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Autore: SignorinaEffe87    14/08/2007    4 recensioni
Quando le rose sfioriscono, restano le spine e Danny e Lindsay lo stanno apprendendo, loro malgrado, in balia di una crisi che, all'apparenza insanabile, li sta inesorabilmente allontanando. Tuttavia, proprio quando tutto sembra perduto, l'irrompere di un insolito Cupido potrebbe ribaltare le sorti della vicenda.
Riusciranno Danny e Lindsay, perdendosi fra le strade di New York, a ritrovare se stessi?
Genere: Romantico, Commedia, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Danny Messer, Lindsay Monroe
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Eccomi qui con il secondo atto di questa fic: all'inizio doveva essere l'ultimo, ma poi ho preferito spezzare la storia in tre parti ed isolare l'epilogo. Spero che il mio humor britannico alla Jane Austen non combini troppi casini da qui in poi.
Grazie mille a ISI e Monella, che hanno recensito, e anche a quelli che hanno letto soltanto, ci risentiamo a fondo pagina!^^*

Atto secondo
Per me si va...



"Il lupo che insegue, il cerbiatto che fugge."
A. C. Swinburne, "Atalanta a Calidone"



"Salute, Montana.".
"Non sono stata io a starnutire.".
Le teste di Danny e Lindsay scongiurarono la collisione per un soffio, mentre i due si voltavano simultaneamente verso i sedili posteriori e reprimevano a stento un'esclamazione di attonito stupore.
Kitty Heywood, la bambina più ricercata di New York, sedeva con espressione serafica nel retro dell'auto, masticando uno dei suoi adorati chewing-gum alla fragola con i pochi denti da latte superstiti e tamponandosi in maniera molto poco aristocratica il nasino colante sulla manica della maglietta. Ad un tratto, accortasi di essere osservata dagli altri occupanti della macchina, troppo sorpresi persino per riuscire a formulare una frase dotata di senso compiuto, battè le mani con inspiegabile soddisfazione e proruppe in una festante esclamazione del tutto inintellegibile.
"Credo di essermi smarrito più o meno all'altezza della terza sillaba... Montana, secondo te il rumeno ha le sillabe?" commentò perplesso Danny, dopo aver temporaneamente distolto l'attenzione dalla guida per porgere alla piccola un pacchetto di fazzolettini di carta, che quest'ultima accettò contraccambiando con un sorriso radioso e mancante degli incisivi superiori.
Lindsay aggrottò le sopracciglia in un'espressione accigliata piuttosto eloquente: come se lei sapesse parlare il rumeno! Se volevano porsi una domanda intelligente e dotata di fondamento logico, dovevano chiedersi in che modo quella bambina era riuscita non solo a sgusciare fuori di casa, ma anche, e soprattutto, ad intrufolarsi su un'auto della polizia, senza che neppure uno dei numerosi agenti, trascinati da Flack sul luogo della scomparsa, la notasse.
Quasi che fosse stato capace di leggerle nel pensiero, e in passato lei era stata più volte convinta che lui possedesse davvero quella capacità, che non si trattasse di pura e semplice fortuna, ma di affiatamento, il compagno ipotizzò: "Quel nuovo arrivato, Chadwick, quello che ripete fino allo sfinimento "agli ordini, signore", come se non avesse imparato altro che quelle tre parole all'Accademia, deve aver lasciato la portiera aperta, quando l'ho mandato a recuperarmi altri guanti di lattice... Una tentazione molto forte per la nostra principessina degli zingari, probabilmente acquattata nei pressi della casa, in attesa di un buon espediente per movimentare la serata della sua famiglia e del dipartimento di polizia...".
La mente della donna riandò, per un istante, ad altre tre fatidiche parole, quelle che avrebbero dovuto darle la caccia soltanto nei peggiori incubi sull'avvenire della loro storia, e che invece aveva udito proprio quella stessa notte, proferite dalla voce dell'uomo che amava, improvvise e sconvolgenti alla stregua di un getto di acqua gelida in pieno viso, ma, anche se non si sarebbe mai risolta ad ammetterlo, in qualche modo prevedibili. Tuttavia, poichè, almeno per il momento, quella drammatica conversazione era stata archiviata, preferì lasciare il posto al sollievo per aver scoperto che, seppur in circostanze a dir poco bizzarre, Kitty Heywood era al sicuro, quindi decretò, ad alta voce: "Chiamo Flack e lo avviso di sospendere le ricerche della piccola.".
