sentire lo sbadiglio che aveva fatto mentre
scendeva le
scale e riusciva a sentire persino il suo odore, vagamente
più dolciastro di
quello che ricordasse.
Quando Stiles
aprì la porta, Rachel sentì il cuore
perdere un battito.
Era esattamente
come lo ricordava, tranne che per
i capelli lunghi e l’espressione più matura.(ndr:
i capelli sono come quelli di
Dylan nella S3)
Dal suo canto,
Stiles quando la vide non sapeva se
credere ai suoi occhi, pensando addirittura che la ragazza davanti a
lui fosse
un’allucinazione. Si sentiva euforico per il ritorno di
Rachel, che chiaramente
era reale, ma allo stesso tempo devastato per via di tutto il dolore
che aveva
provato e no, non si vergognava ad ammettere una cosa del genere, i
sentimenti
sono sempre i sentimenti e non vanno mai rinegati.
“Ciao
Stiles.” Disse la ragazza quasi sussurrando, abbozzando un
sorriso.
Il ragazzo la
fissò per qualche istante per poi
rientrare in casa, senza chiudere la porta né niente, come
se volesse che la
ragazza entrasse.
Rachel si chiuse
la porta alle spalle e seguì il
ragazzo al piano superiore, chiudendo poi anche la porta della camera.
“Stiles…”
fece per incominciare la ragazza,
venendo però subito interrotta dall’umano.
“Parla
piano, papà dorme ancora. Ieri… è
stata una
giornata particolarmente faticosa.” Disse il ragazzo,
sedendosi sul letto.
Rachel
annuì ed improvvisamente le vennero meno le
parole.
“Perché
sei qui?” chiese Stiles come se le avesse
letto nella mente.
“Ho
delle faccende da sbrigare. Il branco…”
tentò
di spiegarsi Rachel, salvo poi interrompersi quando vide
l’espressione delusa
del ragazzo. “Stiles, mi dispiace di essermene andata
così. Dovevo andarmene e--”
tentò di proseguire la ragazza, che però venne
interrotta da Stiles.
“Lo
so. A me spiace aver detto quello che ho
detto, di averti dato del mostro. Solo… ero arrabbiato:
dovevo mentire
costantemente a mio padre, rischiavo la vita quotidianamente, ero
sempre sul
punto di perderti per causa di Derek e semplicemente non ho retto. Sono
pur
sempre umano.” Rispose Stiles alzando il viso in modo da
poter guardare negli
occhi la ragazza. Poi continuò.
“Tu
hai idea di tutta la merda che ho dovuto
affrontare in questi ultimi mesi? Prima te ne sei andata tu, poi Scott
e di
conseguenza tutti gli altri. Il rapporto con mio padre è
andato a farsi fottere
e soltanto ieri sono riuscito a dirgli tutto quanto e… ci
credi che ci siamo
fumati insieme uno spinello, che tra parentesi era anche
l’ultimo che avevo!, mentre
tentavo di convincerlo che tutto ciò che gli stavo
raccontando non fosse altro
che la verità?! – Esclamò il ragazzo
alzandosi ed iniziando a camminare per
tutta la stanza- Mi guardava come se fossi diventato matto, come se non
potesse
credere alle mie parole. Quando gli ho raccontato di Peter e della sua
resurrezione stava per scoppiare a ridermi in faccia. E’
stato esilarante anche
quando mi ha lanciato addosso una pallina da tennis colpendomi in testa
dopo
che gli avevo finito di spiegare tutto quanto, giusto per accertarsi
che fossi
davvero umano. Sai, non so se ho fatto bene o meno, ma sono contento di
essermi
tolto questo peso dallo stomaco. Onestamente non mi importa nemmeno di
quello
che potrà dire Derek, non faccio parte del suo branco e non
deve rompermi i
cocomeri con la storia del ‘Io Alpha- io decido- tu
subisci’.” Disse Stiles
incrociando le braccia al petto e girandosi a guardare nuovamente la
ragazza.
