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Autore: Alkimia    25/01/2013    12 recensioni
[CONCLUSA]
***SEGUITO di "A series of unfurtunate events"***
Ognuna delle opzioni possibili è rischiosa e potrebbe danneggiare Nadia. Per non parlare dell'altra faccenda in ballo: qualcuno vuole distruggere la Terra... tanto per mantenersi nel solco della tradizione.
Nadia è in America per cercare, insieme allo S.H.I.E.L.D, un rimedio ai danni provocati dall'energia della pietra. Loki è prigioniero sul pianeta dei Chitauri ma ha ancora dei piani. Eppure, ancora una volta, troppe cose non vanno come lui sperava. Vecchi nemici tornano da un passato lontano che lui continua a rinnegare, costringendo gli Avengers a tornare in campo; episodi e sentimenti inaspettati lo porteranno a dover decidere da che parte stare. E non è detto che la decisione finale sarà quella giusta...
Genere: Azione, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Loki, Nuovo personaggio, Tony Stark/Iron Man
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'A waltz for shadows and stars'
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Capitolo diciottesimo
Blinded by the light


Si guarda allo specchio, ha addosso solo la biancheria e si accorge di quanto sia dimagrita negli ultimi mesi, per non parlare dei lividi sparsi un po' ovunque e sui tagli sparsi sul fianco destro.
Nei film sui supereroi non parlano mai di ematomi e tagli, nei film i buoni vincono, nessuno si fa male e i cattivi sono cattivi e basta.
Nadia sospira e decide di indossare il vestito. Questo è nuovo, la leggenda vuole che sia stato scelto da Natasha. Ora, se sei una donna e se sei Natasha Romanoff, si suppone che tu te ne intenda per principio, ma la ragazza più guarda il vestito e più pensa che sarà ridicola con quel coso addosso.
Il taglio è estremamente semplice, è un vestito blu senza spalline, lungo fino alle caviglie. Quello che è inquietante è la spaccatura vertiginosa della gonna, sul lato sinistro.
Ma si usa ancora la spaccatura sulla gonna lunga?
Sì, se sei Natasha-sexy-anche-in-tuta-Romanoff e sei in grado di portare scarpe con tacco dodici, e poterci correre e poterci eseguire più o meno tutti i numeri delle discipline olimpiche – e all'occorrenza poterle usare anche come arma impropria.
Se sei una comune mortale, non particolarmente alta, le cui curve sono andate anche un po' sparendo insieme ai troppi chili persi, il cui limite massimo per i tacchi è di cinque centimetri, il meglio che tu possa ottenere è di sembrare una caramella incartata male.
Ma Nadia non ha altri vestiti adatti all'occasione ed è già in ritardo, non può pensare di spedire uno dei tuttofare di Tony a rimediarle qualcosa di diverso. E in quegli ultimi giorni, di certo non ha potuto preoccuparsi del suo abito da festa.
«Le calze! Dove sono le calze?» esclama, correndo fuori dal bagno, reggendo tra le mani il vestito per non farne strisciare a terra l'orlo. Si sente tipo una sposa che sta scappando dall'altare.
«Sulla spalliera della poltrona, signorina» dice Jarvis.
Infila le autoreggenti, solleva di nuovo il vestito e torna in bagno a truccarsi. Almeno, ci prova.
«I miei rilevatori ottici mi dicono che ha messo più fard sulla guancia sinistra che su quella destra, signorina»
«Grazie, Jarvis. Sei il miglior robot che una ragazza possa desiderare».
Qualcuno faccia qualcosa!
Al party ci sono tutti gli altri, gli Avengers al completo, tranne Clint che l'ha scampata causa ferite non ancora rimarginate. Potrebbe attaccarsi come una cozza a loro, fregarsene altamente del vestito, fare un giro di valzer con Bruce – lei non sa ballare il valzer, quasi sicuramente nemmeno lui, bere martini con Thor, provare a gettare Steve tra le braccia di qualche fascinosa sconosciuta e commentare il tutto con Natasha. Potrebbe fregarsene del vestito e di tutto il resto, ma c'è un particolare che le rende difficile ignorare certi aspetti, soprattutto quelli estetici: Mike.
Mike sarà alla festa e lei ha intenzione di parlargli. Si è preparata il discorso, lo ha provato allo specchio, o almeno ci ha provato...
«Ho capito, mi sono resa conto che mi piacerebbe moltissimo stare con te, perché tu sei...»
«Signorina, sono lusingato, ma non sono programmato per questo genere di cose»
«Jarvis, santo cielo, non sto parlando con te»
«Ma non c'è nessun altro»
«Lo so Jarvis, sto immaginando»
«Oh, anche lei immagina ad alta voce?».
Morale della favola: alla fine ha dovuto dare ragione a Loki, certe cose, se sono importanti non possono essere rimandate. E Mike è importante. Lo è senz'altro, cioè... se le ha fatto sentire e provare certe cose è perché è speciale. Lui la fa stare bene. Lei vuole dirglielo, deve saperlo, è giusto che lo sappia, è giusto che le cose importanti vengano messe a posto. Avrebbe potuto morire in quel magazzino di Boston e non si può morire senza fare una dichiarazione in piena regola al ragazzo che ci piace.
D'accordo, non è una dichiarazione. L'amore è il passo successivo, è quel qualcosa in più che verrà una volta messo a posto tutto quanto c'è da mettere a posto adesso, ma lei ha deciso di non rimandare. Quella sera è la sera giusta, lo sa, lo sente.
