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Autore: CinziaPV    24/01/2013    3 recensioni
E' un Draco Malfoy accecato dall'odio quello che incontriamo fra le mura di Hogwarts, alcuni anni dopo la fine della seconda guerra magica. Voldemort è caduto, ma non tutti sono disposti a dimenticare.
Dalla storia:
Hermione realizzò di non avere più tempo.
Si trovava ad Hogwarts, il luogo dove tutto era cominciato e stava finendo. Avrebbe preferito che al suo fianco ci fossero Harry e Ginny, o magari Lavanda... invece si trovava vicino a persone con cui non aveva avuto alcun genere di rapporto nel corso degli anni precedenti.
Anche il suo abbigliamento era inadatto.
Indossava un semplice vestito di lana verde, che le arrivava appena fino al ginocchio e evidenziava le forme perfette di un corpo non più adolescente. E si sentiva vulnerabile con il polso ancora bloccato nella presa ferrea di Malfoy.
Si sentiva vulnerabile, perché lui la guardava come nessuno aveva mai fatto, e le impediva d'abbassare lo sguardo.
Eppure doveva farlo, abbassare gli occhi se voleva parlare, altrimenti sarebbe fuggita all'infinito. Così lo fece.
- Non sono più una strega - sussurrò, quasi in contemporanea al ghigno sfrontato di lui.
Genere: Fantasy, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Blaise Zabini, Draco Malfoy, Hermione Granger, Pansy Parkinson | Coppie: Draco/Hermione
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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La luna non faceva capolino quella notte.
Il cielo era un manto scuro che avvolgeva Hogwarts e come lo scalpello di un abile scultore, ne delineava le arcate e le torrette svettanti.  
Dai margini della foresta proibita, giungevano sibili acuti, capaci di far accapponare la pelle al più coraggioso dei grifondoro.
Avvolta in una pesante cappa scura, la visitatrice di quella notte non riusciva a smettere di tremare.
Non era per il freddo. Malgrado fosse gennaio, era sicura che il gelo che sentiva provenisse  da dentro.
Guardò per un ultima volta il lago nero, prima di riportare lo sguardo davanti a sé.
Il guardacaccia Hagrid aveva fatto non poche storie  per traghettarla a quell’ora della notte, adducendo la colpa a orribili creature ivi abitavano.
A suo dire, era proprio durante la notte che facevano la loro apparizione.
Era arrivata stanca e indolenzita… e doveva aggiungere affamata, visto che erano più di sedici ore che non toccava cibo, ma aveva lo stomaco chiuso.
Hermione Jane Granger fissò a lungo l’antico castello, prima di decidersi a varcarne l’ingresso.
Riusciva solo a pensare di essere tornata a casa.
Nella sua mente contorta "casa"non aveva l’odore di muffin appena sfornati, ma di succo di zucca, mandragola e artemisia.
Si sentiva piccola e insignificante all’interno della scuola. L’atrio non le era mai sembrato tanto grande.
Chiuse gli occhi imponendosi una calma che non possedeva.
Non si era mai sentita così, neanche quando con Harry e Ron era andata alla ricerca degli orcrux, o ancora prima quando il cappello parlante l’aveva smistata a Grifondoro.
Ron. Credeva di non riuscire a pronunciare il suo nome, eppure lo aveva fatto, prima al ministero e poi con… Ginny.
Ron… la sua voce aveva vacillato appena un istante. Poi non c’era stato più alcun indugio.
Niente che testimoniasse il dolore che stava provando.
Ron era il suo amico, il suo quasi fidanzato, il ragazzo che aveva baciato durante l’evacuazione della scuola.
Non era stato romantico, solo goffo. E lei se ne era innamorata, perché l’amore non è mai sinonimo di perfezione, ma l’antitesi della cosa giusta da fare.
Ron.
Quel nome non rappresentava più niente, solo un "eco" di ciò che avrebbe potuto essere, della sua vita babbana e poco magica riflesso di se stessa.
“Ron Wesley.” L’aveva detto forte e chiaro.
La sua voce non aveva tremato.
Ginny invece era impallidita. Scoprire così su due piedi, che il proprio fratello è precursore di una nuova guerra magica, non doveva essere allettante.
 