“Mi
sei mancata sai? Non nego che in questo
momento io stia provando la voglia irrefrenabile di baciarti, ma credo
che ciò
sia dovuto anche alla forza dell’abitudine. Voglio dire, se
ci siamo lasciati un
motivo ci sarà stato, giusto? Quindi penso che- -”
disse Stiles, che venne però
interrotto da Rachel.
“Stiles,
io non penso che- - ”
“Fammi
finire Rachel, ti prego. Dicevo? Ah sì,
quindi penso che almeno per ora dovremmo essere solo amici, per diversi
motivi.
Primo tra tutti il fatto che non sai nemmeno tu per quanto tempo
resterai qui a
quanto mi dice mio padre, e poi perché voglio capire bene
quello che provo io,
e ho l’impressione che anche tu la pensi come me.
Probabilmente sarà difficile,
anzi ne sono abbastanza sicuro, ma vale la pena provare a parer
mio.” Concluse
Stiles andando incontro alla ragazza e quando le fu davanti le
accarezzò una
guancia.
“Con
questo però non pensare che non sia più
arrabbiato con te, signorina! Devi ancora trovare il modo per farti
perdonare.”
Esclamò sorridendo mentre Rachel lo abbracciava quasi
stritolandolo.
“Anche
tu mi sei mandato Stiles. Mi dis…”
“Se
dici che ti dispiace mi riprendo Fuliggine! E
sai che lo farei, perché adoro quel gatto.”
Rachel sorrise,
finalmente ritrovando il vecchio
Stiles dietro quella maschera di maturità.
La ragazza
sciolse l’abbraccio e solo in quel
momento notò la maglietta che indossava l’umano
davanti a sé.
“Allora
ti piace veramente il regalo!” esclamò
sorridendo Rachel.
Stiles la
fissò confuso e quando la ragazza indicò
il suo petto, capì che si riferiva alla maglietta che gli
aveva regalato quel
Natale.
“Certo
che mi piace! E’ nel pieno del mio stile.
Ma ora dimmi una cosa: quei due bellimbusti che di fissano da camera
tua da
quando sei entrata qui, sono i tuoi famosi cugini di cui mi ha parlato
mio
padre?” chiese il ragazzo indicando la finestra.
“Loro
sono Sam e Dean, ufficialmente miei cugini,
in realtà due cacciatori.”
“Cos-
cacciatori?! E te li sei portata in casa? ”
“Non
mi uccideranno, la loro famiglia non può fare
del male a me o alla mia famiglia per via di una promessa fatta da loro
padre a
mia zia Muriel e tra parentesi, credo che tra i due ci sia anche stato
del
tenero, ma onestamente non voglio pensarci!”
“Buono
a sapersi… Ma ti va di spiegarmi come si
deve, per filo e per segno, perché sei tornata? Magari
davanti ad una
cioccolata, che ne dici?” propose Stiles avviandosi verso le
scale, seguito a
ruota da Rachel.
La situazione
tra i due era un po’ strana in
effetti: ritrovarsi nuovamente in quella cucina, seduta sul tavolo e
con una
cioccolata tra le mani a fissare Stiles che gironzola per la stanza
mentre
prepara la colazione al padre dava l’impressione che tra il
figlio dello
sceriffo e la ragazza le cose non fossero cambiate e che tutto fosse
tornato
alla normalità sebbene così non fosse.
Ma come aveva detto il ragazzo poco prima, un ruolo importante lo
giocava anche
la forza dell’abitudine.
“Allora,
qual buon vento ti ha riportata qui?”
chiese il ragazzo mentre con una mano chiudeva il frigo e con
l’altra reggeva
una vaschetta di fragole.
“In
pratica, ero al parco che leggevo un libro
quando la voce di Sam e Dean cattura la mia attenzione. Stavano
parlando degli
Argent e del branco di Derek e così mi sono incuriosita e ho
continuato ad
origliare, –disse Rachel, interrompendosi ad un commento di
Stiles sul fatto
che i licantropi non rispettano mai la privacy altrui- e quando ho
sentito che
avevano intenzione di uccidere il branco di Derek dopo aver risolto il
problema
degli Alpha i miei occhi hanno iniziato a brillare e quei due se ne
sono
accorti. Mi hanno seguita fino a casa, credo, e grazie a mia zia siamo
finiti a
cenare tutti insieme e durante la cena Sam mi ha offerto di venire con
loro
qui. Sai, tra i due lui è quello più restio ad
uccidere Derek e gli altri,
mentre Dean è convinto delle sue idee.”