Quella è la sua sera giusta e lei si sente ridicola con quel vestito e quei tacchi troppo alti. Quasi non si sente se stessa.
«Jarvis, dimmi buona fortuna!»
«Per cosa, signorina?»
«Non importa, dimmelo è basta»
«Buona fortuna, signorina».
Nadia sorride al vuoto, prende la sua striminzita borsetta in cui ci sta a stento l'astuccio della cipria e un pacchetto di fazzolettini ed esce, incontro al suo destino.
Sotto al palazzo l'aspetta Steve – che probabilmente chiamerà un esorcista appena la vedrà. Tony e Pepper sono già sul posto, una sala per feste private all'interno di un casinò o qualcosa del genere, uno di quei posti fighi che riesce a scovare Pepper, con camerieri in frac e baristi che sembrano usciti da un film di James Bond.
Steve è... Dio onnipotente! È in smoking. Captain America in smoking e cintura di seta! Captain America in smoking, cintura di seta e sorriso anni Cinquanta.
Nadia spalanca la bocca per lo stupore e rimane per un attimo bloccata sul marciapiede. Lei ha una stola a coprire le spalle che il vestito lascia nude e si sente un po' come quando si avvolge nel telo da bagno dopo essere uscita dalla doccia. Steve Rogers è un raggio di sole piovuto dal cielo.
«Se non rimorchi stasera, non vedo quando succederà» dice lei, squadrandoselo un'ultima volta dalla testa ai piedi prima di salire sul taxi.
Lui arrossisce fino all'attaccatura dei capelli e fa un sorrisetto imbarazzato,
«Una ragazza tanto bella non dovrebbe essere così sboccata» l'ammonisce, tossicchiando.
Nadia lo guarda piegando la testa da un lato,
«Se non fossi il fratello maggiore che non ho mai avuto, la tua virtù sarebbe seriamente a rischio in questo esatto momento».
Ritardano di qualche minuto a causa di un ingorgo stradale. Quando arrivano, Nadia ha quasi paura di scendere dalla macchina. Davanti a lei c'è una lunga scalinata di marmo lucido.
Steve le offre il braccio, con perfetto fare cavalleresco.
«Non mollarmi per nessun motivo al mondo, Capitano, rischio di rompermi l'osso del collo» borbotta lei a denti stretti.
La sala non delude le aspettative. È un posto luminosissimo, dai pavimenti di marmo, le rifiniture in legno e con un enorme lampadario di cristallo a penzolare dal soffitto.
Steve mostra a un tizio in frac di seta bianca il loro invito. Nadia vorrebbe diventare polvere nel momento in cui varca la soglia della sala.
Il primo a venire loro incontro è uno spaesatissimo Bruce,
«Woh! Sei più alta di me» commenta, tormentandosi il nodo della cravatta. «E sei uno splendore»
La ragazza lascia il braccio di Steve e si aggrappa a quello del dottore.
«Non provarci, mi sento un'idiota...» gracchia a voce bassa. «Come fai a non essere nervoso, Bruce? Dimmelo, che se ci riesci tu ci riesco anche io»
«Me ne sto alla larga da Tony, non mangio niente che non abbia un colore rassicurante e parlo dell'India con Natasha» risponde l'uomo con un sorriso serafico.
«Ok, me ne starò nell'angolo e manterrò un profilo bas... dei del cielo e della terra!»
«Sì, lo so. Tra un po' la dottoressa Foster ammazzerà qualcuno, o si darà all'autolesionismo».
Thor è decisamente il pezzo forte della serata. Bello come un dio – come il dio che effettivamente è – in un completo grigio, con i capelli pettinati all'indietro e raccolti da un elastico, la barba appena spuntata e i suoi occhioni gentili. Spunta come una montagna in mezzo a un nugolo di persone, per lo più donne, che sciolinano una serie di domande assurde, tipo «ma da voi si mangia solo nettare e ambrosia?». In tutto questo, Jane, in un bell'abito grigio fumo, è in un angolo a fissare la scena con aria piuttosto interdetta.
«Non ne verrà mai fuori da solo» osserva Nadia, sconvolta.
«Io non mi avvicino neanche...» mormora Bruce. «Anche se l'Altro offrirebbe un contributo molto valido data la circostanza».
Restano a guardare la scena per qualche altro minuto, fino a quando Jane non parte alla carica, si fa largo a suon di gomitate in mezzo al crocchio di galline ingioiellate, borbottando in tono acido «scusate, permesso, scusate!» e porta via Thor, dirottandolo verso l'angolo più remoto del tavolo da buffet, dove c'è una scultura di frutta esotica che nessuno ha notato – nessuno mangia mai la frutta ai party, Nadia ne ha preso nota le volte precedenti in cui Tony l'ha trascinata a qualche festa.
«Cielo, Thor! Stai bene? Ti hanno fatto del male?» esclama Nadia, sarcastica.
«Un branco di galline urlanti» borbotta Jane.
«Tzè, come se non avessero mai visto uno smagliante dio norreno alto due metri in vita loro!» le fa eco Natasha, che si è appena avvicinata. Nadia deve mordersi l'interno della guancia per non scoppiare a ridere.
«Allora, com'è la festa?» domanda Steve, ansioso di fare conversazione dal momento che si è accorto che gli occhi del pollame assortito ora puntano quasi tutti su di lui.
«Così simile a quelle del mio luogo di origine» dice Thor sorridendo deliziato.
«Anche lì venivi accerchiato dalle ragazze?» scherza Nadia.
«Beh, talvolta capitava, ma di solito bastava che si avvicinasse Sif per farle defil...».
