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Autore: Columbrina    24/01/2013    2 recensioni
Avvertimento OOC per sicurezza. Perdonare qualunque incongruenza con il personaggio.
 Quattro storie nello stesso destino, come non andrebbero mai raccontate.
 
 
Birth.
 Aerith Gainsborough, presto, sarebbe andata all’altare. Se lo promise, o meglio gliel’aveva promesso. Sarebbe stata la sposa più bella del mondo, con quegli occhi brillanti che avrebbero esaltato un colore così tenue come il bianco, al suo fianco solo gioia. Nessuna barricata poteva ferrare la certezza.
 
 
Life
 “Trascorri così il tempo quando non hai rogna in giro?”
 “O faccio questo o prendo a pugni qualche belloccio. La più allettante è sicuramente quest’ultima, ma non posso fare questa carognata al futuro marito della mia migliore amica”
 “Giusta osservazione. Comunque, non dovresti essere con Aerith?”
 “E tu non dovresti essere con Cloud?”
 
 
 Death
 “Tu cosa pensavi di fare, piuttosto. Volevi ucciderti? Perché? Pensavo ormai che fosse tutta acqua sotto i ponti. Mi sbagliavo? Certo, perché sono stata una stupida a credere di poterti dare una chance …”
 “Una passeggiata. Ecco cosa volevo fare”
 “No, un suicidio premeditato. Ecco cos’era.”
 
 
 
 Synthesis
 Questa è una fantasia ancora da scrivere.
 
Genere: Angst, Drammatico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Aeris Gainsborough, Cloud Strife, Tifa Lockheart, Zack Fair
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun gioco, Contesto generale/vago
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#25. You sent me flying
 

 