“Mi stai facendo preoccupare.”Aveva sussurrato abbracciandola stretta.
La zazzera rossa che fino a qualche anno addietro teneva sul capo, era stata sostituita da fini crini, perfettamente lisci e ordinati.
Era bella Ginny con la sua aria da eterna ragazzina e le efelidi sparse sul viso.
Hermione ricordò di come avesse desiderato che il tempo si cristallizzasse, lì in quel preciso istante, in quell’abbraccio così non avrebbe dovuto elargire nessuna spiegazione.
Si era lasciata cullare dalla stretta dell’ amica per un lungo istante, desiderando non fosse l’ultimo, l’ultimo di una serie di abbracci mancati.
 “Ho trovato i tuoi messaggi nella segreteria…”Quando era tornata a guardarla, la sua voce non era più fievole... solo piatta ed Hermione ricordò, proprio in quell’istante mentre varcava nuovamente Hogwarts, di  come le era sembrato strano, perché Ginny metteva enfasi in tutto quel che diceva.
 "Dunque era questo… mi dovevi parlare di Ron.“Aveva bisbigliato roca con gli occhi arrossati.  
Hermione aveva ringraziato Merlino di averlo fatto lontano da Herry e da chiunque altro potesse infierire sulla sua amica, perché le voleva bene.
“Forse… “Ginny aveva ripreso a parlare. “Ti sei sbagliata… forse sono gli evasi di AZkaban.”
Parole profuse senza una linea precisa, di cui Hermione riusciva a capirne appieno il significato: la loro amicizia era finita.
Non era solida come quella che la legava ad Harry, ma comunque importante.
Con Ginevra Wesley era differente, la loro era un’amicizia tutta al femminile, fatta di chiacchiere e confessioni notturne, cose che a Harry per quanto gli volesse bene non avrebbe mai potuto confidare.
Erano passati tre mesi da quel giorno e Ginny non l'aveva più richiamata.

Quella sera l’avrebbe rivista, a Hogwarts la scuola che aveva visto nascere la loro amicizia e lei era un egoista. Ne era convinta pienamente, perché non riusciva a non pensare che a sé stessa e a quanto le mancassero Ginny ed Harry.
Non pensava al dolore che aveva arrecato all’amica.
 
 
 
Aveva appena finito di formulare questi pensieri, che le scale che stava iniziando a salire si spostarono per portarla chi sa dove.
Cercando di non farsi prendere dal panico, si aggrappò al corrimano per evitare cadute accidentali.
Quando le scale si fermarono, capì con enorme sollievo di trovarsi nel luogo dell’appuntamento.  
- Alla buon ora Granger. -
Sapeva a chi apparteneva quella voce, ancor prima di posare lo sguardo sulla figura dell’uomo. Avrebbe riconosciuto ovunque la voce di Draco Malfoy. Il timbro arrogante, l’ostentata sicurezza, la sufficienza con la quale le si era rivolto.  
Avrebbe preferito che ad accoglierla ci fosse la  cara vecchia professoressa McGranitt ma ancora una volta il destino, Merlino o il karma le si erano rivoltati contro. 
- Malfoy… - ricambiò il saluto senza lasciar trasparire il minimo disagio e a dimostrazione di ciò avanzò di qualche passo.
Adesso lo vedeva chiaramente il biondo serpeverde che l’aveva denigrata per anni, ma ad attenderla non c’era più un insulso ragazzino con i capelli gelatinati.
Il nuovo Draco Malfoy la inibiva, forse più del ragazzino indisponente che era stato.
- I tuoi amici non ci sono. - Sibilò duro.
Hermione perse un battito.
Non ci fu bisogno di elargire alcun nome. Sapeva  a chi si stava riferendo. Tremò, perché questo avrebbe significato non solo rimandare l’appuntamento  con Harry e Ginny. Significava che d’ora in avanti le loro strade avrebbero preso direzioni diverse, senza più confluire.
E lei non era pronta.
Oltre che egoista era anche codarda.
Forse il cappello parlante avrebbe dovuto smistarla a serpeverde.
Trovava la scelta dei corvonero, ancora meno azzeccata di quella grifondoro: era tutto fuorché intelligente.
 
