Storie originali > Fantasy
Segui la storia  |       
Autore: Dridri96    23/01/2013    2 recensioni
«è in ogni cosa, ma niente è adatto a lui.
Se lo incontri è la fine,
se lo sconfiggi è un nuovo inizio.»
La città è impazzita, nulla è come prima. Kyra è l'unica che può evitare la catastrofe, ma il tempo scarseggia. Avrà abbastanza forza e coraggio da non cadere nell'oblio?
Genere: Avventura, Azione, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Cap 8







Non ci preoccupiamo di osservare quello che ci circonda: Alex si butta a terra con una mano alla tempia, io mi siedo in un angolo perché tremo da capo a piedi e le mie gambe non riescono a sorreggere il mio peso.

Nessuno dei due parla, ognuno è isolato nel proprio mondo. È come se mi fossi appena risvegliata da un incubo del quale non ricordo i particolari: so solo che avevo paura e correvo.
Dopo qualche minuto, in cui riprendo fiato, mi volto a guardare Alex: sembra stare peggio di me. Mi avvicino a lui e gli poso una mano sulla spalla, ma lui mi afferra il braccio e mi spinge via. I suoi occhi sono arrossati, pieni di lacrime, il suo volto è contratto in un’espressione di dolore, paura e rabbia.
Mi allontano, con una mano sul petto: sento il cuore battere più forte che mai. Lui si copre il viso e si lascia cadere a terra.
Qualsiasi cosa l’ombra gli abbia fatto vedere doveva essere davvero orribile.

«Vuoi mangiare qualcosa?», domando. Non sopporto rimanere qua, in piedi, a fissarlo senza muovere un dito, ma non mi viene nient’altro da dire.
Lui inizia a dondolare su se stesso, senza darmi una risposta.

Io mi siedo in un angolo, estraggo dalla borsa un pezzo di pane e lo mangio.
Non me n’ero resa conto, ma qua dentro fa davvero freddo. La temperatura dev’essere di qualche grado sopra lo zero al massimo.
Improvvisamente sento la fronte sudare: fa così caldo che mi manca il respiro, ma so che è dovuto alla paura. Quando usciremo? Quanto tempo dovremo rimanere nascosti qua dentro?
Le mani mi tremano. Io detesto il freddo.
Torno a sentire quell’orribile sensazione di gelo dentro le ossa, così mi rannicchio su me stessa.
Io ed Alex non ci rivolgiamo la parola per più di un’ora, poi lui si avvicina a me per prendere del cibo.

«Stai meglio?», chiedo, vedendolo gustarsi l’ultimo dolcetto rimasto. Come risposta mi rivolge un grugnito, senza nemmeno guardarmi negli occhi. Che lo voglia o no, dobbiamo parlarne.
«Cos’hai visto?». Smette di mangiare. Una mano gli trema impercettibilmente per qualche secondo.
«Non so di cosa tu stia parlando», risponde evasivo.
«Lo sai benissimo invece». Non ha intenzione di parlare. Capisco che per lui sia difficile affrontare l’argomento, capisco che si vergogna ad aprirsi con me, ma è necessario: dobbiamo raccogliere tutte le informazioni possibili ed elaborarle.
«Non ho visto niente». Si ficca in bocca l’ultimo pezzo di dolce e si gira, dandomi le spalle.
«Lo so, capisco che non ne vuoi parlare, ma sarebbe importante raccogliere le informazioni. Scopriremmo qualcosa di più». Uso un tono di voce più dolce e comprensivo, ma non serve a niente. Sono tutti sforzi inutili.
«Allora perché non cominci tu, eh?», risponde seccato, alzandosi d scatto e dirigendosi verso la parete opposta.
Decido di lasciar perdere: spiegargli che io non ricordo nulla non servirebbe a fargli cambiare idea. E comunque, sto meglio da sola. La situazione è già abbastanza critica, lui serve solamente a peggiorare il mio umore.