Natasha è costretta a tirargli una gomitata nel fianco, prima che Jane esploda.
Il chiacchiericcio riempie l'aria come fumo. Nadia riesce davvero a non pensare al vestito, alla serata, mentre è lì con loro. Si preoccupano tanto di tenerla al sicuro, quando per farla sentire in salvo basta anche solo la loro presenza.
«State cospirando contro di me?». Tony compare all'improvviso oltre la spalla di Steve.
«Stiamo solo nascondendo Thor, ma è un po' difficile da occultare» risponde Bruce.
«Nascondete anche me. Norman Hope ha acciuffato me e Pepper e sta parlando da tre quarti d'ora di una valanga di cose noiose. A lei piace ascoltarlo, per me è un'istigazione al suicidio. Ma guardati, Colombina, sei una favola».
Nadia scuote la testa,
«Mi sentirei più a mio agio se fossi nuda» borbotta.
«Sei bellissima»
«Mai quanto tutti voi messi assieme».
Forse saranno i tacchi alti, ma la ragazza sente di avere le vertigini. Afferra un bicchiere di qualcosa  di alcolico e cerca di darsi un contegno nel sorseggiarlo con la calma appropriata.
«Sembri turbata, mia giovane amica» dice Thor, battendole una mano sulla spalla.
«Beh, le ultime giornate sono state piuttosto... pesanti».
Il commento suona stupido persino a lei che lo ha pronunciato. La discesa verso la follia si potrebbe dire iniziata mesi fa, da quando ha scoperto che Loki non era un ragazzo normale, ma un dio in fuga da mezzo universo, eppure negli ultimi giorni tutto sembra crollato, sceso ancora più a fondo, ben oltre la follia.
Guarda la squadra dei Vendicatori, raccolti intorno a lei, e l'assenza di Clint sembra aprire una voragine. È stata a trovarlo quella mattina, si sta riprendendo, sta bene, ha ripreso a scherzare e ha parlato tutto il tempo delle mille cose che farà quando troveranno quelli che hanno messo quella bomba nel magazzino. Sta bene, ma è per puro caso, poteva esserci lui, uno qualsiasi di loro, al posto dei due agenti morti. Nadia non ha mai davvero affrontato una perdita, non saprebbe proprio come fare se a uno di loro accadesse qualcosa, non saprebbe quale tremendo meccanismo si innescherebbe dentro di lei e cosa la farebbe diventare.
Ha avuto paura molte volte da quanto è iniziata quell'avventura, ma era una paura circoscritta a una situazione precisa, a un pericolo che si poteva affrontare e superare. Adesso la paura è per un nemico invisibile, che non hanno mai neppure sfiorato, e che già ha ucciso e fatto danni. Adesso la paura non è più solo per se stessa e per la propria sorte.
E quello è il momento meno adatto per quei pensieri. Li ha già affrontati più volte in quei giorni, ma loro tornano, ciclicamente, a ricordarle quanto sia piccola e impotente, quanto non possa fare niente di concreto per aiutare davvero tutti loro.
È Bruce a stringerle un braccio attorno alle spalle. Non le dice che andrà tutto bene perché suonerebbe sciocco e insincero, la stringe e basta. Fa quel che può perché forse il senso è proprio questo, fare ognuno ciò che può e non lasciarsi abbattere.
«Perdonate il disturbo». La voce suona un po' intimidita. Nadia la registra a stento, ma ha un sussulto e si rende conto che fino a un attimo prima stava per mettersi a piangere.
«Io, ehm... ciao, Nadia. Sono arrivato solo adesso, e...».
Mike.
Mike si fa piccolo piccolo sotto lo sguardo degli Avengers come se fosse lui il cattivo che sta per essere preso a calci nel sedere. Fa tenerezza.
«Ciao!». Nadia non capisce perché ora la sua voce debba suonare così ridicolmente stridula. «Loro sono, beh lo saprai già. Ragazzi, lui è il mio amico Mike».
La scena del povero ragazzo che stringe una a una le mani degli eroi più forti del pianeta è un po' scioccante. Non per la cosa in sé, ma per la gamma di espressioni che si susseguono sui loro visi – perché Steve ha messo su quella faccia così austera?
«Ok. Ora che abbiamo fatto le presentazioni, ti salverò» annuncia Nadia. Prende Mike sottobraccio e si allontana insieme a lui.
Perfetto. Quello è il momento in cui dovrebbe fargli il suo discorso, dovrebbe dirgli che per le cose veramente importanti non si deve aspettare, che sono i problemi che devono essere messi da parte per far spazio a ciò che davvero si vuole e non il contrario. Sì, proprio come ha detto Loki, che ha messo da parte persino le sue mire di conquista e distruzione per tornare ad aiutarla, e che...
Non essere stupida. Non pensarci nemmeno...
«Mike, innanzitutto devo chiederti scusa» esordisce. «Lo so, sono pessima e non è nemmeno la prima volta che mi ritrovo a dovermi scusare con te»
«Non devi farlo. Io, dovresti saperlo, ti ammiro tanto. Sei qui, ad anni luce da casa, ad affrontare cose enormi e penso che meriti tutta la comprensione di questo mondo, e anche se così fosse... oh, Nadia, lo sai, tu mi piaci e io ho tutte le intenzioni di aspettare quando...».
Sciocchezze! Se ti volesse davvero non avrebbe aspettato affatto.