 
 
 
 
 
In un angolo della stanza, Pansy Parkinson fremeva furente.
Draco Malfoy non l’aveva degnata di uno sguardo. La sera prima, faticava a credere che l’avesse riconosciuta.
Dopo però si erano salutati e lui l’aveva chiamata col suo nome e allora aveva capito, di esserle indifferente.
"Indifferenza" era quello che suscitava negli altri, il confine di se stessa. La sua esistenza era laconica, nessuno la considerava.
Perfino la "mezzosangue" riusciva a catalizzare l’attenzione su di sé.
Quando era entrata nella stanza, lievemente in ritardo, con il viso arrossato forse per la corsa e i capelli scomposti, Draco Malfoy l’aveva guardata e per un istante aveva desiderato che guardasse lei in quel modo.
Neanche suo marito l’aveva mai guardata così. Se l’avesse fatto, si sarebbe sentita desiderata.
Lei era trasparente. Sempre.
La sua famiglia la considerava tale.
"Mia figlia non è bella." Stava dicendo suo padre a Peter Frawel, nella loro casa al mare, appena due anni prima.  "Ma è una purosangue. Quale dote migliore per tuo figlio."
Di quel giorno non ricordava molto e pensare che avrebbe dovuto essere almeno contenta.
Ricordava l’odore di tabacco e la mano fredda e appiccicosa del suo promesso sposo.
I matrimoni fra purosangue, quasi sempre avvenivano per contratto. Per questo si era stupita, quando aveva appreso che Blaise Zabini e Malfoy non erano sposati.
La sera prima erano stati accompagnati velocemente nelle proprie stanze e adesso si ritrovavano tutti quanti nell’ufficio della preside in attesa di spiegazioni. E lei non riusciva a smettere di guardare lei, la mezzosangue, perché era bella con i suoi capelli scomposti, il trucco appena accennato e gli occhi accesi di una passione sconosciuta.
Aveva visto Draco Malfoy indugiare con lo sguardo sul suo corpo e ne era gelosa, perché nessun uomo ha diritto di guardare una donna così. Una donna che non sia sua e Hermione Jane Granger non le apparteneva.
Si odiavano!
Non avevano fatto altro che battibeccare da quando avevano messo piede nello studio.
Eppure lui la guardava, come se fosse l’unica donna esistente sulla faccia della terra.
E lei ingiustamente si era sentita tradita, forse per l’antico ricordo di Hogwarts, per le notti che passava a fare l’amore con lei all’insaputa di Daphne.
Ingiustamente, perché non era lui a essere sposato. Il contrario.
E adesso che lo guardava bene Malfoy non era tipo da matrimonio.
Era il classico bello e dannato, con i capelli scomposti, gli occhi di un grigio ceruleo. Occhi di un colore e di un’intensità che nessuna donna avrebbe potuto dimenticare.
E lei aveva passato anni a fingere di dimenticare, per poi scoprire che in realtà il suo ricordo era ancora vivo dentro di lei.
Bugiarda!
 
 
 
 
***
 
 
 
- Quante storie… sapete com’è la megera: ingigantisce sempre i problemi. - La voce di Malfoy la raggiunse sprezzante.
Hermione sbuffò. Lo guardò astiosa per un breve istante. - Non chiamarla così - la voce forte e decisa, come sempre, c’era solo una ruga di preoccupazione a incresparle la fronte.
- Altrimenti? - la sfidò
-Altrimenti niente Malfoy. Se non te ne fossi accorto, siamo cresciuti - sottolineò.
Sfide, che lui non avrebbe tardato ad accogliere.
-Oh sì, che me ne sono accorto - sussurrò lascivo, incatenando i suoi occhi a quelli ambrati di lei e accorciando le distanze.