Quell'affermazione restò soltanto un proposito.
Infatti, con un gesto fulmineo ed assolutamente imprevedibile, la bambina s'insinuò fra i due investigatori, staccò le chiavi dal cruscotto dell'auto e, gettatasi fuori dall'abitacolo in atteggiamento abbastanza temerario, iniziò a percorrere il marciapiede semideserto a balzi leggiadri e svagati. Dopo un comprensibile attimo di confusa irresolutezza, necessario per realizzare appieno la vergognosa gravità dell'essere stati giocati da una mocciosetta con poco più di un sesto dei loro anni, Danny e Lindsay agirono di nuovo come una sola persona: abbandonato il mezzo nell'ingorgo, incuranti delle strombazzanti e poco signorili proteste degli altri automobilisti, si lanciarono all'inseguimento di Kitty. Percorsero un lungo tratto alle sue calcagna, prima di fermarsi a riprendere fiato e riordinare le idee, non appena la persero di vista a metà della Sesta Strada.
"Si sarà nascosta da qualche parte qui attorno, non può essere andata molto lontana..." suppose l'investigatrice, augurandoselo vivamente per la sicurezza della fuggiasca e la salute delle proprie caviglie, che iniziavano a manifestare in maniera dolorosa e vivace il loro disappunto per essere costrette in scomode scarpe dai tacchi a spillo, cui non erano affatto abituate. Il collega non rispose, impegnato com'era a tossire ed ansimare, appoggiato ad un parchimetro, ma, a giudicare dalla scettica occhiata obliqua che le scoccò, non sembrava condividere il suo ottimismo al riguardo, anche prima di osservare, una volta recuperato un po' di fiato ed una certa regolarità delle pulsazioni cardiache: "Per quanto ne so, quel demonietto dei Carpazi potrebbe anche trovarsi a tre isolati da qui... Mac ci degraderà a lucidare i vetrini per i microscopi, quando scoprirà che ci siamo fatti mettere nel sacco da una marmocchia!".
Per quanto fosse uno dei più dotati ed arguti criminologi del reparto scientifico cittadino, il signor Messer aveva, di tanto in tanto, la deprecabile capacità di annaspare in un bicchiere d'acqua mezzo vuoto, metaforicamente parlando: tipico di qualsiasi uomo, perdersi senza rimedio nelle piccolezze infinitesimali.
Per questo, e per molti altri motivi più o meno trascurabili, Dio aveva inventato la donna.
Sfoderando un sorrisetto saputo, la compagna lo rassicurò con una pacchetta amichevole sulla spalla, il massimo di contatto fisico benevolente che poteva concedergli in una situazione di sottesa belligeranza, quindi, accompagnata dall'espressione interrogativa dell'uomo, marciò a passo spedito all'interno di una pasticceria discretamente affollata, poco lontano dal punto in cui avevano smarrito le tracce di Kitty.
"Una coppetta di gelato alla fragola, grazie." ordinò in tono cordiale al primo cameriere che le si parò dinanzi; costui si affrettò ad eseguire il cortese comando, non prima di aver scrutato per qualche momento, comprensibilmente imbambolato, il curioso abbigliamento alla Marlene Dietrich della nuova cliente, soprattutto nel tentativo di intuire, dando una fugace occhiata alle sue spalle, se si trattasse di una candid-camera o dell'ennesimo, fantasioso espediente per dare inizio ad una rapina.
Quando lei ritornò in strada con il dolce, Danny assunse un'aria mesta da cucciolo annoiato e malinconico, protestando: "Avresti potuto optare per qualcosa di più appetitoso, tipo cocco e cioccolato! Io detesto la fragola!".
"Detto da uno che mi ha convinta a sbocconcellare ragni fritti suona quasi come una pietosa bugia, e, comunque, non è per te." lo mise a tacere recisamente la donna, prima di posargli, non senza una velata titubanza, la mano libera sul braccio ed intimargli, con un'inflessione che non ammetteva repliche: "Simula un'aria distratta e cammina!".