Ora ci si mette anche la voce di Loki dentro la sua testa. Non esiste, non dev'essere così, non deve andare così! E non ha senso che tutti i dubbi che non ha avuto fino a un minuto prima ora le cadano sulla testa come una valanga e la sommergano.
«Mike, io devo parlarti. È giusto che tu... oh, santi numi!».

*

Comincia a piovere appena vede l'edificio, in fondo a una larga strada, oltre una fontana che funge da rotonda.  
L'asfalto si fa d'argento sotto il riverbero bagnato. Loki inspira una boccata di aria umida, il fiato diventa uno sbuffo di fumo contro lo scuro del cielo senza stelle.
Inspiegabilmente, ripensa all'ultima volta che è stato a Jotunheim, a stringere un patto con Laufey, a tradirlo. I ricordi sono la sua più tremenda debolezza, spuntano come fiori velenosi sul sentiero perché hanno radici che non possono essere estirpate. I ricordi pesano e possono schiacciare anche un dio, se questo dio non fosse tanto bravo a nascondere i propri sentimenti. Essere più forte del proprio cuore, questo è sempre stato il punto.
Io sono più forte...
Ha bisogno di ripeterselo, per rammentarlo, per convincersene. Anche se convincersi di quel pensiero rende forse ancora più insensato quello che sta facendo.
Ha passato i giorni a riflettere sul perché delle proprie scelte, su come mai abbia deciso di fare o non fare qualcosa. Ha trovato valide ragioni per non voltare le spalle ai Vendicatori e allearsi con i loro nemici: non si fida di chi non conosce, non si fida del fatto che loro possano effettivamente vincere, non avrebbe alcuna certezza se scegliesse di stare dalla loro parte...
Racconta menzogne, il dio dell'inganno, è ciò che lo qualifica. Racconta menzogne così bene che a volte anche lui smarrisce la verità.
Io sono più forte...
Forse è vero, ma non si sente affatto forte mentre varca quella soglia. Si sente divertito, certo, ma è solo l'insieme di un po' di vecchi trucchi, illusioni di poco conto, per fingersi un umano.
Non ha avuto bisogno di sapere con precisione il luogo e l'ora. Non ha bisogno di cercare; l'energia della pietra è una traccia che può seguire da qualsiasi angolo dell'universo, e da qualsiasi angolo dell'universo le strade tracciate dal destino sembrano condurre a quella sala agghindata a festa.
Ne varca la soglia a testa alta. Viene invaso dal rumore sommesso delle tante voci che parlano assieme e dallo sfavillio delle luci.
Pensa ad Asgard, per un attimo, pensa che nella sua mente è come una casa distrutta da un cataclisma, ne resta solo l'impronta sul terreno, ma non ci sono più pareti, non ci sono più fuochi accesi o tetti. Non c'è più il senso di appartenenza e di sicurezza.
Pensa ad Asgard e alla sua giovinezza, alla mille e mille feste come quella che ha visto trascinarsi tra scoppi di risate e l'olezzo degli incensi ad ardere nei bracieri.
Si può non avere più una casa, per fortuna il mondo resta comunque pieno di ombre dentro le quali andarsi a rifugiare.
Ma stavolta non ha scelto l'ombra. Stavolta percorre la scalinata che porta alla sala, e sente quasi la luce pungergli il viso.
Quasi nessuno fa caso a lui, continuano tutti a ciarlare con il proprio interlocutore, a bere da lunghi calici di vetro. Solo una manciata di occhi arriva a notarlo, i loro occhi, gli occhi dei nemici, che hanno la mente affinata nel percepire la sua presenza, nel sentire l'odore del pericolo spandersi nell'aria.
I fantomatici Vendicatori, tirati a lucido nei loro abiti da festa, sono gli unici che lo hanno visto e ora lo stanno fissando attoniti.
In un gesto automatico, Stark spinge la sua compagna dietro sé, gli altri gli si stringono attorno come a formare un muro. Eppure lo sanno che lui potrà sempre fare breccia, perché lui conosce dove si trova il loro cuore.
Loki sorride, si sfila il soprabito con un gesto disinvolto e lo consegna a un cameriere. Poi si avvicina agli eroi.
Thor fa un passo avanti,
«Cosa fai tu qui?» domanda, brusco. Forse è deluso dal non essere riuscito a tenerlo alla larga anche da quel tipo di luce. Forse è solo sorpreso.
«Quello che fate voi altri, suppongo: partecipare a una festa». Dovrebbe suonare per quello che è, una sorta di patto di non belligeranza. Partecipare a una festa, se ben ricorda, non implica scontri o violenze.
«Fury avrebbe dovuto lasciarmi il tempo di escogitare qualcosa per rinchiuderti» sibila Stark.
«Sarebbe stato senz'altro divertente vederti tentare e fallire».
«Fa' che non si debba chiedere a Hulk di accompagnarti all'uscita» aggiunge la Romanoff, crucciata.
«Hu... Hulk?» squittisce una vocina da dietro al muro di facce dure. Oh, ma certo, la giovane scienziata di Thor; verrà anche il suo turno, prima o poi.
«È una bella festa, Stark» conclude Loki in tono annoiato. «Non vedo perché ognuno di noi non debba godersela per conto proprio».
«Sul mio onore, fratello: fai accadere anche solo una cosa spiacevole stasera e ti riporterò su Asgard all'istante. Non importa quali saranno le conseguenze» taglia corto Thor, la sua voce suona leggermente ringhiante. Imparerà mai a darsi un po' di contegno?  