Non ho niente da fare, così ricontrollo il cibo rimasto. Ora avanza un po’ di spazio nello zaino, così ci aggiungo quello che trovo in giro: prendo ben poco. Ovviamente è tutto cibo che necessita la conservazione al freddo.
Chiudo lo zaino e guardo le mie mani: sono completamente rosse, faccio fatica a muoverle a causa del freddo. Decido allora di mettermi un’altra felpa: sto scomoda, ma almeno sento un po’ calore in più.

Estraggo anche la coperta. È quella verde a strisce grigie che usavo ogni volta che ero ammalata. Mia madre mi preparava un tè caldo e me la portava a letto, così lo sorseggiavo da sotto la coperta, mentre leggevo un libro. Era sempre così rilassata, che mi sentivo sempre meglio.
Ma non dovrei tenerla io adesso. Non dopo che Alex mi ha salvato la vita. Sono in debito con lui, così mi alzo, mi dirigo da lui, lascio cadere la coperta sulle sue gambe e torno a sedermi nel mio angolo. Non fa domande, non mi ringrazia nemmeno: ha capito e, probabilmente, pensa che gli spetti di diritto dopo quello che ha fatto per me.
Mi rannicchio e cerco di addormentarmi, ma non è facile. Ho le dita delle mani congelate, come i piedi e le guance.
Alzo il cappuccio della felpa, ma non mi protegge abbastanza.
Osservo Alex, dall’altra parte della cella: lui ha la coperta, ma non una felpa sopra un maglione di lana (come me). Infatti lo vedo tremare, mentre si sfrega le mani.
In due ci scalderemmo meglio, ma io non oso andare da lui. Guardandolo provo una sensazione strana: provo pena nei suoi confronti, per il freddo e tutto quello che ha passato, ma non posso fare a meno di sentire il calore della rabbia ribollire nel mio stomaco.
Passa qualche ora, prima che mi renda conto del fatto che sono riuscita ad appisolarmi qualche minuto. Ovviamente non mi sono riposata, anzi, i miei muscoli sono sempre più tesi a causa del freddo.

Mi chiedo per quanto ancora rimarremo chiusi qua dentro. Perché l’ombra non è riuscita a inseguirci fino a qui? Cosa le ha impedito di entrare assieme a noi nella cella? Non credo che una porta possa ostacolarla. Eppure qui dentro ci dev’essere qualcosa che le ha impedito di entrare. Il freddo? Ne dubito: l’ombra non ha un corpo.
Mi guardo attorno, ma non vedo nulla che suggerisca una risposta alle mie domande.
Mi chiedo per quanto resisteremo, chiusi qua dentro. Io di certo non per molto. Ma preferirei uscire e rischiare di incontrare gente pazza e violenta, o peggio, proprio l’ombra?

Vorrei poterlo chiedere a qualcuno, vorrei avere qui con me una persona in grado di risolvere il problema, o anche solamente di dirmi che andrà tutto bene. Di certo questa persona non è Alex: lui è solamente capace di infastidirmi, finire il cibo e salvarmi la vita.
Ma forse non ho bisogno di nessuno, ce la posso fare da sola, sono una ragazza intelligente. Devo pensare: cosa può bloccare un’ombra? Al buio non può crearsi, eppure tutti sono impazziti di sera, quando il sole era già calato. No, non è stata l’oscurità a bloccarla. Dopotutto qui la luce è accesa, quindi avrebbe potuto raggiungerci.
Che abbia voluto darci una tregua? Non posso saperlo, ma qualcosa mi dice che era fin troppo determinata per abbandonare la sua preda.
Sento di avere la risposta a tutti i problemi nella mia mente, ma non riesco proprio a raggiungerla. È bloccata, non vuole uscire.
Forse mio padre saprebbe cosa fare. La voglia di correre, raggiungere la casa di Eveline per prendere il cellulare e contattarlo è talmente forte che mi avvolgo il torace con le braccia per trattenermi dal farlo.
Mi sembra di stare davvero impazzendo.