Quindi, dal momento che il compagno non si dimostrava pronto e reattivo quanto sarebbe stato necessario, lo trascinò di malagrazia per qualche metro, prima che l'esca alimentare desse i suoi frutti: infatti, dribblando un gruppetto di passanti fermi a chiacchierare dinanzi alla vetrina di un grande magazzino, Kitty si materializzò dinanzi a loro e, con un sorriso implorante che avrebbe intenerito persino un sasso, tese le manine verso il gelato.
"Lascia che ti insegni qualcosa sul nostro paese, principessa degli zingari...": ignorando la sconfinata soddisfazione scorta sul volto della collega, Danny le tolse di mano la coppetta, poi, rivolgendosi alla bambina in tono compunto, prese a spiegare: "Scommetto che ora tu vorresti mettere le tue piccole, graziose grinfie da lupacchiotto valacchiano su questo invitante dolcetto, ma sappi che ciò non accadrà finchè non avrai restituito allo zio Danny, che sarei io, le chiavi della sua auto nuova, acquistata grazie a mesi di duro lavoro ed ammirevole parsimonia...".
Messer melodrammatico e saccente era quasi più disgustosamente insopportabile della sua controparte buffonesca; Lindsay, emettendo un sonoro sospiro scocciato, tentò di mettere fine a quella squallida pantomima, la quale stava attirando gli sguardi e le attenzioni della gente circostante su quel poliziotto molto, molto cattivo che teneva sermoni di economia liberale ad una malcapitata piccina, intenta, tramite saltelli ed inutili tensioni sulle punte dei piedi, a recuperare l'ambito gelato, sospeso pochi, incolmabili centimetri oltre la sua limitata portata.
"Danny, perchè non ci dai un taglio? E' solo una bambina!".
"Montana, fino a prova contraria, questa è anche la ladra delle chiavi della mia macchina! E poi, se i suoi genitori non le hanno mai spiegato la legge della domanda e dell'offerta, qualcuno dovrà pur farlo..." polemizzò, piccato, l'investigatore, prima di udire le veementi proteste della piccola in rumeno e domandarsi, ad alta voce: "Cosa starà dicendo?".
"Nessuna definizione onorifica riguardante la tua persona che ti farebbe piacere ascoltare in inglese, soprattutto in bocca ad una bambina di sei anni e di buona famiglia!" ribattè acida l'investigatrice, sul punto di perdere le staffe, schiaffeggiare l'infantile compagno e remunerare con il dolce la più assennata fuggitiva.
Tuttavia, di nuovo Kitty si premurò di sbloccare la situazione stagnante con una reazione del tutto imprevedibile: visibilmente adirata, rifilò un poderoso calcio alla rotula di Danny e, dopo aver malignamente goduto del suo gemito sofferente, s'infilò di corsa nella stretta strada secondaria più vicina. Sospesa fra il riso, la preoccupazione e lo stupore, Lindsay obbedì al primo impulso istintivo, che la spinse a chinarsi sul collega per prestargli sostegno, fisico e morale; questi, però, la scostò rudemente e si gettò sulla pista della bambina, ululando: "Questa me la paghi, piccola bastarda!".
Sarebbe finita, quella notte eterna ed estenuante?
Supplicando intimamente le proprie caviglie di non cedere in un momento tanto cruciale, la donna imboccò correndo la via, per poi fermarsi un istante prima di sbattere con violenza contro la schiena del compagno, bloccatosi senza preavviso dinanzi all'ingresso di servizio di un locale notturno. Appesa alla maniglia della porta, eloquente e sfrontata come un guanto di sfida, la giacca a vento di Kitty oscillava lieve nel placido vento della sera, invitandoli a continuare il gioco.



"Danny, saresti così gentile da smetterla?".
Il tuo insensato e continuo andirivieni mi da' sui nervi, seguito ideale della cortese richiesta formulata appena prima, risuonò soltanto nella testa di Lindsay, la quale, seduta sui gradini d'ingresso di una palazzina sfitta dall'altro lato della stradina, spostava alternativamente uno sguardo di attesa non del tutto paziente dall'insegna intermittente del Devil's Nest, il locale dall'aria equivoca in cui pareva essere sgattaiolata la bambina, al compagno, il quale non aveva smesso di marciare avanti ed indietro, alla stregua di una tigre in gabbia, lambiccandosi il cervello sul da farsi.
