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Autore: siemdrew    23/01/2013    1 recensioni
Sono quasi 587 anni che Nightly vaga per questa terra. Dopo secoli di vagabondaggio, decide di iscriversi all'Università di Salem, la città delle streghe, per trovare quella serenità e quella calma difficili da trovare in un vampiro antico. Ma a Salem, dove Nightly si immagina una vita normale come ogni essere umano, troverà molte difficoltà e situazioni difficili da gestire. Per fortuna, con lei ci sarà Justin, giovane e ignaro studente.
-Spero che l'introduzione vi attiri, è una storia originale e non vedo l'ora di sapere che ne pensate-
Genere: Azione, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 3
l'aula numero 84

Sono tentata di alzarmi per andare a salutarlo, ma mi trattengo. Per due motivi.
Il primo è che Cameron si insospettirebbe: più volte ho cercato di avere una relazione seria – anche solo di amicizia – con un ragazzo, ma non ci sono mai riuscita perché lui ha fatto fuori tutti. Nessun superstite nel corso dei secoli.
Il secondo motivo è che non sono amica di Justin: siamo compagni di corsi, questo sì, e abbiamo passato la giornata insieme, ma lui è chiuso dentro il suo mondo e io non ho ancora preso abbastanza confidenza per tirarlo fuori.
Quindi lo saluto con la mano e ritorno al mio piatto. Cameron per fortuna sta finendo i suoi spaghetti quindi non si è accorto di nulla. Inoltre Justin non è così coraggioso da venire al nostro tavolo. In sintesi, posso stare tranquilla.
Mio fratello ed io terminiamo la cena, paghiamo il conto – che è anche un po’ alto, ma siamo ricchi, devo ammetterlo – e usciamo dal ristorante DaVinci. Non lancio nessun’occhiata a Justin, nell’attraversare la porta.
«Sono le nove e un quarto», mormora Cameron osservando il cielo.
«E diciassette», preciso.
«Non fa niente», sbotta. «Non credo siano aperti i negozi»
«Allora facciamo insurrezione», propongo puntando verso un negozio di vestiti eleganti.
«Come vuoi, adoro queste cose!»
Io no. Trovo ingiusto entrare di soppiatto nei negozi e rubare, che è quello che stiamo per fare. Ci avviamo verso l’Emporio Armani e ci guardiamo intorno. Apparentemente nessuno ci osserva, così appoggio la mano sulla maniglia della porta del negozio. Faccio un po’ di forza, ma non troppa, e la porta si apre. Siamo letteralmente così veloci che le telecamere di sorveglianza non ci vedono. Neanche il tempo di entrare che siamo già fuori dall’Emporio. Tra le mani ho un sacchetto dorato con dentro vari abiti da sera – non neri. Puntiamo verso un negozio, e poi un altro ancora e poi un altro subito dopo. Ho buste con vestiti di tutte le marche: Zara, Benetton, H&M, Macy’s, Valentino, Versace... Ovviamente lascio i soldi nelle casse. Devo dire di aver speso un bel patrimonio, ma ne vale la pena.
«Perché tu non hai preso nulla?», chiedo a Cameron mentre camminiamo verso l’Università.
Lui fa spallucce, sorreggendo le buste dalla spesa. «Io vesto con vari colori, non ho bisogno di cose nuove. E poi non voglio integrarmi davvero nella società odierna»
Annuisco. Quando passiamo davanti al ristorante DaVinci controllo se c’è Justin ed è ancora lì chino su un tavolo, mentre scrive. Mi affretto a guardare altrove quando lui si volta verso di me di scatto.
 
Vado a letto poco prima di mezzanotte. Ho dovuto prendere alcuni dei miei vestiti neri e portarli nella foresta tra il fiume e la città, dove li ho bruciati. Ora posseggo solo abiti colorati e spero di sembrare più umana con questi. Certo, preferivo i vestiti neri che indossavo prima, ma devo abituarmi alla società moderna. Non è come il vecchio e triste Medioevo, in cui nacqui io.
Per la seconda volta nella mia esistenza, una sveglia suona per me. È solo il secondo giorno di università e già la odio, ora capisco perché nei cartoni animati la buttano a terra e la rompono nei modi più assurdi.
