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Autore: ashura    28/07/2004    2 recensioni
Cho Gono... non ride mai...non piange mai...è un bambino che quasi fa paura. Harumi Kawajima è la nuova arrivata all'orfanotrofio. Il suo sorriso è tanto caldo che ricorda la primavera. Harumi è la primavera, il calore, la luce... ma è dove la luce splende di più che l'ombra si fa più fitta...
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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(rubo solo una riga per ringraziare Jaly Chan che ha commentato! ;))

Harumi alzò la mano per bussare e, ancora una volta, alla fine non trovò il coraggio di farlo ed entrare. Per quanto la madre superiora l’avesse tranquillizzata, dietro a quella porta continuava ad esserci un incognita per lei… un nuovo mondo, il suo nuovo mondo… ma non c’era nulla che le assicurasse che quella nuova realtà l’avrebbe accettata.
Dall’interno sentiva provenire l’allegro vociare tipico di una classe piena di bambini: anche quella era una novità per lei, che aveva sempre avuto un insegnante privato. Ma davvero quello era l’ultimo dei suoi pensieri: le domande che continuavano a martellarle in testa erano altre… Chi avrebbe trovato dietro a quella porta? Quali bambini sarebbero diventati la sua nuova famiglia? Era proprio il timore di affrontare quelle domande che la bloccava ogni volta che tentava di bussare. Non era sicura di voler essere messa di fronte a ciò che il destino le aveva preparato.
La piccola fece un profondo sospiro: d’altro canto, non avrebbe potuto rimanere dietro a quella porta per sempre. Alzò fieramente lo sguardo e, decisa, diede due leggeri colpi al legno della porta.
Un silenzio improvviso rispose al suo gesto; Harumi fece un altro sospiro e, sperando con esso di essersi scrollata di dosso tutte le sue paure, entrò.
Le sembrava di stare giocando alle belle statuine: tutti i bambini all’interno della classe erano rimasti immobili nella posizione che avevano quando lei aveva bussato… tutti fissi, pietrificati, e con lo sguardo rivolto verso di lei. Harumi sentì di stare arrossendo, per cui lanciò un rapido sguardo attorno alla stanza per individuare il banco vuoto che era stato preparato per lei: grazie al cielo, era in prima fila, poco distante da lì. Non avrebbe dovuto sfilare in passerella troppo a lungo.
La bambina cercò di essere il più disinvolta possibile mentre si avviava verso il suo posto, anche se il pensiero di avere tutti gli occhi puntati addosso non era certo edificante… era così imbarazzata che non trovò nemmeno il coraggio di alzare lo sguardo. Ma quei tanti occhi che la scrutavano, in realtà, non avevano atteggiamento distaccato o inquisitorio, anzi…
Harumi si trovò a pregare che la madre superiora arrivasse presto, e iniziasse a fare lezione: tutta quell’attenzione nei suoi confronti la stava mettendo troppo a disagio! Cosa avrebbe dovuto dire? Cosa si aspettavano quei bambini da lei? La tensione la stringeva così tanto che le pareva di muoversi con la stessa scioltezza di un burattino di legno… ma questo era quello che sembrava a lei. La realtà era molto diversa, e se n’erano accorti tutti.
“Ve l’avevo detto!” sussurrò Mami a Rui e Yu che- incantati – non riuscivano a staccare gli occhi dalla nuova arrivata, “È una specie di principessa!”
“Accidenti se è bella…” si lasciò sfuggire Yu, guadagnandosi l’ennesima occhiata gelida da parte di Mami. Il bambino si mise subito sulla difensiva e sibilò: “È inutile che ti offendi! Ho detto solo la verità!”
Mami stava per dar inizio al consueto scontro verbale, quando si sentì un rumore sordo squarciare la cappa di silenzio che era calata. Immediatamente tutti gli occhi attoniti dei ragazzi lì dentro si spostarono verso il pavimento, alla ricerca della cosa che era caduta provocando quel rumore.
“Ah… che imbranato!” ridacchiò Mami, coprendosi la bocca con la mano. Era stato Hiroyuki a fare quel baccano: a quanto pareva, l’aver constatato chi sarebbe stata la sua nuova vicina di banco l’aveva talmente shockato che non si era nemmeno accorto di quanto il suo portapenne fosse in bilico…e infatti aveva finito per cadergli, aprendosi e sparpagliando tutto il contenuto lì attorno. Proprio una bella figura!