"E se fosse un tentativo di depistaggio?" sbottò ad un tratto l'investigatore, dopo aver interrotto la frenetica camminata ed aver rivolto alla collega un'occhiata desiderosa di approvazione.
Tutt'altro che intenzionata a concedergli un simile, incondizionato appoggio, peraltro del tutto contrario alla logica della situazione contingente, la donna lo contraddisse con spietata, zuccherosa pacatezza: "Può darsi, ma in quel caso dovresti aggiungere al novero di supposizioni plausibili il fatto che possa teletrasportarsi o che sia stata vittima di un rapimento da parte di una pattuglia di alieni...".
"Montana, il tuo sarcasmo gratuito mi è utile come una pallottola nella tempia, in questo momento..." ribattè Danny, prima di riprendere a trotterellare lungo la strada, infastidito dalla caustica replica della compagna, ma non abbastanza da cedere all'apertura delle ostilità che, con sagace cautela, lei stava approntando e, nascostamente, sobillando. Se Kitty non avesse compiuto quella brusca intrusione nella loro auto e nel loro dialogo, lui era sul punto di sbatterle in faccia senza tante cerimonie la porta della propria vita sentimentale, ed ora pretendeva un aiuto concreto per cavarsi da una situazione d'impaccio in cui si era cacciato per colpa della propria indomabile, molesta logorrea? Che si arrangiasse, il signor Messer, il brillante criminologo, scelto da Mac Taylor in persona, ancora fresco di accademia, per far parte della sua squadra, pestato e gabbato da una marmocchia del San Remo!
Il perdono non è un valore di questo mondo, esiste soltanto nelle pagine più patetiche dei romanzi e negli appassionati sermoni dei predicatori, pertanto, non si sentiva affatto obbligata ad essere comprensiva con il prossimo, soprattutto se il prossimo in questione non lo era minimamente stato con lei, almeno in quell'ultimo, logorante periodo. Superata la fase della resa avvilita ed impotente, alla disperazione della perdita era subentrata una rabbia sorda, latente, in attesa di un qualsiasi innesco, anche banale, per scoppiare in un vasto e devastante incendio.
Inoltre, qualora fosse riuscita a trascinare il collega in un acceso litigio, forse sarebbe riuscita ad estorcergli la ragione, all'apparenza inspiegabile, per cui tradiva una palpabile inquietudine al solo incontrare con una fugace occhiata l'insegna del night-club: pareva disposto alle imprese più estreme ed ingrate, piuttosto che accettare l'idea di dover entrare nel locale per recuperare la piccola.
Tuttavia, intuendo che un silenzio offeso non avrebbe portato ad alcun progresso in quella strana sorta di indagine, si concesse un moto di magnanimità ed indagò, discreta: "C'è qualcosa che devo sapere riguardo al Devil's Nest?".
Messo alle strette, Danny si fermò di nuovo, deglutì sonoramente e si umettò il labbro superiore, in un gesto distratto ed adorabile che, in un'altra situazione, senza i gravami di una storia al capolinea, avrebbe risvegliato in lei gradevoli fantasie sopite ed inconfessabili, con buona pace della sua ingannevole espressione da ragazza innocente. Prima che avesse il tempo di rispondere, però, l'insistente trillo del cellulare s'insinuò nel loro abbozzo di conversazione, troncandolo di netto sul suo imminente nascere: per la seconda volta in quella infinita nottata, il numero di Flack brillò sul display del telefono.
"Posso sapere dove vi siete cacciati, dannazione?!" tuonò il detective dall'altra parte del ricevitore, in un tono di voce così nervoso ed elevato che Lindsay dovette allontanare l'apparecchio dall'orecchio per scongiurare una temporanea sordità. "Avete lasciato casa Heywood da una vita, non vi siete messi in contatto con nessuna delle pattuglie in circolazione e al laboratorio non hanno saputo darmi alcuna notizia di voi! Vorresti usarmi la cortesia di dirmelo tu stessa, Linds?".
La donna esitò, indecisa sul da farsi, poi, spinta da un sussulto emotivo etichettabile unicamente come pazzia allo stato puro, mentì, in maniera neppure molto convincente: "Siamo stati costretti a deviare verso Manhattan a causa di alcuni cantieri ed ora ci troviamo imbottigliati nel traffico.".