Naturalmente la sua minaccia è vana e suona anche stupida – è persino tornato a chiamarlo fratello – ma Loki finge di interpretarla come un patto e si limita ad annuire, per poi dar loro le spalle e allontanarsi.
Nadia è dall'altro lato della sala. Anche lei lo ha visto arrivare e sembra non si sia del tutto riavuta dalla sorpresa. Il ragazzo che le sta di fronte le tiene la mano, ma qualsiasi discorso stessero facendo è rimasto in sospeso e lui non glielo lascerà continuare.
Quando li raggiunge, Nadia lo guarda come se cercasse di sondare le sue intenzioni poi comincia a spostare lo sguardo tra lui e il ragazzo.
«Loki! Che incredibile sorpresa» dice con un sorriso forzato.
«Sul serio non ti aspettavi di vedermi?» la rimbecca lui, calmo, con una punta di sarcasmo nella voce. «Il tuo intuito sta perdendo colpi»
«Sssì.». Lei continua a sorridere in quel modo idiota, poi si avvicina e fa per baciargli la guancia, ma in realtà si è solo sporta per sussurrargli qualcosa all'orecchio. «Il mio intuito perde colpi, vedrai i colpi che riceverai tu più tardi se ne combini una delle tue».
Loki solleva appena un sopracciglio, con aria di sufficienza. Si aspettava qualcosa di più vivace, una volta creata tutta quella tensione. Si aspettava qualche reazione più decisa. Quanto sanno essere ipocriti gli umani a volte, con il loro disperato bisogno di mantenere le apparenze di una calma che non esiste.
Il ragazzo sconosciuto ha l'espressione di un coniglio appena tirato fuori dal cappello di un prestigiatore, ma tiene ancora la mano di Nadia nella sua. Un altro testardo, come se non ce ne fossero già abbastanza in giro in quella sala.
«Non ci presenti?» chiede Loki, guardando Nadia con enfatica aria di biasimo.
Lei chiude gli occhi per un attimo e fa un piccolo sospiro.
«Certo, scusate. Low-Key, lui è Mike, lavora per il signor Stark».
«Oh, non lo invidio».
«No, nemmeno io. Mike, Low-Key è...».
«Straniero, suppongo, per il nome e per l'accento» esclama il ragazzo, mostrando un sorriso smagliante e cordiale che il dio ricambia con la stessa misurata cortesia. Peccato che l'ha interrotta, era curioso di sentire in che modo lo avrebbe presentato.
Per stringergli la mano, Mike deve lasciare quella di Nadia. Loki prolunga la stretta un secondo più del necessario e guarda il ragazzo negli occhi. La sensazione che ne riceve non è positiva, non perché lo veda come un intruso o perché è uno sciocco e insignificante essere umano, è proprio una sensazione a sé, qualcosa che scorge nel fondo dei suoi occhi a sembrargli molesto, fuori posto.
Ma non c'è ragione di fare del chiasso inutile, non gli importa del ragazzo e non vede l'ora di levarselo dalla vista.
«In realtà» dice Loki guardando Nadia, «non credo che mi tratterrò a lungo, prima che me ne vada mi accompagneresti al bar?».
Suona un po' stupido persino a se stesso ma immagina che lei capisca, con l'abilità che ha sempre avuto nel cogliere ciò che è implicito, che quella non è esattamente una domanda. A scanso di equivoci, Loki le posa una mano sulla spalla scoperta e stringe leggermente.
«Oh... Mike, scusa, ancora, credo che Low-Key abbia bisogno di un anfitrione, forse ha paura che qualcuno gli spezzi tutte le ossa stasera» dice lei, incapace di nascondere il suo nervosismo.
«Capisco, certo, fate pure...» mormora Mike.
Nadia si volta sospirando e comincia a camminare, diretta al bar. Loki le indica la grande porta di vetro che immette sul terrazzo.
«È bloccata, c'è l'aria condizionata qui dentro» osserva lei, con un sospiro stizzito.
«Devo ricordarti quante volte sono evaso da prigioni ritenute inespugnabili?».
La maniglia della porta scatta sotto le dita del dio e loro sgusciano fuori, all'aperto. Richiuso il battente alle spalle, il chiacchiericcio si spegne di colpo e lascia il posto ai rumori della città, che lì arrivano lontani e ovattati.
Questo è il momento in cui Loki dovrebbe spiegare a Nadia la sua presenza lì. Ma crede di aver già detto tutto, o quanto meno, che lei abbia già dedotto tutto. Voleva solo essere l'elemento di disturbo, è ciò che è nato per essere, del resto: il figlio imperfetto del Padre degli dei, il re che usurpa i troni degli altri, la minaccia che agita il sonno degli eroi. Voleva solo rammentarle che non può pensare di dimenticarsi di lui quando le fa comodo, come quando è stato via, prigioniero dei Chitauri e lei non si è mai neppure chiesta se gli fosse accaduto qualcosa, se c'era un motivo valido a impedire il suo ritorno.
Nadia gli dà le spalle e si appoggia con i palmi delle mani alla balaustra di metallo satinato.  
Loki pensa che non ha niente da dirle. Che tutto quello che si era preposto di fare quella sera lo ha già fatto. Quasi sussulta quando sente un singhiozzo vibrare come la nota stonata di un'arpa.
«Che cosa vuoi, si può sapere?» domanda la ragazza. La sua voce è graffiante e distorta.
Sta piangendo? Nadia sta piangendo?!
Avrebbe potuto ucciderla e lei non gli avrebbe dato la soddisfazione di una sola lacrima o di un'ultima supplica. E adesso, la guerriera, la folle coraggiosa, piange senza alcun motivo spiegabile.
