Okay, forse non è stata proprio una buona idea.
“Sai cosa ti dico, Dottore?”, aveva semplicemente detto lei, innocente,
sperando di trovare conforto in una buona reazione del dottore. “Non ti
parlo più”.
E lui non aveva nemmeno tentennato: aveva risposto con uno scialbo “okay”,
come se nulla fosse stato!
Lei aveva guardato allucinata il suo interlocutore. “E non esco
più da camera mia”.
“Come vuoi”.
Rose ribollisce di rabbia. Cioè, lo fa in quel momento, in quel preciso
istante in cui sbatte la porta della sua camera nella TARDIS facendo bella
mostra del suo broncio al suo orsacchiotto di pezza che la fissa, inerte, dal
letto. Si raggomitola sul letto e pensa: perché alla fine il Dottore
oggi è strano. Fin troppo strano. Esageratamente strano.
Lo aveva chiesto lui, no? Come ogni volta, quel suo “dove vuoi andare?”.
E lei, al posto di rispondere con i consueti “dove vuoi tu!” oppure
con qualche “sai, potrebbe essere la volta buona che mi porti a Barcellona-non-la-città” aveva semplicemente
risposto “perché oggi non andiamo in spiaggia, al mare?”.
Ecco, più o meno lì erano iniziati i guai. Il Dottore era diventato
paonazzo e lei aveva avuto paura che stesse per avere qualche reazione
allergica alle sue parole o ai pomeriggi normali. E poi, sì, ecco, era
arrivato il fatidico… il fatidico no.
Così, senza un motivo. Però Rose è una donna impavida e
orgogliosa e non gliela darebbe mai vinta, quindi decide di tendergli un
tranello per convincerlo a portarla al mare.
Lentamente, si avvicina alla porta della stanza. Appoggia la mano alla chiave,
la stringe e esercita quel poco di pressione verso destra che le serve a farla
girare su sé stessa. Una, due, tre volte. Sorride. È fatta.
Una mezz’oretta dopo il Dottore bussa alla sua porta, con l’aria di
uno che non ricorda – o che non vuole ricordare – assolutamente la
discussione avuta. «Rose? Roooooose? Rose-Rosie-Rose? Dovresti vedere qui fuori, davvero. Ci
sono qualcosa tipo… due metri di neve! Fortuna
che la TARDIS non è sprofondata, perché io, insomma, stavo quasi per… non fa niente. Vieni, dai!».
Rose tace, coprendosi la bocca con la mano per non ridacchiare.
«Dai, Rose, non fare scherzi», borbotta di nuovo, e Rose può
sentire il rumore della sua schiena che si poggia alla porta. Aspetta qualche
minuto, poi vede la maniglia che si abbassa e un singulto di sorpresa giunge
fino alle orecchie della ragazza.
«Rose, stai bene?». Rose non lascia mai la porta chiusa, mai. Non
da quando, lo scorso inverno, è svenuta con la porta chiusa a doppia
mandata e il Dottore aveva iniziato a tremare così tanto dalla paura che
fosse morta dentro la stanza che ci aveva impiegato quasi cinque minuti per
trovare il cacciavite sonico e aprire la porta.
Rose allora fa scorrere un foglio con un rapido messaggio sotto la porta,
giusto per fargli sapere che è viva.
“Mare”, dice. “Oppure io sto chiusa qui dentro, ti avevo
avvisato”.
«È una sfida, Rose Tyler?», ridacchia lui dall’altra
parte della porta, poggiando la mano contro il legno freddo.
«Perché sarai tu quella a cedere, sappilo».
Rose ride, ed è certa che il Dottore l’abbia sentita.
Si volta verso lo scaffale, afferra un plico di fogli bianchi.
“Diario di reclusione –
Giorno Primo”, scrive.
La cosa inizia a farsi esilarante.
NdA
Ave, popolo!
Dato che ho visto che l’altra storia - la raccolta di drubble
sul Dottore – è piaciuta, ho deciso di tornare con una long. c:
Vorrei dilungarmi di più su tutta la storia, ma purtroppo sono di
fretta. Volevo solo avvisare che questo è un “capitolo di
passaggio”, solo un’introduzione alla vera storia –
ovviamente, è il prologo. Gli altri capitoli saranno strutturati…
in maniera diversa, ecco. E non anticipo altro èwé
Nient’altro, come ho detto sono un po’ di fretta, mi dilungo di
più nel prossimo capitolo - che spero arrivi presto. Cioè, io
vorrei scriverlo presto, ma spero anche che ci sia un riscontro positivo di letture
come con la scorsa volta. C:
Quindi… ecco. È tutto.
Graaaaaaazie per aver letto. Grazie davvero.
WJ