Giorno di prigionia n° #1

Ore 8:00.

Il viaggio, nonostante alcuni piccoli inconvenienti (leggi: ricostruire l’armadio), è cominciato.

Lo sgorbio, d’ora in avanti chiamato Soggetto Psicolabile o SP, ha preteso che trasportassi il suo bagaglio. Nonostante si trattassero di 13 valigie.

Alle mie obiezioni riguardo quanto sia poco artistico e, soprattutto, poco possibile ciò che mi aveva richiesto, ha replicato che “papino” non avrebbe voluto che “la sua adorata principessa” si spezzasse un’unghia. Ho tentato di farle notare che “papino” non avrebbe voluto neppure che il sottoscritto si spezzasse la schiena.

Il SP ha iniziato a ridacchiare mugugnando qualcosa sulla mia virilità o, per essere più precisi, sulla mancanza di questa. Onde evitare infondati malintesi mi sono accollato il fardello dei bagagli del Soggetto. E il sorriso che lei mi ha rivolto non ha minimamente alleggerito il loro peso. Ovviamente.

Giorno di prigionia n° #2

Ore 9:00

Il. Soggetto. Psicolabile. Vuole. Morire.

La colpa non è mia se le mie mutande sono di un poco artistico rosa o, come lei si è premurata di farmi notare, “di un delizioso rosa confetto”.

Stupido candeggio.

E stupido Soggetto.

*Qualche ora di insulti dopo*

Lei e i suoi sorrisi. E il suo “Ho tanta voglia di fare un bagno, nii-chan, tipregotipregotiprego”. Ho dovuto accontentarla. Accidenti. E no, non mi sono assolutamente divertito quando mi ha cominciato a schizzare, né durante la battaglia di spruzzi.

Io odio l’acqua.

E anche gli spruzzi.

E le mutande rosa confetto.

Il fatto che stessi ridendo è un dettaglio, un microscopico, insignificante dettaglio. Non riconducibile al meraviglioso me. O alla mia splendida persona. E i miei capelli non fanno “Swish”. Idiota di un Soggetto.

Giorno di prigionia n° #3

Ore 12:00

Il Soggetto Psicolabile mi fa sempre più dubitare della sua ridotta sanità mentale.

Alle 5:30 di mattina mi ha gentilmente aiutato a svegliarmi. Infatti è risaputo che un secchio d’acqua gelida è il modo migliore di iniziare la giornata. Alla mia più che lecita domanda (“Perché?!”), ha risposto che sapeva quanto amassi le forme d’arte effimere; ritengo di avere avuto un enorme punto di domanda in testa, perché ha sbuffato per poi aggiungere che l’alba è una di queste e che avremmo potuto guardarla insieme. Alle 5:30 del mattino.

Può darsi che vederla lì, tutta emozionata, mi abbia fatto piacere; ma in ogni caso non lo saprà mai. Sempre se ci sia qualcosa di bello nell’essere svegliati alle 5:30 del mattino.

Penso comunque di averle sorriso, perché è subito corsa ad abbracciarmi. Inciampando nella sua stessa foga per poi schiantarmisi addosso. Devo avere due costole incrinate. Ahia.

Ora il SP sta tentando di convincermi a deviare il nostro percorso così da passare per il Villaggio della Sabbia, blaterando qualcosa sulla bellezza del perdono.

Io non chiederò mai scusa a quel panda dai capelli rossi. E soprattutto non andrò a Suna, fosse l’ultima cosa che faccio.