Nonostante si trattasse della mezza menzogna peggio architettata della sua vita, Flack parve lasciarsi persuadere, poichè concluse la conversazione con un laconico: "Beh, vedete di sbrigarvi e chiamatemi, se ci sono novità.".
Mentre faceva scivolare il cellulare nella borsetta, cercando di autoconvincersi a non richiamare il poliziotto e spifferargli tutta la verità, magari supplicando per un aiuto concreto, Danny mise polemicamente l'accento sul particolare della scena che lei aveva deliberatamente ignorato: "Sei impazzita, Montana? Avrebbe potuto mandarci dei rinforzi e Dio sa se non ne abbiamo bisogno per fronteggiare quel demonietto dei Carpazi!".
La protesta del compagno la rese, se possibile, ancora più salda nel proprio proposito: infatti, lo pungolò con simulato distacco: "Credevo non ti andasse a genio la prospettiva di lucidare vetrini fino alla pensione. O devo dedurre che hai abdicato al tuo orgoglio maschile schernito?".
Almeno quella provocazione minore colpì nel segno: accantonata l'inquieta riottosità, il compagno concesse, suo malgrado: "D'accordo, Montana, hai vinto tu: andiamo a riprenderci la principessa degli zingari.".



"Sembra grosso.".
"E poco incline alle carinerie.".
Appostati sull'angolo dell'edificio, Danny e Lindsay esaminavano mole e profilo psicologico del buttafuori del Devil's Nest, il quale, colossale e ringhiante alla stregua di Cerbero sputato fuori dai più bui recessi dell'inferno, pattugliava l'ingresso del locale.
"Che si fa?" chiese l'investigatore, senza staccare gli occhi dal guardiano, in quel momento intento ad allontanare un roccolo di adolescenti dalla porta semplicemente con un'occhiata in tralice che lasciava intendere le peggiori intenzioni.
In tono di ovvietà, la collega rispose: "Niente di così complesso: gli domandiamo gentilmente il permesso di entrare. Le buone maniere innanzitutto, ma non dovrebbe essere una montanara come me ad insegnarle ad un signorino di città come te, semmai il contrario...".
Credeva forse che non fosse in grado di sfidarlo sul suo stesso terreno? Sapeva essere detestabilmente ciarliera, quando ci si metteva d'impegno. Forse per non permetterle di volgere contro di lui le sue stesse armi della retorica, forse per tacitare le proteste del suo amor proprio vilipeso, il compagno la prese a braccetto con goffa cautela ed insieme percorsero il breve tratto di strada che ancora li separava dall'ingresso del night-club. Qui, la manona grassa e pelosa del buttafuori li bloccò sul primo gradino, preannunciata da un'apostrofe tutt'altro che amichevole: "E' in corso una festa privata a cui voi due, di certo, non siete stati invitati; quindi, vedete di smammare e trovarvi un altro locale per la vostra serata revival.".
Per tutta risposta, entrambi non si mossero di un millimetro, mentre Danny chiariva, quieto: "Oh, ma noi non abbiamo nessuna intenzione di disturbare gli avventori: dobbiamo soltanto accertarci che una bambina, sospettata di furto d'auto e resistenza a pubblico ufficiale, non si trovi da qualche parte dentro il locale. Sarà una questione di pochi, discreti minuti, te lo assicuro.".
Trapassandolo con uno sguardo annichilatorio che avrebbe persuaso individui molto più temerari di lui a tagliare la corda in tutta fretta, il guardiano ruggì, furente: "Ti stai prendendo gioco di me, quattrocchi? La tua massima ambizione per questa serata è che io ti schiacci come una pulce?".
Prima che Lindsay, velatamente preoccupata per la sorte del collega, tentasse di sedare la nascente rissa, l'investigatore estrasse dalla tasca il distintivo e lo premette sul naso adunco del buttafuori, sentenziando di rimando: "La tua massima ambizione per questa serata è che io ti sbatta in un confortevole sgabuzzino con le finestre a scacchi? Perciò, vedi di smammare tu, se non vuoi che la pulce ribadisca il concetto con una pistola d'ordinanza!".