“Gli
Argent non glielo permetteranno, andrebbero
contro il codice.”
“Il
codice appartiene solo agli Argent, non a
tutti i cacciatori. E poi Sam e Dean non sono cacciatori
normali.”
“In
che senso?” chiese incuriosito Stiles,
sedendosi vicino a Rachel.
“Beh,
ricordi quando ti dissi che i vampiri non
esistevano? A quanto pare esistono eccome, così come
esistono i fantasmi, gli
zombie e anche i demoni.” Rispose con nonchalance la ragazza.
“Ok,
tutto ciò mi inquieta e non poco!”
esclamò
Stiles alzando le mani, come se volesse arrendersi.
“Cos’è
che ti inquieta figliolo?” chiese lo
sceriffo entrando in cucina, i capelli scompigliati e due grandi
occhiaie sotto
gli occhi, mentre salutava i due ragazzi con un gesto della mano.
“Non
credo tu sia mentalmente pronto per questo.”
Rispose Stiles scendendo dal tavolo, seguito a ruota da Rachel.
“Credimi
figliolo, dopo questa notte posso dire
che nulla potrà mai più stupirmi! E’
bello rivederti così presto Rachel, ed
insieme a Stiles per di più.” esclamò
lo sceriffo sedendosi a tavola.
“Veramente,
papà, non stiamo insieme. Siamo amici,
solo amici.”
“Oh
bene… Grazie figliolo.” Disse lo sceriffo
prendendo in mano la tazza di caffè che Stiles gli stava
porgendo.
“Immagino
che i tuoi cugini avranno bisogno di un
lavoro.” Esclamò lo sceriffo, una volta finita la
macedonia.
“Veramente
no. Diciamo che hanno…finanze
illimitate?” rispose la ragazza, ricevendo uno sguardo
indagatore da parte del
poliziotto, che con un gesto della mano l’esortava a
continuare.
“Diciamo
che, con il lavoro che fanno, un modo per
trovare i soldi lo trovano sempre.”
“Fanno
rapine in banca o derubano gli anziani?”
chiese scherzando Stiles, ricevendosi un’occhiataccia da
parte del padre.
“Veramente
possiedono una discreta quantità di
carte di credito clonate. Ma sceriffo, prima che piombi in casa mia per arrestare quei ragazzi
per favore, si
faccia spiegare da Stiles che lavoro fanno. Mi creda se le dico che
quando lo
saprà, converrà che purtroppo quei due ci saranno
utili, se non indispensabili
purtroppo. Ora sarà meglio che vada.” Disse la
ragazza posando la tazza nel
lavandino per poi salutare lo sceriffo, promettendogli che un giorno
gli
avrebbe spiegato tutto quanto, per filo e per segno nei minimi
particolari.
“Allora
ci si vede in giro?” chiese titubante
Stiles, mentre l’accompagnava alla porta.
“Sì,
direi di sì.” Rispose Rachel.
“Hai
già avvertito Derek? Dei due tipi intendo.”
Le chiese Stiles poco prima che la ragazza scendesse anche
l’ultimo gradino.
“No,
sono andata al vecchio rifugio ma non l’ho
trovato.”
“Non
abita più lì, si è trasferito da
qualche
parte con lo zio-psicopatico-Peter. Prova a chiedere a Scott, io non ho
più
avuto contatti con sourwolf e psycho.”
Rachel
salutò Stiles ringraziandolo e rientrò in
casa.
“Mi
domando quanto abbiate mai sentito da camera
mia, sapete?” disse rivolta ai fratelli Winchester, seduti
nuovamente al tavolo
della cucina.