Lei istintivamente indietreggiò.
- Hai paura?- un altro passo.
-No. - Le spalle contro il muro a precluderli ogni via di fuga.
“Ragiona Hermione.” Si diceva. “Non ti farebbe mai del male. Non qui. Che ragione hai di tremare?”
- Io credo di sì. - Le soffiò ancora all’orecchio, avvicinandosi maggiormente. Lo sguardo indugiò per un breve istante sul viso di lei, sugli occhi, sugli zigomi pronunciati, sulla bocca.
Si avvicinò ancora. Anche Hermione alzò lo sguardo su di lui.
Non possedeva più il cipiglio altezzoso che gli aveva visto sfoggiare in tante occasioni.
Il suo viso era una maschera di ghiaccio
Draco Malfoy non l’aveva mai guardata così.
In realtà, non l’aveva mai guardata. Il principe serpeverde non si sarebbe mai abbassato a farlo, riteneva perfino il rivolgerle la parola un insulto alla propria persona.
- Mezzosangue. -
- Malfoy. - Il cuore ormai le batteva furiosamente nel petto.
Voleva allontanarsi, ma lui glielo impedì costringendola fra il suo corpo e il muro e trattenendola per un polso.
Non era freddo come immaginava. Il contatto le bruciò la pelle.
Era la prima volta che si sfioravano, eccezion fatta per quando lei l’aveva schiaffeggiato.
- Sarebbe scortese… mezzosangue. - L’etichettò ancora.
I loro occhi non si erano lasciati.
- Cosa? - riuscì a biascicare.
-… allontanarsi - precisò.
- Lungi da me, l’essere poco gentile… -
- Ti stavo osservando. E da quando sei arrivata che mi sembri diversa. - Costatò scrutandola indagatore.
La sua mano non aveva ancora lasciato il suo polso.
Hermione raggelò. Nessuno si era accorto di niente. Possibile che Malfoy avesse capito?
- Si non mi sbaglio… sei cambiata. Gli occhi non sono del solito marrone e… - con la mano libera, quella che non la tratteneva andò a sfiorarle una ciocca di capelli. Con lentezza gliela sistemò dietro l’orecchio. - I capelli sono più chiari - mormorò.
Eccolo Malfoy in azione, indagatore, pungente, sottile, solo come un vero serpente poteva essere.
Hermione cercò di liberarsi dalla presa, strattonando il polso senza riuscirci.
-Anche tu sei cambiato - tentò una via di fuga. - Non sembri più il ragazzino egocentrico e viziato che… ai - strillò. - La sua presa si era fatta più feroce.
L’ex studentessa grifondoro alzò lo sguardo ancora una volta su di lui e fu allora che lo riconobbe.
Odio. Ecco cos’era.
Lo riconobbe nella piega dura delle sue labbra, nelle sue spalle contratte e ne ebbe paura.
Non conosceva le mille sfaccettature di questo sentimento.
Ne aveva avuto un assaggio con Bellatrix Lestrange ma guardando Draco Malfoy, fu sicura che fino ad allora, non ne aveva conosciuto la vera essenza.
Tuttavia non si sarebbe lasciata intimorire.
- Lasciami! - intimò.
-Altrimenti? -la provocò. - Mi cruci? Mi schianti? - proruppe in una fragorosa risata. - Non ci posso credere. Hermione Jane Grenger, quella che ai MAGO ha preso il massimo dei voti. -
Hermione soffocò un lamento. La presa sul suo polso era ferrea ma non le avrebbe dato la soddisfazione di vederla supplicare, benché la posizione nella quale si trovava le suggerisse il contrario.
- Niente di tutto questo… furetto. -
Con uno strattone Malfoy l’avvicinò maggiormente a sé.
-Lasciala Draco. - La voce di Zabini lo scosse. - Le stai facendo male.
- Sono sicuro che la mezzosangue sappia cavarsela - disse ironico andando a scontrarsi con i suoi occhi dorati.
La guardava come mai nessuno aveva osato fare, dritto negli occhi.  Sembrava volesse trapassarla.
-Non ascoltarlo Draco. - Era intervenuto anche Theodore Nott. - E una "mezzosangue." Per colpa sua i nostri genitori sono finiti ad AzKaban.
E fu su questa scena che la porta sì aprì.
- Che succede? - La voce della McGranitt la rincuorò solo per un brevissimo istante.
- La Granger è cambiata. - Fu così che Malfoy giustificò il suo atteggiamento.
- Perspicace Signor Malfoy. Davvero. -
Pansy e Blaise la guardarono interrogativi, aspettando una spiegazione che avrebbe volentieri rimandato all’infinito.
Nella stanza era sceso un improvviso silenzio e lei realizzò di non avere più tempo.
Si trovava a Hogwarts, il luogo, dove tutto era cominciato e stava finendo.
Avrebbe voluto che al suo fianco ci fossero Harry e Ginny, o magari Lavanda. Invece si trovava insieme a persone con le quali non aveva avuto alcun genere di rapporto negli anni precedenti.
Anche il suo abbigliamento era inadatto.
Indossava un vestito di lana verde, che gli arrivava appena sopra il ginocchio ed evidenziava le forme perfette di un corpo non più adolescente. E si sentiva vulnerabile con il polso bloccato ancora dalla presa ferrea di Malfoy, i suoi occhi puntati sul suo viso e il suo alito a solleticarle il collo.
Si sentiva vulnerabile, perché lui la guardava come nessuno, aveva mai fatto e le impediva di abbassare lo sguardo.
E invece doveva farlo, abbassare gli occhi se voleva parlare, altrimenti avrebbe continuato a fuggire all’infinito.
E lei non voleva più fuggire, quindi solo per un attimo lo fece: abbassò gli occhi. Non abbastanza veloce da non vedere il lampo di soddisfazione che attraversò gli occhi di Draco Malfoy.
- Non sono più una strega - sussurrò quasi in contemporanea col ghigno sfrontato di lui.
Tremava.  Niente a che vedere con la sensazione provata poco prima al ricordo di Ron.
“ Non sono più una strega.”
Cos’era allora?
Persa, svuotata, spaccata in due. Ecco come si sentiva.
Non l’aveva ancora detto ad alta voce, come se farlo l’avrebbe reso di colpo reale.
Neanche ai MAGO si era sentita così impreparata.
Malfoy improvvisamente lasciò la presa.
 