L'eclettica personalità multipla di Messer, questa volta, si era prodotta in una delle sue svariate interpretazioni dello sbirro viscido e tracotante: un bluff alquanto mediocre ed azzardato, in quella circostanza, visto e considerato che entrambi avevano dimenticato le armi a bordo dell'auto, insieme a quant'altro potesse fungere a quello scopo, ad eccezione della capiente e ponderosa borsetta di Lindsay. Nonostante questa pecca, però, la messinscena di Danny si rivelò efficace, poichè l'omone si scostò dall'ingresso con un certo timore e bofonchiò a denti stretti quelle che, non senza una dovuta dose di immaginazione, avrebbero potuto essere interpretate come scuse contrite.
"La rudezza innanzitutto, Montana, ma non dovrebbe essere un signorino di città come me ad insegnarlo ad una montanara come te..." la ripagò con la medesima moneta il collega, quando la porta del locale si richiuse alle loro spalle.
Punta sul vivo, ma tutt'altro che intenzionata a concedergli soddisfazione per quella bassa rivincita, la donna fece spallucce, fingendo indifferenza, poi rivolse la propria attenzione all'interno del Devil's Nest. Una volta in cui i suoi occhi si furono abituati alla luce soffusa che ammantava di una sonnolenta semioscurità la sala, trovare la fuggitiva fu un gioco da ragazzi: in mezzo allo sparuto numero di clienti, riversi sui divanetti in vari punti della stanza, storditi dall'alcol e dai bassi della musica a tutto volume, i movimenti svelti ed aggraziati di Kitty non potevano non catturare l'attenzione. Issatasi su di un alto sgabello in corrispondenza del tavolo degli aperitivi, la piccola aveva spazzolato il piatto delle tartine salate fino all'ultima briciola ed ora pareva indecisa se sgranocchiare le patatine o piluccare qualche arachide. Prima di avere il tempo di risolvere quel considerevole dilemma, tuttavia, Danny piombò su di lei con la guizzante ed infallibile prontezza di un rapace e le cinse il busto sottile con entrambe le braccia, esultando: "Fine della corsa, principessa degli zingari! Ed ora, leviamo subito le tende...".
"Non così in fretta, detective Messer.".
Una voce maschile melliflua e suadente, sgradevole come un gelido brivido di paura lungo la spina dorsale, fece trasalire Lindsay, la quale, istintivamente, si accostò al compagno, incitandolo con un fugace cenno a sospingere la bambina dietro di loro, al sicuro.
Ancora prima che la musica sfumasse in un silenzio carico di tensione.
Ancora prima che un nutrito gruppo di individui dalle facce patibolari si radunasse in ranghi serrati attorno a loro, ostruendo qualsiasi via di fuga.
Ancora prima che un giovanotto ben vestito e di bell'aspetto, ma con un perverso scintillio serpentino nelle iridi smeraldine, si materializzasse al loro cospetto, emergendo dal branco di loschi figuri.
Ancora prima di leggere negli occhi di Danny il panico misto ad un disperato desiderio di autoconservazione, tipico dell'animale braccato, mentre esalava in un sussurro stupefatto: "Marcus Harlan...".





Ah, ah, come sono perfida! *si bea della sua sconfinata malignità nell'interrompere il capitolo nel punto cruciale della suspence*.
Ok, bando alle idiozie, ora lasciamo spazio alle (dolenti) note:
1) L'agente Chadwick, ovviamente, è un'invenzione della sottoscritta, così come il misterioso (per il momento) Marcus Harlan.
2) Come ho già avuto occasione di scrivere, non ho mai visitato New York, dunque non ho idea di cosa vi sia davvero sulla Sesta Strada; quindi, siccome mi servivano dei negozi, ho deciso di metterli: considerateli una licenza narrativa.
3) Non so se Danny Messer ami il gelato al cocco e cioccolato, ma sono i primi due gusti un po' appetitosi che mi sono saltati in mente.
4) In un video su YouTube ho visto M&M (Messer e Monroe, per intenderci) mangiare ragni fritti, ma non saprei dirvi a quale episodio e/o stagione appartiene la clip.
5) Potrei aver sentito il nome "Devil's Nest" in una puntata qualsiasi dei centomila telefilm che seguo; in questo capitolo, le mie fonti non sono ricostruibili!


L'invito, come al solito, è a leggere e recensire; intanto, vi do appuntamento al prossimo (ed ultimo) atto!^^*

   
 
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