Si sarebbero svegliati presto, in momenti diversi, concepiti in una nuova locazione che non conosceva né tempo né spazio, ma solo la coscienza che un errore del genere non sarebbe accaduto mai più.
Gli occhi di Cloud abbracciarono una mesta stanza dai toni freddi di una lealtà consumata, che filava con perizia tra gli interspazi tersi della finestra, dei pulviscoli e di ogni parola uscita illesa dalla notte appena trascorsa, era attanagliato da sensazioni ben diverse da quelle che avvertiva ogni qual volta che si svegliava nella casa coniugale dove ogni mattina aleggiava una nuova, esorbitante sensazione di pulito; poi si sentì sciogliere quando le sue iridi indugiarono nell’abbraccio caldo e soffuso che i capelli di Aerith creavano sul guanciale candido, mentre sulla piazza destra del letto giaceva quasi morto il palmo ancora aperto della mano, in attesa di un nuovo ipotetico calore d’amante. Cloud guardò poi il suo palmo e notò che non aveva il guanto e non solo faceva fatica a mettere insieme i pezzi, ma i formicolii che intercorrevano quegli istanti sembravano mandargli un messaggio di protesta, allettati da quelle dita virginali, aperte e vuote come la sua mente.
Non si era pentito del monito che aveva stampato sul viso di Zack, piuttosto pensava a Tifa, tacita testimone degli eventi di cui, tuttavia, se n’era fatta una ragione in un certo senso quindi avrebbe giustificato ogni suo minimo ed ipotetico passo falso: lei sa perfettamente che Aerith è come un filo che se va tirato troppo, innesca una miccia assassina che Cloud e Tifa identificano con un morboso attaccamento a un qualcosa di fin troppo speciale.
Forse quando sarebbe nata la bambina, le cose sarebbero cambiate.
Decise di crearsi un diversivo e prendere a intrecciare dei fogli di carta reperiti sul comodino, vicino a un blocchetto aperto, che conservava la calligrafia mista di Zack a quella tonda, quasi elementare di Aerith. Non sbirciò, non ne aveva voglia. Preferiva buttarsi a capofitto in una stasi senza stimoli, pur di non sentire le ragioni che lo avevano portato alla deriva così presto.
Nella casa si respirava già un’aria gelida ancor prima del solstizio. E gli venne in mente il Natale imminente, l’ultimo che avrebbe passato come individuo solo dato che dal prossimo anno ci sarebbe stata un’altra vita a compensare i vuoti che si sarebbero succeduti. Aerith pareva non pensarci e continuava a dormire senza intoppi e Cloud si limitava a guardarla, perché gli piaceva e anche perché sentiva l’impellente necessità di farla sentire apprezzata – meglio ancora amata – dato che – essendo Aerith come un fiore – senza amore sarebbe appassita.
Aerith si svegliò sul tardi, come se niente fosse, aspettandosi di brancolare in una solitudine fredda e allietata solo da una luce che stava pian piano assumendo toni soffusi. Si stupì quando trovò Cloud dove l’aveva lasciato la sera prima, mentre vegliava con la stessa devozione con cui intrecciava i fogli di carta, che aveva abbandonato a loro stessi.
“Hai fatto colazione?”
“Sì” mentì lui “Come stai?”
“Meglio …” sussurrò, con la voce madida di un peso che la rendeva assai più gravosa del solito. Non ci fu bisogno di dire che quello era il solito pretesto di Aerith per sdebitarsi delle premure che le venivano concesse.
Si alzò piano e si sedette sul bordo del letto, dinanzi alla poltroncina di lui, che buttava i fogli di carta sui cigli del pavimento, finendo per urtare anche il blocchetto dalla scrittura tonda ed elementare. Sorrideva, anche se voleva piangere di gratitudine.
“Oggi voglio andare a trovare Tifa. Voglio vedere come sta, se il suo ventre è cresciuto, carezzarlo e sussurrare tante cose belle alla bambina. Le ho fatto anche un disegno a cui ha contribuito anche Zack, anche se non abbiamo potuto finirlo insieme …” a quel punto alzò le spalle e riprese a raccontare, sorridendo. Lui ascoltava con apparente sufficienza. “E ho provato anche a farle dei guanti. Nascerà in estate, lo so, però il prossimo Natale magari potrà indossarli. Sono diventata abbastanza brava col punto croce”
A quel punto lui la baciò sulla fronte, complice di una bellezza che non avrebbe mai avuto fine, così leggera che lo faceva volare. Poi si sedette sulle ginocchia proprio nel punto che faceva da guado tra il letto e la poltrona.
“Sei brava a farmi sentire in colpa”
Lei scosse la testa.
“Avevo solo bisogno di parlare”
Stavolta la strinse, portandola vicino a lui e si ritrovarono a volare sulle ginocchia, spostando il peso del mondo nel punto dove doveva stare. Perché erano guariti e potevano fare tutto ciò che volevano.
“Lo so” 
E il sussurro si perse in un pianto che liberò tutta la lancinante frustrazione di un calvario che sembrava non avere fine, nella ricerca disperata di trafugare la felicità che aveva sempre avuto, in quella casa e con Zack. Singhiozzava in un modo che a Cloud parve irrimediabilmente straziante, come uno stridore asmatico che gli premeva il capo fino a tramutarsi in un dolore sordo, e sfociare nell’ennesima burella in cui rimaneva incastrato. Cloud pensava a Tifa in quei singhiozzi e il volo terminò bruscamente. Per una volta, però, lui non era nei pensieri di Tifa.
Se ne accorse quando non capiva cosa fosse quella motrice che lo spingeva a stringere sempre più Aerith, fino a non farla respirare pur sapendo di dover consegnare quel tripudio a una croce eterna. Non ne fu sollevato, ma non ne poteva fare a meno.
“Piangi pure … Ne hai bisogno” erano le sue parole, che ripeteva ogni tanto come un mantra per calmarla forse “Mi dispiace per tutto quello che hai passato, ma più di questo non posso fare niente”
E lei allora lo stringeva di più.
“Tu hai fatto più di chiunque altro” ripeteva tra i singhiozzi “Ma se continui così finirò per amarti più di quanto non voglia”
A quel punto sentivano una morsa comune che li stringeva fino a far soffocare ogni loro patetica intenzione, come a fare da monito, anche se sapevano già ciò che volevano. Erano guariti, potevano fare ciò che volevano. Anche restare abbracciati per ore, ma non lo fecero per provare a loro stessi di essere veramente liberi da quella schiavitù che li rendeva dipendenti l’uno dell’altro.
Si sciolsero e Aerith asciugò le ultime lacrime, abbozzando dei sorrisi che finivano per sfociare in risatine nevrotiche. Era così tremendamente imperfetta e spontanea che Cloud sorrise a sua volta.
“Sono pronta ad andare”
Si alzarono e notò che Cloud era ancora scosso dallo scetticismo.
“Tranquillo, ho affrontato situazioni peggiori. Posso capire quello che Zack ha passato perché lo sto passando anch’io, solo che lui è più bravo a mostrarlo”
“Quindi il mio pugno non è servito a niente, deduco”
Lei sorrise.
“Ogni tanto un avvertimento ci vuole”
Risero alla realtà univoca e al destino infimo perché, alla faccia loro, si erano riscattati di tutto e di tutti, che li davano per vinti dalla schiavitù morbosa.
“Ti giuro che non capisco …” esordì timoroso “Ci provo, ma non ti capisco. Penso che non riuscirò mai”
“Questo perché sei un paladino della giustizia e sei intollerante a queste cose”  disse lei “Ma ricorda che io sono cresciuta nei bassifondi e la giustizia non esiste”
“Non è questione di giustizia o meno … E’ solo che non capisco”
“Beh, intanto esci fuori che mi devo cambiare, maniaco”
Cloud annuì con una certa condiscendenza, trovandosi estremamente a disagio, ma Aerith rimediò con un sommesso “Scherzavo, dai. Aspettami fuori e ti avverto che la moto la voglio bella veloce”
Appena fu fuori dalla soglia, mandò un sorriso al cielo del brumaio, cosciente che tutto sarebbe tornato come prima, mentre respirava l’essenza familiare di una melodia che gli ricordava tanto le mattine piacevolmente vivaci del tepore domestico, specie di domenica quando i bambini non avevano scuola e i sorrisi erano più frementi.
Aerith, in cambio, avrebbe saggiato una nuova felicità che si sarebbe tradotta in sorrisi sfuggenti, chiacchiere da madre a madre e nuovi fiori e nuovi profumi da dare alla sua vita. Stavolta ci sarebbe riuscita, a qualunque costo o menzogna.
Detto ciò, salirono in moto e si diressero verso le rispettive prospettive di linfa nuova, che scorreva in loro come overdose pura, in preda agli ottimismi più inattesi.
Corsero a perdifiato fino ad arrivare alla soglia della casa, dormiente nel tepore scalpitante di una frenesia tacita, che la perdeva nel sonno. Cloud ed Aerith si scambiarono un ultimo sguardo di reciproco sostegno, pronti a lasciarsi andare a ogni patto con la vita. Ora che erano guariti, potevano farlo.
Entrarono piano e sorrisero teneramente quando videro i corpi adiacenti di Zack e Tifa, assonnati e assennati nei loro più profondi sogni. Ma presto avrebbero scoperto che la realtà avrebbe preso il sapore della fantasia.
E si svegliarono come dal più amaro dei sogni, specchiandosi nei rispettivi sbagli, come se avessero bisogno di giustificarsi. Il tutto mentre andavano a stringersi per scusarsi con le colpe. Zack piangeva. Aerith piangeva di nuovo. Tifa singhiozzava senza riuscire a fermarsi. Cloud era fermo in un volo a cielo aperto.
Era tornato tutto come prima.