«Non hai freddo?», chiede Alex, cercando di mantenere un tono di voce tranquillo, ma si sente che si trattiene a malapena dal battere i denti.
«No, sto bene così», mento spudoratamente. So di essere un’idiota, dovrei mettere da parte l’orgoglio e approfittare del suo buon umore per avvicinarmi e scaldarmi con la sua coperta, ma proprio non ci riesco.
«Andiamo, stai tremando». Scuoto la testa. È vero: non riesco a stare ferma.
«Se vuoi venire qui puoi metterti anche tu sotto la coperta».
«No, quella è tua, te lo devo», rispondo seccata, ma non posso fare a meno di guardare la coperta con desiderio. Si deve stare davvero bene avvolti dalla sua soffice lana.
«Te lo chiedo io. Se ti dicessi che mi faresti un favore, verresti qui con me?», domanda sfoggiando quel suo sorrisetto malizioso ed arrogante con il quale conquistava tutte le ragazze della suola. Ma non me. Quella sua espressione strafottente mi fa solamente tremare le mani dalla rabbia.
«Forse», dico usando un tono duro.
«Andiamo, in due staremmo più caldi». Mi metto a braccia conserte e mi volto dall’altra parte.
Sento che si sta spostando e non ci metto molto a capire che se non vado io da lui sarà lui a venire da me. Infatti si siede e mi copre con la coperta.
«Grazie», dico, stringendo la coperta e scaldandomi finalmente le mani. Lui intanto prende un’altra giacca dallo zaino e se la infila sopra.
Con fare spavaldo mi circonda le spalle con un braccio. Mi allontano seccata, ma Alex mi impedisce di spostarmi.
«Così stiamo più caldi», dice con aria innocente. Così mi appoggio a lui, posando la testa sulla sua spalla. Mai e poi mai avrei immaginato di stare da sola e così vicina ad Alex Hunt.
Lo guardo: sembra sereno, finalmente tranquillo, così ne approfitto.

«Allora, mi dici cos’hai visto?», domando usando un tono di voce dolce e indifeso. Lui mi stringe per un secondo ancora di più a sé.
«Ho visto i miei genitori», la sua voce trema, ma non a causa del freddo. «Mio padre era un medico, salvava le persone, le curava, e lo stesso faceva mia madre, anche se in un modo diverso. Sai, lei era psicologa. Li vedevo mentre aiutavano tutta quella gente. Tutti li amavano, li apprezzavano. Tutti in città tessevano le loro lodi ogni volta che dicevo di essere loro figlio. Avevano un sacco di amici, chi poteva odiarli? Erano le persone più fottutamente gentili del mondo.
Vedevo la ragazza anoressica di quindici anni che mia mamma aveva aiutato, l’uomo che mio padre aveva salvato dopo un incidente in auto.
E poi c’ero io. Picchiavo dei ragazzini indifesi solamente per avere un attimo di fama, per essere accolto nel gruppo più “cool” della scuola.
Non saprei nemmeno contare tutte le volte che sono tornato ubriaco a casa, o con una minaccia di espulsione dalla scuola. I miei sembravano sempre più delusi, più disgustati. So che tutti si chiedevano come potessi essere proprio io, il peggiore di tutti, il figlio di una coppia così perfetta. Me lo chiedevo anche io. Anzi, me lo chiedo ancora».

Non posso fare a meno di ricordarmi di quello che ha fatto a me ed Eveline. Dovrei sentire rabbia, repulsione nel stargli vicino, ma sono curiosa di sentire cos’altro ha da dire, così rimango immobile, in ascolto.

«Ho fatto del male a tante persone». Mi guarda negli occhi e deglutisce a fatica. Entrambi stiamo pensando ad Eveline.
«Per me era tutto un gioco. Quando i miei si lamentavano mi arrabbiavo, pensavo fossero loro gli stupidi», si interrompe per un attimo, non so perché. Poi riprende: «L’ombra faceva il confronto tra di noi. Ad un tratto mio padre stava operando una donna, quando il  suo volto veniva sostituito dal mio. Uccidevo la paziente. Era mia madre». Sento un colpo al cuore: ora capisco perché era così arrabbiato. Come biasimarlo?
«Loro sono impazziti, ora forse sono morti, non lo so. Io sono vivo, sano, e mi chiedo perché. Loro meritavano la vita molto più di me, non avevano mai fatto del male a nessuno. Io invece sono un mostro. Se ne sono andati con la convinzione di aver sbagliato tutto con il loro unico figlio, con la convinzione che fosse colpa loro se sono così. Ma ormai è troppo tardi, non posso più fare niente per renderli orgogliosi, ho sprecato tutto il tempo che avevo a disposizione». Smette di parlare, ha un groppo in gola: le ultime parole erano a malapena sussurrate.
Lo abbraccio forte e mi stringo a lui. L’ho sempre odiato, qualche volta gli ho augurato di provare quello che faceva passare ai ragazzini che torturava con le sue cattiverie. Ora mi rendo conto che non merita di soffrire, ha commesso i suoi errori e si è pentito, anche se troppo tardi.
Credo che sia stato punito già abbastanza per quello che ha fatto.