 
Minerva Mcgranitt aggirò la scrivania e si pose a sedere su una costosa sedia di manufatto indiano.
- Hogwarts è sotto assedio, l’intero mondo magico lo è. -
Fu così che iniziò il racconto più inverosimile della sua lunga carriera di strega.
 
 
 
 
***
 
 
 
AzKaban, dalle mura alte e grigie, il mare che la circondava e i dissennatori a far da guardia non era più la prigione più sicura che esistesse.
Il mese scorso e quello prima ancora, venti mangiamorte, erano fuggiti. I dissennatori non li avevano inseguiti.
Al ministero si mormorava, fosse lo scotto di un tacito accordo stipulato fra più parti.
Le voci erano giunte a Kingsley, il quale indignato aveva negato.
Eppure quella mattina il ministro, adducendo una forte emicrania aveva lasciato l’ufficio frettolosamente.
"Fazioni."
Si era sull’orlo di una guerra e ognuno doveva scegliere da che parte stare.
Kingsley, tacitamente o meno aveva preso la sua decisione, per come lo avevano fatto Harry Potter e l’intera famiglia Wesley.
Nel mondo magico non si parlava d’altro. Si mormorava fosse colpa della Granger, che aveva lasciato Ron Wesley senza apparente motivo.
Fratture destinate a non rinsaldarsi.
“ Se c’è qualcuno che non merita la magia, sono proprio i mezzosangue, i nati babbani.” Spiegava in un’intervista alla gazzetta del profeta il ministro in persona.” Si c’è in gruppo di estremisti, ma siamo pronti a fronteggiarlo."
 
 
 
                                                                      ***
 
- Mi auguro che voi siate pronti - terminò la Mcgranitt. - Signor Malfoy… desidero parlargli. Gli altri possono andare - li liquidò.
La porta si richiuse.
Minerva Mcgarnitt non usava molti giri di parole nei suoi discorsi, amava essere diretta.
- Bene signor Malfoy. - Ripeté per la seconda volta. - Ho un incarico.
- Un incarico diverso da quello che ho ricevuto poc’anzi. Dico bene?
- Dice bene.
- Sarebbe? - diretto anche lui.
- Proteggere la signorina Hermione Jane Granger.
- Cosa?- Se fu sorpreso, non lo diede a vedere, del resto aveva passato anni a fingere ciò che non provava.
Eppure questa volta non doveva fingere.
- Abbiamo motivo di credere che la signorina Granger sia in pericolo… e...
- Non credo di essere la persona più indicata. Se credete che la proteggerò vi sbagliate. Certi vizi sono duri a morire. Per me lei resta sempre una sangue sporco a cui ho dichiarato guerra. Non la proteggerò. La risposta è no!
La sedia fece un tonfo sordo mentre si alzava con poco garbo.
 
 
 
 
 
Note autrice:
Il primo capitolo è concluso e spero di non aver deluso alcuno e di aver descritto al meglio la situazione. Come avete capito Hermione non è più una strega e la McGranitt chiede a Malfoy di proteggerla. E’ tutto un po’ confuso ma siamo solo all’inizio e confidate che più avanti, tutto sarà più chiaro.
Vi raccomando di recensire! Bastano solo dieci parole per mandare una recensione.
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