«Io? Cosa dovrei mai volere?» dice Loki. Detesta il pianto delle donne, ma più che infastidito ora si sente come qualcuno che è stato preso in giro. Non sta davvero accadendo, non è comprensibile, non può essere una cosa seria.  
Nadia si volta verso di lui, a giudicare dal suo sguardo sembra furiosa.
«Non lo so, ma voglio che tu me lo dica. Piombi alla festa di Tony, sconvolgi i miei amici, rovini i miei piani... perché? Cosa vuoi? Sei qui per la pietra, per cosa?».
La pietra. Non ci aveva nemmeno pensato. Come può venirle in mente un'idea del genere in quel momento? E perché quelle dannate lacrime non si fermano? Adesso sono diventate due chiazze sulla stoffa del vestito, al centro del petto.
La serata si prospettava così divertente. Loki adesso non saprebbe nemmeno dire cosa è successo.
Che cosa vuoi?
La domanda suona come il ringhio di una fiera nei suoi pensieri. La rabbia nel suo petto esplode in scintille rosse che gli piovono davanti agli occhi, gli annebbiano i pensieri.
Scatta verso di lei, le serra le mani attorno agli avambracci e si china a un palmo dal suo viso bagnato di pianto.
«Voglio ciò che è mio!» esclama. La rabbia nella voce di Nadia poco prima è niente in confronto a quella che adesso sta trasfigurando il volto del dio. «Posso aver fallito come figlio, e come fratello, e come re... ma ho combattuto, oh se l'ho fatto! E se non mi sono rassegnato all'idea di non aver conquistato nulla, è perché sono certo che non sia così, e non posso tollerare che mi sfugga dalle mani».
La lascia andare con uno strattone, lei riesce a stento a mantenere l'equilibrio. Non sa se c'è una risposta, non si trattiene abbastanza per ascoltarla e se anche lei stesse urlando, non la sentirebbe comunque, sente solo un rombo nella testa, il pulsare del sangue e il ruggito della rabbia che sfuma verso un silenzio freddo, verso il vuoto.
Quando rientra dentro, nella sala, torna al suo contegno misurato. C'è un fuoco che si è spento nel momento in cui ha detto – urlato, probabilmente – quelle parole a Nadia. Forse più tardi, l'indomani magari, il fuoco tornerà a bruciare, ma adesso si sente come se il peggio fosse passato e, soprattutto, come se fosse passato per sempre.

*

Jane si è barricata nel bagno della donne con l'intenzione di mettere quante più mura possibili tra lei e il mondo fuori.
Da quando Thor è tornato, è molto felice. Ha accanto la persona che ama, sta aiutando a salvare il mondo, vede Erik tutti i giorni, nell'area ristoro della base dello S.H.I.E.L.D. fanno le migliori brioche che abbia mai mangiato...
Ma quella serata, per lei, è una prova un po' ardua da reggere, è tipo la prima uscita con gli amici del tuo nuovo ragazzo. E non è che si siano visti per una pizza, e gli amici del suo ragazzo non sono proprio la quintessenza della normalità, e il suo ragazzo non è nemmeno propriamente un ragazzo. E in passato non si era mai rivelata troppo in gamba per quel genere di cose, nemmeno quando ragazzo e amici erano persone normali che si incontravano in un pub e parlavano di football, film e gossip tutta la sera.
Evidentemente, è solo una questione di talento. Nadia, ad esempio, sembra così brava a gestire la cosa, a cogliere il lato normale della faccenda. Non è che Jane la invidi, è che per lei rimane strana e sfuggente anche dopo tutto quello che Thor le ha raccontato.
E poi, ciliegina sulla torta, è arrivato anche Loki.
La cosa che la dottoressa Foster trova detestabile in tutta quella situazione è che non riesce a smettere di avere paura e si sente così fuori posto per questo.
Ma è rimasta chiusa in quel bagno fin troppo, ora probabilmente uscirà e troverà Thor di nuovo sommerso dalle galline.
Prende un bel respiro e si fa aria con le mani, pi apre la porta e percorre il corridoio che porta al salottino circolare che fa da anticamera tra il salone delle feste e la zona dove si trovano le toilette e i guardaroba. Al centro del salottino c'è un tavolo tondo con sopra un gran mazzo di fiori, attorno al tavolino ci sono basse poltrone di pelle dall'aria comoda.
Qualcosa stona in quella composizione perfetta, una delle poltroncine non è voltata verso il tavolo ma verso la vetrata che guarda fuori, spezzando l'andamento circolare dell'intero insieme.
«Dottoressa Foster». La voce flautata di Loki scandisce il suo nome e sembra quasi vibrare dalle pareti. «Curioso che in tutto questo tempo non ci abbiamo mai presentati come si conviene, le maniere di Thor lasciano ancora molto a desiderare, a quanto vedo».
Jane avverte il gelo dietro la finta cortesia e si sente paralizzare dal panico. Tenta di ragionare, di pensare che non può farle del male in quel momento, in quella stanza in cui potrebbe entrare chiunque, con Thor e gli altri nella sala accanto. Ma ha sempre avuto idea che Loki possa fare qualsiasi cosa, altrimenti uno come Fury non ne sarebbe così preoccupato.
«Nemmeno le tue maniere sono da elogiare, chiedilo ai cittadini del New Mexico, tanto per cominciare» gli risponde, ma il tono duro che cerca di ostentare non convince nemmeno lei.