“Chi
era?” chiese senza troppi giri di parole
Dean.
“Un
umano, se questo è quello che volevi sapere.
Precisamente il figlio dello sceriffo, che tra parentesi sa delle
vostre carte
di credito, ma non preoccupatevi, non vi arresterà. Per ora
per lo meno.
-rispose prontamente Rachel- Ora, se non vi dispiace, ho delle faccende
da
sbrigare. Quando uscite usate la chiave di riserva che è nel
vaso sul
davanzale.” Concluse la ragazza, per poi uscire nuovamente di
casa.
Si diresse a
piedi verso casa di Scott, poiché la
sua auto era rimasta in Florida e dubitava che Dean le avrebbe mai
lasciato la
sua adorata Impala. Durante il tragitto passò davanti alla
casa di Jackson e si
stupì di trovarla con le tapparelle abbassate e senza alcuna
macchina
parcheggiata sul vialetto.
Arrivò
dal beta dopo circa mezz’ora e quando suonò
al campanello pregò che il ragazzo fosse in casa.
Fortunatamente
fu proprio Scott che le aprì la
porta e la sua espressione d’incredulità era
qualcosa di spettacolare.
“Hey
Scott, com’è?”
Disse Rachel
sorridendo al ragazzo, che sembrava
caduto in uno stato catatonico.
“Rachel,
che ci fai qui?” chiese il beta quasi
indignato.
“E’
una lunga storia, Stiles te la racconterà.”
“Lui
sa che sei qui? Quando sei arrivata?”
“Sì
lo sa, comunque non sono qui da molto. Avrei
un favore da chiederti Scott: sapresti dirmi dove posso trovare
Derek?”
“Per
mia sfortuna sì, so dove lo puoi trovare. Se
aspetti cinque minuti ti ci porto, tanto sarei dovuto andare da lui
comunque
questa mattina.” Rispose Scott invitando ad entrare la
ragazza.
Poco dopo,
esattamente come aveva detto il lupo, uscirono
di casa e si diressero verso il nuovo appartamento di Derek.
Era situato in
una zona centrale della città, nota
alle autorità per l’alto tasso di furti e di
spaccio.
“Posto
accogliente.” Commentò sarcastica Rachel
scendendo dalla macchina.
“Derek
è convinto che sia più sicuro per il
branco… Io aspetterò qui, non voglio sapere come
reagirà nel vederti qui. Per
arrivare al suo appartamento appena entri nel portone prendi le scale a
destra
e vai fino al quarto piano e percorri tutto il corridoio fino ad
arrivare alla
porta 116.” Rispose il beta sedendosi sui gradini.
Rachel
ringraziò il ragazzo ed entrò
nell’edificio. Fece come le aveva spiegato Scott e quando
arrivò al quarto
piano prese un respiro profondo, prima di percorrere il corridoio.
Arrivata davanti
al numero 116 esitò qualche
istante prima di bussare, accorgendosi poco dopo della presenza del
campanello.
Un rumore di
passi e di una serratura che veniva
sbloccata precedettero la figura di Peter, che osservò
piacevolmente stupito la
ragazza.
“Guarda
un po’ chi si vede! Nipote caro, ho una
bella sorpresa per te!” esclamò il lupo,
abbracciando Rachel per poi farle
segno di entrare silenziosamente in casa.
“Si
può sapere che stai blaterando?” disse Derek,
la sua voce proveniente dalla stanza accanto all’ingresso.
Rachel
seguì Peter in salotto e si sedette sul
divano, seguita a ruota da Peter che non riusciva a nascondere un
sorriso.
Quando Derek
entrò nella stanza la sua espressione
mutò radicalmente: da annoiata divenne sorpresa,
dopodichè incredula mentre i
suoi occhi vagavano da Peter a Rachel e viceversa.
“Non
è una magnifica sorpresa questa, nipote?”
chiese con un sorriso Peter, ma ottenne come risposta soltanto un
ringhio da
parte dell’Alpha.
“Cosa
ci fai tu qui?” chiese severo il lupo, gli
occhi leggermente rossastri.