Mi alzo dal letto grattandomi la testa, ancora un po’ nel mondo dei sogni. Stavo sognando la mia casa in Scozia. Mi manca non poco. Mi dirigo verso il bagno e mi faccio una doccia fredda, per svegliarmi. Come sempre quando mi lavo, la stanza prende il sapore del muschio e del cinnamomo. Scelgo dei jeans azzurri e una maglietta a righe bianche e blu. Santo cielo, sto vestendo di azzurro e blu! Mi guardo allo specchio agitata, non sembro io senza il nero addosso. Ho dovuto persino cambiare gli occhiali da sole, ora le lenti sono a specchio e le stecche sono d’oro. Cameron ha davvero una brutta influenza.
Al posto delle mie solite Lacoste Canvas, ovviamente nere, Cameron ha voluto che mi comprassi delle scarpe per persone narcisiste, chiamate Converse. Le ho già viste addosso alle persone e mi sembrano tanto un tipo di scarpe che si indossa per far vedere quanto si è ricchi, alla moda e bla bla bla.
Appena entro in salotto, Cameron mi sorride soddisfatto.
«Sei sexy», mi dice spegnendo la sigaretta nel suo solito posacenere con dentro una donna nuda. «Sembri una liceale normale e socievole, e non una ragazza solitaria e problematica»
«Perché, ieri sembravo una ragazza solitaria e problematica?», chiedo offesa.
«Ah sì», conferma annuendo. «Ma oggi, con questi jeans azzurri, questa t-shirt a righe e queste Converse leopardate sei uno schianto. Se ieri ti cadevano ai piedi, oggi portati un ombrello per ripararti dal triplo delle cadute!»
«Quello che dici non ha senso», sospiro. «E queste Converse leopardate sono davvero scomode»
«Oh, piccola Nightly», dice mettendosi una mano sul cuore e ricordandomi il professore di teatro. «Nella società odierna vige la regola secondo cui l’apparenza  è tutto»
Serro le labbra e vado in cucina ad aprire il frigo. Al contrario di ieri, oggi è pieno di prelibatezze. Scelgo una confezione di fragole, che lavo, taglio e metto in un piattino. Ci aggiungo lo zucchero e faccio colazione. Alle otto meno un quarto metto le cose nella borsa beige, saluto – e, a malincuore, ringrazio – Cameron ed esco dall’appartamento. Mi sento nuova, ma a disagio. Non sono fatta per questo mondo così... così... così tecnologico. Anni fa si viveva bene con un campo, una famiglia e la semplicità. Oggi tutto gira intorno alla bellezza esteriore. Non che un tempo non era così. Ma dilagava la povertà e la povertà causa l’umiltà.
Con questi pensieri profondi, entro nell’università. Tra le tante teste delle persone, riconosco quella di Justin. Appena penso a lui sento il suo familiare odore alla lavanda. Scelgo di ignorarlo appositamente e apro la scheda degli orari scolastici.
«Come mai ieri eri al ristorante?», mi chiede una voce, che mi fa sorridere di riflesso.
«Buongiorno anche a te, Justin. Sì, oggi sto bene. Tu che mi dici?», lo prendo in giro.
Quando mi volto verso di lui, chiudendo la scheda degli orari, lo vedo sussultare.
«Scusa», mormora flebilmente avvampando.
Mamma mia, non cambierà mai.
«Va bene, riproviamo», sospiro. «Stavi uscendo dalla segreteria, giusto? Rifacciamo la scena»
Lui si mette a ridere e cammina fino alla segreteria. Io sorrido e mi metto di nuovo a contemplare la scheda con gli orari. Poco dopo sento l’odore della lavanda, e la voce di Justin.
«Buongiorno, Nightly!», esclama teatralmente. «Come stai oggi?»
 Con fare teatrale rispondo: «Ma ciao, Justin! Io sto bene, tu?»
Ridiamo un poco, cominciando a camminare per i corridoi.
«Non c’è male», mi dice. «Come mai ieri eri al ristorante?»
Faccio spallucce. «Cena con mio fratello»
«Ah, e io che pensavo che il ragazzo che s’ingozzava di spaghetti fosse il tuo fidanzato!»
«Scherzi, Cameron? Morirei, piuttosto»
Come se potessi, penso tra me e me ridacchiando.
«Perché, è così terribile?»
«Non ne parliamo... Che lezioni hai oggi?»