Il bambino grassoccio, come risvegliandosi da un sogno, riuscì a staccare lo sguardo da Harumi e a indirizzarlo verso le sue cose.
“Quello è ancora così incantato che non si rende nemmeno conto della figura da scemo che ha fatto…” commentò Yu, grattandosi la testa, “Vediamo quanto ci mette prima di accorgersi che dovrebbe raccogliere tutto!”
“Ah, e poi quella senza cuore sarei io, vero?” lo rimbeccò Mami.
Harumi, che come gli altri si era bloccata quando il portapenne era caduto, sorrise: si era presa un bello spavento, tesa com’era, ma in effetti quel portapenne era stato provvidenziale… aveva rotto l’atmosfera pesante che si era creata, e ora lei si sentiva molto meglio; non perse tempo e si chinò a raccogliere le varie matite e penne che si erano sparse. Hiroyuki era così inebetito da non riuscire a far altro che guardarla, ma lei sembrò non curarsene: dopo aver raccolto tutto, lo ripose nel portapenne e – rialzandosi – lo riappoggiò sul banco del bambino. Hiroyuki, arrossendo come un pomodoro davanti ai suoi occhi neri, balbettò un: “Grazie….”
Harumi gli sorrise di nuovo e si sedette al suo posto, accanto a lui.
La classe era sbigottita: infondo quella bambina non aveva fatto niente di speciale… aveva solo raccolto un astuccio che era caduto a terra… e non c’era nulla di affascinante o spettacolare in quel gesto. Eppure era riuscita a farlo con una grazia che aveva ammutolito tutti. E poi il suo sorriso: com’era bello! Quando sorrideva quella ragazzina riusciva a brillare… un solo suo movimento bastava per immobilizzarli tutti… un suo solo gesto inaspettato era capace di incantarli…
Il rumore della porta che si apriva e i passi frettolosi della madre superiora che faceva il suo ingresso nella stanza ruppero improvvisamente la magia: come frastornati, i bambini si voltarono verso di lei che li salutò come al solito cortesemente.
La donna prese posto alla cattedra, preparandosi a iniziare la lezione: stava ancora preparando i vari libri sul tavolo quando si accorse che i suoi bambini erano fin troppo calmi quella mattina… alzò la testa per osservare incuriosita la sua classe… e dagli sguardi dei suoi piccoli allievi capì che cos’era successo. Avevano la stessa espressione che aveva visto sulla faccia di Daigoro. E anche la stessa che avevano avuto la sera prima lei e l’altra suora che avevano accolto Harumi. Quella strana quiete era un omaggio alla nuova arrivata. La suora sorrise: era strano il fascino che quella bambina riusciva a esercitare sugli altri… beh, a quel punto, tanto valeva fare le presentazioni ufficiali. In effetti, li aveva fatti attendere anche troppo.
“Bambini… come vi avevo già detto, oggi abbiamo tra di noi una nuova ospite!” esordì, introducendo il discorso. Poi, rivolgendosi ad Harumi: “Vuoi venire tu a presentarti?”
La piccola annuì e si alzò per raggiungerla accanto alla cattedra. Di nuovo la bambina si ritrovò nella spiacevole condizione di essere al centro assoluto dell’attenzione: cercò di mascherare il rossore che si sentiva sulle guance e il tremolio delle gambe con un tono di voce gentile ma sicura.
“Il mio nome è Harumi Kawajima…” disse, inchinandosi leggermente. Poi, raddrizzandosi e sorridendo ai suoi nuovi compagni, aggiunse: “Molto piacere!”
Di nuovo la classe rimase un po’ sconvolta davanti al fascino che emanava la loro nuova compagna, e la donna si rese conto che quella esile figurina, con quei lucenti occhi neri, li aveva già conquistati. Per cui fu più che altro per soddisfare il consueto rito che aggiunse: “Di certo vi ricorderete quanto eravate emozionati e forse anche un po’ spaventati quando siete arrivati qui la prima volta… per cui vi prego di essere gentili con Harumi e di farla sentire a suo agio, d’accordo?”