“Possibile
che tutti appena mi vedono, invece di
chiedermi come sto, mi chiedono perché sono qui?” rispose Rachel sarcastica.
“Forse
perché non dovresti trovarti qui!”
sbottò
Derek, gli occhi ormai totalmente rossi.
“Forse
sono tornata per un buon motivo, non
credi?” rispose acida la ragazza.
“E
sarebbe?” chiese spazientito l’Alpha.
“Il
branco è in pericolo.”
“Guarda,
non me ne ero accorto.” Rispose
ringhiando Derek.
“Non
sto parlando degli Alpha, genio! Parlo dei
fratelli Winchester.” Rispose Rachel alzandosi dal divano.
“Chi
scusa?” chiese Peter intromettendosi nel
discorso.
“Due
cacciatori di demoni e creature
sovrannaturali. Li ho sentiti parlare del branco mentre ero al parco in
Florida,
dicevano che dopo che avrebbero aiutato gli Argent con gli Alpha vi
avrebbero
uccisi, dato che non seguono il codice. Solo che mentre parlavano mi
hanno
vista e attraverso una cena a dir poco imbarazzante che non
starò a raccontare
mi hanno offerto di venire con loro qui.”
“Tu
cosa? -chiese con un ringhio Derek,
avvicinandosi alla ragazza.- Fammi capire bene: sei venuta fin qui per
dirmi
che dei cacciatori volevano farci fuori, con i suddetti cacciatori,
senza
pensare che avresti potuto chiamare ed evitare di rischiare di venire
uccisa da
quei due e dal branco di Alpha?! Ma cosa ti passa per la testa
Rachel?” disse
Derek avvicinandosi pericolosamente alla ragazza.
“Se
non ti conoscessi, direi che sei preoccupato
Derek.” Si intromise Peter, ricevendo un ringhio dal nipote.
“Forse
volevo semplicemente tornare a casa, e ho
colto la prima occasione che mi si è presentata.”
Ammise onestamente la
ragazza, per poi continuare.
“Comunque
Sam e Dean non mi uccideranno, loro
padre ha promesso che nessuno della sua famiglia farà mai
del male a me o alla
mia famiglia.” Rispose Rachel, fissandosi la punta delle
scarpe.
“Come
se ci si potesse fidare dei cacciatori.”
Rispose secco l’Alpha.
“Non
tutti sono come Kate.” Ribatté la ragazza.
“Ora
dove sono questi Winchester?” disse Derek,
cambiando abilmente discorso.
“A
casa mia.” Rispose tranquillamente Rachel.
Derek a quella
risposta serrò la mascella e
strinse i pugni, le zanne che pian piano si allungavano e la rabbia che
bolliva
in lui.
Peter, fiutando
la tensione crescere sempre più,
decise di tagliare la corda e si rifugiò nella propria
stanza.
L’Alpha
continuava a dare le spalle alla ragazza,
i muscoli tesi per la tensione.
Rachel si
alzò dal divano e raggiunse il
licantropo, posandogli una mano sulla spalla.
“Non
dovevi tornare.” Disse il lupo senza degnare
minimamente di uno sguardo la ragazza.
“Faccio
parte del branco Derek. Non possiamo farci
nulla, l’istinto di protezione è più
forte della ragione. Per natura siamo
portati a proteggere il nostro branco anche a costo della vita, che ti
piaccia
o no è così.” Disse Rachel, andando a
mettersi difronte all’Alpha.
“Non
sei solo in tutto questo. C’è tuo zio, Isaac,
ed ora ci sono anche io. Ti aiuteremo, ma tu devi fidarti di
noi.” Concluse la
ragazza, allungando titubante la mano fino a posarla sulla guancia del
ragazzo.
“Sai,
riesco a sentirlo, il legame del branco. E’
come quando torni a casa dopo una lunga giornata stancante: ti senti
meglio,
come se tutti i problemi sparissero. Ti fa sentire al
sicuro.” Aggiunse Rachel,
mentre con il pollice accarezzava lievemente la guancia
dell’Alpha, notando un
abbozzo di sorriso sulle labbra.