«Mi dispiace», sussurro, mentre lui mi accarezza la schiena. Lo vedo asciugarsi di nascosto una lacrima, ma non dico nulla. Cerco di stargli vicino come posso.
«Mi dispiace per quello che ho fatto a te ed Eveline».
«L’importante è che tu abbia capito i tuoi errori». Nonostante ciò, sono felice di sentire finalmente delle scuse da parte sua.
Rimaniamo in silenzio per un po’ di tempo, con un ronzio di sottofondo.

«Tuo padre invece dov’è?», domanda a bassa voce, quasi con timore.
«È scappato», rispondo semplicemente.
«E ti ha lasciata qua tutta sola?», domanda agitato, allontanandosi da me.
«Gli ho chiesto io di lasciarmi qua. Pensavo di poter fare qualcosa, ma non volevo trascinarlo con me in un possibile fallimento. Lui si fidava di me, così ha fatto quello che gli avevo detto ed è partito». I suoi occhi si illuminano di... ammirazione? Non lo so, non l’ho mai visto così.
«Sei una vera guerriera. Forse dovevo prenderti un’armatura al posto della felpa che ti ho portato», dice indicando ciò che ho addosso. Scoppio a ridere e mi appoggio di nuovo a lui.
Sembra passata una vita intera dall’ultima volta che mi ero sentita davvero felice.
«Avevi qualche dubbio sul mio coraggio?», domando quasi offesa.
«Oh no, e chi se la dimentica la scenata che mi avevi fatto in corridoio? Solo a ripensarci tremo dalla paura». Scoppiamo entrambi a ridere.
Non sento nemmeno più tanto freddo, sono così sollevata e allegra che niente potrebbe rovinarmi il morale in questo momento.
«Forse sarei stata un membro valido della vostra gang». Lui annuisce e inizia ad imitare le urla che gli avevo rivolto quel giorno.
«Ti giuro che quando ti ho vista ho pensato: perfetto, con tutte quelle  che potevano sopravvivere è rimasta l’unica in grado di spararmi un colpo».
«E io avevo pensato: con tutti quelli che potevano rimanere, è rimasto proprio il più idiota, fastidioso e brutto». Scoppio a ridere, mentre lui mi allontana con aria sconvolta.
«E così io sarei brutto eh?». Sto quasi piangendo dal ridere. Gli tiro una sberla sul braccio e mi appoggio di nuovo alla sua spalla.
«Chi l’avrebbe mai pensato? Io e te che ridiamo e scherziamo. Forse siamo davvero impazziti», dico trattenendomi dal scoppiare nuovamente a ridere.
Lui è totalmente d’accordo.

Ci guardiamo per un attimo negli occhi, finalmente felici e tranquilli. L’unico attimo di pace nella bufera. Mi posa un bacio tra i capelli ed è così che, finalmente, mi addormento. 


Angolo Autrice_

Salve a tutti! :)
CHIEDO PERDONO! Scusate se ho pubblicato così tardi, ma la scuola mi ha portato via un sacco di tempo. Spero non succeda mai più, ma soprattutto spero che questo capitolo vi piaccia (altrimenti mi potrete tirare delle pietre ç_ç)
Come sempre ringrazio tutti quelli che hanno letto e recensito la storia fino ad ora, davvero, siete i migliori!
Vi chiedi di dirmi il vostro parere anche su questo capitolo. 
Baci :*

DriDri_

  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: Dridri96