Tutte le testoline, a quelle parole, annuirono: la madre superiora sorrise. Non ne aveva dubbi…
Solo un testa era rimasta ferma: quella di Gono.
La suora lo squadrò rapidamente: nulla, nella sua espressione, sembrava essere diverso dal solito. Sospirò un po’ sconsolata: aveva sperato che Harumi sarebbe riuscita a smuoverlo, almeno un po’… invece…
“Puoi tornare pure al tuo posto, cara… così potremo iniziare la lezione!” si affrettò a dire alla bambina, cercando di non permettere a nessuno di capire quali fossero i suoi pensieri, “Immagino che tu abbia già un buon livello d’istruzione, ma nel caso non dovessi capire qualcosa, basterà solo che me lo dica, d’accordo?”
“D’accordo!” rispose Harumi, ritornando al suo posto felice di non essere più la protagonista di quel siparietto.
“Accidenti… che fortuna, Hiroyuki…” sospirò tristemente Yu, accasciandosi sul banco, “Come vorrei essere al suo posto…”
“Non credi di essere un po’ maleducato verso di noi?” gli chiese acidamente Mami, facendogli notare come lei e Rui gli stessero sedute accanto.
“Avete visto com’è bella? E che voce dolce che ha!” si intromise Rui, ignorando il precedente discorso, “Non vedo l’ora di diventare sua amica!”
“A chi lo dici!” annuì Yu sognante.
“Già, come tutti… a parte uno…” commentò Mami, alludendo alle sue spalle dove Gono, apparentemente un po’ annoiato, aspettava di poter iniziare la lezione guardando fuori dalla finestra.
Rui scosse la testa mentre Yu non riuscì a trattenersi dallo sbottare: “Ma di cosa è fatto quello? Di pietra? Come può rimanere così indifferente?”
Mami e Rui stavano per dire la loro quando, improvvisamente, videro qualcosa che le spinse a rimandare il discorso, e ad aprire frettolosamente il libro, chinandocisi sopra come diligenti studentesse. Yu rimase perplesso a guardarle: “Beh? Ma che cavolo vi prende?”
“Yu!” lo chiamò una voce che il bambino conosceva molto bene. Impallidendo, si voltò lentamente per ritrovarsi davanti al banco la madre superiora in persona, che lo fissava severamente con le braccia conserte.
“Yu, se hai tanta voglia di parlare, posso interrogarti anche subito se vuoi!” disse la donna, scatenando il panico nel ragazzino: “No, no, no, la prego, madre!”
Divertita dalla reazione del piccolo, la suora disse bonariamente: “Allora apri come gli altri il libro di matematica e risolvi il problema che ho indicato alla lavagna! Coraggio, è ora di lavorare!”
Mentre la madre superiora camminava silenziosamente tra i banchi e Yu faceva un baccano terribile cercando il libro giusto e la pagina giusta, Gono sollevò leggermente lo sguardo verso la prima fila. Indugiò per qualche istante sulla nuova arrivata con i suoi freddi occhi verdi; poi, senza mutare minimamente espressione, li riabbassò sul libro e cominciò a risolvere l’esercizio.
La sua matita scriveva sulla carta veloce e sicura: come al solito, il problema che era stato scelto era tanto facile per lui da sembrargli ridicolo. Come al solito, sarebbe stato il primo a finire. E come al solito avrebbe dovuto aspettare una vita prima che gli altri riuscissero ad arrivare alla soluzione, annoiandosi a morte.
Già rassegnato a doversi sorbire la solita minestra, Gono si stava accingendo a scrivere la soluzione finale quando un rumore totalmente inaspettato lo spinse ad interrompersi e ad alzare la testa. Quel rumore… lui lo conosceva bene! Era il rumore della matita che viene appoggiata sul banco… Gono era incredulo: qualcuno era stato più veloce di lui! Ma chi poteva essere stato? Nessuno degli altri bambini era mai stato in grado di…
“Harumi!” esclamò la madre superiora, leggermente stupita anch’essa, “Hai qualche difficoltà? Non ti è chiaro qualcosa?”
La bambina la guardò perplessa: “No…” rispose imbarazzata, “Ho solo finito…”
A quelle parole, tutti gli altri si interruppero, come se avessero sentito uno sparo: finito? Prima di Gono? Com’era possibile?