“Non
saresti dovuta tornare.” Sussurrò Derek, per
poi attirare verso di sé la ragazza e stringerla in un
abbraccio, affondando il
viso nell’incavo del suo collo ed inspirando profondamente.
Derek
iniziò a strofinare la punta del naso lungo
tutto il collo della ragazza, inspirando con forza, mentre affondava me
mani
nei suoi capelli e le accarezzava la testa.
Quella doveva
essere la normalità per un branco. Il
marchiare i membri con il proprio odore, le carezze, gli abbracci e la
vicinanza dovevano essere fatti quotidianamente per tenere il branco
più unito,
così le aveva spiegato sua zia quell’estate.
Ad un tratto
Derek iniziò a fare le fusa, e Rachel
non riuscì a trattenersi dal fare un commento a riguardo.
“Meno
male che so che sei un licantropo,
altrimenti avrei potuto scambiarti per un gatto.”
L’Alpha
rispose con un ringhio debole, per poi stringere
ancora di più la ragazza mentre continuava ad annusarle il
collo, affondando
sempre di più il volto fra i capelli della ragazza.
“Mi
dispiace interrompere questo momento, ma Scott
è qua sotto che aspetta di poter salire.”
Esclamò Peter entrando in salotto.
Derek gli
rivolse un breve ringhio, per poi
allontanarsi dalla ragazza, salvo farle cenno di sedersi vicino a lui
sul divano.
Una volta
seduta, l’Alpha nascose nuovamente il
volto nel collo della ragazza, salvo poi mormorare un “il
loro odore, è
ovunque, non mi piace.” a mo’ di scusa.
La riunione del
branco non portò a nulla di nuovo:
degli Alpha non vi erano notizie e la venuta de fratelli Winchester
venne presa
come positiva, seppur con cautela.
I restanti
giorni prima dell’inizio della scuola
Rachel li passò quasi sempre a casa di Derek, ed il primo
giorno di scuola si
ritrovò nell’ufficio del preside, convocata dalla
psicologa della scuola.
“Come
stai Rachel?” le chiese la donna.
“Sto
bene, grazie. Come mai voleva vedermi?”
“Ho
pensato che parlare con qualcuno, prima dell’inizio
delle lezioni, ti avrebbe potuto far bene.”
“Che
tradotto significa che il preside le ha
chiesto di accertarsi che non fossi una pazza omicida come Matt, dico
bene?”
“Il
concetto è quello, in effetti. Vorrebbe avere
un tuo profilo psicologico completo.”
Rachel
sbuffò, evidentemente irritata.
“Tu
non ti fidi di me.” Stabilì la donna davanti a
lei.
“Non
mi fido delle persone che non mi considerano
adatta a frequentare una scuola normale.”
“Quindi
tu pensi di poter frequentare le lezioni.”
“Certo,
perché non dovrei? Ho sempre avuto buoni
voti.”
“Scolasticamente
sei impeccabile, ma dal punto di
vista psicologico sei considerata a rischio.”
“Cosa
intende dire?”
“Beh,
hai visto morire entrambi i tuoi genitori e…”
“E
quindi dovrei essere disturbata. Carina come
cosa.” Disse Rachel, interrompendo la psicologa.
“Non
devi prenderla come un offesa. Solitamente i
casi come il tuo hanno alcuni problemi come disordini alimentari,
autolesionismo, disturbo bipolare.”
“Io
sto bene. Certo ho avuto i miei problemi, come
quando morì mia madre e non parlai per mesi. Ma ora sto
bene.”
“E’
quello che ho detto al preside. Dopotutto ho
avuto modo di conoscerti l’anno scorso. Perciò non
ti terrò oltre. Volevo
vedere se fossi motivata a restare qui.” Disse la donna,
alzandosi dalla sedia.
“Domani
potrai iniziare a frequentare le lezioni.
Bentornata alla BHHS Rachel.” Concluse la donna, tendendo la
mano alla ragazza
ed aprendole la porta dell’ufficio per farla uscire.