Lui controlla la sua scheda e me la mostra. Devo dire che rispetto a ieri è un poco più aperto. La cosa mi fa piacere, anche se arrossisce per qualsiasi cosa, come se avesse paura di ficcare il naso ovunque nei miei fatti.
«Ah, io alla prima ora ho Danza», gli dico. «Che cosa si fa in Arte Digitale?»
 Nei suoi orari c’è scritto esattamente che alle prime due ore farà Arte Digitale. Magari si disegna, visto che si chiama “arte” ma digitale cosa significa? Sto davvero cominciando a odiare queste modernità.
«Oh, praticamente si elabora al computer le forme d’arte»
Eh?!
«...Non so di cosa tu stia parlando», sorrido. «Credo che andrò nell’aula di danza»
«V-va bene», dice incerto. «Ciao»
«Ti vengo a cercare a pranzo», lo avviso.
Mi volto e vado in avanscoperta dell’aula di danza. Da quel che ho capito dalle spiegazioni fornitemi da uno studente, si trova “nei sotterranei”, o almeno lui li ha chiamati così. In realtà devo raggiungere la zona Est dell’Università, ossia quella più vicina alla foresta, scendere le scale vicino a un bar e aprire la porta dell’aula di danza. Il ragazzo a cui ho chiesto informazioni aveva ragione nel dire che si trova nei sotterranei, perché è davvero sotto il pianoterra. Le luci sono fioche e nelle classi con le porte aperte noto che non ci sono finestre. Apro l’aula numero 141 e mi ritrovo in una stanza a specchi, barre orizzontali di legno e parquet scivoloso. Ci sono una serie di persone – sono ventidue ragazze e otto ragazzi – vestiti con gonnelline e magliette aderenti.
«Oh, benvenuta», mi saluta una donna sorridente.
Ha una maglietta superaderente nera, una gonnellina frufrù rosa, delle scarpette a punta rosa e uno chignon ben elaborato. Noto che è l’unica ad avere quel tipo di scarpette, gli altri sono scalzi.
«Tu sei... Nightly Ciara Mackitosh, esatto?», mi sorride parlando con quella sua voce melliflua che sto cominciando a detestare.
«Sì», rispondo.
«Bene! Io sono la professoressa di Danza, mi chiamo Naomie Dubois», esclama. «Manca Katlies e poi ci siamo tutti. Intanto, Nightly Ciara, va’ pure a cambiarti»
«Non ho i, ehm... vostri tipi di vestiti», mormoro.
Perché questa donna mi mette in soggezione? E perché sorride in quel modo così finto? Se non la smette a fine giornata le faranno malissimo le guance.
«Quasi nessuno li ha, il primo giorno», ride. «Esci dall’aula e prendi la prima porta a sinistra: è uno spogliatoio. Lì ci sono i tutù, scegli la tua taglia»
Lì ci sono i tu-cosa?
Sorrido cortese e metto la scheda degli orari nella borsa beige. Poi mi volto per uscire dall’aula ed entrare nello spogliatoio. Ma appena apro la porta un ragazzo viene a sbattere contro di me. La professoressa Dubois lo riconosce subito, infatti gli dice di seguirmi negli spogliatoi.
«Ah, sei Miss Non Importunarmi», mi dice il ragazzo una volta chiusa la porta alle nostre spalle.
Sento suonare la campanella delle otto e incuriosita dal ragazzo, lo guardo. Oh, lui è quello di ieri mattina! Com’è che si chiama...?
«Sì, e tu saresti? Dustin? Darren?»
«Dylan», mi corregge ridendo. «Dylan Katlies. E tu ti chiami...?»
«Mi chiamo Non Importunarmi, te l’ho detto. È un nome bengalese»
Dylan Katlies scoppia a ridere, quando io non volevo divertirlo. Insomma, volevo divertire me stessa prendendolo in giro. Ma è buono che sappia ridere di se stesso, alcune persone sono davvero suscettibili. Basta che le prendi un po’ per i fondelli e si arrabbiano. Un po’ come Cameron, ecco.
Apre la porta dello spogliatoio e si dirige a passo sicuro verso degli armadietti. Ne tira fuori i vestiti frufrù di cui parlava la Dubois, i tu-cosa.
Cerco la mia taglia e mi chiudo in una cabina per cambiarmi. Mi guardo nello specchio e trattengo il fiato. Non so se definirmi decente o ridicola. Se fosse un vestito direi decente. Ma sono una maglietta nera e una gonna a veli ballonzolanti, quindi opto per il ridicolo. Esco dalla cabina e trovo Dylan a petto nudo che fruga in un armadietto.