Loki si alza dalla poltrona e muove un passo verso di lei. È alto quasi quanto Thor, ma non c'è niente in lui che faccia pensare che abbiano vissuto assieme la maggior parte della loro lunga vita. La giovane donna freme, ma non gli dà la soddisfazione di indietreggiare, di mostrarsi più terrorizzata di quanto già non sia.
«Se Thor non si fosse andato a rintanare in quel luogo sperduto in mezzo al deserto...» borbotta lui, come se stesse pensando ad alta voce. È più folle di quanto Jane avesse immaginato, ma se non si stesse parlando di uccisioni e machiavellici piani di distruzione, sarebbe da ammirare la sicurezza con cui quell'individuo sembra perorare la sua causa, la maestosità di quella pazzia e il totale asservimento ad essa.
«Non ti assumi mai le tue responsabilità? Non provi mai fare un giro di ricognizione in quello che hai in testa? Forse se lo facessi farebbe ribrezzo anche a te». Sta decisamente osando troppo, gli basterebbe un cenno per ucciderla, ma per un attimo, ai suoi occhi, Loki ha assunto il fascino di un tremendo rompicapo, dà il senso di vertigine di quando si è sospesi su un precipizio e si ha la tentazione di buttarsi per vedere fino a quanto si riesce a volare.
Ora Jane capisce perché, quando Thor parla di suo fratello, per quanto rammarico provi, c'è sempre una sorta di ammirazione di fondo nelle sue parole, ammirazione per quell'uomo – dio – che ha passato la vita a odiarlo e invidiarlo.
Quanto avrebbe potuto essere grande e straordinario Loki, se avesse scelto la parte giusta con cui stare!    
«Conosco piuttosto bene la mia mente, mia cara Jane. Non vi ho ancora trovato qualcosa che mi dispiaccia» risponde il dio dell'inganno.
Non c'è niente di più doloroso e spaventoso di una grandezza sprecata.  
«Cosa vuoi?» insiste lei, corrugando la fronte.
Loki inclina leggermente la testa e arriccia le labbra.
«Dovreste smetterla di farmi questa domanda» borbotta con un mezzo sospiro. «Non voglio niente,  mi faceva piacere omaggiare il signor Stark con la mia presenza e, come ti ho detto, trovavo troppo sconveniente che non ci fossimo mai presentati».
D'accordo, è intelligente, fascinoso e pericoloso come un fiammifero acceso accanto a un distributore di benzina. Ma è anche così infantile.
«E hai ritenuto che fosse meglio presentarti qui, mentre sono sola. Dovrebbe farmi piacere, suppongo»
«Sei forse spaventata, Jane?».
Sì, ora che la guarda con quel sorriso da squalo lo è di certo. La donna deglutisce,
«Devo esserlo?»
«Naturalmente. Sempre». Il dio scandisce quelle parole con lentezza, lei sente il cuore rimbalzarle in gola. Le è stato detto che è un ingannatore, che è incredibilmente abile a mentire, ma quell'affermazione non può che essere vera, è chiaro dal luccichio degli occhi, dalla durezza dello sguardo.  
«Ma non è il caso di preoccuparsene stasera, e di certo nemmeno nei giorni a venire», aggiunge il dio facendo un passo indietro e scrollando le spalle con un fare così tranquillo, quasi bonario, che nemmeno si direbbe che fino a un attimo prima l'ha minacciata. «Abbiamo tutti, come vogliamo definirle? Delle priorità, ecco».
Jane lo guarda stupita, confusa.
«Stai parlando di Nadia?» mormora. Loki non si dà pena di rispondere.
Allora è vero? Tutto quello che ha supposto e sperato Thor, alla fine si è avverato sul serio: Loki prova davvero qualcosa di importante per la ragazza, e questo potrebbe bastare a salvarlo da se stesso?
No, non è così semplice. Jane non si è mai ritenuta una persona particolarmente saggia o brillante in altre cose che non siano il suo lavoro, né può pensare di conoscere Loki così bene, ma è certa che qualsiasi sentimento lui provi per Nadia non basterebbe a salvarlo. O a salvare tutti loro da lui. È per questo che Thor ha accennato a una soluzione escogitata da Odino, quel mistero che non ha svelato nemmeno a lei.
«Perché semplicemente non la lasci in pace?» chiede Jane scuotendo il capo.
Il dio dell'inganno sembra perplesso dalla sua domanda. Sposta lo sguardo di lato, come se si stesse sforzando di trovare una risposta adatta, una bugia probabilmente, o il modo meno compromettente per dichiarare la verità.
«Immagino che potrei farlo, se lei lasciasse in pace me» conclude dopo qualche secondo.
«Non dire stupidaggini, lei ti lascerebbe in pace eccome» borbotta Jane. Un attimo dopo non è tanto certa della sensatezza di quello che ha detto perché Loki la guarda con l'aria accondiscendente di chi non pensa valga la pena rispondere.
«Non hai dimestichezza con le metafore, vero?» risponde lui. «Non parlavo necessariamente di lei in prima persona».
E di cosa parlava, del suo spirito? È una cosa da divinità sciroccate?
«Del ricordo, dotteressa Foster, parlavo del ricordo, dell'idea...». Loki si interrompe di colpo, arriccia il naso in un'espressione che sembra disgustata e si volta dandole le spalle. Forse ora si sta mordendo la lingua perché ha detto troppo, e lo ha detto a lei.