La suora tossicchiò: “Ah… bene! Allora… portami pure il quaderno! Così posso correggere!” disse; poi, guardando Gono, aggiunse: “Se c’è qualcun altro che ha finito, venga pure…”
Il bambino rimase ancora per un po’ a guardare Harumi che si alzava e portava il quaderno alla cattedra; poi, sistemandosi gli occhiali, riprese da dove si era interrotto. Con pochi, rapidi movimenti della matita finì l’esercizio e si alzò a sua volta, raggiungendo la cattedra.
Nessuno degli altri bambini, a quel punto, si sarebbe sognato di proseguire con il problema: assistere a quell’inaspettato scontro tra Gono e Harumi era un’occupazione decisamente più divertente ed elettrizzante!
La suora appoggiò entrambi i quaderni aperti sulla sua cattedra, confrontando le due risoluzioni. Mentre la donna stava cercando nel cassetto una penna rossa, Gono non resistette alla tentazione di sbirciare su quello della bambina che gli stava di fronte. Sbirciò e impallidì: la soluzione finale del problema era la stessa. Lui non aveva sbagliato. Ma ciò che lo aveva colpito era che Harumi era arrivata alla soluzione attraverso un ragionamento diverso dal suo. Diverso, ma più veloce. Diverso, ma migliore. E quella era la prima volta che gli succedeva. Era la prima volta che Gono provava l’amaro in bocca di chi arriva secondo. Per uno come lui, abituato ad avere nelle sue capacità intellettuali uno dei pochi capisaldi della sua vita, quella consapevolezza stava diventando sempre più bruciante, sempre più fastidiosa.
Anche se la madre superiora tentava di nasconderlo, allo sguardo attento di quegli occhi verdi non sfuggì quanto perfino lei fosse imbarazzata da quella situazione: “Oh, beh… a quanto pare, entrambi avete indovinato! Ottimo a tutti e due!” aveva detto la donna. Ma Gono non era soddisfatto per niente: era la prima volta che gli succedeva. E la causa era di quella ragazza. Lui aveva sempre camminato davanti agli altri: da quel punto di vista, non si era mai sentito inferiore a nessuno. Da quando aveva cominciato a rendersi conto delle cose, aveva saputo di avere un’intelligenza fuori dal comune. Non c’era mai stato niente che non avesse saputo fare, e anche in quel momento la fiducia nelle sue capacità era ben salda. Ma in quel momento, per la prima volta, cominciò a sentire dentro di sé una tensione strisciante: la tensione del dubbio di aver trovato una persona migliore di lui.
Harumi non capiva: aveva solo fatto quello che le era stato detto di fare, ma per qualche ragione sembrava aver di nuovo sollevato un polverone. Sapeva che era sciocco vergognarsi se non si era fatto nulla di male, ma non riuscì a fare a meno di tenere lo sguardo basso: per quanto cercasse di essere discreta, alla fine veniva sempre sbattuta al centro dell’attenzione. E lei non voleva questo: l’ultima cosa che voleva era dare di sé un’impressione sbagliata. br> Riavuti dalla suora i loro quaderni, entrambi ritornarono in silenzio al loro posto. Harumi ignorò completamente gli sguardi colmi di ammirazione che le venivano lanciati da ogni dove: dal suo punto di vista, l’aver scatenato tutta quella storia era stato un errore. Ma per gli altri bambini, la sua era stata un’impresa vera e propria! “Non ci credo!” disse sottovoce Yu a Mami, carico di entusiasmo, “Ha sconfitto Gono!”
La bambina gli fece cenno di stare zitto: “Vuoi farti sentire da lui? È a qualche banco di distanza, non a chilometri!”
“Tanto che vuoi che mi faccia?” si difese il bambino, “Gelido com’è, mi stupirei di vederlo arrabbiarsi!”
Rui scosse la testa e con un gesto suggerì a Yu di girarsi nella direzione di Gono; quello obbedì, d’istinto, e trasecolò: fissi com’erano su Harumi, gli occhi del bambino avevano perso la consueta freddezza per lasciare il posto ad una strana luce.
Per la prima volta da quando l’avevano conosciuto, gli occhi di Gono stavano bruciando.

  
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