«Miss Non Importunarmi, non vorrai mica andare a fare danza a gambe nude», ride lui.
«E tu non vorrai mica andare a fare danza senza maglietta aderente», ribatto.
«Ne ho sto cercando una più larga, l’altra mi soffocava»
Certo, lui non ha mai conosciuto i corpetti. Meglio evitare l’argomento, però questo lo rivelo: nel Medioevo non esistevano i corpetti, ma indossavamo dei vestiti così stretti che una volta, al matrimonio di un nobile a cui fui invitata, svenni. Davvero! Stavo ballando con Cameron alla festa di nozze, quando a un certo punto non riuscivo più a respirare. Risultato? Caddi a terra svenuta davanti a tutti.
«Capisco»
Dylan tira fuori dall’armadietto un paio di calze trasparenti e le provo. Sono comode. Lui indugia con la testa nell’armadietto – non ci credo che una maglietta lo soffocava, è tutta scena per mettere in mostra il suo bel corpo. Si volta con la maglietta in mano e se la infila. Mamma mia, che bello. Mi trattengo dallo sbavare e lo guardo in tralice. Prendo la mia borsa, appendo i miei vestiti in un armadietto e seguita da Dylan Katlies torno all’aula 141.
 
È pazzesco quanto sia buono il cibo che servono nella mensa. Nei film i liceali ripudiano letteralmente il cibo offerto dalla scuola e ora non capisco il motivo. Alla Chic Arts University of Salem invece sembra di stare in una reggia. I tavoli sono di legno pregiato e ci sono enormi finestroni alle pareti, che rendono tutto luminoso. Se la leggenda secondo la quale i vampiri bruciano al sole fosse vera, a quest’ora sarei morta. Ma per mia fortuna ho convinto Stoker ad aggiungere il dettaglio nel suo libro, per proteggermi: se gli umani credono che al sole siamo vulnerabili, al sole non mi cercheranno mai.
«Questa Caesar Salad è davvero buona», sorrido a Justin.
«In effetti è sospetto che ci servano cibo di qualità»
Lo guardo stranita. «E grazie, con tutti i soldi che paghiamo»
Lui mastica lentamente e si guarda intorno, poi mi fissa perplesso prima di ingoiare.
«Non intendevo quello. Nightly, hai presente i tempi del liceo in cui nelle mense si fanno lotte con il cibo e si mangiano hamburger riciclati e patatine fritte nell’olio bruciato?»
Poche volte mi chiama per nome e questo mi diverte, perché si imbarazza.
«...Ehm, sì, giusto», mormoro poco convinta continuando a mangiare. In realtà non capisco, perché non sono mai stata al liceo. «Nel pomeriggio che lezioni hai?»
«Canto, aula numero 84», risponde prontamente reprimendo un sorriso.
«Anche io», sorrido. «Forza, mancano dieci minuti. Avviamoci»
Buttiamo i piatti di carta biodegradabile nei cestini appositi e ci dirigiamo verso l’area Nord dell’istituto, più o meno dove si trova la mia palazzina. Camminiamo per i prati, sotto il sole cocente dei primi di settembre.
«Certo che potrebbero mettere dei trenini che ti portano in giro per il campus», ridacchia Justin.
«Almeno smaltiamo un po’ camminando», dico.
«E ci abbronziamo»
Ah be’, figuriamoci se posso abbronzarmi.
Come l’aula di danza 141, anche quella di canto si trova “nei sotterranei”. È un’aula insonorizzata, con vari strumenti musicali – chitarre, flauti, flauti traversi, violini, nacchere – appesi alle pareti, come trofei. In effetti ci sono dei trofei, brillanti e puliti, che ci fissano dall’alto di un armadio con le ante a vetri oscurati. C’è un enorme stereo incastonato in una parete e dei microfoni professionali. Mi piace.
Justin ed io siamo tra i primi ad entrare nell’aula 84, ci sono solo altre tre persone compresa una professoressa, che si presenta come Katja Rice. È molto giovane e solo guardandola so che ha venticinque anni compiuti da qualche giorno. È per questo che ci prega di chiamarla Katja.
«Chi di voi ha conosciuto il professor Hive?», domanda quando siamo tutti presenti.