In un'altra situazione, Jane riderebbe; ora invece si sta semplicemente chiedendo se c'è qualcosa che deve aggiungere. Si sta anche chiedendo se a Thor piacerebbe sentirsi raccontare di quel dialogo da teatro dell'assurdo, se non lo troverebbe consolatorio per quelle ultime battute, ma probabilmente sarebbe troppo impegnato a tentare di riportare Loki ad Asgard in un impeto di collera, per poter arrivare fino alla fine del resoconto.
«Godetevi la festa, tutti voi, dottoressa Foster» conclude il dio. Jane non si era accorta che lui si era avviato verso la porta, fa appena in tempo a sentirlo pronunciare quelle parole e a vederlo sparire dietro l'uscio.   
L'aria sembra molto più respirabile adesso.

*

Nella foga di liberarsene, ha gettato il vestito per aria e ora quello penzola dal mobiletto del lavandino. Si è infilata in una camicia da notte di cotone, larga e fresca, poi è andata in cucina e si è preparata un tè.
Dal piano di sopra hanno telefonato Tony e Pepper per chiederle se andava tutto bene, se la festa le era piaciuta. C'erano un mucchio di domande implicite in quella conversazione, ma lei ha finto di ignorarle e ha cercato di mostrarsi il più tranquilla possibile, non voleva che Tony scendesse di sotto a fare il fratello maggiore, non quella sera.
Nadia giocherella con il telecomando del televisore, rannicchiata su una poltrona. Pensa alle parole che le ha detto Loki prima di andarsene, o almeno ci prova, perché il ricordo le crea un gran vuoto in testa.
Quando sente bussare alla porta, sospira. Proprio adesso che avevo deciso di andare a letto...
Va ad aprire, a piedi scalzi,
«Tony, sul serio sto bene, non c'è bisogn...».
No, non è Tony. E Nadia non può fare a meno di restare immobile davanti alla soglia del suo appartamento, con la mano ancora appoggiata alla maniglia a guardare i lampi che sembrano saettare nello sguardo di Loki.
Il dio le fa uno strano sorriso, quella curva che sembra affilata come una lama.
«Tony» ripete come se stesse masticando qualcosa di amaro. «Quel nome compare talmente tanto spesso sulle tue labbra che potrei davvero cominciare ad essere geloso».
Nadia vorrebbe sapere come ha fatto a trovarsi lì. Vorrebbe anche essere sicura che da un momento all'altro non entrino agenti dello S.H.I.E.L.D. dalla finestra, armati fino ai denti per acciuffare Loki e portarlo via, o che Jarvis non suoni qualche particolare tipo di allarme.
Ma non c'è tempo per le domande, ogni cosa perde di senso nell'attimo esatto in cui lui fa un passo avanti, varcando la soglia e spingendo pesantemente la porta a richiudersi alle sue spalle.
Nadia scatta verso di lui, legandogli le braccia dietro la nuca, baciandolo. Sente le mani di Loki passarle tra i capelli e di tanto in tanto fermasi a stringere convulsamente, per poi afferrarle i fianchi e sollevarla da terra, spingendola contro il muro, tenendola bloccata tra la parete e il suo petto.
Non c'è spazio per nessuna parola. Non c'è tempo per nessuna tenerezza, non tra le braccia del dio dell'inganno.
E va bene così, perché Nadia ha fatto la sua scelta già molto tempo prima, anche se se rende conto solo ora, anche se solo in quel momento capisce davvero: non si aspetta quando si vuole davvero qualcosa.
Le mani corrono febbrili a scansare la stoffa dei vestiti, quel tanto che basta.
Le dita di Loki indugiano sui lividi, solcano i tagli sul fianco della ragazza, facendoli sanguinare di nuovo, anche se c'è qualcosa di disperatamente dolce nel modo in cui la bacia, in cui continua a restarsene aggrappato al suo respiro.  
Nadia si stringe con le gambe attorno ai suoi fianchi quando lo sente entrare dentro di lei con prepotenza, prima che sia del tutto pronta, accogliendo quasi con soddisfazione quella piccola scia di dolore.
È una manciata di minuti che satura come se volesse bloccare il normale scorrere del mondo. È una manciata di minuti prima che finisca e che Nadia si ritrovi tremante contro il petto del dio che adesso la sta stringendo a sé e le sta accarezzando piano la testa, in attesa che il respiro di entrambi torni ad essere regolare.
Loki la solleva tra le braccia e la porta in camera da letto, dove la appoggia sul materasso.
Lascia che lei lo spogli in silenzio e le si stende accanto, cingendole la vita e attirandola a sé in un abbraccio possessivo.
Fuori comincia già ad albeggiare.






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Note:
Quando dicevo che avreste potuto trovare questo capitolo interessante, non mi riferivo al finale, né tanto meno, definendolo interessante davo per scontato che vi sarebbe piaciuto. Solo che è uno di quei capitoli in cui i nodi, almeno per quel che riguarda la parte sentimentale della vicenda, vengono al pettine e che spalanca il portone della pragmaticissima domanda: e adesso? (Si accettano scommesse... ).

Mi ha emozionato molto scrivere questo capitolo perché quando questa storia è iniziata non prevedevo che il viaggio sarebbe stato così lungo e l'idea di aver portato Loki a fare una scelta molto precisa, quella di “reclamare Nadia per sé” in barba a tutto e tutti, mi fa un po' sentire il peso della responsabilità per il percorso che ho fatto intraprendere a questo personaggio. Personalmente, sono contenta della lunga strada che io e Loki abbiamo fatto, spero solo che la direzione sia sembrata, almeno un po', quella giusta anche a voi.

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A venerdì prossimo! :)
   
 
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