 
 
 
 
 
 
#You sent me flying: Niente scabrosi dettagli, altrimenti rischiavo di propinare una versione casalinga delle cinquanta sfumature di rating rosso che vanno da carminio al borgogna. Il tutto va a discrezione dell’autrice e di quanto la sua fantasia sia impetuosa.
Comunque vengono alla luce alcuni aspetti che anche loro si vedono costretti ad ammettere, tra cui l’evoluzione della loro malattia che diviene amore ai loro occhi.
 
Credo che la frase che più accosterei ad Aerith in questo particolare momento di Cheats sia “I was fine before you walk into my life” tratta da una canzone di Pink – U + Ur Hand – che si traduce con “Stavo bene prima che tu entrassi nella mia vita”, anche se io la cambierei con “Stavo bene prima che voi entraste nella mia vita”.
Zack è pentito, lo abbiamo visto tutti, eppure ciò non toglie che abbia causato molte sofferenze, anche giovanili chissà, ad Aerith.
Cloud è il movente che fa nascere una contraddizione petrarchesca:  è un ideale proibito e come tale dovrebbe marcire nei meandri più reconditi dello spirito carnale, ma Aerith sa che la parte più serena della sua anima, una volta lasciato andare via, verrà inghiottita dalle tenebre.
 
Cloud penso sia stato una fiaccola per Aerith, giusto per ricambiare il favore.
 
Comunque non credo ci sia molto da dire. E’ tutto districato dai quei giochi di mani che si sciolgono e finiscono per intrecciare un nodo che, con l’avanzare dei capitoli, si stringe sempre di più per poi morire di asfissia.
 
Ringraziamenti a:
 
Aeris aka Hilda, con la quale mi fa molto piacere confrontarmi. Non capita tutti i giorni trovare un piglio così competente e così simile al mio in fatto di gusti e predilezioni.
 
Shining Leviathan, naturalizzata Shiny, che offre sempre sostanziosi spunti per appagare i miei diletti.
 
E a Manila che, vada come vada, è sempre lì per me.
 
A bientot,
S.
 
   
 
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