Justin e io alziamo la mano e così anche altri studenti.
«Bene, perché anche noi alla prima lezione dell’anno faremo un’estrazione!», esclama entusiasta porgendomi un sacchetto di velluto rosso scuro, che subito mi ricorda il sangue.
«Di’ il tuo nome e pesca»
«Nightly Ciara Mackintosh», rispondo infilando una mano nel sacchetto.
Pesco un biglietto arancione e lo apro. C’è scritto “Halo di Beyoncé”. E cosa sarebbe…?
«Oh, Beyoncé!», ride Katja. «La adoro, che fortuna che hai! Oh, Justin ciao», dice poi guardando il ragazzo accanto a me.
«Salve, Katja»
Justin mette la mano nel sacchetto e dopo un po’ apre un bigliettino lilla. Mi sporgo sulle sue spalle per leggere. Dice: “I Can Be a Freak di Estelle”. Justin fa un cenno d’apprezzamento e Katja fa pescare a tutti gli altri.
«Ehi», mi sibila una ragazza, molto carina. «Io ho preso Climax di Usher, facciamo a cambio? Non so fare gli acuti...»
Cos’ha preso questa…?, mi chiedo porgendole il mio biglietto. Ma Justin interviene e prende il biglietto della ragazza, che lo guarda truce.
«Usher lo canto io», dice fiero, per poi arrossire e abbassare la testa.
Non ho capito niente. Quindi stringo nella mano il mio bigliettino arancione e lo infilo in tasca. Do un’occhiata a Justin, domandandomi quale sia il problema. Ma lui mi fissa a labbra serrate.
«Cosa non va?», domando aggrottando la fronte.
«Sono indeciso», risponde mordendosi un labbro. «Usher è il mio cantante preferito, ma lo è anche Beyoncé. Quindi non so se chiederti di fare a cambio»
Faccio spallucce e mi volto, senza rispondergli. Non darò a nessuno il mio biglietto. Non so chi sia questa Beyoncé, ma ho intenzione di cantare qualsiasi canzone sia sua. Anche Halo, che non ho mai sentito. Forse Cameron ha ragione quando dice che sarebbe meglio se mi integrassi al cento per cento nella società moderna, per stare con gli umani. Dovrei comprarmi un iCorp o un iPom o come si chiama. Forse iPod, però…
Come è successo con il professore di teatro, andiamo in ordine alfabetico. Justin è il secondo, visto che il suo cognome inizia con la B.
Si mette al centro della stanza, dietro a un microfono, e si mette le cuffie sulle orecchie. È abbastanza agitato, davanti a tutti noi, infatti emana un pungente aroma di rose e zolfo. Però devo ammettere che sembra fatto per stare lì, microfono alla bocca e cuffie sulle orecchie.
Una melodia mesta parte e subito Justin comincia a cantare. Ho letteralmente la pelle d’oca, ha una voce bellissima. Non sbaglia gli acuti di cui parlava la ragazza e piano piano si lascia andare. Ora profuma di amarena, che è l’amore, e di melograno, che è la felicità. E sebbene ci siano quasi trenta persone di fronte a lui, ho l’impressione che si senta da solo, magari in camera sua al sicuro, mentre canta sulle note del suo cantante preferito.

Gutentag, Freunden! ahah sì, faccio tedesco al liceo** allora, eccoci al terzo capitolo, woah! che ne dite, eeeh? vi dico, è casuale la scelta dei cantanti: l'altro ieri in bus stavo pensando a come continuare la storia e intanto ascoltavo l'mp3. quando è partita Halo, mi sono immaginata Nightly che cantava e quindi le ho fatto pescare Beyoncé. a Justin ho dato I Can Be a Freak perché mi piace ahah e invece ho scelto Usher perché ho chiesto a mio fratello che lettera dell'alfabeto preferisce, mi ha detto la U e Climax era la prima canzone di un artista il cui nome inizia con U, nella mia playlist. e un'altra cosa, la Chic Arts University of Salem è inventata da me. ahahah non so perché "chic", ma mi sapeva di qualcosa di elegante, come questo istituto.
dunque, fatemi sapere cosa ne pensate di questo capitolo c: come personaggi vi piacciono Nightly e Cameron? ditemi i vostri pensieri u.u 
ringrazio @bieberismyhope per la recensione :D
siemdrew

   
 
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